Cambiamenti climatici

Lessico del XXI Secolo (2012)

cambiamenti climatici

Stefania Schipani
Costante De Simone

cambiaménti climàtici locuz. sost. m. pl. – Variazioni del sistema climatico terrestre determinate prevalentemente da interferenze antropogeniche (DAI, Dangerous anthropogenic interference), provocate dall’emissione in atmosfera di alcuni gas. Il clima è l’insieme degli effetti delle interazioni dell’atmosfera con i diversi componenti del pianeta Terra; come fenomeno è definito dalla distribuzione di probabilità del verificarsi del tempo atmosferico. Poiché i fattori che generano il clima non sono costanti, il clima stesso non è costante. Nel passato si sono osservate due modalità caratteristiche per queste variazioni: clima lentamente variabile e c. c. rapidi. Dalla seconda metà del 20° sec. si è osservato un rapido c. c. globale attraverso l’aumento della temperatura media dell’atmosfera al livello della superficie terrestre. L’IPCC (Intergovernmental panel on climate change), nel suo quarto rapporto stilato nel 2007, ha valutato che durante il 20° sec. è avvenuto un c. c. con l’aumento della temperatura media globale di 0,74± 0,18 °C. Questo incremento è stato attribuito all'aumento di concentrazione di gas a effetto serra come risultato dell'attività umana, principalmente per l'uso di combustibili fossili e per la deforestazione di territori estesi. La stima dell’IPCC indica una probabilità del 95% che la causa dell’attuale c. c. sia di origine umana e che soltanto il 5% possa ritenersi di origine naturale. Ciò in quanto le misure della quantità di energia proveniente dal Sole, la fonte primaria per la Terra, non hanno mostrato sensibili variazioni durante lo stesso periodo di tempo. I rapporti dell'IPCC indicano che durante il 21° sec. si potrà osservare un aumento della temperatura variabile da 1,1 a 6,4 °C. L’aumento della temperatura dell’atmosfera, trasferendosi in parte sulle masse oceaniche, ne determina un aumento di volume, con la conseguenza di un sollevamento della superfice delle acque e quindi un inabissamento di vaste aree costiere prossime al livello dei mari. Le diverse condizioni energetiche dell’atmosfera legate alla cresciuta disponibilità di energia termica si ripercuote sul ciclo delle acque cambiandone il regime delle precipitazioni, almeno in alcune fasce di latitudine. Il rapporto dell’IPCC indica che con più probabilità il riscaldamento sarà maggiore nella fascia artica, con conseguente riduzione dei ghiacciai, sia continentali sia oceanici, rischio di sopravvivenza per alcune specie animali e danni all'agricoltura. Il c. c. sarà differente da regione a regione con effetti specifici di difficile stima. Un risultato dell'incremento in atmosfera della concentrazione di anidride carbonica sarà l’aumento dell’acidità degli oceani, in quanto le acque assorbono la CO2, che sciogliendovisi e combinandosi con l’acqua stessa si trasforma in acido carbonico (H2CO3), anch’esso solubile in acqua.

