GOZZADINI, Camillo

Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 58 (2002)

GOZZADINI, Camillo

Clizia Magoni

Nacque a Bologna il 5 febbr. 1479 da Bernardino e da Giulia Capella. Trascorsi gli anni giovanili presso la corte del re del Portogallo Emanuele I, di cui fu capitano e dal quale fu fatto cavaliere, tornò a Bologna nel 1506, probabilmente in seguito alla notizia dell'assassinio del padre, avvenuto il 30 sett. 1506 per volontà dei Bentivoglio, contro i quali Bernardino si era schierato. Cacciati i Bentivoglio da Bologna ed entrato Giulio II trionfalmente nella città l'11 novembre, nel giorno in cui festeggiava con una messa solenne l'anniversario della sua elezione al soglio pontificio, il 26 seguente il papa conferì al G. il titolo di cavaliere aurato in S. Petronio.

Con il consenso del legato pontificio Antonio Ferreri, il 3 maggio 1507 il G. ed E. Marescotti, insieme con duecento uomini armati, saccheggiarono e abbatterono la magnifica dimora dei Bentivoglio, considerata il simbolo distintivo dell'egemonia della famiglia dominante sul patriziato bolognese. Nell'azione perirono da sessanta a duecento persone. Quando i Bentivoglio rientrarono a Bologna con l'aiuto dei Francesi (23 maggio 1511) il G., tra i fuorusciti, riparò a Roma e poi a Firenze - presso il fratello Giovanni, che aveva intrapreso una brillante carriera ecclesiastica -, e dedicò ogni suo sforzo alla cacciata dei Bentivoglio. Fece ritorno in patria nel giugno 1512, quando i Francesi si ritirarono da Bologna e i Bentivoglio ne furono nuovamente allontanati. Alla fine del 1515, in occasione dell'incontro a Bologna con Francesco I, Leone X diede in feudo a quattordici nobili bolognesi altrettante parti del territorio del contado, allo scopo di rinsaldare il legame tra il patriziato cittadino ostile ai Bentivoglio e il potere pontificio.

Il G., tra i beneficiati, fu investito della contea di Zappolino, ma nel 1532 tale concessione - al pari di quelle fatte agli altri patrizi - sarà revocata da Clemente VII su istanza del Senato, principalmente perché tali assegnazioni territoriali avevano arrecato un danno economico al Comune.

Nel 1517 il G. fu eletto podestà di Medicina e nominato vicegovernatore di Reggio. La città, passata temporaneamente sotto il governo pontificio, era dilaniata da lotte intestine che opponevano il partito capeggiato dalla famiglia Bebbi a quello degli Scaioli. Al riprendere degli scontri cruenti tra le fazioni, il G. avvertì il governatore in carica, suo fratello Giovanni, in quel momento a Roma, che subito fece ritorno a Reggio, dove fu barbaramente ucciso il 28 giugno 1517. Al G. non restò che prodigarsi per riavere la salma del fratello, trasportata a Bologna solo un mese dopo l'assassinio e sepolta nella chiesa di S. Maria della Misericordia.

Nel 1519 il G. fu sfidato a duello da E. Marescotti che lo accusava di essere tra i responsabili dell'assassinio del padre Ercole, ucciso l'anno precedente. Il G., pur dichiarandosi ed essendo innocente, accettò la sfida, imponendo però al Marescotti il campo neutrale di Mantova. La mediazione del marchese Francesco II Gonzaga, su preghiera di Leone X cui premeva di evitare che "quello abbatimento non fosse cagione di qualche gran rumore in Bologna" (Vizzani, 1596, p. 523), rese possibile una conciliazione pacifica tra le due parti.

