CAMBOGIA

Enciclopedia Italiana - V Appendice (1991)

CAMBOGIA

Peris Persi
Sandro Bordone
Irma Piovano

(VIII, p. 511; App. II, I, p. 488; III, I, p. 292; IV, I, p. 340)

Nel periodo 1962-79 la popolazione è rimasta pressoché invariata (pari a 5,7 milioni di abitanti) a causa delle tragiche vicende politiche e militari che hanno sconvolto il paese. A partire dal 1980, tuttavia, la tendenza si è invertita e si sono cominciati a registrare forti aumenti (+2,8% annuo), che hanno fatto salire la popolazione a 7.876.000 ab., secondo stime del 1988. Phnom Penh, da città fantasma di 20.000 persone (per lo più militari) sotto il regime di Pol Pot a metà degli anni Settanta, è ormai un centro di 750.000 abitanti (nel 1962 la popolazione era di 394.000 abitanti).

L'agricoltura resta la principale risorsa grazie alla fertile conca del Mekong e ai terreni che circondano il Tonle Sap, il ''Grande Lago'' che rappresenta la cassa di espansione del Mekong durante le piene, sebbene posto a monte del fiume. È arativo il 17% della superficie del paese, valore ulteriormente dilatabile, e il principale prodotto è il riso, seguito da mais, sesamo, legumi, manioca, soia e arachidi. Importanti sono la pesca nelle acque interne, l'allevamento di bovini, bufali e suini, i prodotti della foresta (legni pregiati). In lenta ripresa l'industria, poco favorita dalle scarse risorse del sottosuolo e dalla modesta produzione elettrica, di origine termica. Accanto alle poche industrie alimentari vanno ricordate quelle di montaggio di autoveicoli, alcune industrie chimiche e della gomma (pneumatici).

La viabilità terrestre, già piuttosto precaria (612 km ferroviari e 2662 km asfaltati), attende di essere ripristinata; quella fluvio-marittima fa capo ai due porti di Kompong-Som nel Golfo del Siam e di Phnom Penh su un affluente del Mekong.

Bibl.: Centre National de la Recherche Scientifique, Introduction à la connaissance de la péninsule indochinoise, Parigi 1983; J. Delvert, Le Cambodge, in Que saisje?, ivi 1983; M. A. Martin, L'industrie dans la Kampuchea démocratique (1975-78), in Etudes rurales, 1983, pp. 77-110; C. Taillard, Les transformations de quelques politiques agricoles socialistes en Asie entre 1978 et 1982 (Chine, Vietnam, Cambodge et Laos), ibid., 1983, pp. 111-43.

Storia. - Dopo la conquista di Phnom Penh da parte dei Khmer rossi, nell'aprile 1975, venne varata una nuova costituzione repubblicana. Nell'aprile 1976 il principe Sihanouk rassegnò le dimissioni da capo dello Stato, mentre un'Assemblea nazionale portò alla presidenza Khieu Samphan e a capo del governo Pol Pot. Questi, misteriosamente allontanato nel settembre dello stesso anno dal suo incarico, ritornò sulla scena politica nel settembre 1977, in occasione di una sua visita ufficiale nella Repubblica Popolare Cinese, visita che comportò il riconoscimento di fatto della sua leadership e della sua linea politica. A ciò fece seguito un periodo particolarmente confuso della situazione cambogiana. Ai sempre più gravi incidenti di confine con Thailandia e Vietnam, corrisposero all'interno una crisi economica estremamente grave, lotte tra le varie fazioni del Partito comunista cambogiano e la nascita di una controguerriglia che assunse una certa credibilità internazionale. La teorizzazione dei dirigenti Khmer sulla necessità di dare vita a una nuova società e di raggiungere un proprio modello di sviluppo economico al di fuori dei mercati internazionali, che aveva quali punti di riferimento sia la tradizione marxista (in particolare l'esperienza cinese degli anni della Rivoluzione culturale), sia, in qualche modo, quella dell'antico regno di Angkor, si trasformò in un vero e proprio genocidio.

Negli anni successivi al 1975, dopo l'eliminazione di migliaia di quadri del partito, ebbe inizio una durissima politica nei confronti della popolazione, dapprima contro gli abitanti delle ''zone occupate'' (quelle controllate durante la guerra dal regime di Lon Nol), poi indiscriminatamente. Sotto l'etichetta "rivoluzione sociale radicale a tutti i livelli" ed "epurazione della società", i dirigenti Khmer costrinsero gli abitanti delle città ad abbandonare le loro case e i loro beni per andare a vivere in campagna in un regime di lavori forzati.

