CADALSO y VÁZQUEZ, José

Enciclopedia Italiana (1930)

CADALSO (o Cadahalso) y VÁZQUEZ, José

Eugenio Mele

Di nobile famiglia biscaglina, nacque il 18 ottobre 1741 a Cadice, dove si vuole che avesse la prima educazione letterana nel Collegio dei gesuiti, di cui era rettore lo zio materno, il padre Mateo Vázquez. Nella sua giovinezza viaggiò per l'Europa centrale e occidentale, apprendendo le principali lingue moderne, in special modo il francese e l'inglese. Nel 1761 si arruolò come "voluntario con, caballo y armas proprias", entrando come cadetto nel reggimento di cavalleria di Borbone per far tutta la campagna di Portogallo. A Madrid, dove nel 1771 tentò con mediocre fortuna il teatro con la tragedia Don Sancho García, s'innamorò dell'attrice María Ignacia Ibáñez (celebrata nei suoi versi col nome di Filis); e l'improvvisa morte di lei portò nell'animo suo tale turbamento, che voleva farne disotterrare il cadavere. In seguito allo scandalo, fu esiliato a Salamanca (1771), dove tornò una seconda volta due anni dopo di guarnigione, e pare che, col frate agostiniano Diego González, vi abbia fondato la scuola poetica salmantina; ivi conobbe anche il poeta Juan Meléndez Valdés, allora ventenne, che esortò a dedicarsi agli studî e alla poesia. Partecipò poi come colonnello all'assedio di Gibilterra, dove una scheggia di granata lo uccise il 27 febbraio 1782. La sua morte fu lamentata in versi dolci e affettuosi dal Meléndez Valdés, dal González e da altri.

Si hanno di lui versi e prose. La tragedia Don Sancho García conde de Castilla (1771) fu pubblicata nel medesimo anno col pseudonimo di Juan del Valle ed è composizione meditata: modellata secondo i canoni della scuola pseudoclassica francese. Altri drammi, Las Circasianas e Numancia, sono andati perduti. Più interessante è la raccolta delle poesie Ocios de mi juventud pubblicate nel 1773 col nome di Don José Vázquez. Le canzonette anacreontiche, in cui imitò il Villegas, sono spesso notevoli per naturalezza e grazia, e segnano un ritorno alle tradizioni classiche della poesia castigliana. Le Noches Lúgubres (1818), evidentemente ispirate ai Night Thoughts, trassero la loro origine dagl'incidenti romanzeschi della relazione con l'Ibáñez e della morte di questa, e, malgrado il tono enfatico e sentimentale, hanno storicamente una loro importanza, in quanto preludono al romanticismo.

Satira contro gli eruditi superficiali del suo tempo è quella intitolata Los eruditos á la violeta (stampata col suo nome e il suo cognome, José Vázquez, nel 1772); e riuscì un'efficace medicina alla malattia dei suoi tempi. Oggi ci appare come una pedantesca freddura. Ma piacque, e fece il suo effetto e trovò imitatori: il C. stesso vi aggiunse una continuazione (El Buen militar á la violeta).

L'opera più importante del Cadalso, anzi il suo capolavoro, sono le Cartas Marruecas: raccolta di lettere scritte da un immaginario marocchino Gazel, nelle quali dà notizie degli usi e costumi della penisola al suo maestro lontano, il savio Be-Beley. Come ha dimostrato il Tamayo y Rubio, la gestazione dell'opera fu lenta. Composte in gran parte durante il primo soggiorno del poeta a Salamanca (1771), furono lette, per lo meno frammentariamente, a Madrid, non prima del 1772 nella famosa tertulia de la fronda de San Sebastián di cui il C. fu membro, e pubblicate postume per la prima volta nel Correo de Madrid (prima detto Correo de los ciegos de Madrid) dal 14 febbraio al 25 luglio 1789, senza la Protesta literaria del editor, che manca in alcune edizioni. Comparvero poi raccolte in volume a Madrid nel 1793, in un testo che presenta molte varianti rispetto a quello già pubblicato nel Correo, e ristampate parecchie volte separatamente o nella raccolta delle opere complete. La critica le accolse favorevolmente limitandosi tuttavia a rilevare una derivazione - in realtà solo esteriore - dalle Lettres persantes del Montesquieu, cui il Ticknor aggiunse quella da The Citizen of the Word del Goldsmith. Ad Azorín spetta il merito d'averne per il primo messa in evidenza la straordinaria modernità analizzando le principali idee che vi si svolgono: il patriottismo, la decadenza della Spagna, l'orgoglio e l'inerzia, note caratteristiche dello Spagnolo, la mancanza di governanti e la necessità della redenzione col valore. Nella sua fine satira il Cadalso si svela uomo moderno, che ha slargato intellettualmente il suo orizzonte leggendo Voltaire, Montesquieu, Diderot e Rousseau, e, ispirandosi a un luminoso ideale di progresso, in opposizione al fittizio e convenzionale del secolo, è riuscito a rifletterlo con sottile arte nella sua opera tutta animata da uno spirito nuovo.

Opere: Obras, Madrid 1803, voll. 5, rist. in 4 voll. nel 1815; in 3 voll. nel 1818, con una notizia biografica del Navarrete; nel 1821 in 3 voll.; Poesías, in Bibl. de autores esp., LXI; Obras inéditas, ed R. Foulché Delbosc, in Revue Hisp., I (1894), pp. 258-335; Cartas inéditas, ed. E. Cotarelo,. in La España moderna, 1895, p. 60 segg.

Bibl.: Mas y Prat, Las Noches de Young, in Ilustración Esp. y. Amer., II, (1888), pp. 203-08; E. de la Iglesia y Carnicero, García de la Huerta el coronel C., Madrid 1889; Azorin, in Lecturas españolas, Madrid 1912, p. 79 segg. e nel prologo all'ediz. delle Cartas marruecas, Madrid 1917; J. Tamajo y Rubio, Cartas marruecas del coronel D.J. Cadalhalso (estratto dagli Annales de la Facultad de filosofía y letras de la universidad de Granada, III), Granata 1927. Molte delle Cartas Marruecas furono tradotte da P. Monti, in Pezzi scelti di celebri scrittori spagnoli, Milano 1854, pp. 243-371.

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