CANE

Enciclopedia Italiana (1930)

CANE (lat. scient. Canis familiaris L.; fr. chien; sp. perro; ted. Hund; ingl. dog)

Oscar DE BEAUX
Alessandro GHIGI

Animale domestico, appartenente all'ordine dei Carnivori, alla famiglia Canidi.

I Canidi.

La famiglia dei Canidi (lat. scient. Canidae Gray 1821; fr. Canidés; sp. Cánidos; ted. Hunde; ingl. Dog tribe) comprende animali di statura media o piuttosto piccola, corporatura svelta con fianchi rientranti; testa allungata e a punta, con rinario spazioso, umido, e orecchio triangolare, eretto e in generale non esageratamente grande; coda di lunghezza media e comunque non toccante terra, ben rivestita. Sono mammiferi prettamente digitigradi, e possiedono generalmente 5 dita agli arti anteriori e 4 ai posteriori, di cui le ambulacrali portano unghie non retrattili, forti e ottuse. Hanno generalmente 4 0 5 paia di capezzoli; il pelame è ricco di lanugine, con marcata differenza fra l'adulto e il giovane nel quale è morbido, lanoso, e di colore più o meno fuligginoso.

La bolla timpanica è assai rigonfia. La formula dentale più frequente è

i molari superiori hanno corone larghe, atte alla triturazione di sostanze vegetali; il 3° molare inferiore è piccolo, con una sola radice e con corona munita di alcuni minuti tubercoli. Il piccolo premolare anteriore o dente lupino, non ha predecessore nella dentizione di latte. Lo stomaco è tondeggiante; il tubo intestinale relativamente lungo; il cieco sempre presente e generalmente lungo 5 0 6 cm. e avvolto su sé stesso.

I Canidi hanno sensi acuti, udito particolarmente fino e olfatto insuperabile; tra le loro facoltà intellettuali eccelle la capacità di adattarsi e imparare, facoltà che ha fatto di parecchie specie i capostipiti del più fidato e antico animale domestico. Allo stato libero i Canidi vivono, a seconda della specie, gregarî, oppure solitarî o a coppie; sono girovaghi, bravi nuotatori, di abitudini notturne, crepuscolari o diurne. Predano animali vivi, esercitando talvolta anche il cannibalismo, ma preferiscono le carogne; si contentano talvolta di ossa e perfino di escrementi. Parecchi si cibano anche di rettili, anfibî, pesci, crostacei, insetti, frutta, germogli, erbe, radici e muschi. Sono assai prolifici, variando la media dei piccoli da 4 a 9, che nascono dopo una gestazione di 63 o 64 giorni; la femmina è madre sollecita; il maschio non sempre si cura della prole e talvolta la perseguita. I Canidi sono quasi cosmopoliti; popolano con le varie specie qualunque genere di paesaggio, ed alcune specie mostrano un'adattabilità mirabile agli ambienti più disparati. Qualcuno è molesto all'uomo come predatore di animali domestici o di selvaggina, ma molti sono utilissimi distruttori d'insetti e di topi ed eliminatori di sporcizie; tutti forniscono buone od ottime pellicce. I canidi formano un gruppo assai omogeneo, suddivisibile secondo caratteri della pupilla, coda, orecchie, pelo, cranio, denti, nei generi: Otocione, Urocione, Volpe, Simenia, Cane, Crisocione, Nittereute, Cuone, Licaone e Speoto.

Nel genere Cane (Canis L.) la pupilla è generalmente rotonda; la coda, riccamente rivestita, è portata di regola pendente; il pelame è denso con proporzione variabile tra pelo di contorno e lanugine; nella colorazione sono assai frequenti: la brizzolatura con nero sul dorso; toni rossastri-giallastri sul dorso del muso, dorso delle orecchie, nuca, avambraccio, gamba, dorso della coda; toni biancastri sulle labbra, mento, gola, inguine, dita; toni neri sull'apice delle orecchie, sul davanti del carpo, sull'apice della coda. Nel cranio il grado di pneumatizzazione del frontale è assai variabile e i processi postorbitali del frontale possono essere decisamente convessi o pressoché concavi. Vi sono 42 denti. La voce è molto svariata, ringhiante, latrante, abbaiante, lamentevole, prolungata, interrotta, modulata. I cani selvatici producono col cane domestico meticci fecondi; come questo vanno soggetti alla rabbia. Il genere è suddivisibile in quattro sottogeneri.

1. Sciacallo (lat. scient. Thos Oken 1816), di statura media o piuttosto piccola; coda relativamente lunga; pelo di contorno relativamente lungo, lanugine assai densa. I molari sono assai sviluppati in confronto ai ferini. Delle 28 specie e sottospecie ricordiamo: lo Sciacallo dorato (Canis aureus L.) alto circa 45 cm. alla spalla; con orecchi corti, e pelame di lunghezza media, con peli di contorno fitti e assai uniformemente lunghi; vive nell'Indocina occidentale, India e Ceylon, Belūcistān, Afghānistān, Persia, Caucaso, Asia Minore, Palestina, Arabia, Russia meridionale, Turchia, Grecia, Dalmazia, Isola di Curzola. Lo Sciacallo variegato (Canis anthus variegatus Cretzschmar), alto circa 45 cm., con orecchi lunghi, non molto aguzzi; pelo di contorno relativamente lungo e di diversa lunghezza nelle varie zone; vive nell'Abissinia e monti Eritrei. Lo sciacallo lupastro (Canis lupaster Hemperich e Ehrenberg), alto circa 55 cm., con orecchi lunghi e aguzzi, denti grandi, nell'Africa settentrionale; forse in 2 varietà distinte nella Tripolitania (Canis lupaster tripolitanus Wagner) e Cirenaica (C. l. lupaster). Lo Sciacallo dalla gualdrappa (Canis mesomelas Schreber), alto 45 cm.; orecchi molto lunghi, circa ⅔, della testa, ravvicinati alla base, aguzzi; manto rossastro con gualdrappa argentata brizzolata di nero, si trova dalla Nubia media al capo, risalendo a ovest fino a Mossamedes; nell'Africa orientale, con l'Eritrea e la Somalia Italiana si trova il Canis mesomelas Schmidti Noack. Lo Sciacallo striato (Canis adustus Sund), alto circa 45 cm., con pupilla ovale orizzontale; orecchi di media lunghezza, non aguzzi; rivestimento con peli di contorno lunghi e lanugine breve; silvicolo; vive nell'Africa centrale a oriente dal Transvaal all'Abissinia, a occidente dall'Angola a Gabon.

2. Coyote (Lyciscus Smith 1839). Alto circa 55 cm.; orecchio piuttosto grande, largo alla base, non molto aguzzo all'apice; pelame ricchissimo. In 15 specie e sottospecie nell'America Settentrionale dal Canada centrale al Guatemala; la specie meglio conosciuta è Canis latrans Say, dal Territorio Alberta nel Canada al Mississippi.

