CAMBIO

Enciclopedia Italiana (1930)

CAMBIO (dal tardo lat. cambiare, di origine gallica; fr. change; sp. cambio; ted. Kurs; ingl. exchange)

Giovanni DEMARIA
Carlo DRAGHI
Giovanni DEMARIA
Carlo Alberto COBIANCHI

La definizione più corretta del concetto di cambio e la spiegazione dell'origine del cambio stesso è data da Bernardo Davanzati. "Tutti i commercianti che volevano cavar robe d'un paese - scrive il Davanzati - conveniva che vi portassero o altre robe per barattarle, o danari per comperarle. Per agevolar ancor più e schivar la scomodezza e il pericolo del viaggio, crescendo il commercio, si trovò modo d'avere i suoi denari dove altri gli volesse senza portarglivi. Perché e' fu avvertito, che se voi, verbigrazia, avete qui in Firenze ducati 200 e li vorrete rimettere in Lione in mano al vostro Tommaso Sertini per comperarne libri, ed io ne vorrò trar di mano a' Salviati altrettanti, ritratti di mia mercanzia e averli qui, noi possiamo riscontrarci insieme, e bell'e accomodarci l'un l'altro; dandomi voi li vostri qui, e facendo io pagare in Lione da' Salviati li mieî al Sertini. Questo scambievole accomodamento fu detto cambio; il quale non è altro che dare tanta moneta qui a uno, perché e' te ne dia tanta altrove o la faccia dare dal comesso suo al tuo.....".

Si distingue il cambio in interno ed estero o forestiero. Il primo si ha quando si scambiano monete di una piazza con monete eguali di un'altra piazza appartenente al medesimo stato. Se invece l'operazione avviene fra monete diverse appartenenti a stati diversi, si ha il cambio estero. Si chiama poi cambio manuale il cambio col quale si barattano effettivamente due monete, per esempio monete inglesi contro monete italiane. Se invece l'operazione si effettua tra monete da una parte e titoli di credito, come cambiali, chèques, versamenti, dall'altra, che rappresentano monete di un altro paese, essa si chiama operazione di cambio traiettizio. Il rapporto in base al quale si scambiano monete di una piazza con monete o titoli di un'altra piazza è detto corso del cambio, e le sue variazioni son dette oscillazioni del corso dei cambî, o semplicemente oscillazioni del cambio. Se, p. es., il corso della sterlina a Roma è di 92.50, ciò significa che per avere a Londra una sterlina o un titolo di credito equivalente a una sterlina bisogna dare in Italia lire 92,50. La quotazione del corso del cambio si desume dal listino del cambio, che viene compilato giornalmente sulla base delle contrattazioni avvenute durante la borsa ufficiale. Vi sono diversi modi per quotare il cambio. Di solito le piazze negoziano il cambio a vista, il che significa che la cambiale (o l'assegno) sull'estero è pagabile all'atto della presentazione. Ma vi sono anche piazze in cui si quota a breve e a lunga scadenza, quando cioè le cambiali non scadono subito, ma rispettivamente non oltre il mese, o da un mese a tre o a sei secondo le piazze. Da ultimo, si quota il cambio telegrafico (o cable), quando il pagamento all'estero non si fa a mezzo di cambiali o assegni, ma mediante versamenti, ordinati telegraficamente dal banchiere al suo corrispondente estero. Indipendentemente dall'epoca del pagamento, vi sono pìazze che dànno il fisso o certo (quando si quota una somma fissa di monete nazionali per una somma variabile di monete straniere), e altre l'incerto o variabile (quando si dà una somma variabile di monete nazionali per una fissa di monete straniere), altre ancora che dànno ad alcune piazze dell'estero l'incerto e ad altre il certo. In generale, quasi tutti i paesi, compresa l'italia, dànno l'incerto. La Russia, con pochi altri paesi, dà invece il certo. Fra le piazze che alle volte dànno il certo e alle volte l'incerto sono da menzionarsi Lisbona e Londra, la quale ultima dà il certo a quasi tutti i paesi, fuor che alla Russia, al Portogallo e all'Argentina. Il cambio che si paga agli intermediari (banche, agenti di cambio) è diverso dal cambio che questi pagano. Vi è una certa differenza, detta commissione o courtage, fra il prezzo di vendita e il prezzo di acquisto, corrispondente al profitto per l'intermediario più le spese di trasporto e il rischio da lui sostenuto, che è tanto più piccolo quanto maggiore è la concorrenza fra gl'intermediarî e minori le spese di trasporto e il rischio sulle cambiali. In generale il cambio del paese A sul paese B corrisponde al cambio di B su A, per via dell'arbitraggio. Solamente quando, per cause speciali, il credito è molto turbato, o difficili sono le comunicazioni da una piazza all'altra, si verificano differenze rilevanti fra i corsi dei cambi nelle due piazze.

