SUEZ, Canale di

Enciclopedia Italiana - IV Appendice (1981)

SUEZ, Canale di (XXXII, p. 958; App. II, 11, p. 929; III, 11, p. 868)

Silvio Piccardi

Dopo la crisi dell'ottobre-novembre 1956 che provocò la chiusura del canale per circa cinque mesi, l'idrovia ha funzionato ininterrottamente dal 10 aprile 1957 al 5 giugno 1967, data d'inizio della cosiddetta "guerra dei sei giorni" tra Arabi e Israeliani. Durante il decennio i traffici ripresero a crescere rapidamente, tanto che nel 1966 interessarono 241.893.000 t di merci contro 107.508.000 t transitate nel 1955 (ultimo anno completo di esercizio prima della crisi), anche se risulta che una parte del petrolio greggio proveniente dal Vicino Oriente e diretto in Europa continuava a percorrere la rotta del Capo di Buona speranza, come era avvenuto durante i cinque mesi di blocco. Comunque il petrolio rimaneva la merce di gran lunga più trasportata attraverso il canale in direzione del Mediterraneo (nel 1966:166.718.000 t su 194.168.000 t complessive). Nella direzione opposta i traffici, assai inferiori per quantità, comprendevano prevalentemente cereali (e loro derivati), prodotti petroliferi, fertilizzanti e manufatti metallici (nel 1966, rispettivamente: 9.738.000 t, 8.953.000 t, 6.748.000 t e 5.015.000 t su un totale di 47.725.000 t). In aumento anche il numero e il tonnellaggio delle navi transitate. Nel 1966 si ebbero 21.250 transiti per un tonnellaggio complessivo di 274.250.000 t (contro 14.660 navi e 115.756.000 t nel 1955), con una media giornaliera di 58 navi e una punta massima di 80 unità il 30 novembre. Il tonnellaggio delle petroliere rappresentava il 75% del totale transitato. Già da qualche anno il governo egiziano, rendendosi conto dell'invecchiamento dell'idrovia rispetto alle nuove esigenze dei traffici petroliferi, aveva intrapreso un programma di lavori per permettere il passaggio di navi fino a 70.000 t. Anzi nel 1966 poterono passare varie petroliere di oltre 100.000, ma tutte in zavorra, salvo una parzialmente carica. Altri progetti di maggiore portata, che prevedevano anche la collaborazione di forze finanziarie e tecniche non egiziane, furono abbandonati con la ripresa delle ostilità nel 1967. Intanto tra le marine utenti del canale si erano delineati mutamenti di un certo rilievo. Il primo posto spettava nel 1966 a una bandiera ombra, quella liberiana, con 56.455.000 t e 2714 transiti. Il Regno Unito aveva perduto da pochi anni il suo tradizionale primato nel canale ed era al secondo posto con 45.580.000 t e 3601 navi. Seguivano Norvegia (43.840.000 t e 2271 navi), Francia (16.517.000 t e 1108 navi), Italia (15.231.000 t e 1236 navi), Grecia (12.554.000 t e 1494 navi), Unione Sovietica (10.156.000 t e 1469 navi), Paesi Bassi (9.106.000 t e 864 navi), ecc. Degna di nota la crescita dei traffici sovietici nel corso degli anni Sessanta.

Il nuovo conflitto scoppiato il 5 giugno 1967 anche questa volta interessò direttamente il canale, che fu ostruito da navi e relitti, e così rimase dopo la conclusione della tregua proposta dall'ONU e accettata il 10 giugno 1967. La linea del "cessate il fuoco" fu fissata lungo la sponda orientale del canale e durò fino al 6 ottobre 1973, quando un'altra guerra si accese improvvisamente tra l'Egitto (affiancato dalla Siria) e Israele (guerra del Kippūr). Mentre gli Egiziani riuscivano ad avanzare sulla riva orientale, gl'Israeliani li aggiravano occupando una parte della riva occidentale e assediando la città di Suez. La risoluzione dell'ONU per la cessazione delle ostilità, accettata il 22 ottobre, e un accordo diretto tra le due parti concluso il 18 gennaio 1974 portarono alla formazione di una zona cuscinetto, larga in media 6 km, sulla riva orientale del canale, presidiata dalle forze delle Nazioni Unite. Gli avamposti israeliani si allontanavano perciò di qualche chilometro dall'idrovia.

