CAMPONESCHI

Enciclopedia Italiana (1930)

CAMPONESCHI

Cesare Rivera

. Nel Medioevo eran detti Camponisci gli abitanti dell'attuale comune abruzzese di Accumoli. È molto probabile che i C. di Aquila traessero origine da detta terra, contigua al contado di Rieti e d'Amiterno (oggi S. Vittorino) anziché dal castello Camponesco ch'è nel contado Furconino tra Prata d'Ansidonia e Leporanica (S. Nicandro) e che invece probabilmente da essi prese il nome. Comunque, in Aquila i C. furono sempre considerati come originarî di S. Vittorino. Da uno dei loro più antichi membri, Rainoldo di Todo o Todino Camponesco, arciprete di S. Vittorino sulla fine del '200, si trovano spesso nominati anche con il patronimico Dell'Arciprete. La genealogia documentata fa capo a Francesco o Cecco, padre dei primi feudatarî Matteo ed Edoardo; ma il vero autore della grandezza della sua casa fu Lalle I, primogenito di Edoardo. Trionfò dapprima delle fazioni aquilane dei Pretatti e dei Bonagiunta; poi si unì a Luigi d'Ungheria nelle lotte dinastiche del Regno di Napoli, e ottenne la carica di gran conestabile del regno e le contee di Evoli e di S. Agata de' Goti. E quando Luigi tornò in Ungheria, contro ogni aspettazione, Lalle ottenne un favore anche della regina Giovanna, la quale bramosa di assicurarsi l'appoggio degli Aquilani, lo creò conte di Montorio nel 1350. Finì tuttavia malamente, nel 1354, assassinato dagli scherani di Filippo, principe di Taranto.

Il figlio Lalle II continuò a dominare la città. La regina, per tenerlo fedele, lo creò nel 1355 gran conestabile del regno; egli poté inoltre succedere al padre nella contea di Montorio, e accrescerla poi con altre terre. Declinando però le sorti della regina, Lalle, spedito dagli Aquilani ambasciatore a Carlo di Durazzo, s'attaccò al partito di quest'ultimo, aiutandolo ad assoggettare il reame, per poi tornare al risorto partito reginale. Morì il 21 giugno 1383. Contro i sette figli di Lalle II e di Elisabetta Acquaviva, partigiani di Luigi d'Angiò contro Ladislao, il popolo si sollevò; Marino fu trucidato, e Antonuccio e Gianpaolo, conte di Montorio, a stento si salvarono. Ladislao, recatosi in Aquila, invano in un primo momento tentò di scalzare la potenza dei Camponeschi; onde, deciso ad adescarli, condusse al suo soldo in Ungheria Antonuccio e lo lasciò al governo dei luoghi conquistati in Schiavonia alla testa di mille cavalli. Antonuccio combatté nel 1409 specialmeme al servizio della Chiesa: gli falliva tuttavia nel 1414 il tentativo di riacquistare Aquila, da cui Ladislao era riuscito a scacciare i Camponeschi. Creato dalla regina Giovanna II suo vicario in Calabria, poté tornare in Aquila solo nel marzo del 1422. Circa due anni dopo, capitanava vittoriosamente la famosa sortita degli Aquilani, che decise le sorti dell'assedio con la morte di Braccio da Montone. Antonuccio mantenne la città nella fede di Giovanna e poi di Luigi e di Renato; arresasi finalmente la città ad Alfonso d'Aragona, poté conservare l'ufficio di gran giustiziere del regno. Morì nel 1552 senza lasciar prole.

Intanto era successo a Luigi, nell'avita contea, suo fratello o cugino Pietro Lalle, figlio di Battista, altro fratello di Antonuccio. Pietro, uno dei più potenti feudatarî del regno, prese parte attivissima alla rivolta dei baroni contro gli Aragonesi, facendo sì che Aquila si dichiarasse per gli Angioini. Disfatta però da Ferdinando I l'avversa parte e riassoggettata Aquila, Pietro perse le sue terre. Oppostosi ancora all'imposizione di nuove gabelle, fu imprigionato insieme con la moglie e la famiglia e rinchiuso a Napoli in Castel Nuovo. Sennonché Aquila insorgeva nuovamente dichiarandosi indipendente dal re; Ferdinando per ingraziarsi la città mandò libero il C.; e gli Aquilani pur respingendo i tentativi di lui in favore del re, lo accolsero trionfante dopo la pace fra Innocenzo VIII e Ferdinando. Le truppe regie, però, entrate in Aquila, vi fecero stragi e vendette; per la qual cosa la città non rimise più le sue sorti nelle mani dei C. Pietro Lalle non lasciava che tre figlie, la prima delle quali, Vittoria, sposata a Giovanni Antonio Carafa, fu madre di Giovanni Pietro, poi papa col nome di Paolo IV nel 1555. La casa C. continuò a vivere ancora in varî rami, l'ultimo dei quali, discendente da Marino, figlio di Lalle II, si estinse in Aquila nella prima metà del 1600.

Bibl.: G. Riviera, Genealogia dei Camponeschi, ms. riportato a brani negli Annali dell'Antinori (ms. nella bibl. prov. di Aquila); C. Crispomonti, Historia dell'origine et fōdatione della città dell'Aquila et breve raccolta di Huomini illustri (ms. nella bibl. prov. di Aquila); A. Leosini, Annali della città dell'Aquila, Aquila 1883; A. Dragonetti, Le vite degli illustri aquilani, Aquila 1847; G. Rivera, Catalogo delle scritture apprtenenti alla Confraternita di S. M. della Pietà, in Bullettino della Soc. di storia patria, s. 2ª, anno XIII, punt. 25, 26; ann. XV, punt. 5; anno XVIII, punt. 14.

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