Le teorie sul cambio estero, che via via hanno dominato nella storia, si distinguono a seconda che si riferiscono al cambio tra paesi a moneta stabile o a quello tra paesi a moneta in condizioni anormali. Fra le prime, dopo le nozioni assai incomplete, ma tuttavia in molti punti rimarchevoli, date dal Davanzati (1581), dal Serla (1613) e dal Bodin (1568, 1593), e quelle indubbiamente più acute del Locke (1691) sulle relazioni tra cambio e bilancia dei pagamenti, meritano particolare ricordo: la teoria di Hume (1741), in cui si trovano già tutti gli elementi essenziali della teoria classica, svolta poi da Thornton (1802) e Blake (1810), e, con maggiori particolari e più compiutezza di indagine, da Ricardo (1817) e Stuart Mill (1848); la teoria del Goschen (1861), la quale, sviluppando precedenti osservazioni del Macleod (1855), si stacca decisamente dalla dottrina classica, e scopre le dipendenze tra cambio e saggio dello sconto; e infine, la teoria del Cairnes (1860, 1873) al quale va il merito, diviso in parte col Senior (1827), di aver chiarito in maniera rigorosa la tendenza del cambio verso il punto di esportazione, nei paesi produttori di metallo. La letteratura italiana è particolarmente notevole per avere, ai giorni nostri, con De Viti De Marco (1885), Supino (1892), Fanno (1913), Del Vecchio (1910, 1914), Bresciani-Turroni (1916), Jannaccone (1918), riesaminato, per via deduttiva e statistica, la posizione classica più ortodossa. Maggior numero di teorie si sono formate intorno al cambio tra paesi a valuta cartacea. Le prime profonde osservazioni risalgono a Boyd (1801), che mise in luce il movimento ritardato dei prezzi interni rispetto al cambio, e a Thornton (1802) e Wheatley (1803, 1807) i quali, con lo studio della correlazione tra cambio e rapporto tra prezzi interni ed esterni, prepararono la via alla teoria della parità del potere di acquisto. D'altra parte, il Horner (1802) e il Ring (1803), e prima di loro gli scrittori mercantilisti francesi e inglesi, recano una nuova concezione delle leggi del cambio, basate sulla teoria quantitativa della moneta, che, svolta compiutamente sebbene con poca chialezza da Ricardo (1810) ebbe una fortuna inaspettata e rapida nel parlamento inglese, e poi negli scrittori posteriori, come Stuart Mill, Goschen, Marshall (1888), Bastable (1889), Lexis (1895), fin quasi a diventare la formula corrente alla fine del secolo scorso.

Dopo la grande guerra, la teoria della parità del potere di acquisto è quella che ha raccolto i maggiori consensi. Sostenuta con grande vigore dal Cassel (1916), fu poi migliorata e chiarita notevolmente dal Pigou (1920) e dal Keynes (1924), grazie sopratutto alla distinzione tra cambî in periodi brevi e lunghi. Ma i contrasti non sono mancati, per merito segnatamente dell'Anderson (1920), dell'Aftalion (1924) e del Nogaro (1920, 1924), e dell'affacciarsi di due formule nuove: la prima, fiorita in Germania sotto l'influenza di Hildebrand (1883), Knapp (i903) e Wieser (1914), sostiene con il Diehl (1921) e il Hahn (1922) l'importanza della speculazione come fattore del cambio, negando risolutamente ogni valore alla massa di moneta (con che in parte si rese responsabile del deprezzamento del marco tedesco seguito alla grande guerra); la seconda, riprendendo precedenti osservazioni del Wagner (1868), tiene invece in gran conto i fattori psicologici. e continua così la grande tradizione antiquantitativa iniziatasi nel sec. XVIII.

