CANARIE

Enciclopedia Italiana (1930)

CANARIE (A. T., 41-42)

Giuseppe CARACI
Attilio MORI

Gruppo di isole situate nell'Oceano Atlantico a poca distanza dalla costa occidentale africana, fra 27° 37′ e 29° 30′ lat. N.; fra 13° 25′ e 18° 10′ long. O.; forma le due provincie spagnole di Las Palmas e S. Cruz de Tenerifs. Risulta di sette isole maggiori: Lanzarote, Fuerteventura, Gran Canaria, Teneriffa (Tenerife), Gomera, Palma e Ferro (Hierro), e di altrettante più piccole (Alegranza, Graciosa, Montaña Clara, Roque del Este, El Roquete, Isleta del Rio, I. de Lobos, tutte disposte attorno a Lanzarote, che è la più orientale e dista meno di un centinaio di km. dal continente), le quali misurano, tutte insieme, 7270,6 kmq. Più estese sono Teneriffa (2302 kmq.), Fuerteventura (1722 kmq.) e Gran Canaria (1376 kmq.), che da sole costituiscono i ¾ dell'arcipelago (Ferro non tocca i 300 e l'isolotto di Alegranza, che è il più settentrionale, i 10 kmq.).

Esplorazioni. - Le isole Canarie, le isole Fortunate (Insulae Fortunatorum) di Tolomeo, son descritte da Plinio e da Plutarco; i poeti vi collocano i Campi Elisi. Non è improbabile che le toccasse Annone Cartaginese nel suo celebre periplo (sec. V a. C.); ma sembra sicuto che le visitassero i navigatori fenici sino dal sec. IV. Durante il Medioevo se ne perse la conoscenza e pare che neppure i navigatori arabi vi si spingessero, sebbene le ricordino nelle loro opere, probabilmente attingendo a fonti greche. Solo sullo scorcio del sec. XIII o ai primi del XIV le isole tornarono ad esser conosciute e visitate, e ciò per opera di navigatori italiani. Quando e da chi la riscoperta si compisse non sappiamo con precisione; e discordi sono in proposito le opinioni degli storici. Taluni ne attribuiscono il merito ai genovesi fratelli Vivaldi che vi sarebbero approdati nel loro audace e sfortunato tentativo di circumnavigare l'Africa (1291), onde si spiegherebbe il nome di Alegranza (nome di una nave della spedizione), imposto a una delle isole. Ma i cronisti del tempo che trattano della spedizione tacciono di questa scoperta. Il Petrarca nel De vita solitaria parla di un'armata genovese che, a memoria dei padri, avrebbe compiuto la conquista delle isole, ciò che sarebbe dovuto accadere prima del 1304, data della sua nascita. Ma neppure di questa impresa si hanno altre notizie. Il primo fatto positivo giunto a nostra conoscenza è il viaggio e la conquista che ne fece il nobile genovese Lanzarotto Marocello (o Malocello) a una data non precisata, che si fa cadere tra il 1310 e il 1339, poiché già in detto anno il nome di "Lanzarotus Marocellus" appare per la prima volta attribuito a un'isola del gruppo, nel planisfero di Angelino Dulcert conservato nella Biblioteca nazionale di Parigi. Il Marocello eresse nell'isola che ne porta il nome un castello di cui il Bethencourt quasi un secolo dopo trovò ancora i resti. Nel 1341 partì da Lisbona una spedizione organizzata a scopo di ricognizione commerciale da Alfonso IV re di Portogallo, composta di tre navi di cui una al comando di Niccoloso da Recco che era il capo della spedizione e una del fiorentino Angiolino del Tegghia dei Corbizzi, ed equipaggiate tutte da marinai fiorentini, genovesi e castigliani; di questa spedizione si ha una relazione incompleta tratta dalle informazioni avute da mercanti di Siviglia sulle isole che volgarmente venivano denominate Insulae Repertae. L'impresa del Bethencourt e di Gadiffer de La Salle (1402), cui a torto si attribui anche la scoperta delle isole, sebbene miseramente fallita, valse ad accrescere un poco le conoscenze sulle Canarie, finché con l'assoggettamento compiuto dagli Spagnoli dopo superate molte difficoltà e a prezzo dell'esterminio della popolazione e con la colonizzazione da essi intrapresa, s'iniziò la loro sistematica ricognizione dal punto di vista topografico, fisico-naturalistico e storico-archeologico.

Le Canarie rappresentano una delle zone classiche del vulcanismo, e sono quindi da tempo oggetto di particolare attenzione da parte degli studiosi: a questo si aggiunga l'interesse suscitato negli ultimi anni, specie oltre Oceano, dai rapporti che si è creduto di poter stabilire fra le vicende della loro storia geologica e il mitico continente dell'Atlantide. Non sorprende perciò che l'esplorazione scientifica dell'arcipelago sia, in confronto di quelle di molte altre zone dell'Africa e della stessa madre patria, assai sviluppata: fra coloro che lo hanno illustrato in tutto o in parte basterà ricordare i nomi di A. von Humboldt, L. van Buch, C. Sainte-Claire Deville, S. Berthelot, K. von Fritsch, R. Verneau, K. Sapper, D. A. Bannermann, G. Gagel, ecc., fra gli stranieri; di A. Millares Cubas, S. Calderón e soprattutto di L. Fernández Vavarro, fra gli spagnoli.

