Calboli

Enciclopedia Dantesca (1970)

Calboli

Augusto Vasina

. La più cospicua famiglia forlivese di Parte guelfa. Discese dall'omonimo castello appenninico, situato nell'alta valle del Montone, presso Rocca San Casciano, da dove dominava all'intorno per largo raggio, estendendo i suoi possessi nella media e bassa valle del Rabbi e del Bidente. I suoi discendenti, già forse dalla prima metà del secolo XIII in relazione di dipendenza dai conti Guidi, come cattani e piccoli feudatari, furono pure in rapporto patrimoniale coi da Sasso di Perticeto (ritenuti un ramo della grande famiglia dei Duchi), dai quali acquistarono molti beni nell'Appennino forlivese. A Forlì, nel corso del Duecento, alcuni di essi furono inevitabilmente attratti a far carriera politica: appoggiandosi sempre più apertamente alla parte popolare del comune forlivese, essi riuscirono nel corso dei secoli XIII e XIV a ricoprirvi le più importanti cariche cittadine; furono podestà e capitani del popolo in diversi comuni della Romagna e di altre regioni.

La fortuna politica dei C. in Forlì iniziò probabilmente da posizioni di deciso antagonismo nei riguardi del dominio ghibellino di Guido da Montefeltro sulla città e potè realizzarsi, col sostegno delle armi papali, solo nel 1284, quando, venute meno le ultime resistenze del conte Guido, le forze guelfo-pontificie rientrarono in Forlì. Ma i C. non si poterono mai affermare stabilmente, non solo per i ritorni offensivi dei rivali, Orgogliosi e Ordelaffi, ma anche in seguito alle loro ripetute insubordinazioni ai rettori e legati papali. Già alla fine del sec. XIII il loro prestigio politico in Forlì appariva seriamente compromesso, soprattutto per il sicuro affermarsi della signoria degli Ordelaffi. Esclusi quasi senza soluzione di continuità dalla vita cittadina, essi si ritirarono nei loro castelli, costituendosi in feudo coi loro domini appenninici alle dipendenze della Santa Sede.

Al declinare delle fortune dei C. non fu probabilmente estranea anche una frattura, avutasi all'interno della casata, fra ‛ guelfi moderati ' e ‛ guelfi intransigenti ', proprio negli anni in cui a Firenze si manifestava la divisione fra Bianchi e Neri. A quella frattura potrebbe forse alludere D. nell'unica menzione a la casa da Calboli (Pg XIV 89): infatti nella seconda cornice della montagna del Purgatorio, dove si purificano le anime degl'invidiosi, D. contrappone, per voce del ghibellino romagnolo Guido del Duca, Rinieri de' C., 'l pregio e l'onore della sua famiglia, di cui qui rappresenta, nonostante le sue personali colpe d'invidioso, la generazione del buon tempo antico, e il nipote Fulcieri che nella tradizione dei C. segna invece un momento di grave involuzione, contraddistinto da quell'empio e mostruoso fanatismo politico di cui proprio il poeta si sente testimone e vittima ad un tempo.

Del resto tale degenerazione trascende la singola vicenda familiare dei C. per coinvolgere tutte le principali casate romagnole menzionate nel XIV del Purgatorio, e ispirarsi al drammatico sentimento poetico della storia umana, maturato dal poeta soprattutto nel periodo dell'esilio.

Assai meno delineato appare tale processo involutivo (ma ciò appare del tutto scontato) se si interrogano le altre testimonianze coeve superstiti, soprattutto quelle di carattere storico; allo stesso modo, molto meno pronunciato risulta il divario cronologico ed etico-psicologico fra Rinieri e Fulcieri. È presumibile che il distacco di due generazioni esistente fra questi non impedisse a entrambi di fare verso la fine del Duecento le stesse esperienze politiche nel medesimo ambiente familiare e sociale.

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