CAMPANIA

Enciclopedia Italiana - II Appendice (1948)

CAMPANIA (VIII, p. 573)

Elio MIGLIORINI
Mario TORSIELLO
Emilio LAVAGNINO

Da uno stato di relativa floridezza, dovuto ai grandi lavori di bonifica, alla crescente importanza del porto di Napoli per la valorizzazione dei possedimenti africani, allo sviluppo sempre crescente delle industrie turistiche, la C., che ha visto sul suo territorio infuriare la guerra nell'autunno 1943 ed ha subìto rovine e distruzioni d'ogni specie, è passata ad uno stato di grave disagio, da cui sta lentamente riavendosi. Dapprima i danni furono limitati a Napoli e al suo porto, colpito dai bombardamenti aerei, ma poi, dopo lo sbarco delle truppe alleate tra Battipaglia e Salerno (3 settembre 1943), ebbero inizio nel suo territorio le azioni di guerra, che condussero il 2 ottobre successivo all'occupazione di Napoli. Spostatasi la linea di combattimento sul Volturno e poi tra il Garigliano e il Volturno, gravi distruzioni vennero operate a Capua (punto di passaggio obbligato sul Volturno), Mondragone e Mignano, finché, sulla fine del 1943, i combattimenti si spostarono più a N., ormai fuori del territorio della Campania. Fu specialmente la parte settentrionale della provincia di Napoli che subì considerevoli danni; le ferrovie vennero per più mesi interrotte, i ponti distrutti, le campagne devastate, le case danneggiate, i canali di bonifica (specie nella bassa valle del Volturno) interrati. Ma oltre a questi danni materiali, la Campania ha subìto di riflesso danni economici rilevanti per la sospensione delle esportazioni ortofrutticole, o le riprese, che costituiscono il nerbo della sua economia.

Dal punto di vista amministrativo, la Campania ha avuto una modificazione d'un certo rilievo, in seguito alla ricostituzione della provincia di Caserta, per cui ora essa è ripartita nelle seguenti 5 provincie:

Al 31 dicembre 1947 la popolazione residente della Campania era valutata a 4.297.051 abitanti, ripartiti in 537 comuni.

Le operazioni militari durante la seconda Guerra mondiale. - Ai fini delle operazioni militari si considerano quattro periodi strettamente connessi tra di loro: dal 10 giugno 1940 all'armistizio; dal 9 settembre al 1° ottobre 1943 durante l'occupazione tedesca; dal 9 al 16 settembre (sbarco di Salerno) e dalla occupazione di Salerno all'attestamento al Garigliano.

Per alimentare le truppe dislocate in Sicilia e nel sud d'Italia, dal 1941 in poi si insediarono a Napoli e in tutta la Campania elementi tedeschi (10ª armata) creando di fatto una situazione delicata e costituendo incentivo ai bombardamenti aerei. Conclusosi l'armistizio con gli Alleati, i Tedeschi iniziarono il disarmo delle forze italiane della regione (XIX corpo), formate da unità varie, frazionate e di scarsa efficienza. Nel disorientamento generale non si ebbero azioni coordinate, del resto impossibili dato lo squilibrio delle forze: focolai di resistenza sorsero ovunque (specie a Napoli e a Nola dove i Tedeschi infierivano con le fucilazioni); la div. Pasubio, reduce dalla Russia, priva di artiglierie e automezzi e con poche truppe agì come poté (Cancello Arnone, Capua, Biffignano); formazioni di patrioti sorsero in molte località, ma i Tedeschi l'11 settembre erano ormai padroni della situazione in tutta la regione. Quasi contemporaneamente, il 9 settembre gli Alleati (5ª armata) sbarcavano a sud di Salerno e sui M. Lattari, riuscendo a stabilire una testa di sbarco gradualmente ampliata: subirono una crisi iniziale gravissima per la disparità delle forze ed i violenti contrattacchi tedeschi, ma l'aflusso di nuovi mezzi, l'impiego dell'aviazione e la minaccia della 8ª armata proveniente dalla Calabria indussero i Tedeschi a desistere e diedero nuovo vigore alle truppe sbarcate; il giorno 16 la crisi poteva considerarsi superata. I Tedeschi si ritirarono sulla linea Gustav (Garigliano-Sangro) coprendosi con retroguardie che tutto distrussero; il 27 il popolo napoletano li attaccò infliggendo gravi perdite in 4 giornate memorabili. Occupata Napoli il 1° ottobre, gli Alleati dilagarono ovunque nella Campania e si diressero sul Volturno che venne forzato il 13 ottobre; proseguirono poi lentamente verso il Garigliano che raggiunsero (basso corso) a fine ottobre. La pressione continuò; il 1° novembre attaccarono la stretta di Mignano, il 10 fu occupato M. Camino e ulteriori progressi li condussero ad attestarsi al Garigliano fino alla confluenza col Liri. A quella data perciò le operazioni di guerra in Campania erano terminate, ma la regione rimase per oltre un anno ancora grande base logistica alleata, con tutte le conseguenze proprie di un addensamento così promiscuo che ebbe ripercussioni notevoli in ogni campo e praticamente finì con l'aggravare l'impoverimento della regione tanto duramente colpita.