Lo sviluppo economico teorizzato e messo in atto dal governo di Pol Pot non prevedeva l'esistenza delle città che dovevano sparire in base alla decisione politico-ideologica di assegnare alle campagne la priorità assoluta, considerando la città solo nel suo ruolo parassitario e di sfruttamento delle campagne. La deportazione della totalità degli abitanti di Phnom Penh, in maggioranza contadini inurbati, ebbe come obiettivo principale quello di trasformare i cittadini in manodopera agricola nell'ambito di una rigida pianificazione.

Nel nuovo piano di ristrutturazione, la nuova società venne divisa in due strati sociali: il "popolo nuovo", cioè gli abitanti dei territori controllati dai Khmer prima del 1975, che godettero inizialmente di alcuni previlegi, e il "popolo vecchio", cioè gli abitanti residenti nelle città all'atto della presa del potere nel 1975, che subirono il lavoro coatto nella sua forma più rigida. Queste differenze ideologiche e di trattamento vennero scomparendo con l'emergere della necessità di controllare la popolazione col terrore e di far tacere i tentativi di opposizione che venivano manifestandosi all'interno dello stesso gruppo dirigente. Al di sopra di questi due strati stavano i quadri dell'Angkar (l'Organizzazione) che garantivano a sé e alle loro famiglie uno standard di vita tipico di una classe privilegiata. Il massacro di una parte di questi quadri e di quelli della burocrazia statale avvenne nell'ambito di queste lotte interne.

Il lavoro agricolo era eseguito manualmente, utilizzando i metodi più tradizionali e rifiutando a priori qualsiasi conoscenza tecnica di tipo occidentale. Questo spiega la nessuna importanza attribuita ai quadri tecnici e scientifici e il loro stesso massacro: nel 1979 saranno solamente 10 gli agronomi sopravvissuti. I giovani avevano un ruolo e un'importanza particolare agli occhi dei nuovi detentori del potere. Organizzati in squadre di lavoro mobili e di pronto intervento, servivano soprattutto da ''controllori'' delle attività dei membri del proprio nucleo familiare. La famiglia come centro in grado di garantire la sussistenza dei propri membri venne cancellata, impedendo, a partire dal 1977, anche il possesso e l'uso privato dei semplici strumenti per la preparazione del cibo. Tutto era raccolto nelle cooperative statali, la cucina era comune e gestita da gruppi di lavoro, vigeva l'obbligo di mangiare e dormire in comune. Col deteriorarsi della situazione politica in seguito alle faide tra le varie componenti dei Khmer rossi e con l'aggravarsi della crisi alimentare, anche quanto poteva essere raccolto individualmente, sfruttando la ricchezza della natura, venne proibito, e la minima trasgressione punita con la morte.

Nell'ultimo periodo del regime di Pol Pot il controllo sull'alimentazione divenne così ossessivo da non essere più giustificabile con la pretesa ideologica di garantire l'uso collettivo in contrapposizione a quello individuale. È probabile che la sottoalimentazione, assieme ai massacri indiscriminati, costituisse un elemento dell'ingranaggio che garantiva il controllo sulla popolazione. Tale politica ebbe come conseguenza il genocidio di milioni di persone.

Parallelamente i nuovi leaders di Phom Penh davano vita a una politica estera avventurista, con continue provocazioni nei confronti del Vietnam, i cui rapporti con la Cina (anche per questo) andarono rapidamente deteriorandosi. Il 31 dicembre 1977 la C. denunciò la rottura delle relazioni diplomatiche e l'aggressione del Vietnam, le cui truppe giunsero a pochi chilometri dalla capitale. Dopo una controffensiva cambogiana, le operazioni militari cessarono e Hanoi avanzò proposte di negoziato. La tensione tra i due paesi andò aumentando nel corso del 1978 e sfociò, nel dicembre dello stesso anno, nella costituzione, sotto la protezione vietnamita, del Fronte Unito di Salvezza Nazionale del Kampuchea (FUNSK) che invitò il popolo cambogiano alla rivolta contro il regime di Pol Pot per una C. indipendente, democratica e neutrale. Nel gennaio 1979 i guerriglieri del FUNSK, appoggiati dall'esercito vietnamita, entrarono a Phnom Penh ponendo fine al regime di Pol Pot, e instaurarono un governo filovietnamita presieduto da Heng Samrin. Tuttavia il governo cambogiano in esilio mantenne il seggio alle Nazioni Unite, mentre il nuovo regime fu riconosciuto solamente dai paesi del blocco socialista.