3. Lupo (Canis lupus L., 1758) di statura grande, fino a 85 cm. d'altezza di spalla e 50 kg. di peso; molto variabile secondo le sottospecie; femmina meno forte del maschio. Orecchi di media lunghezza, largamente separati alla base, aguzzi; pelo lungo, particolarmente in inverno; lanugine densa; colore molto variabile, in generale più biancastro a nord, più nerastro a sud, più rosso in estate e più giallino in inverno; albinismo e melanismo assai frequenti: al di là di 40° lat. N. il bianco, non albino, è il colore quasi generale. Il lupo è paleartico; abita inoltre la penisola Indiana, ma manca nell'Asia meridionale. Comprende 23 specie e sottospecie. In Italia si trovano ancora lupi (Canis lupus L.) nell'Appennino Tosco-Emiliano e Umbro-Marchigiano, nei monti della Toscana meridionale occidentale; non raramente nel Lazio e Abruzzo (Canis lupus italicus Altobello), Campania, Calabria; raramente in Sicilia. In Europa è ancora abbastanza frequente in parecchi paesi balcanici e danubiani, Polonia, Russia, Scandinavia settentrionale. Ama i ritiri selvaggi, selvosi e rocciosi, la steppa cespugliosa, i fitti canneti; vive di regola in primavera a coppie, in autunno in famiglie, in inverno talvolta a frotte; molto girovago, è capace di percorrere da 60 a 70 km. in una notte; è predatore di mammiferi selvatici di media e piccola mole, di uccelli, rettili, insetti; si ciba anche di vegetali, quali granturco e patate; tra gli animali domestici perseguita le pecore e i cani; raramente ne attacca altri; rarissimamente attacca l'uomo; è individualmente addomesticabile, ma poco fidato quando diviene adulto. I parti constano di 4 o 6 piccoli, che hanno le palpebre chiuse per una dozzina di giorni; finiscono di crescere a 3 anni e sono poco prima sessualmente maturi; vivono circa 15 anni. Il lupo viene cacciato ovunque con accanimento forse eccessivo e con tutti i mezzi, non esclusi i veleni.

4. Il Dingo (Canis dingo Blumenbach) appartiene pure allo stesso sottogenere. Non è ancora risolta la questione, se esso sia un autentico cane selvatico, oppure un cane rinselvatichito, forse fino da epoche remote (Pleistocene). È alto circa 50 cm.; ha orecchi e coda di media lunghezza; pelame piuttosto breve, uniformemente rossastro o biancastro. Abita, forse in 3 forme distinte, l'Australia, ma non la Tasmania. È ormai rarissimo e oltre a ciò raramente puro, perché si mischia facilmente con cani randagi, che di frequente rinselvatichiscono in Australia e stanno diventando una piaga per il paese. Vive generalmente in gruppi di 5 n 6 individui ed è un assiduo predatore di canguri e pecore.

Bibl.: Mivart, Monograph of Canidae, 1890; Flower e Lydekker, Mammals, 1891; Pocock, in Proc. Zool. Soc., Londra 1914, II; Miller, in Un. St. Nat. Mus. Bull., CXXVIII (1923).

Il Cane.

Il cane conta un numero molto grande di razze diverse per la loro struttura corporea, per le attitudini e per lo sviluppo delle facoltà psichiche; possiede peraltro alcune caratteristiche proprie a tutte le razze, onde esso risulta un'entità specifica ben definita. La sua alimentazione è onnivora; pane, latte, legumi cotti, frutta e specialmente uva, pesce nelle regioni nordiche, formano il suo alimento, ma il cibo preferito è la carne, specialmente corrotta, che il cane non rinuncia mai a mangiare, quando ne trova.

Il cane è atto alla riproduzione all'età di 10-12 mesi. La durata della gestazione è di 9 settimane. Il numero dei cuccioli è spesso limitato a uno o due nelle piccole razze, con un massimo di 4 0 5 e varia da 6 0 7 fino a 12 nelle altre. Quando le cucciolate sono troppo numerose, conviene sacrificare una parte dei piccoli. Questi nascono con le palpebre saldate, incapaci di abbandonare la cuccia dove la madre, nei primissimi giorni, non li lascia quasi mai soli. Dopo 10 o 12 giorni cominciano ad aprire gli occhi, dopo tre settimane camminano e bevono il latte che venga loro offerto. A un mese mangiano zuppa di pane, latte e carne e dopo 6 settimane se ne comincia lo slattamento che deve essere completo a circa tre mesi di età.

Tra i sensi del cane, il più sviluppato è l'olfatto, che gli consente di riconoscere cose e persone, e di seguire con rapidità e sicurezza tracce di uomini e di animali. Il cane è, forse, il più intelligente degli animali. Confronti con le scimmie, con elefanti e altri mammiferi non sono facili, perché nessuna di queste specie è stata oggetto di osservazioni così numerose e generali, in ogni tempo ed in ogni luogo, come il cane. Primeggia fra le sue facoltà psichiche la memoria associativa che è veramente prodigiosa e gli permette d'imparare qualunque esercizio compatibile con la sua costruzione anatomica; molti atti di apparenza intellettiva sono probabilmente di natura mnemonica. Il cane è un vero simbionte dell'uomo, al quale si affeziona più di qualunque altro animale, divenendo suo amico e difensore e cercandone a sua volta protezione e carezze.

Va soggetto ad alcune gravi malattie, alcune delle quali possono trasmettersi all'uomo. La più pericolosa è la rabbia, malattia infettiva e contagiosa, con esito letale, caratterizzata da disturbi nervosi ed irritazione, seguiti da fenomeni di paralisi: si trasmette comunemente da un animale all'altro e all'uomo per mezzo del morso. Il cimurro è pure una malattia infettiva e contagiosa che colpisce i giovani cani in forma acuta con catarro delle mucose, generalmente delle vie respiratorie, accompagnato spesso da processi pneumonici e in certi casi anche da manifestazioni nervose. Sono generalmente colpiti gli animali di età compresa fra 2 0 3 mesi e l'anno. I cani ospitano numerosi parassiti. Trematodi del genere Opistorchis nel fegato; nell'intestino si trovano parecchie specie di Tenie, fra le quali quella che può dare anche all'uomo la cisti di echinococco; Ascaridi e Filarie. Tra i parassiti esterni sono frequenti le Zecche (Ixodes ricinus ed hexagonus) che infettano il sangue del cane di Babesia (B. canis), varie specie di Acari della scabbia (Otodectes cynotis sulle orecchie, e altri sul corpo) e soprattutto le pulci che spesso diventano un vero tormento.

Origine delle razze domestiche. - Diffusi in tutto il mondo, tranne a Madagascar, a Celebes, alle Filippine, alle Molucche, nella Nuova Guinea e Nuova Zelanda e nelle piccole isole dell'Oceania, i Canidi selvaggi, Lupi e Sciacalli hanno avuto la possibilità di essere addomesticati, diventando capostipiti di razze domestiche. Varie specie degli uni e degli altri abitano l'Europa, l'Africa e l'America Settentrionale: il C. lupus L. europeo, il C. niger Sclater ed il C. laniger Hodgson del Tibet e della Mongolia, il C. pallipes Sykes dell'India e d'altre regioni dell'Asia sudoccidentale, il C. simensis Rüppel dell'Abissinia, sono forse i progenitori di altrettante razze di cani domestici. A queste si aggiungono parecchie specie di lupi e numerose forme di Canis familiaris, fossili del Pliocene e del Pleistocene d'Europa e d'Algeria, che possono essere stati altrettanti capostipiti di razze attuali.

Cani domestici vivevano con l'uomo nell'era neolitica. Al principio dell'età delle palafitte era allevata una razza che il Rütimeyer chiama "cane delle torbiere" (Canis palustris), piccolo e di aspetto simile a un attuale cane lupo, i caratteri cranici lo avvicinano allo sciacallo, dal quale era probabilmente disceso.

Nell'età del bronzo appaiono forme nuove e variamente conformate, che erano probabilmente venute dall'Oriente e sembrano rappresentare gli antenati preistorici degli odierni cani da pastore. La razza canina dell'età del bronzo fu scoperta dal Jeitteles nei giacimenti preistorici di Olmütz e designata col nome di Canis matris optimae; si distingue dal cane delle torbiere per la maggiore lunghezza basale del cranio, che varia da 170 a 189 millimetri, mentre in quello essa oscilla tra 130 e 150 millimetri; le dimensioni del capo dovevano essere maggiori in rapporto a quelle del cranio. Poiché nell'età del bronzo l'allevamento delle pecore raggiunse uno sviluppo notevole, si spiega l'abbondanza di questi cani, i quali servivano certamente come cani da pastore. Una terza razza preistorica dell'età del bronzo, è il Canis intermedius, scoperto dal Woldrich. Questo sembra essere derivato dall'incrocio dei due primi perché le sue dimensioni sono intermedie. Tuttavia il suo capo aveva muso corto, fronte larga e scatola cranica relativamente alta. Non risulta che nell'età delle palafitte si trovassero in Europa altre razze di cani, specialmente alani e veltri.

