UGONI, Camillo e Filippo

Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 97 (2020)

UGONI, Camillo

e Filippo
Arianna Arisi Rota

– Nacquero a Brescia rispettivamente l’8 agosto 1784 e l’11 novembre 1794 da Marcantonio e da Caterina Maggi di Gradella.

Gli Ugoni erano una delle più antiche e illustri famiglie del Bresciano, saldamente radicate nel territorio.

I dieci anni che separano anagraficamente i fratelli e i percorsi educativi aiutano a comprenderne le diverse personalità: Camillo, un letterato di impostazione classica cautamente attratto dal cambiamento culturale dell’avanguardia romantica e liberale lombarda, ma caratterialmente lontano dall’impegno militante in prima persona e da scelte estreme o sovversive; Filippo, assimilabile ai ‘figli del secolo’, i giovani nati all’inizio dell’Ottocento, pienamente inserito nella mobilitazione risorgimentale fino a sperimentare, da deputato, la vita politico-istituzionale del Parlamento subalpino e del primo Parlamento italiano. Il bel ritratto attribuito all’amico pittore Luigi Basiletti, databile intorno al 1812 e conservato nei Musei civici di Santa Giulia a Brescia, affianca i volti dei due fratelli rivelando l’indole più meditativa del primo e lo sguardo più diretto, quasi sfidante, del secondo: una sintesi visiva dei diversi modi in cui uomini della loro estrazione sociale avrebbero potuto vivere il tempo postnapoleonico e le sfide culturali e politiche dell’Ottocento italiano.

Alla perdita del padre Camillo entrò in collegio a Brescia dai padri somaschi, quindi nel 1799 nel collegio dei nobili di Parma, retto dagli ex padri gesuiti – che anche Filippo frequentò, ma per minor tempo, passando poi al vivace ambiente dell’Università di Pavia: «educato nel modo meccanico del collegio» (così Filippo cit. in Petroboni Cancarini, 1974, p. 47), il fratello Camillo gli sembrò sempre marcato nella sua personalità da quella prima esperienza educativa. Ritornato nella Brescia napoleonica nel 1806, Camillo si tuffò negli studi classici con disordinate e voraci letture, e nell’attività dell’Accademia di scienze, lettere, agricoltura ed arti, trasformata nel 1811 in Ateneo. Da questo ebbe l’incarico di studiare i metodi di coltivazione del lino e di fabbricazione delle tele in Fiandra, per applicare al dipartimento del Mella – in sofferenza per il blocco continentale napoleonico – le tecnologie più avanzate: ne derivò una Memoria, pubblicata nel 1812 e premiata dall’Ateneo, che spinse Camillo a uscire dal confortevole perimetro degli studi e delle traduzioni dei classici, per entrare in quello dei saperi agricoli e agronomici protagonisti degli sforzi delle élites liberali nei decenni a venire. Lo scritto ricevette gli elogi di suoi corrispondenti come Ugo Foscolo, conosciuto durante il soggiorno del poeta a Brescia nella primavera del 1807, e Vincenzo Monti, a testimonianza del circuito in cui egli era già inserito. Tra Foscolo e Camillo si instaurò un legame di discepolato sofferto per gli sbalzi di umore del primo, ma perdonato, e mantenuto più facilmente proprio grazie alla distanza che spesso li separava.

Le lettere di questi anni restituiscono il costante interesse per gli sudi e le letture dei fratelli minori, Filippo ma anche Marianna, una delle sorelle, eletta a confidente insieme a quella che negli anni successivi fu oggetto di una tenera amicizia, Anna da Schio Serego Alighieri. Impegnato nell’attività poetica e di traduzione dei classici, Camillo aveva ormai raggiunto autorevolezza e notorietà nelle cerchie culturali di Brescia e Milano. Tensioni con lo zio che reggeva le sorti della famiglia e la mancanza di solidità economica lo spinsero a quel punto a cogliere opportunità per viaggiare: nel 1811 fu a Parigi come delegato del Municipio bresciano per assistere al battesimo del re di Roma, ricevendo il titolo di barone; tra 1812 e 1820 visitò Firenze, Roma e Napoli: nelle lettere all’amico Giovita Scalvini descrisse gli incontri romani con personalità del calibro di Alessandro Verri, Antonio Canova, Angelo Maj. Nel 1818 trovò tuttavia una stabilità tra la casa di Brescia e la villa di Campazzo grazie alla doppia nomina di direttore del liceo e presidente dell’Ateneo.

