Cactacee

Enciclopedia dei ragazzi (2005)

Cactacee

Alessandra Magistrelli

Famiglia di piante succulente tipiche dei climi aridi

Spontanee in America, le Cactacee si sono adattate ai climi aridi in modo da trattenere la poca acqua che l'ambiente fornisce: per poterlo fare al meglio, è conveniente che abbiano un corpo di forma ridotta e tondeggiante, fusti carnosi, lunghe radici e altri particolari adattamenti. L'aspetto bizzarro, le dimensioni gigantesche o, al contrario, minime, le spine, i fiori colorati ne fanno piante di grande interesse per il botanico come per il floricoltore

I ricci del deserto

Una famiglia americana. Come tra gli animali così nel mondo vegetale esistono piante che ci incuriosiscono per le loro dimensioni o per la forma strana, grottesca: le Cactacee, una famiglia originaria del continente americano, sono certamente tra queste. Si estendono dal Canada alla Patagonia, con particolare diffusione nei deserti messicani e nel Sud degli Stati Uniti, ma sono presenti anche sulle Ande, oltre i tremila metri. Un ridotto numero di specie vive nella foresta tropicale e subtropicale, come i cacti epìfiti, che crescono cioè sui fusti di altre piante, senza contare quelle specie che si sono adattate alle regioni assolate del Mediterraneo, come il fico d'India.

La famiglia comprende circa duemila specie perfettamente idonee ai climi aridi e in grado di fare a meno dell'acqua durante i lunghi periodi di siccità. I fiori delle Cactacee, solitari o a corona, grandi o piccoli, dai bei colori vivaci, contengono numerosi stami e carpelli con ovuli. Sbocciano di solito a primavera, ma non mancano i casi di fioritura estiva, autunnale o invernale. Il fiore compare di solito in concomitanza con le piogge, poco prima o poco dopo, e vive breve tempo, da qualche ora a qualche giorno. L'impollinazione può avvenire a opera del vento, degli insetti o, come in alcuni cacti peruviani, dei pipistrelli che, sporchi di polline, volano da un fiore all'altro favorendo la fecondazione incrociata. Il fiore poi si trasforma in frutto, una bacca secca o carnosa come nel fico d'India nostrano.

Per quanto riguarda le dimensioni, si va da quelle minime di alcune varietà nane al diametro di circa 1 m e ad altezze fino a 20 m di alcuni giganti del genere Cereus o Carnegiea.

Un banco di prova per l'evoluzione. Nel corso dell'evoluzione queste piante hanno modificato la loro struttura in modo da raccogliere e trattenere la pioggia che, seppure raramente, cade nelle loro terre d'origine, così da difendersi egregiamente dall'evaporazione. Hanno di solito lunghe radici superficiali che s'inoltrano nel terreno catturando anche la minima traccia d'acqua. Allo scopo di ridurre il coefficiente d'evaporazione, i cacti non hanno superficie estesa ma sono concentrati in una forma più o meno globulare o cilindrica o 'a pala', detta appunto forma a cactus, in modo da offrire all'aria e al sole una minima superficie.

C'è da notare ancora un particolare interessante: il fatto che vivano in regioni aride ma che siano capaci di trattenere l'acqua nei loro tessuti rende queste piante un cibo molto ricercato da parte degli animali erbivori che vivono nelle zone desertiche. Come fanno, allora, i cacti a difendersi dai loro voraci predatori? Col tempo e sotto la pressione della selezione naturale, le loro foglie si sono modificate diventando spine legnose, di forma, lunghezza, consistenza, numero, colore, sezione e disposizione differenti a seconda della specie. In tal modo, oltre a ridurre la traspirazione fogliare e a servire da superficie di condensazione dell'umidità, le spine sono un'ottima difesa dall'appetito degli animali, giustificando l'appellativo di ricci del deserto che viene dato a queste piante.