Accordi internazionali. La maggior parte delle emissioni mondiali proviene da un numero ristretto di paesi, 25 dei quali, con il 75% della popolazione mondiale e il 90% del PIL (Prodotto interno lordo), producono circa l’85% delle emissioni globali di gas serra. I principali sei paesi emettitori – gli Stati Uniti, la Cina, l’insieme dei paesi dell’Unione Europea, la Russia, l’India e il Giappone – contribuisocno con più del 60% delle emissioni; inoltre paesi come Brasile e Indonesia hanno ulteriormente ridotto la capacità di assorbimento di CO2 a causa degli alti tassi di deforestazione. Il percorso degli accordi internazionali sulla questione dei c. c. è iniziato con la Convenzione di Ginevra sull’inquinamento atmosferico transfrontaliero a lunga distanza (1979), seguita dal Protocollo di Montreal (1987) e dal Protocollo di Göteborg (1999), che hanno trovato una più compiuta applicazione con l’approvazione della Convenzione quadro delle Nazioni unite sui cambiamenti climatici di Rio del 1992 (UNFCCC, United nations framework convention on climate change). Tra gli incontri successivi, originati dalla Convenzione, svolti soprattutto nella forma di COP (Conferenza delle parti contraenti), particolarmente importante è stata COP-3 di Kyoto (1997), conclusasi con l’approvazione dell'omonimo Protocollo, accordo (ratificato dall’Italia nel 2002) giuridicamente vincolante (dal 16 febbraio 2005, dopo la ratifica da parte della Russia) con cui 160 paesi firmatari, diventati 187 nel novembre del 2009, si sono impegnati a ridurre in media, per il periodo 2008-2012 le emissioni di gas a effetto serra almeno del 5,2% rispetto ai livelli del 1990. Nel novembre del 2009, ben 187 paesi del mondo hanno sottoscritto e ratificato il protocollo di Kyoto stilato nel 1992 e volto alla riduzione delle attività umane causa dell’aumento dell’effetto serra atmosferico. Accordi successivi sono stati il Bonn agreement e gli accordi di Marrakech (2001), i vertici di Johannesburg e di New Delhi (2002), la COP di Milano (2003), gli incontri di Buenos Aires (2004) e gli accordi di Montreal (2005), Nairobi (2006), Bali (2007), Poznan (2008), Copenaghen (2009), Cancun (2010; v. Cancun, conferenza di) e Città del Capo/Durban (2011).