Morfologia. - Orograficamente il gruppo si collega all'Alto Atlante, di cui continua l'allineamento: sulla base profonda - segnata dall'isobata di 3000 m., che circonda tutto l'arcipelago - le intense manifestazioni vulcaniche, continuate dal Miocene superiore fino al Pleistocene, costruirono, in successivi stadî, gli apparati eruttivi attuali e gli espandimenti basaltici che li collegano o su cui poggiano, rendendo definitivo, dal chiudersi del Terziario (almeno) in poi, il distacco dal vicino continente. Nonostante la comune origine, le due isole più orientali (Lanzarote e Fuerteventura) si differenziano nettamente dalle altre, più giovani, nelle quali anche il clima ha contribuito a determinare una morfologia superficiale e un paesaggio non poco diversi. Montuose, aspre e accidentate queste ultime, con imponenti coni vulcanici (Pico de Teyde nell'isola Teneriffa, m. 3716) quiescenti o attivi, creste lunghe e compatte e caratteristiche cavità crateriche (La Caldera); piatte e basse (M. Muda, in Fuerteventura, m. 683) le prime, con ampî espandimenti basaltici e ondulate groppe nude, vero frammento di deserto, che la popolazione è stata più volte indotta a fuggire. Di tutte le isole solo Lanzarote, Teneriffa e Palma furono in tempi storici teatro di eruzioni: basaltico-effusive (1585, 1647, 1677) in quest'ultima; laviche (1430, 1505, 1706, 1786, 1798), basaltiche (1704-06) e andesitiche (1798) a Teneriffa, dove il cratere del Teyde rimase però sempre allo stato di solfatara.

L'isola di Palma risulta di un unico grande apparato tronco alla cima (Roque de los muchachos, m. 2345), dove si apre un'ampia (8-10 km. di diametro) voragine craterica (La Caldera), che discende all'interno con appicchi di 500-700 m.: la cavità, chiusa da ogni lato, si apre a SO., verso il mare, con un solco profondo a guisa di cañón (Barranco de las angustias). In Teneriffa le elevazioni maggiori si allineano da NE. a SO., salendo fino al maestoso Pico de Teyde, visibile ad oltre 160 km. di distanza. Sopra l'enorme pila basaltico-tufacea che lo sopporta si costruì un primo cratere, nel cui seno si sollevarono in seguito due coni molto regolari: il più alto, concentrico, porta, a sua volta, un piccolo cratere terminale dalla forma caratteristica (Pan de Azucar), rivestito tutt'intorno da pomici; il secondo, più basso (M. Chahorra, m. 3137) è eccentrico, e termina con un cratere più ampio. Fra i due coni e il recinto, sormontato da un margine discontinuo che scende ripido verso l'interno, è la larga depressione (Las Cañadas) che circonda l'apparato e lo isola, in certo modo, dal ripiano basaltico (el llano) con cui l'isola s'innalza dal mare. L'insieme ha potuto perciò suggerire a ragione l'immagine di una fortezza protetta da baluardi e fossato.

Clima. - Il clima, tipicamente marittimo, è sulle coste caratterizzato da una debolissima escursione annua (di regola intorno a 60). Le brezze marine temperano d'estate i calori eccessivi; per contro, i venti di SE. (el levante) che spirano dal Sahara, elevando bruscamente le temperature e apportando le polveri del deserto, sono il peggior flagello delle Canarie: alla loro influenza sono in gran parte dovute le meno favorevoli condizioni di Lanzarote e di Fuerteventura in confronto delle altre isole, e dei versanti di S. e di SE. in confronto di quelli di N. e di NO. in genere in tutto l'arcipelago. Le precipitazioni scarseggiano, diminuendo da O. ad E.; basse le medie annue, varia la quantità da isola ad isola e da anno ad anno, alquanto diversa anche la distribuzione stagionale. In genere l'estate è asciutta; nelle due isole orientali si dànno periodi di più anni senza che cada una goccia d'acqua; per contro le alte regioni di Teneriffa sono abbondantemente annaffiate e d'inverno le nevi che ammantano le spalle del Pico de Teyde scendono fino a poche centinaia di metri sul livello del mare.

Flora. - La differente configurazione orografica e il progressivo aumento della distanza dal continente africano, delle condizioni desertiche del quale la porzione orientale dell'arcipelago delle Canarie sembra la continuazione, ci rendono ragione delle profonde differenze che, anche nei riguardi del paesaggio vegetale, le isole pimeggianti del gruppo orientale presentano in confronto con quelle montuose del gruppo occidentale.

Benché l'influenza dell'altimetria sia qui forse meno nettamente apparente che non in altri paesi temperati e l'esposizione dei gruppi montuosi possa influenzare assai più sensibilmente i limiti di distribuzione delle specie, è facile constatare nelle Canarie l'esistenza di tre zone di vegetazione: inferiore o marittima che si spinge, verso l'alto, fino a 600-800 metri sul mare ed è comune a tutte le terre dell'arcipelago, poiché le isole orientali vi rimangono interamente comprese; intermedia o silvatica, propria solo delle isole occidentali, compresa fra 600 e 1800 metri e suddivisibile a sua volta in due sottozone, rispettivamente delle foreste di Laurinee fra 600 e 1200 metri e di quelle di Conifere ed Ericacee fra 1200 e 1800; superiore infine o dei cespugli, al di sopra di 1800 metri è esclusiva di Teneriffa.