Se minori sono le tracce lasciate dal più giovane Filippo per gli anni tra la caduta del Regno d’Italia napoleonico e l’avvio della Restaurazione, si ritrovano i fratelli insieme in un viaggio in Svizzera nell’estate del 1819 in compagnia di Giovanni Arrivabene e di Michele Chiaranda che fece loro conoscere il metodo di mutuo insegnamento lancasteriano, lo stesso che stavano diffondendo a Milano Federico Confalonieri e Giacinto Mompiani nel quadro della sfida culturale lanciata all’Austria anche attraverso le pagine del Conciliatore. Ma mentre Filippo e Arrivabene si impegnarono direttamente nella creazione e direzione di due scuole, a Pontevico e a Mantova, Camillo preferì sostenere da lontano il progetto, forse per non esporsi all’attenzione delle autorità di polizia, sotto il cui occhio vigile cadde invece subito Filippo. Similmente, pur di certo inserito nell’esperienza e nel clima che animava la redazione del foglio azzurro milanese, invitato a collaborare, non produsse articoli firmati e gli può essere attribuito forse solo l’articolo uscito nel numero del 10 ottobre 1819 intitolato Sulle innovazioni in letteratura.

Vista l’indole dei fratelli, è probabile che Camillo sia stato affiliato ai Federati lombardi, società segreta concorrente della carboneria e dal programma politico più sfumato, da Filippo, già attivo per la penetrazione della società a Brescia e dintorni e ritenuto nelle fonti di polizia e processuali l’artefice e il capo della rete clandestina in città su impulso dei milanesi Confalonieri e Pietro Borsieri, che mentre coinvolgevano il più giovane degli Ugoni, non stimavano il fratello maggiore adatto al lavoro cospirativo, «meno informato e meno interessato alle cose politiche», seppur incline a un «sistema costituzionale» (deposizione di Borsieri, cit. in Petroboni Cancarini, 1974, p. 117). Mediatore, più che uomo di azione, Camillo entrò comunque nelle mire della polizia insieme al fratello: il 24 maggio 1821, nell’imminenza di una perquisizione domiciliare, Filippo riuscì a fuggire: il tenore delle lettere sequestrate nell’abitazione portò ai ripetuti interrogatori di Camillo a Milano tra fine maggio e fine giugno, e ancora in settembre. La notizia dell’arresto dell’amico Mompiani nell’aprile del 1822 lo convinse infine a lasciare Brescia e, attraverso la Val Camonica e la Valtellina, passare in Svizzera, prima a Berna e a Zurigo, quindi a Ginevra, dove sperava nell’appoggio delle amicizie strette nell’estate del 1819. Condannato Filippo a morte in contumacia per alto tradimento, Camillo, oggetto di inquisizione speciale per sospetto di alto tradimento, iniziava così la fase dell’esilio, nel quale i frequenti e numerosi spostamenti sono ricostruibili grazie alle sue lettere a Marianna: nell’ottobre Filippo si recò in Scozia, poi passò in Galles, mentre Camillo raggiunse Londra nel 1823 e quindi l’Irlanda. Coltivando a distanza un dialogo con esponenti della cultura italiana, tra i quali l’editore Niccolò Bettoni e Giovan Pietro Vieusseux, il maggiore dei fratelli proseguì negli anni Venti lo studio e la critica letteraria, spostandosi a Lugano e stabilendosi infine a Parigi sino al 1830, quindi lasciando la capitale per il più tranquillo borgo di Saint-Leu-Taverny. Il diverso grado di coinvolgimento dei due fratelli nell’entusiasmo per la rivoluzione parigina di luglio emerge da una lettera di Filippo: «...Impiccati, mio caro fratello. Io ho tutto veduto, sono stato in mezzo alle schiopetate [sic], e tu non c’eri» (lettera del 31 luglio 1830, ibid., p. 189). Alla fine di quell’anno Filippo fece base a Ginevra, entrando in contatto con il circolo di Jean-Charles Léonard Sismonde de Sismondi e poi con gli ambienti mazziniani che preparavano una spedizione in Savoia. Nel frattempo, la speranza di Camillo di tornare in Italia era svanita: «Mia cara sorella, sapete che è deciso definitivamente che non tornerò più» (lettera del 1° settembre 1825, ibid., p. 130).