Stime e scenari. Secondo le stime più recenti, la Terra riuscirebbe a riassorbire, mediante le attività di fotosintesi clorofilliana degli organismi vegetali terrestri e delle alghe oceaniche, meno della metà delle attuali emissioni di anidride carbonica. Ciò anche a causa del disboscamento di vaste zone di foreste tropicali, in partic. in Amazzonia e nel Borneo, ove sono più vigorose le attività di assorbimento dell’anidride carbonica. Da osservazioni geologiche si ricava che gli attuali valori di CO2 sono i più alti di quelli rilevati negli ultimi 20 milioni di anni, dedotti dalle analisi geologiche e glaciologiche sui ghiacci antartici. La conclusione dell’IPCC è che l’uso dei combustibili fossili è responsabile per circa il 75% dell'incremento di anidride carbonica negli ultimi 20 anni; il restante 25% dell’incremento è soprattutto dovuto ai cambiamenti dell’impiego della superficie terrestre, principalmente con la deforestazione per usi agricoli e per legnatico. Un altro gas a forte effetto serra è il metano (CH4), che si produce per la fermentazione sia degli escrementi degli animali da allevamento, bovini ed equini, sviluppatosi in modo significativo, sia delle colture a sommersione, quale il riso, la cui produzione è cresciuta in proporzione all’aumento della popolazione del continente asiatico. Durante gli ultimi decenni del Novecento il maggiore benessere e l’aumento della popolazione mondiale sono stati i motori dell'aumento dell’emissione di gas serra. L’IPCC indica come scenario per il 2100 una possibile concentrazione di CO2 in atmosfera che potrebbe variare tra le 541 e le 970 parti per milione, con un aumento che va dal 90 al 250% della concentrazione dell’anidride carbonica rispetto ai valori che si ebbero intorno all’anno 1750. Un’altra componente chimica dell’atmosfera che secondo l’IPCC ha conseguenze sui c. c. è l’ozono (O3), che però produce conseguenze diverse a seconda che si trovi nella stratosfera o sulla superfice terrestre. La distruzione dell'ozono presente nella stratosfera a opera dei clorofuorocarburi è messa in relazione con il riscaldamento globale, tuttavia il legame con i c. c. non è così determinato, poiché la riduzione della fascia di ozono ha effetti raffreddanti. L'ozono presente nella parte più bassa dell'atmosfera terrestre contribuisce invece al suo riscaldamento. Il principale gas atmosferico a effetto serra è il vapore acqueo (H2O), responsabile di una percentuale che va dal 36 al 70% dell'effetto stesso. L’acqua sospesa nell’atmosfera assorbe il calore irraggiato dalla superficie terrestre e lo riemette sotto forma di radiazione infrarossa in tutte le direzioni, riscaldando così la superficie della Terra che a sua volta lo riemette nuovamente nello spazio. Il vapore acqueo atmosferico è una delle componenti del ciclo idrologico, cioè della circolazione dell'acqua dagli oceani e dai continenti verso l'atmosfera nel processo continuo di evaporazione, traspirazione, condensazione e precipitazione. L'aria che si riscalda assorbe molta più umidità e di conseguenza l’aumento della temperatura accresce ulteriormente l'aumento di vapore acqueo in atmosfera e quindi il c. c., in quello che a livello teorico è chiamato effetto serra a valanga, con un conseguente radicale cambiamento della distribuzione delle precipitazioni per quantità e intensità. L'anidride carbonica è responsabile dal 9% al 26% dell'effetto serra. I serbatoi naturali della CO2 sono gli oceani per il 78%, i sedimenti fossili ne contengono il 22%, la biosfera terrestre il 6% e l’atmosfera soltanto l’1%; quest'ultima è tuttavia la parte del sistema climatico più sensibile. Parte dell'anidride carbonica della biosfera viene immessa nell’atmosfera. Gli oceani hanno un ruolo fondamentale nel bilancio del carbonio: costituiscono una vera e propria riserva di carbonio sotto forma di ione bicarbonato e contengono quantità enormi di CO2, fino al 79% di quella naturale. Gli oceani possono rilasciare o assorbire CO2 in quanto questa è solubile in acqua. L'incremento di temperatura dell'acqua diminuisce la solubilità del biossido di carbonio, pertanto l'aumento della temperatura degli oceani sposta la CO2 dal mare all'atmosfera. Gli oceani, assorbendo l’anidride carbonica atmosferica, tendono a mantenere più stabile la sua concentrazione nell'aria; se invece la concentrazione nell'atmosfera tende ad abbassarsi, gli oceani possono liberare anidride carbonica fungendo così da riequilibratori. Questo bilancio naturale tra emissioni da parte della biosfera e assorbimento da parte degli oceani, in assenza di attività antropica, in prima approssimazione, è sempre in pareggio. Esso coinvolge valori di emissioni e assorbimenti maggiori rispetto alle emissioni antropiche. Tuttavia, per quanto piccole rispetto al totale, le emissioni antropiche sono sufficienti a squilibrare l'intero sistema. L'anidride carbonica si va così accumulando nell'atmosfera in quanto i processi di assorbimento da parte dello strato rimescolato dell'oceano non riescono a compensare l'aumento del flusso di carbonio immesso nell’atmosfera. Le emissioni legate all'attività umana sono dovute principalmente all'uso delle fonti di combustibile fossili carbone, gas naturale e petrolio, secondariamente ai fenomeni di deforestazione e ai cambiamenti nell'uso delle superfici agricole. La misura e l’effetto del contributo della deforestazione è tuttora molto incerto. Stime indicano valori compresi tra un minimo di 0,6 e un massimo di 2 miliardi di tonnellate di carbonio all'anno, corrispondenti a 2,2 e 7,3 miliardi di tonnellate di CO2. Per l'IPCC, la persistenza media dell’anidride carbonica nell’atmosfera varia in un intervallo compreso tra 50 e 200 anni, a seconda del mezzo di assorbimento. L'anidride carbonica nell'atmosfera è aumentata di circa il 10% dal 1960 a oggi, come è stato rilevato dalle due stazioni mondiali di riferimento, sul monte Cimone, nell’Appennino tosco-emiliano, e a Mauna Loa, nelle isole Hawaii. Una conseguenza del c. c. molto discussa per la sua incertezza riguarda gli effetti che si avrebbero nelle correnti oceaniche. Lo scioglimento dei ghiacci polari dovuto al riscaldamento globale potrebbe portare a una alterazione della circolazione termoalina e di conseguenza a una possibile variazione anche della Corrente del golfo, con un effetto di raffreddamento sull'emisfero settentrionale, in partic. sul continente europeo, contrastando, annullando o addirittura invertendo localmente gli effetti del riscaldamento dovuto al c. c. degli ultimi decenni.

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