Successivamente il governo egiziano dava inizio ai lavori di sminamento e di rimozione dei numerosi relitti, con la cooperazione delle marine degli Stati Uniti, dell'Unione Sovietica, del Regno Unito e della Francia. È stato necessario procedere anche al dragaggio del fondo fortemente interrato. La riapertura del canale, dapprima prevista per il febbraio 1975, avvenne soltanto il 5 giugno successivo, a causa delle gravi difficoltà incontrate nei lavori di ripristino. In concomitanza con la riapertura, Israele annunciava unilateralmente un alleggerimento delle forze che presidiavano la linea di disimpegno. Era il primo passo verso un nuovo accordo di grande rilievo tra Egitto e Israele, che con la mediazione del segretario di Stato degli Stati Uniti Kissinger fu siglato a Gerusalemme e ad Alessandria il 1° settembre 1975. Israele s'impegnava a ritirare le proprie truppe verso est per una distanza compresa tra un minimo di 18 km e un massimo di circa 45 km, evacuando anche i pozzi petroliferi di Abu Rodeis sul Golfo di Suez. Inoltre ambedue le parti limitavano con criteri paritetici le forze e gli armamenti dislocati nel settore, istituivano posti di avvistamento elettronico con la collaborazione degli Stati Uniti allo scopo di garantirsi contro attacchi di sorpresa, e infine affidavano al presidio dei soldati dell'ONU un vasto territorio (circa 4000 km2, situato a E della precedente zona cuscinetto. Quest'ultima passava sotto il controllo delle forze armate egiziane. L'Egitto riconosceva il diritto di transito nel canale alle merci israeliane, pur mantenendo il divieto di passaggio alle navi. Infine gli Stati Uniti, in quanto promotori e garanti dell'accordo, s'impegnavano a concedere aiuti di varia natura sia all'Egitto che a Israele.

Intanto il canale ha ripreso a funzionare regolarmente ed è stato impostato un programma di lavori di allargamento e di approfondimento che dovranno permettere negli anni Ottanta il passaggio di navi da 150.000 t. Secondo dati incompleti il traffico nel canale sarebbe ritornato ai livelli del 1966, anche se il numero dei transiti è inferiore. Nel 1976 passarono poco più di 12.000 navi, ma il tonnellaggio medio è aumentato. Nello stesso anno furono incassati a titolo di pedaggio 230 milioni di sterline egiziane. Si è iniziata la ricostruzione delle città sul canale distrutte o semidistrutte dalla guerra. Per il collegamento delle due sponde si stanno scavando sotto l'idrovia tre gallerie stradali che accoglieranno anche grandi condotte d'acqua destinate a permettere la colonizzazione di una parte del Sinai. Il presidente egiziano Sadat ha annunziato il progetto di dotare Porto Said e Suez di strutture industriali che consentano di valorizzare completamente le occasioni offerte dal colossale flusso dei traffici. Allo scopo di attrarre iniziative straniere è stata istituita a Porto Said una prima zona franca estesa per 5 km2 (i gennaio 1976). Dopo il viaggio conciliante di Sadat a Gerusalemme (novembre 1977) e una serie di trattative condotte con la mediazione del governo degli Stati Uniti e dello stesso presidente Carter, il 26 marzo 1979 è stato firmato a Washington il trattato di pace tra Egitto e Israele. L'art. V stabilisce il libero transito nel canale delle navi israeliane e dei carichi delle persone provenienti da Israele o destinati a questo paese. Lo stesso articolo riafferma esplicitamente la validità della Convenzione di Costantinopoli del 1888, che prevede il libero transito in pace e in guerra delle navi di tutti gli stati attraverso l'idrovia.

Bibl.: F. Gribaudi, Nel centenario del Canale di Suez. Considerazioni geografiche, in Bollettino della Società Geografica Italiana, Roma 1969, fasc. 10-12, pp. 523-28; S. Piccardi, Il Canale di Suez a un secolo dall'apertura, in La Geografia nelle Scuole, Napoli 1970, fasc. i, pp. 1-10; id., The role of the Suez Canal in the economy of Mediterranean countries, Firenze 1973; United Arab Republic - Suez Canal Authority, Suez Canal Report 1966, Ismailia.

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