CALTANISSETTA

Enciclopedia Italiana (1930)

CALTANISSETTA (A. T., 27-28-29)

Attilio MORI
Filippo DI PIETRO
*

Città della Sicilia, capoluogo di provincia, posta nel cuore dell'isola, su di un'altura ai piedi del Monte S. Giuliano (727 m.), nell'alto bacino del fiume Salso o Imera, a 6 km. dalla sua riva destra, alla posizione geografica, riferita al campanile della cattedrale, di 37°29′12″ nord e 14°2713 est, a 588 m. s. m.

La città ha aspetto moderno, con ampie vie che si diramano dalla piazza Garibaldi, fiancheggiate da fabbricati decorosi e da pubblici edifici. È notevole centro agricolo, ma soprattutto gran centro minerario per l'escavazione dello zolfo che si estrae dalle numerosissime e fruttifere miniere del suo territorio. Di questa sua floridezza economica è indice l'accrescimento rapido della popolazione. Questa, che per l'intero comune era di 6879 abitanti nel 1578 e di 15.627 nel 1798, salita a 23.879 nel 1861, risultò di 43.023 nel 1901 e di 60.086 al censimento del 1921. Dei suoi abitanti 46.405 vivono nel centro urbano e il rimanente sono distribuiti in piccoli casali e case isolate sparse nel vasto territorio comunale, che misura kmq. 420,92. Caltanissetta, oltre che città capoluogo dí provincia, è anche sede vescovile e di distretto militare. Conta numerosi istituti di educazione: un liceoginnasio, un istituto tecnico, una regia scuola mineraria, una biblioteca comunale, un osservatorio meteorologico, e istituzioni assistenziali, opere pie, ospedali ecc. È stazione ferroviaria della linea S. Caterina Xirbi Porto Empedocle.

Monumenti. - L'attuale città di Caltanissetta - tolti pochi edifici barocchi - presenta un lindo aspetto di città interamente moderna, con larghe strade e palazzi recentissimi. Tracce di antichità, anche remota, si trovano solo a notevole distanza dall'attuale abitato: a 6 km. dalla città si stende la necropoli di Gebel Ḥabīb, che ha dato una raccolta di suppellettile funeraria di epoca greca al museo di Palermo. A 5 km. - e ad oriente - si stende poi l'altra necropoli di Monte Sabucino. A oriente, prossimo alla città, sulla collina delle Croci sorge l'ultimo rudero del castello di Pietrarossa, probabilmente edificato dai Normanni. Lì presso è quanto rimane dell'antica chiesa matrice, poi S. Maria degli Angeli, ora magazzino militare, con portale trecentesco. Sicuramente normanna è la chiesa dell'antica abbazia di S. Spirito a circa 3 km. dall'abitato, consacrata nel 1153 e di recente restaurata. Sulla porta è affrescato un Redentore benedicente, del principio del sec. XV. Dentro sono altri affreschi del sec. XIV, una vasca battesimale e un vetusto calice di piombo.

Tra gli edifici barocchi, entro l'attuale abitato, è soprattutto considerevole il palazzo Moncada (poi Beauffremont), iniziato nel 1635 e non compiuto: immensa mole, adorna di grosse mensole a sostegno delle balconate, oltre che d'intagli - un po' pesanti, ma assai decorativi - che riprofilano le porte e le finestre. Di un certo interesse sono poi la chiesa di S. Sebastiano dal tipico prospetto barocco, quella di S. Agata o dei gesuiti, a croce greca con cupola; e, infine, iniziato nel 1570, aperto al culto nel 1622 e ampiamente decorato nel 1720 dal Borremans, il duomo. In questo il prospetto (1840) ha forme neoclassiche appesantite, che si snelliscono, invece, con eleganza nel quasi contemporaneo palazzo Sillitta-Bordonaro.

Bibl.: G. Mulé Bertolo, C. e i suoi dintorni, Caltanissetta 1877; G. Spinelli, Caltanissetta (Le cento città d'Italia illustr., n. 54), Milano s. a.

Storia. - La città entra veramente nella storia dal momento della conquista normanna. L'origine della città è assai controversa: per quanto, a parere dei più, sia da ricollegarsi con un'antica Nissa o Nisa, a cui si sarebbe aggiunto, sotto i Saraceni, il prefisso Qalat (castello). Conquistata nel 1087 da Ruggero I, è data da lui successivamente in feudo a varî membri della sua famiglia. Non è ben chiara la sua posizione sotto gli Svevi, quando doveva aver raggiunta già una certa importanza: fu forse castello presidiato da truppe reali. Gli Aragonesi la eressero a contea, concessa a Corrado Lancia (o al figlio Pietro). Dai Lancia, nella prima metà del secolo XIV, passò agli Aragona duchi di Randazzo; la usurpò quindi Guglielmo Peralta (1361), ma nel 1405, tornata alla corona, fu data dal re prima a Sancio Ruiz de Lihori, poi a Matteo Moncada (1407). Alla famiglia Moncada (conti di Caltanissetta), rimase da allora in poi, per quattro secoli. La popolazione era molto attaccata alla dinastia spagnola; e lo dimostra nel 1718 tenendo testa a un buon nerbo di truppe del nuovo re, Vittorio Amedeo di Savoia; nel 1754 ingaggia una lunga battaglia nei tribunali per essere sottratta ai Moncada. La lite è risolta indirettamente dal decreto (1812) di soppressione della feudalità in Sicilia. Caltanissetta, nel nuovo ordinamento del regno, diventa capoluogo di distretto. Nel 1820 rifiuta di ribellarsi al re ed è perciò esposta alle rappresaglie e al saccheggio delle milizie insurrezionali (agosto 1820). Nel 1844 la fedeltà è compensata con l'istituzione della sede vescovile in C.; ma nel 1848-49 segue le altre città siciliane nella rivoluzione. Il 2 luglio 1860 vi entrano le colonne garibaldine.