Mentre i documenti che riguardano le razze canine della preistoria europea sono rappresentati da ossa, per le razze allevate in epoca storica abbiamo naturalmente bassorilievi, sculture, cenni descrittivi tramandatici con la scrittura. Gli scritti permettono di seguire la storia del cane domestico in Mesopotamia fin verso 4000 anni a. C. Un piccolo cane paria scacciato dall'uomo forse allora come ora, e relativamente indipendente è figurato nelle sculture di Bavian. Tenuto in gran pregio dagli Assiri e dai Babilonesi era un grosso alano, che quei popoli allevavano in mute numerose.

Gli antichi Egizî fecero del cane, nei primi tempi, un oggetto di culto. Spiccatamente appassionati per la caccia, allevarono veltri e segugi che servivano magnificamente per l'inseguimento delle antilopi, mentre la mancanza di grosse fiere avrebbe reso inutilizzabili gli alani. L'antico veltro egizio introdotto probabilmente dall'Etiopia, era grande, a zampe lunghe e magre, a muso lungo ed appuntito, con orecchie dritte, coda attorcigliata e tozza: il suo colore era rosso gialliccio sul dorso e più chiaro sul ventre. I segugi erano pezzati con orecchie pendenti. Incroci delle due razze diedero origine a cani da caccia intermedî, che avevano le forme del veltro e le orecchie pendenti. In Egitto fu allevato anche un cane tasso (bassotto?), sorto probabilmente per mutazione.

I Greci possedettero parecchie razze di cani che Aristotele enumerava coi nomi dei paesi donde venivano, come il cane epirotico, quello di Laconia, il cirenaico, l'egiziano, l'indiano. Columella ne cita soltanto tre: il cane da caccia (Canis venaticus), il cane da pastore (Canis pecuarius), il casalingo (Canis domesticus). È documentata la preesistenza nell'antichità classica, del cane lupo, già diffuso nell'età preistorica in quasi tutta l'Europa; presso i Greci e i Romani erano stati egualmente introdotti i grossi veltri egiziani a orecchie diritte e i cani da caccia con orecchie pendenti. I Greci ebbero un molosso che è il più imponente tra i cani domestici; secondo gli studî del Krämer esso sarebbe stato identico all'alano assiro. È possibile che la sua introduzione in Grecia risalga alla seconda guerra persiana, perché Serse portò con sé grossi alani; comunque è certo che Alessandro il Grande ne condusse in Macedonia e in Epiro al ritorno dalla guerra nelle Indie. I Romani lo diffusero nell'Europa Centrale e Settentrionale.

Incroci successivi tra i cani lupi, cani da pastore, alani e veltri valsero a dare origine a numerose razze nuove, alle quali si aggiunsero quelle prodotte per mutazione e quelle che la selezione praticata dall'uomo riusciva a differenziare in un senso determinato, sia sotto l'aspetto esterno sia sotto quello delle più svariate attitudini.

Al principio del Medioevo, l'allevamento dei cani assunse, di pari passo con la caccia, un grande sviluppo. Anche nell'antichità l'allevamento fu sempre considerato come uno dei compiti più importanti del cacciatore come dimostra il gr. κυνηγέτης per designare il "cacciatore".

Nei diritti popolari germanici, che valgono anche per gran parte dell'Italia, della Francia e della Spagna, erano nominate le seguenti nove razze di cani: 1) segugio per la ricerca del cervo; 2) bracco (Spürhund) per la ricerca dell'alce, del bisonte e dell'uro; 3) cani per la caccia dei cinghiali; 4) cani usati per l'inseguimento dei cervi, che furono poi divisi in cani di testa e cani di muta; 5) bracchi per la caccia dei caprioli e delle lepri; 6) levrieri per l'inseguimento e la cattura delle lepri; 7) molosso (Hetzhund) per la caccia agli orsi, agli uri selvaggi e simili; 8) cani castori (Biberhund) per la caccia nelle tane; 9) cane nibbio (Habichthund) usato per la caccia all'uccellame.

Sembra peraltro che questi cani non appartenessero tutti a determinate razze costanti, ma esprimessero attitudini diverse. Le medesime razze sono ricordate in alcuni scritti della fine del Medioevo. Le letterature francese e inglese sono più ricche della tedesca e dànno migliori descrizioni per il periodo compreso fra il sec. XIII ed il XV. I cani più usati furono allora i bracchi, detti raches e più tardi chiens courants (ingl. running hounds) e i segugi (limiers, lymers). Fra i primi erano compresi tutti i cani che rincorrevano velocemente la preda e si usavano ora separati e ora uniti a coppie: portavano anche nomi speciali secondo la qualità della selvaggina per la quale venivano adoperati. Sembra che nel Medioevo i segugi non formassero ancora una razza costante, ma fossero bracchi modificati. I più celebri di questi cani erano i chiens courants del convento di S. Uberto nelle Ardenne, distinti in due classi: chiens noirs, neri a chiazze rosse e senza segni bianchi, corrispondenti nella descrizione agli attuali segugi e chiens blancs, interamente bianchi o bianchi a macchie nere, agilissimi nella caccia al cervo. I primi erano poco adatti alle corse forzate perché piuttosto lenti, ma erano ottimi segugi. Gli abati di S. Uberto fornirono sino al 1789 ogni anno cani bianchi alle cacce reali; anzi le mute del re e dei grandi signori, nei secoli XVI e XVII erano composte unicamente di cani bianchi. Levrieri di grandezza varia servivano a cacciare ogni sorta di selvaggina, grande e piccola. Si chiamavano leporarius, lévrier, greyhound: quest'ultimo nome deriva probabilmente dalla parola celtica grech o greg che significa cane. Talune razze scelte di questo gruppo erano adoperate anche per la difesa dei padroni, che accompagnavano in guerra: sono tipiche del periodo cavalleresco e il loro possesso era un privilegio della nobiltà. Vanno poi ricordati i molossi, dei quali si distinguevano due razze: alani (alauntes, alans) e mastini (mastiffs, mastins). I primi, grandi e pesanti, venivano usati per la caccia all'orso e al cinghiale e servivano a tener fermo l'animale scovato, inseguito e stancato dai bracchi o dai levrieri. Il loro nome è derivato dal popolo degli Alani che li portarono nelle loro migrazioni attraverso l'Europa occidentale fino alla Spagna, donde poi si diffuse. I mastini erano pesanti bull dogs e servivano anche da guardia. Finalmente i cani spagnoli detti in francese épagneuls, a pelo lungo, importati dalla Spagna, servivano nella caccia col falco e in quella agli uccelli acquatici.

Le cure prodigate ai cani da caccia fino dal sec. XIV erano sorprendenti. Da un libro dell'epoca, il Mayster of the Game, si apprende che il canile doveva essere in luogo soleggiato, pulito ogni giorno e provvisto di uno strato profondo di paglia fresca. L'acqua potabile, in un recipiente di legno alto 30 cm. non doveva mai mancare. Il cibo consisteva di pane e carne. Era consigliata altresì una camera riscaldata, ove ricoverare i cani al ritorno dalla caccia. Nei secoli XVII e XVIII il numero delle razze di cani era notevolmente cresciuto.