Con qualche maggior particolare, può dirsi che il paesaggio della zona inferiore è caratterizzato dalla presenza di una specie indigena di palma (Phoenix canariensis) in qualche punto spontanea, ma oggi per lo più coltivata, dalle colture del banano e del pomodoro e dalla comparsa di alcuni tipi vegetali che l'osservatore, anche non botanico, impara presto a riconoscere; tali la Dracaena draco, l'Euphorbia canariensis, la Kleinia nereifolia e le specie arbustacee dei generi Aichryson ed Aeonium (Crassulacee), Statice (Plumbaginacee) ed Echium (Borraginacee). La sottozona delle Laurinee è quella che comprende le foreste canarie più ammirate da tanti viaggiatori, i residui delle quali possono osservarsi ancora in varî punti delle isole del gruppo occidentale; sono molto note, anche turisticamente, le foreste di Las Mercedes e di Agua García a Teneriffa. Esse sono essenzialmente costituite dal Laurus canariensis (Laurales), accompagnato da Phoebe barbusana, Persea indica e, nei valloni più freschi e umidi, da Oreodaphne foetens; la vegetazione arbustacea ed erbacea, le felci e i muschi sono abbondantissimi e la fisionomia della vegetazione è estremamente varia e pittoresca. Nella sottozona superiore, le foreste di conifere sono formate, per lo più, da vaste distese di Pinus canariensis (Pinares) con un ricco sottobosco di Cistus; ma, sino a tempi recenti, esistevano anche residui di boscaglie di Iuniperus phoenicea, le quali debbono aver avuto una diffusione originaria abbastanza notevole. Quanto alle ericaie, esse sono formate dall'Erica arborea, che assume nell'arcipelago uno sviluppo arboreo (anche circa 10 metri d'altezza) formando - p. es. nell'isola di Gomera sulla Cumbre de Agulo - consorzî montani assai estesi, sia affatto puri, sia, più frequentemente, in consociazione con Myrica faya e Ilex canariensis; il sottobosco vi è quasi nullo e il suolo. pressoché nudo, ricoperto dalle innumerevoli foglie aciculari dell'Erica. Finalmente la zona superiore è caratterizzata da abbondanti cespugli di Spartiocytisus nubigenus (Retama blanca) più o meno copiosamente diffusi sui pendii nudi delle Cañadas attigue al Picco di Teneriffa in compagnia di Adenocarpus viscosus, Viola cheirantifolia, ecc.

La flora delle Canarie, considerando le sole cormofite, perché le tallofite non sono ancora conosciute quanto è necessario per farle rientrare in un quadro generale, comprende 1352 specie, delle quali 1098 dicotiledoni, 205 monocotiledoni, 6 conifere e 43 pteridofite. Analizzata dal punto di vista dei suoi rapporti geografici, questa flora comprende tre categorie di specie; ubiquitarie, mediterraneo-canarie, endemiche. Le ubiquitarie, date le condizioni climatiche dell'arcipelago, comprendono specie volgari proprie tanto della zona temperata (oltre 300), quanto della tropicale (39); e, per la prossimità delle Canarie all'Europa e i frequenti rapporti storicamente accertati fra l'arcipelago e la regione mediterranea sino dall'antichità, specie essenzialmente diffuse nella porzione temperata del continente antico. Circa metà delle specie della flora canaria si ritrovano infatti, quasi immutate, nel bacino mediterraneo, in buon numero anzi tanto nella sua porzione orientale quanto nella occidentale e tanto sulla sponda europea quanto sull'africana; più scarso è il numero delle specie comuni esclusivamente agli altri arcipelaghi atlantici e alla costa atlantica, marocchina o spagnola. Queste ultime possono considerarsi come veri endemismi atlantici e come documenti di probabili ed antiche relazioni territoriali, tanto più eloquenti in quanto parecchie di tali specie sono state trovate fossili nei depositi del Pliocene e del Quaternario mediterraneo.

Il rimanente della flora comprende endemismi di diversa categoria, varietà, specie, generi autoctoni; proprio sopra questo contingente si fondano le induzioni più probabili sulla origine della flora canaria. Le affinità più o meno dirette di queste forme si possono infatti classificare in quattro categorie: 1° con la flora mediterranea intesa nel suo senso più largo e cioè dalla Penisola Iberica e dal Marocco fino alla Persia; 2° con la flora dell'Africa orientale (dall'Egitto all'Etiopia) e meridionale (Capo, Natal e arcipelaghi dell'Oceano Indiano); 3° con la flora asiatica (dall'India al Giappone); 4° con le flore sudamericane.

La storia geologica delle Canarie poi dimostra che esse sono costituite da uno zoccolo di terreni sedimentarî, apparentemente riferibili al Cretacico superiore, completamente ricoperti da una coltre di materiali eruttivi quaternarî.

