CALATAFIMI

Enciclopedia Italiana (1930)

CALATAFIMI (A. T., 27-28-29)

Attilio MORI
Cesare CESARI

Comune agricolo della Sicilia, nella provincia di Trapani, con 10.259 abitanti, quasi tutti (10.134) agglomerati nel centro, situato in amena posizione su di un'altura a 12 chilometri dal Golfo di Castellammare, a 350 m. s. m. Il paese sembra di origine araba. Divenuto poi dominio feudale, appartenne a varie famiglie fra le quali i conti di Modica. L'antico castello feudale, dominante il paese da un'altura di 517 m. s. m., è quanto d'interessante esso oggi offre. Il territorio del comune (kmq. 150,23) è coltivato a cereali, a vigne, uliveti e frutteti. In esso a 3 km. dal centro sono le rovine dell'antica Segesta. Un monumento, opera del Basile, eretto su un'altura a 3 km. a SO., ricorda la battaglia ivi combattuta da Garibaldi.

Il combattimento di Calatafimi. - Partendo da Salemi, dove era stata proclamata la dittatura di Garibaldi, la gloriosa schiera dei Mille avanzava all'alba del 15 maggio 1860 sulla via di Calatafimi. Quivi si trovava il generale Landi con una forza di 2300 Borbonici. Nonostante l'ordine pervenuto da Palermo perchè il piccolo corpo si ritirasse il Landi stimò opportuno di attendere quivi i Garibaldini e dispose che sei compagnie dell'8° cacciatori agli ordini del maggiore Sforza si irradiassero in avamposti in direzione di Vita. Né da parte del Landi né da parte di Garibaldi era intenzione di attaccare. Le squadre fiancheggianti dei Mille, composte di Siciliani, e dette dei "picciotti", giunte a contatto con gli avamposti dello Sforza, e da questi prese a fucilate, diedero origine al primo urto. Calatafimi fu così un combattimento, come suol dirsi, d'incontro. I Garibaldini coronarono le alture di Pietralunga, i Borbonici la collina detta Piante di Romano. Un avvallamento li divideva. Per qualche tempo le due schiere si fronteggiarono scambiando soltanto pochi colpi. I carabinieri genovesi erano in prima linea; dietro ad essi stava il battaglione Carini; Bixio in riserva. Verso le 10 i Borbonici decisero l'attacco scendendo nel vallone e iniziando la salita opposta. I Garibaldini li attesero sulle prime senza far fuoco, ma non appena si manifestarono alcune perdite fra di essi, presero la controffensiva, ricacciarono il nemico dal vallone, lo obbligarono a ripiegare e lo inseguirono fino ai primi gradini del ciglione dal quale era partito. In questo momento il Landi rinforzò le sue posizioni e la lotta divenne più aspra. Per l'armamento non omogeneo, per lo scarso munizionamento e per la difficoltà di superare i gradini dell'altura sotto i colpi vicinissimi e ben nutriti delle truppe borboniche, i Mille vennero a trovarsi in una situazione alquanto critica. Garibaldi stesso ne fu preoccupato e Bixio parve per un momento esitante se convenisse o meno retrocedere. Verso le 3 pomeridiane gli assalti, più volte ripetuti per conquistare e mantenere i successivi ripiani, raggiunsero il massimo d'intensità. Un ultimo sforzo e fu conquistata l'altura. Al tramonto i Borbonici si ritirarono in Calatafimi e nella notte presero la via di Alcamo; i Mille entrarono all'alba in Calatafimi. La vittoria fu decisiva per tutta la campagna. I Borbonici ebbero 111 tra morti e feriti, i Garibaldini 127.

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