Dalla metà del sec. XVIII in poi, la graduale scomparsa della grossa selvaggina e delle fiere, unita ai mutamenti del diritto di caccia, condusse a una diminuzione notevole delle grandi razze di cani da caccia, quali molossi e segugi. A mano a mano che la caccia minuta agli uccelli di piccola mole è andata aumentando d'importanza, gli scopi degli allevatori si sono concentrati sui cani da ferma ed in Inghilterra sono stati prodotti i pointers ed i setters, ai quali sono stati aggiunti i retrievers destinati al riporto della selvaggina uccisa e specialmente della lepre, che è troppo pesante per i primi.

Prescindendo dalle razze selezionate, delle quali parleremo più innanzi, i cani allevati attualmente nei vari paesi del mondo, presso popoli selvaggi o anche civili, meno avanzati peraltro degli Europei nell'arte della selezione, possono dare un'idea approssimativa delle antiche razze di cani. In Asia, tanto sulle coste dell'Oceano Indiano quanto nelle isole, si trovano cani paria, senza caratteristiche speciali, semidomestici o del tutto privi di padrone che, nelle colonie olandesi, vengono detti ripulitori perché mangiano tutti gli avanzi gettati sulle vie. Hanno muso acuminato, pelame corto, di colore rosso gialiccio. In alcune località sono usati per la caccia e in altre, per esempio nella Nuova Guinea, come alimento. La razza asiatica più imponente è l'alano del Tibet grande press'a poco come il cane di S. Bernardo: è forte e coraggioso, affezionato e ubbidiente: pericoloso per gli Europei, è utile come guardiano da casa e del gregge. Come il San Bernardo, è un cane da montagna, che, trasportato in pianura, degenera.

Nell'Asia Minore ed in Persia, donde sono stati diffusi nelle Indie e nella Birmania superiore, sono stati molto usati per la caccia alle antilopi, ai cervi ed alle lepri, i tasi, veltri giallo-chiari con peli allungati e serici sulle zampe e sulla coda. Cani-lupo, più o meno modificati per l'allevamento, si trovano frequentemente in Asia. I Samoiedi e i Tungusi ne allevano una razza piccola dal pelo lungo e a caratteri assai primitivi. Presso gl'indigeni di Sumatra, è usata come cane da guardia una razza molto simile al preistorico cane delle torbiere. Anche il cane chow, che i Cinesi allevano, ingrassano e usano come animale da macello, appartiene a questo gruppo; il suo corpo è tuttavia allungato, le gambe corte, il muso grosso, la lingua e le mucose labiali scure, il pelame folto e per lo più di un nero cupo. L'eschimese è pure simile a un lupo, con orecchie erette, muso acuminato, pelame ruvido e variamente colorato con sottopelo assai folto. Viene attaccato alle slitte; è anche usato nella caccia e nella guardia di renne addomesticate.

Presso i popoli naturali dell'Africa si trovano varie razze di cani paria, il cui aspetto tende ora a quello del lupo e ora a quello dello sciacallo: i più piccoli sono i cani bassi a pelo ruvido, orecchie diritte, dei Māsai, dei Boscimani e degli Ottentotti, i quali ultimi specialmente li trattano bene come se fossero membri della famiglia. A nord, verso il Sahara e nelle regioni del lago Ciad, i Niam-Niam e i Baghirmi si nutrono di carne di cani appositamente ingrassati. Ma i piú notevoli cani africani sono gli slughi, magnifici veltri dal colore per solito giallo isabella e dalle forme sottili ed elegantissime che si trovano specialmente nell'Alto Egitto e nel Sūdān e si possono considerare come discendenti dei veltri faraonici.

Cani domestici sono anche posseduti dai popoli primitivi dell'America meridionale. Il cane presso gli antichi Peruviani era collegato a manifestazioni di culto; rassomigliava a un cane da pastore di un color giallo-ocra; discendenti più o meno puri ne sono stati incontrati presso gl'Indiani dell'America meridionale e centrale. Una seconda razza completamente nuda, il cane caraibico, trovato da Colombo nelle Antille e da Cortés nel Messico, è ancora abbastanza diffuso nel litorale di quel continente. È difficile dire se queste razze siano autoctone e se non abbiano accompagnato l'uomo nella sua migrazione in America.

Razze moderne. - Per quanto siano in buona parte derivate da incroci varî compiuti fra le razze più antiche, hanno raggiunto un grado altissimo di perfezione; sono molto differenziate l'una dall'altra e offrono caratteri abbastanza stabili e più o meno prossimi e oscillanti intorno a un modello convenzionale (standard) che le organizzazioni degli allevatori hanno stabilito per ciascuna di esse. In Italia il massimo ente che ha per iscopo il miglioramento delle razze canine è il Kennel Club Italiano, K. C. I. (Milano, via Monforte 36). Si costituì nel 1898, sotto l'alto patronato del Re. Ha istituito i Libri origine, unici registri ufficiali riconosciuti dal ministero, in cui sono iscritti i cani riconosciuti puro sangue da una speciale commissione tecnica. Oltre i Libri origine, pubblica Il Bollettino del K. C. I., mensile, importante pubblicazione italiana di carattere esclusivamente cinofilo. Indice direttamente ogni anno prove sul terreno ed esposizioni e dà il proprio riconoscimento ufficiale alle manifestazioni indette da altri enti.

Il modello è sostanzialmente una descrizime della forma esterna del corpo ed è fondato su di una speciale nomenclatura anatomica. Nella testa si distinguono in senso antero-posteriore e dorsalmente la punta del naso, le narici, la canna nasale, la depressione o salto frontale, gli occhi col sopracciglio e con la palpebra, la nuca o cresta occipitale, che è il punto più alto del capo, situata all'estremità posteriore di questo. Ai lati e nella parte inferiore della testa si notano le labbra con la loro commessura, le guance e gli orecchi. Al capo segue il collo, ai lati del quale va distinta la scanalatura delle giugulari; inferiormente si forma la giogaia. Sul dorso seguono al collo il garrese, il dorso propriamente detto, le reni, la groppa e la coda. Ai lati, le spalle, le coste, i fianchi, la punta dell'anca, la coscia e la natica. lnferiormente: il petto, il torace, l'addome o ventre. Nell'arto anteriore seguono alla spalla: il braccio, l'avambraccio, il carpo, il metacarpo, lo sperone e le dita; nell'arto posteriore, alla coscia seguono la gamba, il garretto, il tarso e le dita.

Le parti che hanno maggiore importanza per giudicare della bellezza di un cane sono gli arti, la groppa e la coda. Ai primi è affidato il compito di sostenere il corpo; perché questo sia giustamente equilibrato e possa spostarsi regolarmente, permettendo lavoro lungo e resistente, è necessario che ciascuna delle zampe sia diritta e che formi ciò che si chiama un appiombo perfetto. Appiombi anteriori in dentro o in fuori, arti posteriori con garretti avvicinati, o troppo aperti o stretti, sono altrettanti difetti gravi, specialmente nei cani da caccia. Il piede normale deve essere piuttosto asciutto con dita aderenti e unghie forti. La linea della groppa è determinata dal portamento della colonna vertebrale che non deve essere concava (insellata) né convessa (gibbosa); il primo difetto è maggiore del secondo ed affatica il cane in corsa. La coda va portata diritta o rialzata, quando il cane è in azione, pendente quando è in istato di riposo. Il cane adulto possiede 42 denti: 3 incisivi, 1 canino e 6 premolari e molari per ogni mezza mascella superiore; 3 incisivi, 1 canino e 7 tra premolari e molari in ogni mezza mascella inferiore. L'aspetto degl'incisivi ha importanza per determinare l'età del cane; tutti i denti, meno i laterali superiori, sono a tre cuspidi quando non hanno ancora subìto alcun logoramento e tali si presentano a un anno di età. A due anni i due incisivi inferiori centrali hanno il margine superiore troncato; a tre anni il secondo paio nell'identica condizione e a quattro anni anche il terzo paio è logorato. Sono pure logorate le cuspidi mediane degl'incisivi superiori che, a cinque anni, offrono un margine completamente raso come quello degl'inferiori. A sei anni comincia spesso il logoramento dei canini; in seguito è difficile stabilire l'età dei cani dal solo esame della dentatura. La comparsa di peli bianchi sul muso ed attorno agli occhi, di rughe sulle guance, una maggiore pesantezza dell'andatura e l'ingrossamento della testa sono indizî della incipiente vecchiaia. A dieci anni il cane è vecchio.