La fauna cretacica ha un carattere nettamente litorale, in seguito questi terreni debbono essere emersi perché, al disopra di essi, manca completamente la serie terziaria; se le isole dell'arcipelago rappresentano quindi i residui di un'unica terra in gran parte sprofondata nell'Oceano, la sua frammentazione e il distacco dal continente dell'arcipelago attuale, non possono risalire a un'epoca anteriore alla fine del Terziario.

Anche la flora ci presenta anzitutto caratteri piuttosto continentali che insulari, data la proporzione che presentano le specie ed i generi; inoltre l'impronta di una notevole antichità, senza ammettere la quale non potrebbe spiegarsi l'esistenza di parecchi endemismi comuni alle Canarie, alle Azzorre, a Madera e alle isole del Capo Verde. L'accennata presenza di parecchie specie Canarie allo stato fossile negli strati del Terziario più recente e del Quaternario dell'Europa meridionale (Laurinee nella Francia Meridionale e in Sicilia), e il fatto che parecchi generi molto diffusi nell'arcipelago (Aeonium, Statice, Echium, Senecio, Sonchus) vi possiedono endemismi, secondo ogni probabilità, neogenici e accantonati nelle singole isole, ma abbastanza affini fra di loro per poter essere considerati come altrettanti ceppi derivanti da un unico tipo autoctono, autorizzano la supposizione dell'esistenza di una vasta terra comprendente e collegante le Canarie odierne fra di loro e col continente, ancora emersa alla fine del Terziario e ricoperta di una vegetazione caratteristica e successivamente arricchitasi, sino alla fine del Pliocene o al principio del Quaternario, da ondate di diffusione successiva di specie europee e nordafricane. Le affinità con le flore sudafricana, sudamericana ed asiatica, che sono comuni a tutti gli arcipelaghi della Macronesia, possono essere giustificate mediante la supposizione di analoghe e più remote diffusioni per contiguità continentale. Deve essere invece scartata la possibilità che le specie proprie delle Canarie possano aver raggiunto l'arcipelago dopo la sua costituzione nelle condizioni attuali, grazie a processi naturali di diffusione a distanza o per trasporto diretto da arte dell'uomo.

Bibl.: Ph. Barker-Webb e S. Berthélot, Histoire naturelle des îles Canaries, Parigi 1836-1850, III, i; S. Berthélot, La géographie botanique, Parigi 1840; C. Bolle, Florura insularum olim purpurarium ecc., in Englers bot. Jahrb., XIV (1891) e XVI (1893); H. Christ, Vegetation und Flora der Kanarischen Inseln, ibidem, VI (1884), pp. 458-526; J. Pitard e L. Proust, Les îles Canaries, flore de l'Archipel, Parigi 1909; H. Schenck, Beiträge zur Kenntnis der Vegetation der Kanarischen Inseln, in Deutsche Tiefsee-Expedition, II, I; iii, 1907; M. Rikli, Lebensbedingungen und Vegetationsverhältnisse der Mittelmeerländer und der atlantischen Inseln, Jena 1912; O. Burchard, Beiträge zur Okologie und Biologie der Kanarenpflanzen. Bibliotheca Botanica, XCVIII, Stoccarda 1920.

Fauna. - Le Canarie posseggono una fauna di carattere mediterraneo. Non vi si trovano altri mammiferi indigeni all'infuori dei pipistrelli. Fra gli uccelli ricordiamo il canarino (Serinus canarius) che trae il suo nome dalle Canarie, benché viva anche selvatico nelle Azzorre e a Madera. Non mancano i rettili: i geconidi, i lacertidi e gli scincidi che vi si trovano presentano caratteri africani. Di anfibî ricordiamo le raganelle e di pesci d'acqua dolce l'anguilla. I numerosi molluschi terrestri (quasi 200 specie) appartengono in gran parte al genere Helix e sono speciali dell'arcipelago e strettamente localizzati. Gl'insetti sono in gran parte affini a forme mediterranee: nondimeno tre farfalle (due Danaïs e una Vanessa) si ritrovano nell'America tropicale.

Popolazione. Condizione economiche. - La popolazione attuale, che risulta dalla mescolanza dell'antico elemento guancio (v. oltre) con Normanni, Fiamminghi, Arabi, Spagnoli e, in proporzione minore, anche Africani, ammonta (1930) a circa 560 mila ab., dei quali oltre ¾ vivono in Teneriffa e Gran Canaria, mentre alcune delle isole più piccole sono del tutto disabitate. La densità, massima nella Gran Canaria (120 ab. per kmq.), scende a meno di 10 ab. per kmq. in Fuerteventura. Notevole l'accrescimento naturale (natalità 31‰, nuzialità 5,9‰, mortalità 17,8‰; queste due ultime cifre inferiori alla media del Regno), sì che le Canarie hanno veduto in poco più di cinquant'anni raddoppiare la loro popolazione, nonostante il forte movimento emigratorio.

Con la conquista spagnola si venne via via sostituendo l'agricoltura alla pastorizia originaria; alla canna da zucchero, che fu introdotta nelle Canarie con mano d'opera negra e decadde a partire dal secolo XVI per la concorrenza delle Indie occidentali, seguì, come coltura prevalente, la vite (prima metà del sec. XIX). Attualmente 3/5 delle esportazioni constano di banane, ⅓ di primizie (pomodoro); le altre colture sono indicate dal seguente prospetto, che dà le medie dei due anni 1925-26.