Cambio fra paesi aventi moneta dello stesso metallo (oro o argento). - Si dice che il cambio è alla pari, quando equivale alla parità monetaria, data dal rapporto fra il peso dell'oro contenuto nella moneta di un paese e il peso dell'oro della moneta dell'altro paese. Ad esempio, in Italia, il cambio sugli Stati Uniti d'America è alla pari, quando è eguale a lire 19, perché il peso aureo del dollaro in gr. 1.50462 equivale a quello della lira (ideale), fissato dal r. decr. 17 dicembre 1927 in gr. 0,07919, moltiplicato per 19. È invece sopra la pari o sfavorevole quando supera la parità monetaria, e sotto la pari o favorevole, se le è inferiore. Questo vale per i paesi che dànno l'incerto (nei paesi che dànno il certo, il cambio sopra la pari favorevole, e sfavorevole nel caso opposto). Questa terminologia è oggi puramente convenzionale. Essa data dal mercantilismo, allorché si considerava utile l'importazione dei metalli preziosi, che sempre si accompagna con cambî sotto la pari. In verità il cambio è sfavorevole solo per chi deve pagare all'estero, cioè acquistare il cambio; mentre è favorevole per chi deve incassare dall'estero, cioè vendere il cambio.

Il cambio non può divergere dalla parità oltre un limite superiore, detto punto metallico d'esportazione, e uno inferiore, detto punto metallico d'importazione, misurati dalle spese di trasporto e di assicurazione dell'oro da un paese all'altro. Se, per es., tali spese da Roma a New York sono di 12 centesimi per ogni 19 lire, il massimo del cambio su New York è di 19,12. Quotazione superiore non può darsi perché altrimenti i debitori italiani effettuerebbero i pagamenti inviando moneta metallica. Parimenti il cambio non può discendere a 18,88, se le spese menzionate da New York a Roma sono pure di 12 cent., giacché in caso diverso al creditore italiano converrebbe farsi spedire dollari e cambiarli alla zecca o sul mercato in lire. Se uno dei due paesi leva il monetaggio, la moneta rimessa all'estero vale solo per l'oro in essa contenuto; perciò gli estremi limiti del cambio sono il doppio costo del trasporto, aumentato del monetaggio. Se entrambi i paesi levano il monetaggio, gli estremi limiti del cambio sono il doppio costo del trasporto, più la somma dei due monetaggi. Se poi la moneta è difettosa, tali limiti si allargano del suo deprezzamento. In generale, dove un premio sull'oro è levato dall'istituto di emissione sotto una forma qualsiasi, prima di rendere disponibile l'oro per l'esportazione, esso diventa un'addizionale ai limiti ora esaminati. Accade talvolta che il cambio oscilli oltre i punti metallici. Ciò si verifica quando, per circostanze eccezionali, non sia lo stesso per il creditore avere il denaro presso di sé o in viaggio. In tal caso i limiti del cambio, fissati dai punti metallici, sono accresciuti dell'interesse sulle somme in viaggio e per tutta la durata di esso. Più spesso però il cambio oscilla entro limiti più ristretti di quelli segnati. Se per esempio lo stato impone all'istituto di emissione di contenere i cambî entro corsi inferiori a quelli risultanti dai punti metallici, raramente il cambio può sorpassarli, se l'istituto di emissione ha valuta estera sufficiente per far fronte a tutte le domande di cambio, o disponibilità in valuta nazionale superiori a quelle richieste dai venditori di valuta estesa. Inoltre vi sono dei correttivi spontanei del cambio alto e basso, grazie ai quali il cambio di solito non supera i punti metallici. Se per esempio, nel caso di cambio alto, i commercianti che devono fare pagamenti all'estero trovano più conveniente, al corso attuale del cambio, esportare, anziché oro, altri beni, come valori di borse internazionali, e venderli sulla piazza estera per ricavarne la moneta loro necessaria, il cambio non potrà salire oltre al corso attuale. In tal caso si dice che il cambio non può andare al di là del punto (mercantile) del "tale" valore di borsa.