I cani moderni sogliono essere divisi in un certo numero di categorie a seconda delle attitudini e degli usi ai quali vengono destinati, piuttosto che in considerazione della loro morfologia e della loro origine. Nelle esposizioni cinofile sogliono essere distinti in: 1. cani da caccia; 2. cani da pastore, da guardia e da utilità; 3. cani di lusso.

Cani da caccia. - Il cane esercita nella caccia qualità proprie e istintive che nessuno gli ha insegnato. È infatti caratteristica biologica degli sciacalli, dei lupi e degli altri canidi selvaggi, non attendere la preda al varco a guisa dei felini, ma di seguire, valendosi dell'odorato finissimo, una pista che li conduce immancabilmente a scovare la selvaggina. Se questa, come è naturale, si dà alla fuga, ne comincia l'inseguimento, il quale, secondo l'una o l'altra razza, può arrestarsi al primo attacco fallito o continuare ad oltranza attraverso ogni ostacolo opposto da boschi e da fiumi. Anche la facoltà di puntare trae la sua origine da un istinto dei progenitori selvaggi; quando l'animale non sia accecato o reso folle da una fame atroce, quando è nel pieno possesso delle sue facoltà psichiche, dopo aver rincorso la preda seguendone con l'odorato la pista, giunto in vicinanza di quella, si ferma ad osservarla; poi striscia cautamente per aggredirla con un salto. Il riporto infine ha la sua origine non solo dalla necessità che i carnivori hanno di portare al covo parte della selvaggina, che deve servire di pasto ai piccoli, ma nell'abitudine di trasportare i loro cuccioli da un luogo all'altro con molta delicatezza in caso di pericolo o nell'altra di portare spesso parte della preda in luoghi riparati e di seppellirla, per poi cibarsene quando la caccia sia stata meno fortunata.

Tutti questi istinti sono più o meno sviluppati nei cani da caccia e a seconda della razza predomina or l'uno or l'altro di essi. Da ciò si arguisce chiaramente che l'educazione del cane da caccia non è fondata su di un insegnamento positivo di quanto esso deve fare, ma più di tutto sull'arte di togliergli quei difetti che manifestasse tendenza a prendere. Il buon cane deve tre quarti della propria abilità a qualità intrinseche da nessuno insegnategli; solo l'altro quarto può considerarsi frutto dell'educazione. Si comprendono gli effetti utili di una razionale e intelligente selezione, mentre una razza di cani abbandonata a sé stessa, senza che il bisogno neppure la spinga a cacciare, finisce degenerando in ogni sua facoltà. Il primo requisito dell'educazione del cane è la perseveranza in un sistema sempre uguale, che gli permetta d'intendere chiaramente la volontà del padrone. Meglio è persuadere il cane con le buone e con la pazienza. Si può ottenere ciò che si vuole, dandogli in premio la zuppa e facendogliela stentare quando non è stato obbediente. La mancanza di odorato e la pigrizia non si correggono: si modera il cane troppo ardente: se ne migliora la ferma e si abitua a un riporto perfetto.

I cani da caccia si distinguono nel modo seguente: a) razze da ferma: bracco, spinone, barbet, épagneul, pointer, setter; b) razze da riporto: retriever, spaniel; c) razze da seguito: segugio, piccolo grifone, bassotto, terrier, levriere.

Daremo un riassunto dei modelli delle razze italiane e ci limiteremo a pochi cenni delle altre. Il bracco comprende parecchie sottorazze, italiane, francesi e tedesche. In passato venivano allevati in Italia bracchi pesanti e bracchi leggieri, ma ora il Kennel Club Italiano ha abolito queste due categorie e ha compilato un unico modello di bracco italiano, del quale riportiamo i tratti più notevoli.

"È questo un cane fortemente ed armonicamente conformato, d'aspetto vigoroso, con spiccata attitudine all'andatura sciolta, di trotto ampio e svelto; in cerca la testa è portata relativamente alta col naso superante di poco la linea dorsale. Fisonomia seria, mansueta ed intelligente; di natura docile, assai diligente nella cerca; resistente ed adatto a qualsiasi genere di caccia. Preferiti i soggetti che presentano asciuttezza di membra, salienza di muscoli e quella nervosità di espressione nei lineamenti della testa, che denotano e costituiscono la distinzione. Statura e peso variabili entro limiti relativamente grandi ma in giusta proporzione fra loro; altezza fra i 55 e i 67 centimetri misurata dal garrese e peso fra i 25 ed i 40 chilogrammi. La pelle del bracco deve essere consistente ma flessibile; più fina sulla testa, alla gola, alle ascelle e parti inferiori del tronco. Le mucose esterne devono avere il colore in relazione al colore del manto, mai con macchie nere; le mucose interne della bocca sono rosee; nei roano e nei bianco marrone talvolta leggermente maculate di bruno o marrone pallido. Pelo corto, fitto e lucente, più fino e rasato sulla testa, sulle orecchie, sulle spalle, sulle cosce e sulla parte anteriore delle gambe e dei piedi. Il manto può essere: bianco; bianco con macchie più o meno grandi e di colore arancio o ambra più o meno carico; bianco con macchie più o meno grandi di colore marrone; bianco punteggiato di marrone (roano marrone). Testa dolicocefala, angolosa, piuttosto depressa alla regione mastoideo-temporale, con epifisi occipitale molto pronunciata. Orecchie ben sviluppate, così da poter raggiungere in lunghezza il bordo laterale del naso. Collo forte, relativamente corto ma di giuste proporzioni; con distacco dalla nuca ben marcato. Torace ampio, profondo; garrese alto con scapole staccate. Il petto deve essere largo, proporzionalmente alla mole del corpo. Regione lombare larga, muscolosa, piuttosto corta, ed arcuata, specialmente nel maschio. Groppa ben muscolosa, piuttosto corta con leggerissimo accenno di avvallamento. Piedi robusti, grossi e tondeggianti, con dita leggermente allungate, bene aderenti tra loro, mai aperte, fornite di unghie forti e ricurve sul terreno. Sperone semplice. Coda robusta alla radice; diritta, con leggera tendenza a affinarsi, non vellosa; portata orizzontalmente o leggermente abbassata o rialzata in marcia od in caccia, bassa al riposo, tagliata da 15 a 25 cm. di lunghezza".

In Francia si allevano parecchie sottorazze di bracchi discesi probabilmente da bracchi italiani importati da Luigi XIV e da Luigi XV. Sia per la statura sia per il colore non differiscono sensibilmente dai bracchi italiani. I bracchi tedeschi sono di media grandezza; alcuni di essi hanno pelo lungo.