Il banano, che si coltiva fino a 250 m. d'altezza, ha in questi ultimi anni preso uno straordinario sviluppo; per contro limitata importanza hanno arance (Gran Canaria), fichi, uva, noci e cipolle, di cui pure si fa esportazione. Nel 1928 questa si è distribuita come segue (in migliaia di pesetas):

Il tabacco è coltivato soprattutto nell'isola di Palma, ed è uno dei pochi prodotti che alimenti industrie locali di una certa importanza; quella dei merletti e dei pizzi, che pure gode rinomanza, conserva sostanzialmente carattere domestico.

Nel 1826 venne introdotta nelle Canarie la cocciniglia (usata per il colorificio), l'allevamento della quale toccò il culmine intorno al 1885 - quando le Canarie fornivano da sole ⅓ del prodotto mondiale - per declinare ben presto in seguito all'adozione dei colori di anilina.

Fino al 1852, quando vennero dichiarati franchi i due porti principali di Las Palmas e di S. Cruz de Tenerife, il commercio aveva proporzioni trascurabili; attualmente l'una e l'altra località hanno assunto importanza anche come stazioni carboniere (navigazione transatlantica) e capolinee di cavi sottomarini (S. Louis, Cadice). I dati statistici per il 1928 segnano:

Delle importazioni, che constano per la più parte di carbone, petrolio, manufatti e cereali, oltre 3/4 provengono dall'Inghilterra; seguono Francia, Spagna, Germania, Norvegia e Italia; le esportazioni si dirigono come segue:

Le comunicazioni fra le varie isole sono facilitate da regolari servizî di navigazione; quelle terrestri lasciano invece non poco a desiderare. Solo Teneriffa ha una breve (km. 17,2) linea tranviaria elettrificata che unisce S. Cruz a Tacoronte, via Laguna. Il movimento turistico tende tuttavia ad aumentare, per la sempre maggiore affluenza di stranieri (per lo più inglesi), che cercano riposo o guarigione nei sanatorî (Orotava) per la cura delle malattie dell'apparato respiratorio.

Colture e densità di popolazione appaiono in evidente rapporto di dipendenza dalle acque freatiche: dove queste difettano, come a Fuerteventura (due sole sorgenti in tutta l'isola), va perduto il vantaggio della maggiore ampiezza di superficie. Gli agglomerati rurali tendono a spostarsi verso la zona compresa fra i 600 ed i 1500 m., più intensamente battuta dall'umido soffio degli alisei. Oltre ⅓ della popolazione vive riunita in centri superiori ai 10 mila, e oltre ½ in centri superiori ai 2,5 mila ab. Pochi di questi, tuttavia, presentano carattere di vere città. Dopo i due capoluoghi di provincia, Las Palmas e Santa Cruz de Tenerife, le località più popolate sono tutte grossi centri agricoli, a eccezione di S. Cruz de la Palma, nell'isola omonima (8 mila ab.), che ha un porto discretamente frequentato. La Laguna (17 mila ab.) nell'isola Teneriffa, è l'antica capitale dell'arcipelago e conserva una certa importanza come centro di cultura (sede episcopale, sezione di università, biblioteca pubblica, ecc.).

La posizione delle Canarie, all'estremità occidentale del mondo antico, ha fatto sì che queste isole siano servite in passato come meridiano iniziale (così anche il Pico de Teyde): l'adozione ufficiale di quello dell'isola di Ferro, che è più ad O. di tutte, risale al 1634 e venne decisa da un congresso di matematici voluto dal Richelieu, a Parigi. Si credette per lungo tempo che l'isola fosse esattamente a 20° O. da Parigi; in realtà la distanza risultò poi alquanto maggiore (20° 30′); esattamente in 19° O. è invece il pitone di Teneriffa.

