CADICE

Enciclopedia dell' Arte Antica (1959)

CADICE (τὰ Γάδειρα, Gades)

A. García y Bellido

Secondo la tradizione storica (accettata dalla critica), la città sorse come colonia di Tiro poco prima del 1101 a. C. Il nome primitivo è Gadir che, in lingua fenicia, significa "castello", "fortezza", "ridotta". Per la sua posizione geografica, al di là dello Stretto di Gibilterra, sulla costa atlantica della Penisola Iberica, fu la colonia più occidentale del mondo antico; e quindi la città di più antica storia di tutto l'Occidente. Dovette al principio trarre beneficio dal commercio di metalli con Tartessos e dalla pesca. Le conserve di pesce (il "garum") gaditane erano già celebri nell'Atene classica e continuarono ad esserlo nella Roma imperiale. Gadir ebbe due templi antichissimi e famosi che debbono entrambi risalire alle origini della città. Uno era quello di Molok (il Kronos greco, chiamato perciò nei testi Krònion), collocato, a quanto pare, dove oggi sorge la cattedrale. L'altro, uno dei più famosi dell'antichità classica e, senza dubbio, il più importante di tutti i santuarî d'Occidente, era quello consacrato a Melqart (l'Eracle dei Greci, chiamato perciò nei testi Heraklèion). Sorgeva all'estremo S di ciò che allora costituiva una lunga isola che andava dalla C. odierna fino all'isolotto di Sanctipetri, nei cui immediati dintorni dovette appunto venir edificato il predetto tempio di Eracle.

Il tempio era celebre non soltanto per la divinità cui era consacrato, ma per la sua remota antichità, per la sua costruzione, per gli oracoli, le predizioni oniriche, gli strani riti, i miracoli, i sacerdoti, ecc. Qualsiasi grande personaggio che passasse per il S della Spagna procurava di raggiungere C. per visitare il santuario di Eracle. Vi si recarono Polibio, Posidonio, Artemidoro, Annibale, Varrone, Cesare, Apollonio di Tiana, Avieno e molti altri. Nel 206 a. C., C. si arrese ai Romani senza resistenza, e venne da essi considerata civitas foederata. Per i Romani il nome di Gadir si convertì in Gades, declinabile solo al plurale (Gades-Gadium), come era anche in greco (τὰ Γάδειρα). Sappiamo dai testi che Gades era municipium (municipium Augustum Gaditanum) e oppidum. Plinio la cita come Augusta Urbs lulia Gaditana. L'epoca della maggior grandezza fu per C. quella di Cesare e dei primi imperatori. Cesare risiedette a C. e ivi si pose in contatto con la famiglia dei Balbi gaditani. Gli uni e gli altri, e quindi Augusto, provvidero parimenti ad ingrandire la città ed accrescerne la ricchezza, creando nuove industrie, costruendo nuovi quartieri, concedendole privilegi, ecc. Il censimento effettuato all'epoca di Augusto diede per C., che doveva a quei tempi contare circa 6o.ooo abitanti, un totale di 500 cavalieri "più di qualsiasi altra città eccetto Patavium" (Padova), secondo un'espressione di Strabone. Questi cavalieri dovevano avere una notevole potenza economica; nelle loro mani dovevano trovarsi il commercio e l'industria, di loro proprietà dovevano essere quelle grandi navi che portavano i prodotti andalusi ai porti di Puteoli e Dikaiarcheia, dove figuravano come le più grandi che arrivassero dalla Libia (Strabone), ed essi dovevano sfruttare le industrie della pesca e delle conserve di C. e dell'Algarve portoghese. Tutto ciò andò perdendosi a poco a poco; C. vide spegnere il proprio fulgore ed impoverire la propria vita. Sul finire del sec. IV d. C., Avieno poteva ormai dire di C. che era una città "povera, piccola, abbandonata, un campo di rovine".

I monumenti giunti sino a noi sono, per la maggior parte, rinvenimenti provenienti dalla necropoli punica di C.; tra essi sono molti gioielli d'oro ed un famoso sarcofago antropoide di tipo sidonio, in marmo. Nonostante l'evidente carattere stilistico che riecheggia ancora l'arte attica di "stile severo" attorno al 460 a. C., il sarcofago è databile tra la fine del V e il principio del IV sec. a. C. Da documenti arabi e cristiani si sa che al centro dell'isola di C. venne elevata un'alta torre, massiccia, di tre o quattro corpi, coronata da una gigantesca immagine di bronzo, che secondo le descrizioni doveva essere quella di un imperatore posteriore a Traiano. L'altezza complessiva del monumento era di circa 50 metri. Venne demolito nel 1009-10 d. C. dal governatore arabo della città. Dei templi non è rimasto nulla, e di uno degli acquedotti si sa soltanto che era visibile ancora, in parte, nel sec. XVI. Dal fondo marino presso l'isola di Sanctipetri (località intorno alla quale, come si è detto, si deve cercare l'Heraklèion sommerso dall'azione distruttrice delle onde, che hanno eroso grandi tratti dell'antica isola) sono state "ripescate" statue di bronzo e di marmo ed altri piccoli oggetti, che sono conservati nel locale museo archeologico.

Bibl.: Strabo, III, 5; E. Romero de Torres, Catálogo Monumental de la Provincia de Cádiz, Madrid 1934; P. Quintero, La necrópolis anterromana de Cádiz, in Boletín de la Sociedad Española de Excursiones, 1914, pp. 81 ss. e 161 ss.; id., Memorias, 5, 12, 17, 26, 76, 84, 99, 118 e 129 della Junta Superior de Excavaciones; J. Cervera, ibidem, n. 57; C. Peman, El pasaje tartéssico de Avieno, Madrid 1941, in A. García y Bellido, Fenicios y Carthagineses en Occidente, Madrid 1942; id., in Ars Hispaniae, I, 1947, p. 137 ss.; E. Kukahn, El sarcófago sidonio de Cádiz, in Archivo Español de Arqueología, XXIV, 1951, p. 23 ss.; A. García y Bellido, Iocosae Gades, in Boletín de la Real Academia de la Historia, CXXIX, 1951, p. 73 ss.; C. Pemán, Las fuentes literarias de la antiguëdad y fundación de Cádiz, Madrid 1954; J. M. Blazquez Martinez, in I Congr. Arquel. Marruecos Español, Tetuan 1954, pp. 309-318.