L'evoluzione convergente. Un ulteriore risultato delle selezione naturale è il fenomeno detto di evoluzione convergente, per cui specie che vivono in ambienti simili finiscono spesso col somigliare le une alle altre, anche se sono imparentate molto alla lontana. Un esempio ce l'offrono i cacti e le euforbie. I cacti che si trovano nel continente americano e l'euforbia dei deserti d'Africa e d'Asia sono separati da millenni di storia evolutiva, eppure la stessa pressione selettiva ha prodotto adattamenti simili: fusti carnosi con tessuti per l'accumulo d'acqua, spine protettive, forma cilindrica e tozza. Altri esempi di convergenza evolutiva con i cacti ci vengono dalle Composite e dalle Vitacee. Tutte queste piante sono dette piante succulente o anche piante grasse, nome che allude alla loro carnosità. Si tratta di piante xerofite, nome botanico che si dà alle piante capaci di sopravvivere negli ambienti aridi, le quali presentano una evaporazione fortemente limitata e sono in grado d'immagazzinare acqua o nelle radici, come alcune Composite, o nelle foglie, come l'agave e l'aloe, o nei fusti, come le Cactacee e le Euforbiacee. Si parla di 10.000 specie di succulente in tutto il mondo.

Tante strategie per sopravvivere

L'adattamento delle Cactacee al loro difficile ambiente di vita ha portato, oltre alla forma particolare del corpo, alle radici, alle spine fogliari, anche a una trasformazione dei fusti che si sono appiattiti diventando carnosi (veri magazzini d'acqua) e verdi, grazie alla clorofilla che permette loro di compiere la fotosintesi. Come facciamo a sapere che le 'pale' del fico d'India sono in realtà rami trasformati? Ce lo dicono i fiori e i frutti che spuntano periodicamente sulle 'areole', specie di cuscinetti feltrosi da cui emergono anche le spine, cioè le foglie trasformate, o nuove pale come accade da un vero e proprio ramo.

Un altro rimedio adottato dai cacti contro l'eccessiva traspirazione sta nel particolare funzionamento degli 'stomi', quelle microscopiche aperture dell'epidermide delle foglie e degli steli che si aprono o si chiudono regolando il passaggio di ossigeno, anidride carbonica, vapore acqueo. Di solito gli stomi delle piante si aprono durante il giorno e si chiudono di notte, ma in alcune di esse, tra cui le Cactacee, avviene il contrario. È perché di notte la temperatura è più bassa, mentre l'umidità dell'aria è più alta ed entrambi questi fattori riducono la velocità di traspirazione.

In conclusione, in un modo o nell'altro, le nostre xerofite riescono a trattenere fino al 98% di acqua e, a conferma di ciò, Carnegiea gigantea, che arriva ai venti metri, se privata completamente d'acqua non si secca prima di due anni.

Le incredibili forme dei cacti

Alcuni cacti assomigliano a serpenti, come la specie Peniocereus viperinus, dal fusto sottile e rampicante, che vive nei deserti del Messico. Altri, come Cephalocereus senilis del Brasile, ricordano la testa di un vecchio, coperti come sono da una lanugine bianca. La specie Arrojadoa brasiliana, a maturità, presenta sulla cima del fusto un 'cefalio', ossia un ciuffetto di peli rigidi e colorati.

Altre Cactacee dall'aspetto curioso sono i cacti a coda di topo, dai lunghi rami ricadenti, con piccole spine e bellissimi fiori bianchi a corona; oppure i popolari cacti delle feste, che fioriscono a Natale o a Pasqua, dai fiori color fucsia che spuntano dalla cima delle foglie carnose (che sono, poi, i loro rami).

Esistono poi cacti che anziché vivere in ambienti aridi crescono in quelli caldo-umidi e ombrosi della foresta tropicale o subtropicale. Sono specie epifite che assorbono umidità dall'aria per mezzo delle radici aeree.

Il fico d'India

Opuntia ficus-indica, il nostro fico d'India, originario dell'America Centrale e arrivato in Europa nel Cinquecento adattandosi bene al clima caldo e asciutto del Mediterraneo, ha il tipico abito 'a pale'. I suoi frutti sono bacche carnose e commestibili molto apprezzate nella gastronomia siciliana, che li utilizza per fare mostarde, marmellate, olio di semi, mentre la buccia fritta è un singolare antipasto. Il fico d'India è anche usato per curare la tosse, mentre con i suoi fiori secchi si prepara un decotto diuretico.

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