Bibl.: A. von Humboldt, Reise in die Äquinoktialgegenden des Neuen Kontinents, Stoccarda 1859-60; L. von Buch, Physikalische Beschreibung der Canarischen Inseln, Berlino 1825 (tard. franc., Parigi 1836); Ph. Barker-Webb e S. Berthelot, Histoire naturelle des îles Canaries, Parigi 1836-50; C. Sainte Claire-Deville, Études géologiques sur les îles de Ténériffe et de Fogo, Parigi 1846; P. de Olive, Diccionario estadistico-administrativo de las islas Canarias, Barcellona 1865; K. von Fritsch, Meteorologische und Klimatographische Beiträge zur Kentniss der Kanarischen Inseln, in Peterm. Mitteil., 1866, pp. 217-27; id., Reisebilder von den Kanarischen Inseln, Gotha 1867 (Peterm. Mitteil. Ergänzhaft. 22); S. Calderón, Reseña de las rocas de la isla volcánica Gran Canaria, Madrid 1875; S. Calderón, Reseña de las rocas de la isla volcánica Gran Canaria, Madrid 1875; S. Berthelot, Noticias sobre los caracteres jeroglifícos grabados en las rocas volcánicas de las islas Canarias, Madrid 1876; G. Chil y Naranjo, Estudios históricos, climatológicos y patológicos de las Islas Canarias, Las Palmas 1876-79; S. Berthelot, Antiquités canariennes, Parigi 1879; S. Calderón, Nuevas observaciones sobre la litología de Tenerife y Gran Canaria, Madrid 1880; R. Verneau, Cinq ans de séjour aux îles Canaries, Parigi 1891; A. Millares Cubas, Historia general de las Islas Canarias, Las Palmas 1893-95; H. Meyer, Die Insel Tenerife, Lipsia 1896; K. Sapper, Die Kanarischen Inseln, in Geogr. Zeitschrift, XII (1906), p. 481 segg.; A. de Espinosa, The Guances of Tenerifa (trad. C. Markham), Londra 1907; C. Gagel, Das Grundgebirge von La Palma, Berlino 1907; id., Die Caldera von La Palma, Berlino 1908; L. Fernández Navarro, Observaciones geológicas en la isla de Hierro, Madrid 1908; E. Hernández Pacheco, Estudio geológico de Lanzarote y de las isletas Canarias, Madrid 1909; J. Pitard e L. Proust, Les Îles Canaries, Parigi 1909; L. Fernández Navarro, Observaciones geologicas en la isla de Gomera, madrid 1918; D. A. Baunermann, The Canary Islands. Their history, natural history and scenery, Londra 1922; L. Fernández Navarro, Islas Canarias, Madrid 1926; M. Segre, Le cognizioni di Giuba Mauritano sulle Isole Fortunate, in Rivista geografica italiana, XXXIV (1927), pp. 72-80; D. I. Wölfen, Berichte über eine Studienreise, ecc., in Anthropos, XXV (1830), pp. 711-724.

Antropologia. - Contro una vecchia opinione, molto diffusa, per la quale le antiche popolazioni indigene delle Canarie (cioè precedenti alla conquista) sarebbero scomparse completamente, il Berthelot, nel 1840, affermava che esse ancora costituivano il fondo della popolazione, influenzata più o meno, dalla conquista in poi, da afflussi europei, soprattutto spagnoli. Ma già prima della conquista le popolazioni delle Canarie presentano tipi diversi, abbastanza distinti morfologicamente e geograficamente. È naturalmente la composizione dell'antica popolazione quella che più interessa. Del resto dell'attuale ben poco si sa in maniera precisa e scientifica.

La conoscenza antropologica delle antiche popolazioni è essenzialmente dovuta al Verneau. Ben poco le ricerche posteriori hanno modificato o aggiunto, in linea di fatto. Il recente lavoro del Hooton è condotto in prevalenza sui cranî. Per quanto riguarda lo scheletro, invece, il Verneau utilizzò 1000 ossa lunghe, oltre a circa 350 cranî.

Il Verneau distinse diversi elementi: un primo elemento che più propriamente si può dire guancio, caratterizzato da statura alta, che poteva sorpassare m. 1,80, pelle chiara, capelli spesso biondi o rossi, occhi azzurri, cranio voluminoso, con appiattimento sopraoccipitale e rigonfiamento iniaco. Il cranio era lungo e basso (dolico-platicefalico), con orbite larghe e basse, con forti arcate sopraccigliari e glabella prominente, naso medio piuttosto corto, faccia bassa e con un po' di prognatismo sottonasale. Il mascellare inferiore era molto forte, con un mento saliente largo e triangolare. Le ossa dello scheletro erano molto vigorose, con impronte muscolari forti. I caratteri del cranio e dello scheletro che abbiamo accennato sono i caratteri descritti per la razza del Paleolitico superiore, detta di Cro-Magnon (v. paleoantropologia). L'elemento guancio era allo stato più puro soprattutto in Teneriffa, ma presente anche a Las Palmas, Gomera, Ferro e Gran Canaria. Un secondo elemento era quello che Verneau chiamò semitico e che meglio potrebbe dirsi berbero. La sua statura era media, i capelli neri, la pelle piuttosto scura, a giudicare dai racconti degli antichi storici. Il cranio di questo elemento è molto regolare, ovale, piuttosto lungo (sotto-dolicocefalo); la faccia fine, alta e stretta. Il naso appena depresso alla radice continua quasi la curva frontale, è diritto e stretto. Le orbite sono elevate, rotondeggianti e sormontate da arcate sopraccigliari poco rilevate. Tutta la struttura della testa, come dello scheletro, è più fine e non confrontabile con quella del tipo guancio. Questo elemento è assai numeroso alla Gran Canaria e a Ferro; meno a Las Palmas, meno ancora a Teneriffa e assente a Gomera. Un terzo elemento si presenta invece più numeroso e più evidente in questa isola e meno decisamente alla Gran Canaria e a Ferro. Esso era caratterizzato da piccola statura, cranio corto (brachicefalico), orbita alta e naso piuttosto largo. Come si vede, questo elemento è caratterizzato solo con una certa approssimazione. Meno ancora caratterizzato è un quarto elemento, che si troverebbe in certi punti della Gran Canaria. Riguardo all'affinità, provenienza, successione di questi diversi elementi, le opinioni sono assai divergenti. L'elemento guancio sarebbe identificato, secondo un'opinione che risale al Hamy, alla razza di Cro-Magnon. Il Hooton recentemente, in uno studio di carattere specialmente craniologico, ammise che il tipo guancio risulti da una mescolanza e che in sostanza l'elemento predominante sia il biondo ad alta statura, proveniente dal Rif, giacché questa regione sarebbe il più prossimo centro di biondismo (secondo il Hooton). Certo la presenza del tipo guancio è strettamente connessa con la presenza di biondi nella regione dell'Atlante, e la questione del tipo guancio va connessa con quella se la presenza di biondi nell'Atlante dimostri l'esistenza di un centro autoctono del fenomeno o rappresenti la persistenza di immigrazioni, più o meno antiche, di questo tipo, da altre regioni della terra. Per coloro che ritengono che la razza di Cro-Magnon rappresenti il primo avvento del tipo nordico (biondo e alto) nell'Europa occidentale, le due opinioni esposte sono conciliabili in qualche maniera; viceversa, per coloro che ritengono che i Cro-Magnon fossero una razza bruna, il biondismo dei Guanci è inesplicabile, volendo ammettere l'identità con i Cro-Magnon, e, non ammettendola, resta a spiegare la singolare somiglianza dei caratteri ossei fra Guanci e Cro-Magnon. Pochi dubbî si possono avere al riguardo del 2° tipo, il berbero. La sua morfologia e la vicinanza geografica di genti simili sono abbastanza significative. Il terzo tipo brachicefalico non è ravvicinato dal Verneau ad alcun altro. Negli ultimi tempi esso ha dato luogo ad ardite speculazioni (Hooton, Dixon), parlandosi di esso come di un tipo mongolico. Crediamo che al solito il carattere brachiplaticefalico del cranio sia la ragione principale, insufficiente, di tale attribuzione. Riguardo alla cronologia e alla successione di questi tipi, Verneau riteneva che il tipo guancio fosse il più antico sulle isole. Ma la sua venuta sarebbe assai recente, in epoca appena pre-romana. Gli altri tipi sarebbero giunti dopo. Il Hooton, in base a un'altra distinzione di tipi, nell'esame della quale non possiamo entrare, perché ci porterebbe troppo lontano, stabilisce un'altra successione, secondo la quale la prima occupazione delle isole sarebbe neolitica. Questi tipi del Hooton e la loro successione però, come è stato accennato dal von Eickstedt, sono assai discutibili.