Bibl.: G. Mulé Bertolo, Storia di Caltanisetta, Caltanisetta 1877; id., Caltanisetta nei tempi che furono e nei tempi che sono, Caltanissetta 1900; F. Nicotra, Dizionario illustrato dei comuni siciliani, Palermo 1907.

La provincia di Caltanissetta.

La provincia, dopo il distacco del circondario di Piazza Armerina aggregato (dicembre 1925) alla nuova provincia di Enna, si estende sul versante meridionale della Sicilia per un'estensione di kmq. 2107,11, rimanendo compresa tra le provincie di Palermo, Agrigento, Enna, Catania e Ragusa, mentre si affaccia sul Mare Africano per un litorale di 30 km., sul quale sorge, unico scalo marittimo, il porto di Gela. Il suo territorio ha carattere prevalentemente collinoso, tranne nella vasta piana di Gela (già Terranova) solcata dal fiume dello stesso nome, e raggiunge la massima altitudine con 931 m. sul monte Scenarello o Chelbò, 6 km. a nord-est di Marianopoli, sulla cresta che segna il confine settentrionale della provincia. Entro i suoi attuali limiti essa comprende 22 comuni di diversa estensione e popolazione, dei quali il più vasto e popoloso è quello della città capoluogo. Secondo la suddivisione agraria 3 comuni (Butera, Mazzarino e Riesi) appartengono alla regione frumentaria meridionale; 6 (Caltanissetta, Delia, Resuttano, Santa Caterina Villarmosa, Sommatino, Vallelunga Pratameno) a quella frumentaria centrale; uno (Niscemi) alla zona del mandorlo e della vite, uno (Gela) a quella del cotone, e gli altri alla zona del mandorlo e dell'ulivo. La popolazione della provincia, considerata entro i suoi limiti attuali, mostra un costante aumento dal 1861 ad oggi. Da 139.374 ab. quanti erano a quella data, salì nel 1871 a 142.015; a 171.836 nel 1881; a 210.224 nel 1901; a 217.252 nel 1911 e finalmente a 247.388 nel 1921. Di questi 218.306 (89%) vivono agglomerati nei centri e 29.082 (11%) in case sparse. I centri urbani sono soltanto i capoluoghi di comune (di cui uno, Milocca, con appena 124 ab.) e in più la miniera di Trabia nel comune di Sommatino con 202 ab. La loro altitudine, salvo Gela sul mare, varia tra 282 m. (Butera) e 725 m. (Mussomeli). Riguardo alle occupazioni degli abitanti, si ha che su 194.281 ab. di età superiore ai dieci anni, 57.132 sono agricoltori, 26.883 sono addetti all'industria (prevalentemente mineraria); 3832 praticano il commercio; 68.716 (di cui 58.281 donne) sono addetti alle cure domestiche ecc. I proprietarî di beni immobili risultano in tutto 32.432, dei quali 3884 di soli terreni e 10.185 di soli fabbricati. Il movimento della popolazione registrò nel 1927 una natalità media del 30,82‰ superiore a quella di tutte le altre provincie dell'isola, in cui la media fu di 25,64, e superiore alla media del regno (26,95). Egualmente elevata la mortalità (18,64‰), superiore anch'essa alla media della Sicilia (15,54) e a quella del regno (15,77). L'eccedenza proporzionale dei nati si mantiene peraltro superiore a quella della Sicilia (10, 11) e a quella del regno (11, 18). L'emigrazione per l'estero, che prima della guerra era stata di 8442 persone nel 1913 (limitatamente ai due circondarî che formano oggi la provincia), salì nel 1920 a 14.048, quasi totalmente per paesi transoceanici. L'analfabetismo è ancora molto diffuso: nel 1921 dei censiti di età superiore ai sei anni solo il 41,5% sapevano leggere, mentre nel 1911 erano il 35,5%. La provincia occupa il posto più basso fra tutte le provincie siciliane la cui media fu nel 1921 del 49%. Il comune dove l'analfabetismo è maggiore è quello di Delia (69% analfabeti), quello dove è più basso Villalba (38%). Sufficientemente estesa è l'agricoltura, che dà cereali, legumi, vini e olî, mandorle in abbondanza e, nella pianura di Gela, cotone e agrumi. La produzione del frumento, cui erano adibiti 75.700 ettari, fu nel 1929 di 1.210.200 quintali, ciò che corrisponde a una media unitaria di 16 q. per ettaro, notevolmente superiore alla media generale della Sicilia (13,5). L'uva prodotta nel 1929 fu q. 444.400; l'olio (1928) 39.200 ettol. La provincia di Caltanissetta è la sola provincia del regno dove la coltivazione del cotone abbia raggiunto proporzioni notevoli: 1450 ett. di coltura asciutta e 950 irrigua. Nel 1929 vi si raccolsero 18.848 q. di cotone. Questo viene esportato a Napoli e nell'Italia settentrionale. Ma la maggiore ricchezza della provincia è costituita dai suoi depositi di zolfo, che ne fanno veramente il centro dell'industria zolfifera siciliana. Nel 1927 vi si contavano 272 zolfare, delle quali 44 attive con 4067 operai e un prodotto di 595.857 tonn. di minerale e 92.697 tonn. di zolfo; ciò che rappresenta i 2/5 della produzione totale della Sicilia.

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