Sul piano economico e sociale la C., a un anno dall'intervento delle truppe vietnamite, rimaneva un paese in sfacelo. Commercio e agricoltura non esistevano più, il paese era sull'orlo della carestia mentre la situazione sanitaria era spaventosa (erano sopravvissuti solo 40 medici sui 500 di prima della guerra) e l'intera struttura scolastica doveva essere ricostruita dalle fondamenta dopo l'eliminazione della quasi totalità degli insegnanti e degli intellettuali. A tutto questo si aggiungeva la vitalità della guerriglia antivietnamita dei Khmer rossi di Khieu Samphan e del Fronte Nazionale di Liberazione del Popolo Khmer (FNLPK) guidato dal moderato anticomunista Son Sann.

Le elezioni del maggio 1981 confermarono il pieno successo di Heng Samrin che rimase Capo dello stato, ma cedette la carica di primo ministro a Pen Sovan, il quale però si ritirò dalla vita politica "per ragioni di salute" nel dicembre dello stesso anno. Nel giugno 1982 i gruppi della resistenza antivietnamita annunciarono la formazione di una coalizione e la creazione di un controgoverno. Il principe Sihanouk, nuovamente apparso sulla scena politica, venne nominato Capo dello stato e Son Sann primo ministro. Un mese più tardi Hanoi annunciava un parziale ritiro delle proprie truppe come primo passo verso una soluzione diplomatica del problema cambogiano, anche se la guerriglia rimaneva sempre attiva.

In campo economico, la reintroduzione dell'iniziativa privata diede nuovo impulso al commercio, sebbene le poche industrie operanti soffrissero per la mancanza di investimenti e di materie prime. Nel contempo un accordo con l'Unione Sovietica rendeva meno drammatica la situazione agricola e alimentare.

Nel gennaio 1986, l'Assemblea nazionale nominò primo ministro Hun Sen, il quale procedette a un rimpasto del governo sostituendo alcuni uomini coinvolti in casi di corruzione. In politica estera, l'apertura di Gorbačëv nei confronti della Cina, che considerava la presenza delle truppe vietnamite in C. il maggiore ostacolo alla normalizzazione dei rapporti con l'Unione Sovietica, spinse il leader sovietico a premere sul Vietnam per una soluzione del problema cambogiano. Nell'agosto 1988, nell'ambito del negoziato cino-sovietico, la Cina s'impegnava ad accettare una forza di pace internazionale dopo il ritiro delle truppe vietnamite, impegno che veniva sottoscritto anche dalla coalizione antivietnamita.

Nel settembre 1989, in concomitanza col ritiro delle truppe vietnamite dalla C., i guerriglieri controllati dai Khmer rossi, unità fedeli al principe Sihanouk e gruppi del FNLPK di Son Sann, a conferma del carattere fragile del regime di Phnom Penh, lanciavano un'offensiva per la riconquista del paese, occupando alcune centinaia di chilometri quadrati di territorio ai confini con la Thailandia. Nel gennaio 1990, a scongiurare l'eventualità di una nuova presa del potere da parte dei Khmer rossi, che sembravano intenzionati a far rivivere il terrore del passato regime di Pol Pot, la macchina diplomatica internazionale si metteva in moto per una composizione politica e diplomatica della questione. Il primo ministro cambogiano Hun Sen accettava le proposte di pace dell'Australia (note come "piano Evans") per un controllo e una garanzia delle Nazioni Unite sul cammino del paese verso l'instaurazione di un regime di tipo democratico. La pacificazione non ha tuttavia fatto passi avanti nel corso del 1990, ostacolata in primo luogo dagli ulteriori rifornimenti di armi concessi ai due schieramenti (dal Vietnam e dalla Cina), e dall'irrigidimento di Hun Sen, timoroso che il piano di pace non garantisse l'esautoramento dei capi Khmer e il disarmo effettivo e controllabile delle loro forze. Alla fine di agosto 1991, invece, i lunghi negoziati fra il governo, le tre fazioni cambogiane e i rappresentanti del Consiglio di sicurezza dell'ONU sono sembrati poter approdare a un accordo per la pacificazione in C.: il Consiglio nazionale supremo, presieduto da Sihanouk e formato dai rappresentanti di tutti i contendenti (gi'a operante durante le trattative) dovrebbe insediarsi a Phnom Penh; alla fine del 1992 o nel 1993 dovrebbero tenersi libere elezioni politiche.