Entro i limiti estremi dei punti metallici, le oscillazioni dei cambi sono determinate da tutte quelle cause che fanno sorgere debiti e crediti fra i paesi. Se i pagamenti che un paese deve fare all'estero sono eguali ai pagamenti che l'altro paese deve fare nel primo, il cambio è eguale alla parità monetaria. Infatti, in tal caso, la domanda di moneta estera e l'offerta di moneta nazionale da parte di un paesc saranno eguali rispettivamente all'offerta di moneta nazionale e alla domanda di moneta estera da parte dell'altro paese. In brevi periodi di tempo queste eguaglianze di rado si verificano; perciò, quando il dare di un paese supera il suo avere, la concorrenza tra i debitori farà sì che coloro che richiedono valuta estera saranno disposti a pagarla qualcosa di più della parità e in tal modo il cambio diventerà sfavorevole per quel paese. Al contrario, quando l'avere supera il dare, la concorrenza tra i venditori di cambî esteri farà in modo che essi si accontentino di una somma di moneta nazionale inferiore a quella indicata dalla parità monetaria, sicché il cambio diventerrà favorevole per lo stesso paese. I debiti e crediti internazionali sono così il sostrato di tutta la teoria del cambio estero. Occorre però, per determinarne le cause immediate di variazione, considerare unicamente quei conti di debito e di credito che sono sul punto di saldarsi. Influiscono anzitutto sui debiti internazionali tutte le circostanze che fanno variare il commercio internazionale. Un paese è debitore del valore delle sue importazioni e creditore di quello delle sue esportazioni. Perciò, ad esempio, ogni variazione stagionale nelle importazioni e nelle esportazioni produce, a parità di altre circostanze, delle oscillazioni nel cambio. Così i paesi agricoli, se altre cause non contrastano il movimento, vedranno i loro cambî sull'estero diminuire appena il raccolto è ultimato, epoca in cui aumentano le esportazioni. Viceversa, nei paesi industriali, sempre a parità di altre circostanze, i cambî si faranno sfavorevoli con l'inizio delle importazioni delle materie prime necessarie alle industrie. Anche le cause che fanno variare le altre voci della bilancia dei pagamenti sono altrettante ragioni di variazione dei cambî. Per esempio, le circostanze che accrescono le rimesse in patria dei nazionali all'estero, o le spese degli stranieri all'interno, o i guadagni all'estero della marina e delle banche nazionali, migliorano, a parità di altre circostanze, il cambio estero. Così pure, una differenza tra i saggi dello sconto ha azione sulla bilancia dei pagamenti, e per conseguenza anche sui cambî. Anzitutto, perché vi sarà movimento di capitali verso il paese a saggio di sconto più alto, il che vi renderà meno teso il cambio; poi, perché coloro i quali hanno crediti immediatamente realizzabili nel paese estero, dove il saggio dello sconto è più alto, preferiranno lasciarveli finché lo sconto si manterrà tale, contribuendo in tal modo ad attutire l'immediata domanda di cambî se non quella futura che risulterà aumentata appena i crediti verranno richiamati; infine, perché, tra gli effetti di un alto saggio dello sconto, vi è ancora quello che esso si accompagna con una depressione dei valori di borsa, e talvolta anche delle merci, il che ne favorisce l'esportazione. Oltre a ciò, anche i turbamenti politici e sociali, che si traducono quasi sempre in turbamenti finanziarî, importano conseguenze sui cambî, per via delle maggiori esportazioni di capitali dovute a ragioni di sicurezza.