Lo spinone, a pelo piuttosto lungo e ruvido è cane di origine recente (probabilmente del sec. XVIII) allevato specialmente in Lombardia e in Piemonte, e sembra dovuto all'incrocio di bracchi e cani a pelo lungo. Ottimo per la caccia d'acqua, per quanto abbia olfatto meno fine del bracco, è sempre un buon cane generico, è adatto a cacciare anche nei terreni asciutti, o nel bosco. Dal modello del Kennel Club le principali caratteristiche dello spinone sono:

"Cane solidamente conformato, di aspetto rustico e vigoroso, asciutto di ventre e di membra, dalla fisonomia intelligente ed ardita. Testa più lunga che larga, oblunga, non troppo massiccia, con cresta occipitale molto pronunciata; seni frontali, archi sopraccigliari e archi zigomatici pure assai marcati, depressione fronto-nasale poco accentuata, canna nasale diritta o leggermente montonina, di media lunghezza e terminante con narici sviluppate, le quali formano col labbro un muso piuttosto quadrato anziché appuntito, con mandibole bene combacianti. Orecchio attaccato sulla linea dell'occhio, di media lunghezza; cade con una voluta interna appena accennata. Collo ben proporzionato e ben staccato dalla nuca; gola con giogaia appena accennata e bene divisa. Torace di lunghezza media con cosce bene arrotondate; petto profondo; garrese piuttosto alto, specialmente nel maschio; dorso raccolto e piano mai avallato. Regione lombare muscolosa, corta, specialmente nel maschio; preferita quella leggermente arcuata. Groppa non troppo cadente, colla muscolatura in evidenza. Piedi rotondi, con dita aderenti, con pelo interdigitale corto e fitto, la suola asciutta e dura, più o meno bruna a seconda del mantello. Unghie di colore bianco, ocraceo o bruno, sempre a seconda del mantello, sperone semplice, aderente al tarso posteriore. Coda piuttosto robusta alla radice, diritta e affusolata; preferita lunga da 10 a 20 cm.; il pelo irsuto la deve avvolgere, mai cadere in fiocco o frangia. Pelo duro ed irsuto, non a ciocche o ondulato, non più lungo di 3-4 centimetri sul corpo, più corto sulla canna nasale e sulle guancie, piuttosto irsuto e lungo sugli archi orbitali e sulle labbra in modo da formare quasi delle grosse sopracciglia, baffi e un poco di barba. Mantello bianco, con macchie più o meno grandi di color arancio, più o meno carico, oppure bianco con macchie marrone più o meno intenso. Il mantello bianco misto o picchiettato con peli di color arancio prende il nome di melato. Quando lo è di peli marrone viene chiamato roano. Statura da 60 a 75 centimetri al garrese".

I griffons sono cani olandesi e francesi, somiglianti allo spinone, ma leggermente più piccoli e di mantello più scuro.

Il barbet è l'antico Canis aquaticus, quasi scomparso in Francia; ancora allevato raramente in Belgio e in Olanda. Ha pelo lungo, lanoso e ricco, che si raggruppa a larghi fiocchi; il suo mantello è unicolore o macchiato di bianco. È un ottimo cane da acqua.

Gli épagneuls sono gli antichi chiens d'oysel (cani da uccelli), trascurati dopo l'importazione in Francia dei setters e ora rimessi in onore. Sono cani a testa dolicocefala, orecchie pendenti, pelo lungo, ondulato ma non arricciato, corto sulla faccia.

I cani da ferma inglesi, pointers e setters, dopo essere stati alla fine del secolo scorso molto ricercati, sono oggi in piena decadenza, anche in Gran Bretagna, e ciò in relazione con le diminuite estensioni di terreni scoperti adatti alla caccia agli uccelli di passo e a cani di grande andatura.

Il pointer, derivato dal bracco italiano per semplice selezione o anche per mezzo di qualche incrocio locale, somiglia molto al bracco nelle forme e nel colore, ma è più leggiero. È specializzato nelle ferme improvvise con assoluta immobilità, che interrompe solo se la selvaggina si muove. Ha ottimo odorato, galoppo rasente al suolo, cerca veloce; adatto ai luoghi asciutti, ma non coperti.

I setters sono fra i cani più intelligenti, più simpatici ed eleganti. Hanno ottimo odorato, cacciano velocemente e si dimostrano di particolare abilità nei luoghi umidi. Soffrono il caldo. Hanno pelo leggermente ondulato e morbido, lungo e serico su tutto il corpo a eccezione della testa e delle orecchie; le natiche, le gambe anteriori e la coda debbono essere provviste di una ricca frangia. Questa, nella coda, non deve cominciare alla radice, ma poco più in basso e aumentare di lunghezza fino a metà della coda per poi diminuire progressivamente fino all'estremità.

Il setter inglese, alto da 54 a 58 centimetri al garrese, è bianco e nero, bianco arancio, marrone e bianco, tricolore, cioè nero bianco e marrone. Le stirpi più apprezzate sono quelle che furono selezionate da M. Laverack e da lord Llevellin. Il setter nero focato, creato da Gordon, è alto al garrese da 60 a 65 centimetri ed è nero corvino brillantissimo con macchie fulve (focature) sugli occhi, sul muso fino alla gola, su tutta la parte interna delle cosce, sulle gambe anteriori fino al carpo, sulla frangia delle natiche. Il setter irlandese, di statura appena inferiore al nero focato è di color mogano dorato brillante con vivaci sfumature rosse.

I cani da riporto (retrievers) appartengono a razze inglesi, usate esclusivamente per portare al cacciatore la selvaggina uccisa o ferita. Le razze italiane da ferma compiono assai bene questo ufficio ma in Gran Bretagna, e specialmente nella caccia a battuta, sono utilissimi, perché nessun capo di selvaggina ucciso va perduto mediante il loro intervento. I retrievers hanno press'a poco la mole dei setters, ai quali assomigliano per l'aspetto: ne esistono a pelo liscio ed a pelo arricciato. Gli spaniels non fermano la selvaggina, la scovano e la fanno saltare, abbaiando o emettendo guaiti: sono ottimi cani da riporto tanto nell'acqua quanto all'asciutto: formano anello di congiunzione fra i segugi e i setters, ai quali assomigliano alquanto per l'aspetto e per la forma, lunghezza e distribuzione del pelo, ma sono più piccoli e molto bassi di statura: da 30 a 40 centimetri di altezza al garrese. A questo gruppo appartiene uno dei cani più di moda oggi, il cocker spaniel, o semplicemente cocker, alto da 30 a 35 centimetri, creato specialmente per la cerca delle beccacce nel bosco, che batte instancabilmente, ficcandosi, piccolo com'è, dappertutto. È un cane forte e tarchiato, con pelo ondulato o liscio, serico e folto, di colore uniforme o macchiato.

I segugi discendono in linea diretta dai chiens courants (v. sopra).

Il segugio italiano, attualmente allevato, è leggiero e specializzato per la caccia alla lepre; è un cane di media taglia, moderato nella corsa, provvisto di buon odorato. Dal modello del Kennel Club Italiano togliamo le seguenti caratteristiche:

"Cane vivace, poco espansivo, fortemente costrutto, di ossatura ben sviluppata, con forme asciutte, fornito di buoni muscoli, con assoluta assenza di grasso. La sua costruzione bene equilibrata lo rende capace di seguire la selvaggina dall'alba al tramonto. Non si richiede un garrese alto, ma al livello della groppa. È usato, e corrisponde perfettamente, sia al piano che al monte e nei terreni più aspri. È fornito oltreché di resistenza, anche di buona velocità e lavora pieno di ardore sia isolato che in muta. La sua voce è squillante e simpaticissima. Testa fina, muso lungo, labbra aderenti alle mascelle, asciutte; occhi grandi, un po' prominenti, orecchie di buona grandezza e lunghezza, attaccate in basso, di forma triangolare ed a punta non rotonda, fine, accartocciate ed aderenti alle guance; coda piuttosto lunga, terminata a punta, portata a scimitarra, con pelo corto come quello del tronco; pelo corto ben serrato, aderente; tricolore, nero focato, rosso fulvo con qualche macchia bianca al petto, alle zampe e maschera faciale. Le mucose apparenti, naso, bordo palpebrale, in ogni caso devono essere nere. Altezza al garrese dai 52 ai 58 centimetri per i maschi e dai 50 ai 56 per le femmine".