E infatti le carte di polizia e i pareri presentati all’imperatore tramite il Senato Lombardo-Veneto restituiscono un atteggiamento di decisa chiusura nei confronti delle suppliche delle sorelle Marianna, Caterina e Lucia, e di Camillo stesso: le prime, per ottenere mitigazioni del sequestro delle proprietà di famiglia; il secondo, nel novembre del 1832, al governatore Franz Hartig, per avere un passaporto e rimpatriare, criticato per questo da Filippo: «bada bene di non andare a sacrificare la vita per salvare un po’ di terre, pensa a chi è ancora in prigione, a chi vi ha perduto la vita, la salute, una gamba» (lettera da Interlaken del 6 agosto 1832, ibid., p. 190). Gli Ugoni restavano assenti illegali ritenuti non meritevoli di alcuna forma di clemenza. Con il solo soccorso economico dello zio Francesco, le esistenze dei due fratelli si erano spesso incrociate nei luoghi dell’esilio, ma avevano preso strade diverse: di ripiegamento, quella di Camillo, di attivismo cospirativo, quella di Filippo, che il fratello descriveva a Marianna come un animo inquieto e malcontento, sempre in cerca di cose nuove (lettera del 29 ottobre 1832, ibid., pp. 196 s.). Nel 1836 Camillo diede alle stampe da Baudry a Parigi un’opera significativa per il milieu dell’esilio italiano, la Vita e scritti di Giuseppe Pecchio, esule del 1821, morto nel 1835 a Brighton, amico dei due fratelli: ma invece che una ricostruzione della vita del patriota, l’opera si risolse in una confutazione della biografia di Foscolo scritta da Pecchio, contribuendo tuttavia a risvegliare l’interesse politico degli esuli della prima ondata – tra cui Borsieri a Filadelfia ̶– e degli amici della causa italiana.

Morto lo zio di colera nell’agosto del 1836, le due esistenze si incrociarono e divaricarono ancora una volta: Filippo si stabilì a Zurigo, poi a Parigi, mentre da qui Camillo si apprestava a partire per approfittare dell’amnistia concessa dall’Austria ai profughi politici illegalmente assenti. Rientrato a Brescia nel dicembre del 1838, dopo oltre sedici anni di assenza, le lettere del gennaio del 1839 restituiscono un Camillo frastornato, assillato dalle difficoltà di rientrare in possesso dell’eredità lasciata dallo zio e, al contempo, curatore dei beni del fratello: la sua ricerca di quiete e la condotta di suddito ligio gli attirarono così le critiche dall’ambiente dell’esilio. Filippo restava invece sulla lista nera dell’Austria: definito un «membro infetto» della società, non poteva essere riammesso in patria, tanto più che il suo esilio non poteva «paragonarsi alla pena che altri di lui complici hanno dovuto espiare sullo Spielberg», mentre un atto di clemenza nei suoi confronti sarebbe stato «un esempio funesto per l’avvenire» (parere sulla richiesta di grazia, cit. in Processi politici, 1976, pp. 495 s.). Le condizioni per il suo rientro maturarono qualche anno più tardi: nel 1841 lo si trova a Brescia, autore di una supplica al viceré per ottenere l’illimitata amministrazione dei suoi beni, supplica respinta dallo stesso Metternich (pp. 554 s.). Entrato già nel 1842 in corrispondenza con Niccolò Tommaseo, Filippo avrebbe coltivato con l’intellettuale e patriota dalmata un lungo rapporto, testimoniato anche dal lavoro del bresciano per realizzare la biografia di Giovita Scalvini. La rivoluzione del 1848-49 costituì un’ulteriore prova della diversa indole dei fratelli: Camillo, ritirato nella sua villa di Campazzo, «non prese nessuna parte a quegli avvenimenti» (così Filippo cit. in Petroboni Cancarini, 1974, p. 220), «così come non aveva preveduto il quarantotto, così nemmeno sognò gli avvenimenti del quarantanove» (ibid.), mentre Filippo fu addirittura membro del governo provvisorio bresciano formatosi dopo la liberazione dagli austriaci e pubblicò anche numerosi pamphlet nei mesi più caldi della resistenza bresciana. Ci resta invece una lettera di Camillo del 4 dicembre 1848 alla sorella in cui si doleva per quella che definiva la sciagura di Roma e la fuga del papa (cit. in Petroboni Cancarini, 1978, IV, p. 124). La consuetudine con i Manzoni caratterizzò gli ultimi anni di vita di Camillo, sempre dedito agli studi e attivo mediatore anche per Manzoni presso l’editore Baudry di Parigi.