Ma come il cambio è l'effetto dei movimenti delle partite di dare e avere internazionali, così queste sono pure l'effetto del primo, e si presentano diversamente e con differente influenza sul livello interno dei prezzi a seconda che il cambio stia toccando i punti metallici oppure da questi si trovi relativamente distante. Nel primo caso, se il cambio è al punto di esportazione, vi sarà uscita d'oro la quale non produce o produce effetti sul livello interno dei prezzi, secondo che il paese è produttore di oro o no. Se si tratta d'un paese produttore di oro, i prezzi interni resteranno fermi e relativamente alti insieme, perché la produzione aurea è possibile solo quando all'estero l'oro valga più che all'intemo, e alti prezzi interni significano infatti basso valore dell'oro. Se invece l'esportazione di oro non è una condizione di equilibrio, come nel caso del paese produttore di oro, ma dipende da una causa straordinaria, (per es. da un raccolto interno mancato, per cui si renda conveniente importar grano contro oro), l'uscita dell'oro cagionerà una tensione nel mercato monetario, in quanto che, per esportare oro, bisognerà ridurre la circolazione metallica; i prezzi allora ribasseranno, aumenterà l'esportazione di merci, i cambî si faranno meno tesi e l'oro cesserà di emigrare. Per questo, di rado si verifica esportazione continua di oro. Analogamente, ma con conseguenze opposte, si dica del cambio tendente verso il punto metallico d'importazione. Nel secondo caso, quando il cambio pur diventando sfavorevole si mantiene entro il punto metallico di esportazione, gli effetti sulle partite di dare e avere internazionali e sul livello interno dei prezzi sono diversi se il cambio alto corrisponde a certe condizioni di equilibrio, oppure se è alto in seguito a squilibrio temporaneo dei rapporti di scambio internazionale. Nella prima ipotesi, se il livello dei prezzi permane relativamente elevato, il cambio alto non costituisce un incentivo a maggiori esportazioni e a minori importazioni. Nella seconda, invece, l'aumento verificatosi nel cambio ha la tendenza a rendere vantaggiose operazioni di esportazione che ptima non potevano recare alcun guadagno. Per es. se prima del rialzo una partita di merci di 100.000 lire venduta all'estero non recava alcun profitto, ora che il cambio è aumentato di 10 centesimi per ogni 100 lire, il profitto diventa di 100 lire e perciò vi sarà convenienza ad esportare di più; le importazioni, rese più costose, tenderanno a diminuire. In questa maniera crescono a poco a poco i crediti sull'estero, e si riducono i debiti, onde il cambio, che prima era alto, tende a ribassare. Oltre a questo effetto il cambio alto determina - e questo, nei paesi meglio organizzati bancariamente, è l'effetto più immediato e più importante - un'importazione temporanea di capitali dall'estero, perché, anche se i saggi di sconto sono e quali nei due paesi, all'epoca del rimborso, tali capitali, prima convertiti nella moneta del paese importatore, si potranno cambiare in un numero superiore di monete estere, se il cambio si sarà nel frattempo fatto meno teso. Effetti opposti si dànno col cambio basso. Vi sono adunque, quando ambedue i paesi posseggono monete dello stesso metallo, dei correttivi naturali del cambio alto e basso, che agiscono spontaneamente per portarlo alla posizione di equilibrio rappresentata dalla parità monetaria.