Bibl.: R. Verneau, Rapport sur une mission scientifique dans l'archipel Canarien, in Archives des missions scientifiques et littéraires, Parigi 1887; E. A. Hooton, The ancient inhabitants of the Canary Islands, in Harvard African studies, VII (1925); Peabody Mus. Harv. Univ., Cambridge 1925.

Etnografia e linguistica. - Quando gli Spagnoli conquistarono nel sec. XV le isole Canarie, queste erano abitate da una popolazione indigena, i Guanci (sp. Guanchos), che lottarono per la loro indipendenza e in parte furono distrutti, in parte si fusero coi nuovi dominatori, venendo così a cessare come razza distinta. Su di essi sono stati compiuti e tuttora si vanno facendo studî amplissimi, specialmente di carattere antropologico, etnografico e linguistico; studî che s'intrecciano con quelli relativi ai Berberi, alle popolazioni di alcuni paesi dell'Europa meridionale e a quelle che avrebbero abitato la famosa Atlantide.

L'origine dei Guanci non è tuttavia in modo definitivo chiarita: ma è molto probabile che anche essi presentino il fenomeno della formazione complessa della razza. Fra i varî strati di questa ha molta importanza l'elemento berbero, sia dal punto di vista antropologico, sia da quello linguistico; la zona estrema di espansione dei Nordafricani verso ovest sarebbe rappresentata dalle Canarie. In molte delle voci del linguaggio dei Guanci, pur essendo esse alterate dagli scrittori che le hanno trasmesse, si scopre l'etimo berbero, sì da potersi ritenere che il linguaggio delle isole anteriore alla Conquista spagnola e che in parte si conservò fin verso il sec. XVII, fosse essenzialmente berbero, con qualche differenza fra un'isola e l'altra.

Le testimonianze contemporanee all'occupazione europea e gli avanzi archeologici ci fanno ritenere che i Guanci possedessero una cultura neolitica: nulla è stato ritrovato nelle isole di appartenente al Paleolitico né all'età dei metalli. Gli antichi abitanti delle Canarie usavano armi ed altri utensili di pietra, di legno e di osso, modellavano il vasellame e praticavano l'agricoltura e l'allevamento del bestiame; si coprivano con pelli di animali, e si decoravano il corpo con pitture. Base del loro nutrimento erano il latte di capra, la carne ed anche frutta, radici ed orzo abbrustolito (gofio). Abitavano capanne rotonde fatte di rami e di frasche, oppure grotte naturali o artificiali nelle quali deponevano anche i cadaveri imbalsamati; gli altri cadaveri, invece, venivano sotterrati. È stato supposto che essi avessero appresa la pratica dell'imbalsamazione dagli Egiziani, e va del resto notato che queste isole dovevano essere indubbiamente note ad alcune popolazioni mediterranee dell'antichità.