Fra le razze di segugi che appaiono alle esposizioni canine italiane, citeremo le seguenti: cane di S. Uberto o limiere (bloodhound), nero focato di alta statura, da 65 a 70 centimetri al garrese nei maschi; il cane da lepre (harrier) forte e leggiero, di media taglia, di colore macchiato; il cane da volpe (foxhound) ottenuto in Inghilterra mediante svariati incroci e adoperato soltanto in muta nella caccia a cavallo alla volpe; il bracchetto (beagle) usato nella caccia alla lepre ed al coniglio e distinto in due varietà, la minore delle quali misura da 30 a 36 centimetri d'altezza al garrese; i segugi di Guascogna, d'Artois e di Normandia; i piccoli griffoni.

Ai segugi appartengono quelle razze che formano la categoria dei cani da tana: bassotti e terriers. I primi sono di origine antichissima e suddivisi in varietà a gambe torte, semitorte e diritte. Tutti sono caratterizzati da acondroplasia, da quella mutazione cioè che produce una precoce ossificazione delle cartilagini delle gambe, le quali si arrestano nello sviluppo in lunghezza e determinano quella forma di nanismo, in cui gli arti non sono sviluppati in proporzione del corpo che debbono sostenere. Esistono bassotti a pelo lungo, a pelo raso e a pelo ruvido. Sono robustissimi in confronto alla piccola statura, molto intelligenti e dotati di olfatto eccellente. Si usano per scovare gli animali che scavano tane: s'introducono infatti nel covo e attaccano coraggiosamente l'avversario e lo costringono a uscire. In Italia si vedono più facilmente i bassotti tedeschi, neri e focati, detti cani da tasso (Dachshund).

I terriers sono generalmente animali di corporatura normale e proporzionata, ma di piccola mole, piuttosto corti, audaci, coraggiosissimi e forti. Il fox terrier entra nella tana della volpe e impegna con essa una lotta a volte mortale; nelle cacce a cavallo è sussidiario dei segugi perché costringe la volpe a uscire dal covo; i suoi piedi sono rotondi, con pianta dura e robusta, dita compatte, unghie forti e atte a scavare; è molto usato anche per la caccia ai topi di chiavica. Misura da 35 a 40 centimetri di altezza al garrese. Ne esistono due varietà: una a pelo ruvido e piuttosto lungo e una a pelo rado. L'Ayredale terrier è un cane usato nel Yorkshire per catturare la volpe; il bull terrier era adoperato un tempo nei combattimenti col toro. Altre razze inglesi, scozzesi, irlandesi, diverse fra loro per la maggiore o minore lunghezza del pelo e per la struttura di questo, servono a scopi analoghi. Tutti i terriers sono adoperati oggi specialmente per la caccia ai topi e sono perciò utilissimi.

L'ultima tribù dei cani da caccia è quella dei cani da corsa o levrieri che hanno l'unico scopo d'inseguire la selvaggina e raggiungerla con la velocità. Le principali razze, come il greyhound (o levriere inglese a pelo raso), il barzoi (o levriere russo a pelo lungo), il cane da cervo, l'arabo slughi hanno conservato quasi inalterati i loro caratteri primitivi già descritti, ai quali ci richiamiamo.

Cani da pastore, da guardia e da utilità. - Fra le razze da guardia il primo posto spetta ai cani da pastore, animali forti e coraggiosi, usati anticamente per difendere il gregge dai lupi. Solevano essere muniti di un collare di punte di ferro rivolte all'esterno a scopo di protezione in caso di lotta col lupo, che tende a mordere il proprio avversario al collo. In Italia esistono due ottime razze di cani da pastore: il maremmano, detto anche abruzzese, e il bergamasco.

Fra le caratteristiche del cane da pastore maremmano e del bergamasco, secondo il Kennel Club Italiano, ricordiamo le seguenti:

"Cane di buona taglia, non troppo alto sugli arti, robusto e dotato di molto coraggio, temperamento vivace, espressione intelligente, carattere docile ma feroce quando è a guardia del gregge. Testa grossa, di forma conica, richiamante quella dell'orso bianco. Cranio leggermente convesso e piuttosto largo fra le orecchie, va restringendosi verso il muso. Questo è lungo e va affinandosi verso l'estremità senza tuttavia essere appuntito. Poco accentuato il salto fronto-nasale. Naso largo, di color nero o più o meno scuro. Labbra poco sviluppate, bene aderenti ai mascellari, con commessura poco visibile. Orecchie triangolari, piuttosto piccole e attaccate alte, semierette e ricoperte di pelo corto. Collo forte, di media larghezza e senza giogaia, con pelo lungo ed abbondantissimo. Petto non troppo largo, torace ben disceso con costole larghe e moderatamente cerchiate. Dorso piuttosto lungo e largo. Reni larghi, un po' convessi e muscolosi. Ventre moderatamente retratto nella parte posteriore. Groppa lunga, leggermente inclinata. Coda lunga, pendente, leggermente rilevata in punta. Ben guarnita di pelo senza formare frangia. Pelo piuttosto duro, abbondante, lungo, disteso ed aderente al tronco. Molto ricco al collo e sulla coda. Corto sul cranio, sulla faccia, sulle orecchie e sulla parte posteriore delle estremità. Frangia moderata alla faccia posteriore degli arti anteriori e alle natiche. È tollerato il pelo un po' ondulato, ma è difettoso quello ricciuto. Il bianco puro è il mantello più ricercato, ma sono ammessi il bianco con sfumature e piccole macchie isabella e anche il mantello completamente isabella chiaro. Altezza al garrese dai 58 ai 68 centimetri. Peso dai 30 ai 40 chilogrammi.

Il cane da pastore bergamasco è di taglia media, fortemente costruito, di aspetto rustico con pelo molto abbondante, lungo, a fiocchi ondulati. Piuttosto ruvido sulla metà superiore del tronco, lanoso per il resto del tronco, alla testa e sulle estremità. Alla fronte è molto lungo e ricade sugli occhi quasi nascondendoli. Agli arti è distribuito uniformemente su tutte le loro parti, a fiocchi molli diretti verso terra, senza formare frange. Colore grigio in tutte le sue gradazioni, unito o con qualche macchia nera o bianca, isabella, fulvo sbiadito. Proscritto il mantello nero zaino. Altezza al garrese dai 55 ai 63 centimetri".

I cani da pastore belgi sono ottimi anche per la guardia della casa e sono ardenti difensori del loro padrone. Hanno testa lunga, cranio non troppo largo, fronte piuttosto piatta, muso a punta. Orecchie triangolari, rigide e diritte, coda forte alla base, di lunghezza media. Se ne distinguono parecchie varietà, fra le quali il Groenendael e il Tervueren rosso mogano; entrambi hanno il pelo liscio. Il cane da pastore di Malines ha pelo corto su tutta la superficie del corpo, specialmente sul capo, sulle orecchie e sulle zampe; semicorto intorno al collo e alla coda; frangiato di peli lunghi nel lembo posteriore della natica. È di color fulvo carbonato con maschera nera.

Di aspetto molto caratteristico è il collie o cane da pastore scozzese, intelligente, forte e veloce. Il muso, discretamente lungo ed affilato, ricorda alquanto quello del levriere, dal quale si stacca per la forma generale del corpo e per il pelo, che è molto abbondante e duro al tatto, mentre il sottopelo morbido, lanuginoso e fitto, rende assai difficile scoprire la pelle quando lo si separa. Il pelo deve essere maggiormente sviluppato ai fianchi, nelle cosce e sulla coda, mentre sul muso e sotto al garretto delle zampe posteriori deve essere corto. Questa razza, che nei paesi nordici adempie magnificamente i suoi compiti di cane da guardia e da pastore, nei climi caldi è sofferente e va considerata piuttosto come razza di lusso.