Nel 1521, Leone X, collegato con Carlo V contro Francesco I, inviò il G. a recuperare Cento, tenuta dagli Estensi, alleati dei Francesi. Il successo dell'azione valse al G. l'incarico della solenne presa di possesso della città a nome del papa e di risiedervi in qualità di commissario. Ma la morte di Leone X e l'elezione di Adriano VI consentirono al duca Alfonso I d'Este, nel marzo 1522, di recuperare Cento, inutilmente difesa dal Gozzadini. Nella primavera dello stesso anno, in occasione dell'ultimo tentativo perpetrato dal figlio di Giovanni Bentivoglio, Annibale, di ritornare a Bologna, il G. fu eletto membro del Consiglio dei dieci della guerra, ufficio creato allo scopo di difendere la città contro l'intervento armato bentivogliesco, nonostante buona parte del Senato, e segretamente lo stesso vicelegato pontificio, B. Rossi, fossero favorevoli al ritorno degli antichi signori nella città. Al G., decisamente schierato dalla parte della Chiesa, fu affidata, insieme con F. Pepoli e A. Casali, la guardia della porta S. Felice, e nell'azione di difesa che respinse vittoriosamente gli assalitori ebbe modo di distinguersi con valore. Anziano console nel 1524 e 1525 (e in precedenza nel 1515), fu gonfaloniere di Giustizia nel bimestre marzo-aprile 1528, dopo che l'11 febbraio precedente era stato nominato senatore da Clemente VII. Proprio in qualità di senatore il G. partecipò alla solenne cavalcata di Carlo V e Clemente VII, che, il 24 febbr. 1530, seguì l'incoronazione dell'imperatore in S. Petronio. Oltraggiato e aggredito, due giorni dopo la cerimonia, da alcuni soldati spagnoli, il G. radunò un gruppo di nobili e giovani bolognesi insieme con i quali vendicò l'offesa subita, uccidendo quanti più soldati imperiali trovò per la strada. Informato dell'accaduto, il capitano delle guardie imperiali Antonio De Leyva si rivolse al papa affinché a Bologna fosse vietato ai cittadini di portare le armi, come già il governo spagnolo aveva fatto a Milano. Il G., che secondo le cronache assistette a questa richiesta, ribatté prontamente al De Leyva, che "a Milano si fanno agucchie e a Bologna si fanno pugnali, e vi sono persone che sanno mettergli in opera" (Vizzani, 1596, p. 556). La risposta, divenuta celebre, evidentemente non dispiacque a Clemente VII, come non irritò Carlo V, entrambi consapevoli della necessità di non provocare ulteriori malumori nei Bolognesi, già provati dalla lunga presenza in città dell'esercito imperiale.

Il G. morì a Bologna il 16 dic. 1532 e fu sepolto nella chiesa di S. Maria della Misericordia, accanto al fratello Giovanni.

Dal matrimonio contratto con Violante Casali ebbe cinque figli: Giulio Cesare, che fu dottore in legge, Ginevra, Tommaso, Laura e Camillo.

Fonti e Bibl.: C. Ghirardacci, Della historia di Bologna, a cura di A. Sorbelli, in Rer. Ital. Script., 2a ed., XXXIII, 3, pp. 359, 370; Bologna, Biblioteca universitaria, Mss., 770: A.F. Ghiselli, Memorie antiche manuscritte di Bologna, XII-XIV, ad indices; P. Vizzani, Dieci libri delle Historie della sua patria, Bologna 1596, pp. 470, 520, 522 s., 526, 528, 531, 533, 556 s.; Id., I due ultimi libri delle Historie della sua patria, ibid. 1608, p. 3; B. Dovizi da Bibbiena, Epistolario, II, 1513-1520, a cura di G.C. Moncallero, Firenze 1965, ad ind.; G. Giordani, Della venuta e dimora in Bologna del sommo pontefice Clemente VII per la coronazione di Carlo V imperatore…, Bologna 1842, ad ind.; G. Guidicini, I Riformatori dello Stato di libertà della città di Bologna dal 1394 al 1797, II, Bologna 1876, pp. 65 s.; G. Gozzadini, Di alcuni avvenimenti in Bologna e nell'Emilia dal 1506 al 1511 e dei cardinali legati A. Ferrerio e F. Alidosi, in Atti e memorie della R. Deputazione di storia patria per le provincie di Romagna, s. 3, IV (1886), p. 86; G. Evangelisti, La tragica avventura di Giovanni Gozzadini, in Strenna storica bolognese, XXIX (1979), pp. 160, 166, 169; R. Cascioli, Ferreri, Antonio, in Diz. biogr. degli Italiani, XLVI, Roma 1996, p. 800.

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