Si è attribuita ai Guanci la credenza in un essere supremo; i loro Dei vivevano nelle montagne. In alcune isole veniva praticato il culto della terra, del sole, della luna e delle stelle; ma nessuna popolazione sarebbe stata feticista. Secondo uno scrittore portoghese del secolo XVI la capra era per essi sacra, forse un totem.

Gli abitanti di Fuerteventura, della Isleta (Gran Canaria) e dell'isola del Ferro possedevano, secondo Verneau, una scrittura alfabetica; i Guanci di Teneriffa e di Gomera, invece, erano meno progrediti. Fra gli abitanti delle diverse isole non vi doveva dunque essere una perfetta omogeneità di cultura, né forse di lingua o di istituzioni politiche e sociali. Vi erano capi ereditarî e capi elettivi, popolazioni monogame e popolazioni poligame.

Gli antichi scrittori affermano pure che fra i Canariani e le popolazioni continentali vicine avvenivano spesso guerre, e ci descrivono i primi dotati di coraggio, agilità, intelligenza, vivacità e lealtà; molte delle loro donne, piacenti e graziose d'aspetto, si sarebbero unite agli stessi conquistatori del paese. Le lotte, gl'incroci e le epidemie hanno distrutta l'antica popolazione guancia, alcuni discendenti della quale potrebbero ritrovarsi, secondo certi autori, ancor oggi fra le popolazioni rurali delle vallate interne. Espressioni e nomi guanci si sono conservati fino ad oggi, e ancora si preferisce qualche usanza antica a quelle introdotte dagli Europei. Così viene ancora mangiato il gofio, il cui uso si è sparso in Madera e Porto Santo. In alcune contrade si abbrustolisce e si macina l'orzo, e si prepara il burro di capra, sempre secondo gli antichi sistemi. Vi sono ancora alcuni trogloditi. Inoltre si notano ancora sopravvivenze degli antichi tipi di ceramiche. Non si può dire tuttavia, col Broca, che il Canario attuale sia un "Guancio battezzato".

La pretesa identificazione dei Guanci con gli abitanti della ipotetica Atlantide di Platone non ha fondamento.

Bibl.: J. Nuñes de la Peña, Descripción de las Islas Canarias, Madrid 1676; J. Viera y Clavijo, Noticias de las Islas de Canaria, Madrid 1772-83; S. Berthélot, Antiquités canariennes, Parigi 1839; A. Cordeiro, Historia insulana das ilhas a Portugal sujeitas, I, Lisbona 1866; R. Verneau, Rapport sur une missions scientifique dans l'archipel Canarien, Parigi 1887; H. Meyer, Über die Urbwohner der Canarischen Inseln, Berlino 1896; J. Abercromby, The prehistoric Pottery of the Canary Islands and its makers, in Journal of the Anthrop. Institute, Londra 1914; id., A Study of the ancient speech of the Canary Islands, in Harvard African studies, I (1917), pp. 95-129; U. Soares, Um manuscrito portugues do sec. XVI e o problema guanche, in Revista de Faculdade de Letras, Porto 1920; A. Mendes Correa, Un problema paleogeografico, in Revista de Faculdade de Letras, orto 1920.

Storia. - Nel 1402, i francesi Gadiffer de La Salle e Jean de Bethencourt s'impossessarono di Fuerteventura, Gomera e dell'isola del Ferro, in nome di Enrico III di Castiglia. Papa Clemente VI incoronò in Avignone lo spagnolo Luis de la Cerda re delle Canarie, ma questi non riusci a impadronirsene. Le isole, dopo numerosi trapassi da Spagna a Portogallo, pervennero infine e rimasero a Ferdinando d'Aragona e Isabella di Castiglia nel 1476. La sovranità spagnola fu definitivamente riconosciuta dal Portogallo nel 1479, mercé il trattato di Acaçova. Ma si trattava di conquistare le isole abitate dai Guanci, popolazione fiera e bellicosa che oppose agli Spagnoli viva e lunga resistenza. Solo nel 1483, la Spagna riuscì a stabilire nell'arcipelago effettivo dominio. Palma fu conquistata nel 1491; Teneriffa nel 1495; l'intero arcipelago nel 1512, in seguito allo sterminio dei Guanci. Da allora, le Canarie sono un pacifico possedimento spagnolo. Solo nel 1902 scoppiò un movimento per l'autonomia locale, che dovette essere represso con la forza.

Bibl.: A. Millares Cubas, Historia general de las islas Canarias, voll. 10, Las Palmas 1893-95; R. Torres Campo, Caracter de la conquista y colonización de las Islas Canarias, Madrid 1901.

Le Canarie furono teatro nel 1599 di un'azione navale ispano-olandese. Mentre Filippo III aveva vietato ai suoi sudditi qualunque commercio con gli Olandesi, questi armarono 60 navi che, comandate dall'ammiraglio Van der Does, andarono a sfidare una squadra spagnola alla fonda nel porto della Coruña. Questa non si mosse, e non potendo attaccarla perché a riparo delle batterie costiere, gli Olandesi si recarono nel giugno 1599 a dar l'assalto alla Grande Canaria. Dopo un bombardamento dei forti spagnoli, Van der Does ordinò lo sbarco. I forti furono presi e distrutti e l'isola saccheggiata.

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