Cambio fra un paese a moneta oro e uno a moneta argento. - Mentre nel caso precedente il cambio oscilla intorno a una parità monetaria fissa, in questo caso esso varia attorno a una parità mobile data dal prezzo di un metallo nell'altro. Perciò, i fattori determinanti le variazioni dei cambî si possono distinguere a seconda che influiscono sui cambiamenti della parità o sulle oscillazioni del cambio attorno a questa. Supposta fissa per un momento la parità monetaria, i limiti delle variazioni del cambio si determinano in base al prezzo di quello dei due metalli che funziona semplicemente come merce. Dato, ad esempio, un certo prezzo dell'argento, il cambio della moneta argento nel paese a moneta oro oscilla entro due limiti determinati l'uno dal costo di trasporto e di coniazione delle barre di argento e l'altro dal costo di importazione e di fusione delle monete di argento, oltre all'ammontare della loro abrasione. Entro questi limiti, i fattori che agiscono sul cambio si comportano in maniera analoga a quelli indicati nel caso precedente. Influiscono, invece, sulla parità tutte le cause che importano variazioni nel prezzo dei due metalli, come per es. la scoperta di nuove miniere, l'adozione da parte di altri paesi di uno dei due metalli come moneta, l'allargamento del loro uso industriale, le variazioni nel rapporto interno tra moneta e merci. In generale, il cambio varia col variare del potere di acquiito interno delle monete stesse, relativamente a quelle merci che sono oggetto di scambio tra i due paesi. Infatti, se nel paese oro la moneta ha un potere di acquisto venti volte superiore a quello della moneta nel paese argento, essa deve normalmente valere venti volte quest'ultima, poiché, in caso diverso (prescindendo dalle spese di trasporto), converrebbe importare o esportare dal paese argento nuove merci fino a quando il cambio non diventasse eguale al rapporto fra i poteri interni di acquisto. Per conseguenza, quando uno di questi tende a variare, anche il cambio fra le due monete deve mutare correlativamente. Un caso particolare di quello in esame è dato dal cambio tra un paese bimetallico e uno monometallico. Nel primo, il cambio ha un primo limite di variazione rappresentato dalla parità monetaria, calcolata facendo il rapporto tra il peso della moneta del paese monometallico e il peso della moneta dello stesso metallo nel paese bimetallico (oltre il punto metallico), e un secondo limite incerto dato dal prezzo dell'oro in argento.

Cambio fra un paese a moneta-oro (argento) e un paese a carta-moneta. - Non appena il corso forzoso viene introdotto in un paese oro, l'oro tende ad emigrare, per l'azione della legge di Gresham. Vi sarà pertanto un aumento del cambio oltre il punto metallico di esportazione, il quale teoricamente può anche essere senza limiti, se il potere di acquisto della carta-moneta si riduce a dismisura; giacché, mentre nei due casi avanti esposti il cambio è in qualunque momento arrestato nella sua asceca dalla fusione della moneta e dalla sua coniazione nella moneta dell'altro paese, o dalla vendita della moneta argento come metallo, in questo la moneta, essendo di carta, non può essere resa valevole nell'altro paese se non in ragione della sua sostanza o potere di acquisto. Perciò il potere di acquisto della carta-moneta diventa un fattore essenziale delle variazioni del cambio. Se il livello generale dei prezzi aumenta, si dice che tale potere di acquisto si abbassa, e viceversa. Le cause che influiscono sulle variazioni del livello generale dei prezzi sono così altrettante cause di variazione del cambio. Più importante fra tutte è la massa di carta-moneta in circolazione, la quale, alla sua volta, dipende in gran parte dall'arbitrio dello stato. Se il Tesoro deve fare grossi pagamenti, e non v'è modo di ricorrere vantaggiosamente ai prestiti dei privati, lo stato non ha altra via che quella di stampare carta-moneta. Pertanto le condizioni finanziarie dello stato rappresentano un fattore cospicuo di variazione del cambio. Chi all'estero acquista carta-moneta non guarda però solo al suo potere di acquisto attuale, ma anche a quello che in futuro essa potrà avere. Se esiste la convinzione, giusta o falsa, che la circolazione presto sarà allargata e che pertanto il cambio dovrà salire, l'aumento del cambio avviene subito, come se esso comandasse alla circolazione. Così le speranze, le credenze, gli scoraggiamenti, le opinioni fantastiche o razionali sugli atti futuri del potere sovrano e su tutti quei fatti che indirettamente possono influire sulla circolazione, come lo stato del debito fluttuante, il credito, la politica monetaria, le condizioni della produzione, diventano, attraverso la previsione e la speculazione sulla moneta, un secondo fattore di variazione del cambio. L'influenza di questi fattori non si combina in modo costante nel tempo. In periodi lunghi di tempo, sul cambio tendono a prevalere le influenze che si manifestano determinando variazioni nel rapporto tra i poteri di acquisto interni delle due monete. Si dice allora che ll cambio tende alla parità dei poteri di acquisto. Se ad es. il livello dei prezzi in un paese sale da 200 a 600 e nell'altro da 100 a 200 anche il cambio sale da 2 : 1 a 6 : 2. In periodi brevi, invece, prevale di solito l'influenza dei fattori psicologici, traducentisi nelle previsioni; onde il cambio si avvicina al rapporto tra i poteri di acquisto futuri, se le previsioni sono corrette, o a quello tra i poteri di acquisto previsti in quel momento, nel caso di previsioni errate.

