Concentraménto, campi di

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concentraménto, campi di Luoghi di internamento e di restrizione della libertà personale per soldati nemici catturati e civili considerati pericolosi per l'ordine interno. La prima applicazione su vasta scala dell'internamento di civili si ebbe nel corso della guerra anglo-boera (1900-02), quando gli inglesi decisero di trasferire in c. di c. le famiglie dei guerriglieri per domarne la resistenza. Durante la Prima guerra mondiale le nazioni belligeranti vi fecero ricorso. I regimi totalitari, tra le due guerre mondiali, adottarono i c. di c. come strumento di sopraffazione politica e di sterminio in nome di ideologie razziste, e di sfruttamento della mano d'opera a sostegno dell'economia.

I campi di concentramento nazisti

Sorti in Germania dopo l'avvento al potere di A. Hitler (1933), già nel 1934 ammontavano a non meno di dodici. Loro scopo originario era spezzare con il terrore le opposizioni al regime; per evitare ogni solidarietà interna, i prigionieri erano distinti in categorie, segnalate da un triangolo di diverso colore applicato alla casacca: rosso i politici, nero gli 'asociali' o renitenti al lavoro, viola i testimoni di Geova, rosa gli omosessuali, verde i delinquenti comuni. Gli ebrei avevano una stella di David, formata da due triangoli sovrapposti.

Il sistema dei campi nazisti: lavoro e sterminio

Durante la Seconda guerra mondiale il sistema dei c. di c. si diffuse in tutta Europa, seguendo l'avanzata delle armate naziste verso Est. Da luogo di punizione per prigionieri politici, i c. di c. divennero luoghi di sterminio dei "nemici del popolo tedesco", specie ebrei e rom: accanto ai molti campi di lavoro coatto per l'industria di guerra, sorsero veri e propri campi di sterminio, tra cui quello simbolo di Auschwitz-Birkenau, dove fu programmata e sistematicamente attuata l'eliminazione dei prigionieri nelle camere a gas. Furono anche realizzati esperimenti pseudoscientifici sui prigionieri, sottoposti a sterilizzazioni, inoculazioni di malattie come il tifo e la malaria, innesti ossei, ustioni. Difficile determinare l'esatto numero dei morti nei c. di c. nazisti: viene calcolato intorno ai 10 milioni, di cui oltre la metà ebrei. Per eliminare i cadaveri, che in gran parte venivano anche gettati in enormi fosse comuni, furono costruiti appositi forni crematori.

I campi di concentramento italiani

La Repubblica sociale italiana contribuì al tragico bilancio istituendo un c. di c. a Fossoli, in provincia di Modena, e numerosi altri gestiti esclusivamente dalle milizie fasciste - quali quelli di Visco e Gonars, in provincia di Udine, e nell'isola dalmata di Arbe , non adeguatamente documentati dalle fonti storiche e artatamente sottratti alla memoria collettiva - , e organizzando rastrellamenti e deportazioni. In territorio italiano, la Risiera di San Sabba (Trieste) fu utilizzata come c. di c. dai tedeschi.

I campi di concentramento sovietici

I c. di c. ebbero larga diffusione in Unione Sovietica, dove furono istituiti sin dal 1922 per detenere controrivoluzionari e "criminali politici". Con l'avvento dello stalinismo, numerosi campi di lavoro coatto furono impiantati nel Nord del paese, specie in Siberia (sistema dei gulag). La morte di Stalin (1953) e il processo di destalinizzazione consentirono la riduzione del numero dei c. di c. e la liberazione di molti prigionieri.

Uno strumento di repressione politica

Il c. di c. è stato spesso usato come mezzo per reprimere il dissenso. La Francia vi fece ricorso in Algeria, gli Stati Uniti in Vietnam. Un sistema di campi fu impiantato in Cina durante la Rivoluzione culturale e in Cambogia dai khmer rossi. Alcuni regimi dell'America Latina lo hanno utilizzato per reprimere l'opposizione politica. Negli anni Novanta, i campi sono ricomparsi in Europa durante le guerre nella ex Iugoslavia.

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