Bibl.: C. Barbagallo, Napoli contro il terrore nazista (8 settembre-1° ottobre 1943), Napoli 1945; G.C. Marshall, Rapporto biennale al ministro della guerra degli Stati Uniti, New York 1945; C. Carucci, La battaglia di Salerno, Salerno 1946; A. Zazo, L'occupazione tedesca nella provincia di Benevento, Napoli 1944; V. Cannaviello, Avellino e l'Irpinia nella tragedia 1943-44, Avellino 1945; E. Pontieri, Rovine di guerra in Napoli, in Arch. stor. napol., LXIII (1943).

Danni provocati dalla guerra ai monumenti e alle opere d'arte.

Nel campo dei danni di guerra ai monumenti di interesse archeologico la Campania ha un triste primato. Poiché se possiamo rallegrarci che si sia salvato il Museo nazionale di Napoli e le sue raccolte in parte, sfuggite a stento alle rapine dei Tedeschi, e che siano intatti gli edifici di Pesto, la quasi totale distruzione del Museo e dell'Antiquario di Pompei, con relativa perdita di una notevole parte del materiale, la sorte quasi analoga subita dal Museo campano di Capua, da quello di Benevento, e i trafugamenti, specie del materiale numismatico, del Museo civico di Sessa Aurunca, appaiono certo perdite gravi. Tuttavia tali perdite sembrano poca cosa in confronto delle distruzioni subite da Pompei (v. in questa App.).

Questi i danni maggiori nel campo dell'archeologia in Campania; essi sono gravi ma ancora più gravi appaiono gli altri riscontrati a Napoli e negli altri centri della Campania nel campo dell'arte medioevale e moderna. A Eboli sono state colpite le chiese di S. Francesco e di S. Giovanni dei Greci. A Salerno l'antico bellissimo duomo è stato alquanto scosso dalle esplosioni vicine, a Cava dei Tirreni è stata molto danneggiata la chiesa di S. Francesco e a Nocera Superiore è crollata una parte della cupola della chiesa di S. Maria Maggiore detta la Rotonda. Qui invero il danno è stato direttamente provocato dal gravame della cenere vesuviana accumulatasi durante l'eruzione del marzo 1944 e che non fu possibile, rimuovere a tempo, date le contingenze.

Ma anche nel campo delle perdite e dei danni il peso più grave ha dovuto sopportarlo Napoli (v. in questa App.). Allontanandoci da Napoli verso settentrione, a Capua s'incontrano le rovine della cattedrale, semidistrutta, e di altri edifici quali il Museo campano. Anche la chiesa di S. Angelo in Formis presso la città è stata raggiunta da una cannonata, ma le sue pitture dell'XI sec. non hanno sofferto che lievissimi danni.

È invece quasi totalmente distrutto nell'interno l'antico duomo di Benevento. Sono rimasti in piedi dell'antica costruzione solo il campanile, la facciata, e qualche allineamento delle colonne delle cinque navate. Anche il bel portale bronzeo è stato sconnesso e frantumato e s'ha da lamentare altresì la perdita di alcune delle sue formelle. Sorte non meno tragica ha subìto l'antica cattedrale di Teano di cui non rimane che la base della facciata romanica e alcune parti del presbiterio e delle navate.

Bibl.: P. Gardner e B. Molaioli, Per i Monumenti d'arte danneggiati dalla guerra nella Campania, Napoli 1944; A. Majuri, Pompei e la guerra, in La Rassegna d'Italia, 1946; E. Lavagnino, Offese di guerra e restauri al patrimonio artistico d'Italia, in Ulisse, 1947, pp. 165-177 (con bibl. precedente).

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