Cambî a termine o a consegna. - I contratti a termine si propongono da una parte l'acquisto, dall'altra la vendita di una determinata quantità di divisa estera consegnabile nel futuro a un cambio convenuto nel momento dell'esecuzione del contratto. Essi si connettono generalmente, salvo il caso in cui siano conclusi per scopo di speculazione, alle operazioni del commercio internazionale, nelle quali i compratori, contro consegna futura delle merci si cautelano acquistando in precedenza a un cambio stabilito la valuta estera necessaria al pagamento della merce. Le operazioni in cambî a consegna hanno luogo quindi, con maggior frequenza, nei periodi delle più forti oscillazioni dei corsi delle divise nel mercato mondiale deì cambî e tendono ad assumere una funzione assicurativa contro i rischi derivanti dalle dette oscillazioni. Tali rischi non possono, per altro, interamente eliminarsi in ogni caso, perché le operazioni di acquisto di cambî a consegna possono essere effettuate soltanto sulle divise principali, dovendosi per le altre, specie in situazioni di equilibrio instabile, sostenere un costo troppo elevato.

Tali operazioni sono compiute quasi sempre dalle banche, legate da numerosi rapponi di conto corrente con corrispondenti esteri, e che svolgono un'attività notevole nel commercio dei cambi. Inlatti la banca, appena ha compiuto un'operazione di acquisto o di vendita di divisa estera a termine, deve provvedere a vendere o comprare presso altri corrispondenti o clienti, naturalmente cercando di conseguire un profitto nell'applicazione del cambio, la stessa quantità di divisa; deve cioè coprirsi, come si dice nel mondo bancario. Molte volte queste operazioni di copertura non possono essere compiute direttamente e allora danno luogo a una serie di compre e di vendite indirette che hanno per fine il ricupero della divisa estera venduta a termine, o la cessione di quella acquistata alla stessa condizione.

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Cambio marittimo. - Nella legge italiana e nella maggior parte delle altre legislazioni vigenti il cambio marittimo, o prestito a cambio marittimo, è un contratto mediante il quale una persona (il prestatore o cambista) dà una somma di denaro al proprietario della nave o delle cose caricate o anche al capitano, il quale si assume di restituirla insieme con l'interesse legale, e con un determinato premio (profitto marittimo) nel caso che le cose (nave, accessorî, carico o nolo), vincolate a garanzia di detta somma giungano felicemente al luogo di destinazione, dopo il viaggio in contemplazione del quale il prestito viene stipulato.