Morì nella villa di Pontevico il 12 febbraio 1855.

Filippo, di nuovo esule con il 1849, negli anni Cinquanta contribuì per le vicende bresciane all’Archivio triennale delle cose d’Italia organizzato da Carlo Cattaneo. Partecipò alla VII legislatura del Parlamento subalpino, eletto nelle prime elezioni libere cui parteciparono i bresciani, il 20 novembre 1859. Eletto anche nelle elezioni del 1861, con ristrettissima base elettorale, nel collegio di Verolanuova, riportando centosessantatré voti contro i cinquantanove di Stefano Jacini, dette poi le dimissioni e fu sostituito da Giovanni Battista Giustiniani. Nel corso dell’attività di deputato numerosi furono i suoi interventi, giudicati sempre ragionevoli e ragionati, soprattutto nella discussione di progetti di legge: appoggiò con il suo voto il ministero Rattazzi, fece proposte e interpellanze sulla ferrovia da Brescia a Cremona, con sensibilità evidente per il territorio da lui rappresentato e meglio conosciuto. Nel corso degli anni Settanta fu presidente dell’Ateneo di Brescia e ne promosse l’attività culturale, affiancandovi iniziative filantropiche.

Morì a Brescia il 12 marzo 1877, subito ricordato con partecipati elogi funebri che ne ripercorsero l’attività di patriota che si era speso per la sua città, di lì in poi associato al fratello nell’espressione ‘gli Ugoni’ come campioni dell’esilio italiano nel Risorgimento. Le abbondanti fonti manoscritte e a stampa consentono oggi di sottolineare anche l’azione degli Ugoni come autentici mediatori culturali nell’Europa dell’Ottocento.

Opere di Camillo. L’elenco completo delle opere inedite ed edite è in M. Petroboni Cancarini, Camillo Ugoni letterato e patriota bresciano, I, Milano 1974, pp. 341 s. Tra queste: Commentari di C. Giulio Cesare recati in italiano da Camillo Ugoni, I-II, Brescia 1812; Vita di Raimondo Montecuccoli, in Vite e ritratti di illustri italiani, II, Milano 1820; Della letteratura italiana nella seconda metà del secolo XVIII, I-III, Brescia 1820-1822; Vita e scritti di Giuseppe Pecchio, Parigi 1836; Della letteratura italiana nella seconda metà del secolo XVIII, opera postuma pubblicata a cura del fratello Filippo, I-IV, Milano 1856-1858. Margherita Petroboni Cancarini, in Camillo Ugoni letterato..., cit., ha curato anche i tre volumi dell’Epistolario: II, 1805-1817 (1975), III, 1818-1842 (1976), IV, 1843-1854 (1978, con indice delle biblioteche e degli archivi presso i quali si è svolta la raccolta delle lettere).

Opere di Filippo. Forza e libertà: indirizzo a’ suoi concittadini, Genova 1848; Parole di un bresciano ai suoi Concittadini precedute da una lettera dello stesso a Niccolò Tommaseo, Brescia 1848; Realtà, non utopie, ovvero Del governo, articolo di Giacomo Mill. Del voto universale, articolo di Sismond De’ Sismondi; traduzione dall’inglese e dal francese di Filippo Ugoni; con prefazione e appendice dello stesso, Milano 1848; Della vita e degli scritti di Camillo Ugoni, in C. Ugoni, Della letteratura italiana nella seconda metà del secolo XVIII. Opera postuma, IV, Milano 1858, pp. 439-556.