Bibl.: J. Lacouture, Cambogia, i signori del terrore, Firenze 1979; E. Sarzi Amadé, L'Indocina rimeditata, Milano 1983; D. Chandler, A history of Cambodia, Boulder 1983; M. Vickery, Cambodia, 1975-1982, Boston 1984; B. Kiernan, How Pol Pot came to power, Londra 1985; M. Stuart-Fox, The Murderous revolution: life and death in Pol Pot's Kampuchea, Chippendale (Aus.) 1986; M. Vickery, Kampuchea. Politics, economics and society, Londra 1986; Cambogia. Discutere il dramma cambogiano, a cura di E. Collotti Pischel, Alessandria 1987.

Letteratura. - Le vicende politiche hanno influito negativamente sullo sviluppo della letteratura cambogiana, la quale non ha potuto esprimere a tutt'oggi alcuna opera significativa. Gli sforzi operati dall'amministrazione francese durante il periodo coloniale e soprattutto durante l'ultima guerra per incoraggiare la produzione di romanzi e di opere teatrali, non hanno ottenuto che scarsi risultati.

Dal grigiore generale di una produzione appena mediocre, emergono alcuni nomi: quelli di Nhôk Thèm che scrisse Kulap Pailin ("Le rose di Pailin", 1936); di Rim Kin, autore di Rīoeng Suphāt ("La storia di Suphāt", 1938); di Nou Hach che pubblicò Phkā Srabon ("Fiore appassito", 1947); di R. Govid, autore del romanzo storico Banteay Longvêk ("La fortezza di Longvêk").

Non mancano i tentativi di liberarsi della tradizione: è il caso di uno dei poeti moderni più rappresentativi, Keng Vannsak, autore di Cuore vergine il quale, tuttavia, continua a privilegiare la metrica tradizionale e a ricorrere a immagini tratte dal repertorio classico. Di stile nettamente tradizionale è invece l'opera Fiore appena sbocciato del poeta Meas Yout. Ma la figura più rimarchevole e più raffinata dei tempi recenti è forse quella della poetessa franco-cambogiana Makhali Phal, autrice tra l'altro di Canto di pace, noto e delicato componimento pervaso da sentimenti di nazionalismo pacifista.

L'Istituto Buddhista di Phnom Penh − ora Université Bouddhique Prea Sihanuk Reach − è il più importante centro di cultura moderna khmer e ha contribuito non poco alla diffusione della cultura pubblicando testi classici tratti da manoscritti inediti, traduzioni da lingue europee e il periodico letterario mensile Kampuchea Sauriya, al quale si aggiunge, sempre con interessi letterari, la rivista illustrata Srok Khmer ("Il Paese dei Khmer") che ha iniziato le sue pubblicazioni nel 1927.

Dopo il 1960, come conseguenza di una intensa scolarizzazione, si è affermata in C. una letteratura piuttosto attiva, ma di gusto discutibile. La produzione si limita infatti principalmente a fumetti e a fotoromanzi e, a partire dal 1970, a manuali di magia e di profezie. I temi trattati sono quelli dei melodrammi lacrimosi, degli amori contrastati, delle battaglie, delle lotte, dove l'elemento fantastico e il gusto del meraviglioso assumono un ruolo dominante. Nel suo insieme si tratta di una produzione anche graficamente scadente, che sembra mirare soprattutto al contenimento dei prezzi di vendita delle opere. Colpisce, in questa letteratura, la superficiale sensibilità per i temi sociali. Predominano invece le opere a sfondo storico, tipiche di un popolo che cerca nelle radici del passato i motivi di speranza per il futuro.

Bibl.: A. Bausani, Le letterature del Sud-Est asiatico, Firenze-Milano 1970; M. Piat, La littérature populaire cambodgienne contemporaine, in Littératures contemporaines de l'Asie du Sud-Est, Parigi 1974.

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