Nel diritto romano l'istituto aveva una diversa fisionomia. Si trattava di un negozio giuridico mercé il quale una certa quantità di denaro, data a mutuo fruttifero, ovvero la merce acquistata con quel denaro, doveva essere trasportata per mare a rischio del mutuante. Col nome di pecunia traiecticium si indicava il capitale, cosi impiegato o quanto con esso fosse stato acquistato; col nome di foenus nauticum era invece indicato l'interesse cui aveva diritto il mutuante come compenso del rischio. La trasformazione dell'istituto si è andata operando nelle legislazioni marittime dell'età di mezzo. Il sistema in vigore si uniforma a quello germanico della Bodmerei: dalle legislazioni del nord attinse infatti in particolar nodo l'ordinanza francese del 1681 da cui sono più direttamente derivate le vigenti legislazioni latine nel campo del diritto marittimo. L'istituto non risponde più oggi alle necessità del traffico e, specialmente sotto l'aspetto del prestito volontario sul carico, non si pratica più, cosicché talune legislazioni neppure lo contemplano; sotto l'aspetto del cambio necessario è anche divenuto meno frequente in dipendenza dei più progrediti rapporti di credito. Ad ogni modo la legge italiana contempla le due specie di cambio marittimo: il volontario e il necessario: il prirno è quello che si contrae dai proprietarî della nave o del carico prima del viaggio: l'altro è quello che si contrae durante il viaggio dal capitano per provvedere ai bisogni urgenti della navigazione. Volontario o necessario, il prestito a cambio marittimo è a) un atto di commercio obiettivo soggetto a speciali formalità; b) un negozio giuridico di mutuo, in quanto il ricevitore si obhiliga, sotto determinati presupposti, alla restituzione di una somma equivalente a quella ricevuta oltre alla corresponsione del profitto marittimo; c) un negozio di mutuo speciale, siccome aleatorio e condizionale, perché l'obbligo della restituzione e del pagamento del profitto dipende dall'avvenimento futuro e incerto del salvo arrivo delle cose vincolate e ogni diritto del mutuante si risolve ove tali cose periscano per caso fortuito o forza maggiore; d) un negozio in base al quale il cambista o mutuante dispone di un'azione reale sulle cose vincolate al cambio ed esposte al rischio marittimo del viaggio. Per la nostra legge il cambio marittimo, sia volontario sia necessario, deve risultare da scrittura. Se è fatto sulla nave e sopra una porzione di essa il contratto deve anche essere trascritto nei registri dell'ufficio marìttimo nel cui compartimemo è stipulato o, se è fatto all'estero, nei registri del consolato locale e deve essere annotato nell'atto di nazionalità della nave e trasmesso in copia all'ufficio competente. L'atto di cambio marittimo può essere nominativo o all'ordine. Il cambio marittimo può essere costituito: a) sulla nave intera o su una porzione di essa; b) sugli attrezzi, sul corredo e sull'armamento; c) sul nolo da guadagnarsi dalla nave o su quello già guadagnato, se le merci per le quali fu pagato trovandosi ancora sulla nave sono esposte ai rischi: d) sul carico o sopra una determinata porzione di esso; c) sulla nave, sul nolo e sul carico congiuntamente. La garanzia del cambio deve essere effettiva e perciò il prestito non può eccedere il valore delle cose che si caricano sulla nave o sulle barche per trasportarle alla nave sino a quello dello scaricamento a terra nel luogo di destinazione. Il profitto marittimo che il prenditore a cambio si obbliga a corrispondere al sovventore del denaro rappresenta il prezzo del pericolo, cioè il corrispettivo del rischio. L'esecuzione finale del contratto dipende dal verificaisi o meno di un sinistro, dal verificarsi o meno del felice arrivo. In caso di sinisiro, non dipendente da vizio della cosa o da fatto del debitore, se le cose sulle quali il cambio fu costituito sono perite interamente, chi ha ricevuto il denaro è liberato. Se la perdita è parziale, il pagamento delle somme prestate è ridotto al valore delle cose vincolate al prestito che furono salvate, salvo il rimborso delle spese di ricuperamento e il pagamento dei crediti privilegiati ai quali fosse dovuta la preferenza. Nel caso di felice arrivo non si presentano difficoltà; provato dal sovventore del denaro il felice arrivo delle cose vincolate al cambio, egli ha diritto alla restituzione della somma prestata e al profitto marittimo. Il pagamento deve essere fatto al legittimo possessore dell'atto di prestito e, ove fosse rifiutato, questi ha diritto di esercitare privilegio sulle cose vincolate, ma se queste non siano sufficienti il prenditore a cambio è liberato, perché l'azione derivante dal contratto è soltanto quella reale, salvo il caso di perdita o deterioramento derivante da vizio intrinseco della cosa o da colpa del prenditore.

Bibl.: G. Salvioli, L'assicurazione e il cambio marittimo nella storia del diritto italiano, Bologna 1884; P. Ascoli, Il contratto di prestiti a cambio marittimo, Torino 1890; G. B. Benfante, Le formalità del cambio marittimo necessario, in Archivio giuridico, XLIV (1889), p. 135; A. Baldasseroni, Delle assicurazioni marittime, voll. 3, Firenze 1876; A. Brunetti, Del commercio marittimo e della navigazione, in Commentario al cod. di comm., Milano 1915; F. Ciccaglione, Cambio marittimo, in Enciclopedia giuridica italiana; F. Armelani, Cambio marittimo, in Dig. italiano, VI, i, Torino 1888, pp. 237-276.

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