Fonti e Bibl.: L’elenco completo dei fondi archivistici che contengono documenti di o relativi a Camillo e anche a Filippo Ugoni è in Petroboni Cancarini, 1974, cit., pp. 343 s. Alle pp. 265-320 sono pubblicati note di polizia e i verbali dei costituti, ovvero degli interrogatori cui Camillo Ugoni fu sottoposto nel maggio, giugno e settembre del 1821. Si segnalano i seguenti fondi: Archivio di Stato di Brescia, Delegazione provinciale, Atti riservati Alta Polizia, Istruzione, Polizia; Brescia, Archivio dell’Ateneo, Fondo Ugoni; Biblioteca civica Queriniana, Carteggio Francesco Gambara; Firenze, Biblioteca nazionale, Fondo Tommaseo, lettere di e a Filippo; Archivio di Stato di Milano, Processi Politici, Presidenza di Governo, Autografi, Studi p.m.; Bergamo, Biblioteca civica A. Maj, Carteggio Ugoni; Archivio di Stato di Verona, Fondo Del Bene; Archivio di Stato di Pescia, Fondo Sismondi, A. 22.104-130, A.13.22, A.16.83, A.15-153. La bibliografia edita sino al 1970 è in Petroboni Cancarini, 1974, cit., alle pp. 345-354.

Si segnalano i seguenti necrologi, voci biografiche, edizioni di fonti e una selezione di studi dedicati ai due fratelli o utili per inquadrarne e ricostruirne le vicende e le reti culturali e politiche: G. Nicoli, In morte di Camillo Ugoni, Brescia 1855; G. Bracco, Di Camillo Ugoni bresciano. Commemorazione, Brescia-Verona 1868; G. Gallia, Filippo Ugoni - Ricordo letto all’Ateneo di Brescia il 25 marzo 1877, Brescia 1877 e 1905; P. Zambelli, Filippo Ugoni, in Archivio storico italiano, s.IV, I (1878), pp. 285-296; Id., Memorie intorno alla vita di Filippo Ugoni, in Id., Elogi e necrologi. Saggi di oratoria sacra, Novara 1880, pp. 305-323; Dizionario del Risorgimento nazionale, a cura di M. Rosi, Milano 1931-1937, ad voces; Ugoni Filippo, in Portale storico della Camera dei deputati; Ugoni Camillo, in Dizionario storico della Svizzera, https:// hls-dhs-dss.ch/it/articles/018766/2012-03-14/; Ugoni Filippo, ibid., https://hls-dhs-dss.ch/it/ articles/018770/2012-03-28; www.enciclopediabresciana.it. Inoltre: Elenchi di compromessi o sospettati politici (1820-1822), a cura di A. Alberti, Roma 1936, ad ind.; G. Mazzini, Scritti editi ed inediti, Epistolario, Imola 1938, ad ind.; Lettere di Camillo e Filippo Ugoni al Sismondi, a cura di G. Calamari, in Rassegna storica del Risorgimento, XXV (1938), pp. 629-676; Processi politici del Senato Lombardo-Veneto 1815-1851, a cura di A. Grandi, Roma 1976, ad ind.; F. Nardini, Brescia e i bresciani dalle origini ai giorni nostri, Brescia 1979, p. 141; M. Pecoraro, La biografia dello Scalvini scritta da Filippo Ugoni e il suo testamento inedito del 1840-’41, in Miscellanea di studi in onore di Vittore Branca, IV, Tra illuminismo e romanticismo, 2, Firenze 1983, pp. 817-841; Bibliografia dell’età del Risorgimento, I-III, Firenze 2003, ad ind.; L. Garlati, Il volto umano della giustizia. Omicidio e uccisione nella giurisprudenza del tribunale di Brescia (1831-1851), Milano 2008, ad ind.; A. Bistarelli, Gli esuli del Risorgimento, Bologna 2011, pp. 21, 132; M. Isabella, Risorgimento in esilio. L’internazionale liberale e l’età delle rivoluzioni, Roma-Bari 2011, p. 289; E. Galassi, Filippo Ugoni e il liberalismo bresciano, Travagliato 2015; F. Brunet, «Per atto di grazia». Pena di morte e perdono sovrano nel Regno Lombardo-Veneto (1816-1848), Roma 2016, ad ind.; M. Candiani, Giovita Scalvini patriota del Risorgimento italiano: note d’amore, riflessioni morali e civili, tesi di dottorato, Università di Verona, a.a. 2016-17, ad indicem.

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Filippo

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