Il cane da pastore tedesco, detto lupo d'Alsazia, è quello che ha maggiori analogie col progenitore selvaggio: ha l'orecchio sempre diritto, appuntito ed eretto, il muso lungo e affilato. Se ne contano varietà a pelo duro, a pelo raso e a pelo lungo; quelle a pelo raso sono più conosciute col nome di cani lupi. Il cane da pastore russo appartiene alla categoria delle razze a pelo lunghissimo e lanoso anche sul capo e sulle zampe, è uno dei maggiori perché misura da m. 0,65 a m. 0,75 d'altezza e pesa circa 40 chilogrammi.

I cani da pastore, e specialmente quelli a pelo corto e raso, sono i più usati per l'addestramento a servizî di guerra e di polizia. A tale scopo giovano alcune regole generali che riguardano la persona che vuole addestrare cani. Occorrono innanzi tutto, come nell'addestramento dei cani da caccia, pazienza e perseveranza senza limiti, poi bisogna rendersi conto del carattere del cane per decidere se conviene maggiormente la dolcezza o un tono risoluto. Gli ordini devono sempre essere gli stessi, brevi e distinti e dati senza alzare troppo la voce. Bisogna ricompensare subito il cane con una carezza o una ghiottoneria quando avrà compreso l'ordine e avrà almeno tentato di eseguirlo. Non bisogna insegnare una cosa nuova fino a che esso non abbia perfettamente imparato ciò che gli è stato insegnato prima. Quando il cane è svogliato, bisogna sgridarlo; la frusta e lo staffile vanno usati di rado, con misura e solo quando l'animale è colto nell'atto di fare ciò che non deve. L'addestramento vero e proprio si comincia solo quando il cane abbia raggiunto l'età di sei mesi. Allora gli si insegna a obbedire al richiamo, a stendersi a terra, ad alzarsi, a sedersi al comando, a non accettare ghiottonerie da persone sconosciute, ad abbaiare in presenza di queste e a difendere il padrone. Per questi ultimi insegnamenti è necessario un compare. Occorre inoltre sradicare fin dalla loro prima apparizione alcuni difetti molto frequenti, e che con l'andar del tempo diventerebbero incorreggibili frustrando il servizio di un buon cane da guardia: sono l'attacco ad altri cani, l'inseguimento dei gatti, la caccia ai polli e alla selvaggina in genere, il vizio di abbaiare di notte senza motivo.

Da un cane da guardia perfetto si può formare, proseguendo nell'addestramento, un buon cane poliziotto. Il primo servizio consiste nello scalare una palizzata che può essere alta fino a tre metri; saltare un fossato, una siepe o qualsiasi altro ostacolo. Successivamente va abituato a scovare e ad arrestare un vagabondo di cui gli si sia fatto odorare qualche indumento; ad abbaiare al comando e senza comando, a inseguire e arrestare un fuggitivo, ad attaccare o arrestarsi immediatamente a un ordine contrario, sia al suono della voce, sia a quello di un fischio, a non lasciarsi impressionare da una detonazione.

Cani addestrati in modo opportuno sono stati anche usati per la ricerca dei feriti, durante le guerre. Ma i risultati non si ritengono in proporzione delle ingenti spese necessarie all'istruzione di tali generosi animali, e d'altra parte le guerre moderne di posizione, ne riducono di molto il bisogno e gli scopi.

I cani da pastore, lasciati in balìa di sé medesimi, diventano spesso vaganti, inseguono e distruggono la selvaggina, e formano uno dei principali ostacoli dell'aumento di essa.

Nelle esposizioni cinofile sogliono essere designate come di utilità e unite a quelle da guardia e da difesa, alcune razze, generalmente di gran mole, derivate forse tutte dagli antichi alani e poi modificate non solo per caratteri divergentissimi nella forma del capo e del corpo, ma anche per attitudini e adattamenti diversi.

Il più celebre è il cane di S. Bernardo, di statura imponente, a pelo lungo, con muso corto e largo, labbra pendenti, sensi acutissimi, fedele e affezionato all'uomo. Questa razza è allevata nell'Ospizio di S. Bernardo, a 2491 m. s. m., dove la temperatura oscilla tra un massimo di 15 gradi in estate e un minimo di −30 d'inverno. Fino dal sec. VIII i monaci del S. Bernardo si consacrarono alla pietosa cura di salvare i viaggiatori che, deviati dalla bufera e dalla neve, smarrivano la via o cadevano nei crepacci. I cani sono addestrati a seguire le orme umane e a scavare la neve se fiutano un uomo sepolto: hanno al collo un canestro con cibi e cordiali e sono abituati a correre all'ospizio per richiamare aiuto e servire di guida fino al posto ove il viaggiatore è caduto. Il più celebre cane di S. Bernardo fu Barry che salvò più di 40 persone: un giorno giunse alla porta del convento portando sulla schiena un ragazzo che non aveva più forza di muoversi e suonando il campanello. Ora il suo corpo imbalsamato si conserva nel museo di Berna. I cani di S. Bernardo sono solo da montagna; portati in pianura non resistono.

Altro cane da salvataggio è il Terranova, più piccolo del S. Bernardo, a pelo lungo e serico, generalmente nero. È ottimo nuotatore e viene ora ammaestrato lungo le spiagge del mare a porgere soccorso a bagnanti in pericolo.

Accanto a Barry va ricordato Bezerillo, cane non meno celebrato per la sua audacia e il suo senno, che per il terrore che ne avevano gl'Indiani nella guerra per la conquista del Messico. Soleva piombare nel mezzo della mischia, azzannava gl'Indiani per il braccio e li conduceva prigionieri. Se cedevano non faceva loro alcun male, ma se resistevano li atterrava e li strozzava. Conosceva quelli che gli si erano sottomessi e non li toccava mai più. Era di mezza statura, di tinta fulva col naso nero. Apparteneva a quella razza di molossi dai quali sono derivati i bull dogs, i cani a testa brachicefala, la cui mascella superiore accorciata, le labbra corte e i denti prominenti e visibili dànno un aspetto di grande ferocia. Questi cani sono stati molto usati in passato nelle colonie per inseguire i Negri fuggiaschi, come per scovare e raggiungere delinquenti e per domare bufali e combattere coi tori. Ottimi per difesa personale e per contrattaccare un avversario, come per guardia di magazzini e negozî di generi alimentari. Il bull dog, cane esteticamente orrendo, è oggi assai meno di moda che non una volta ed è sostituito dal boxer, i cui caratteri faciali sono attenuati: muso e mascella superiori sono infatti notevolmente accorciati; tra il naso e gli occhi vi è una depressione marcata, ma le labbra combaciano perfettamente e i denti non risultano visibili.

L'alano tedesco, detto impropriamente grande danese, è, secondo il modello, "un gigante della razza canina che accoppia statura e distinzione, forza ed eleganza. La sua struttura tiene il giusto mezzo fra quella del mastino e quella del levriero; non ha la massiccia pesantezza del primo, né la svelta leggerezza del secondo. Ha passo lungo e movimenti sciolti, portamento altero e distinto, collo e testa portati eretti, sguardo franco e fiero. La coda, tenuta bassa e distesa nel riposo, è alzata a scimitarra quando il cane è in movimento, senza però oltrepassare il dorso". La sua altezza al garrese va da un minimo di 78 cm. a un massimo di oltre 82 per i maschi, e da un minimo di 72 a 75 cm. ed oltre per le femmine. Gli alani hanno il pelo raso e lucente, e contano tre varietà: unicolori (fulvo in tutte le gradazioni, piombo, nero e bianco); tigrati su fondo fulvo, a striature nere ben marcate; arlecchini a fondo bianco con macchie nere frastagliate, su tutto il corpo.

Affine all'alano, e di creazione recente è il dobermann, cane "di taglia media, di forma quadrata ma molto elegante. Possiede una struttura muscolosa e robusta, un'ossatura solida e atta a una grande resistenza e velocità. L'andatura è leggiera e sciolta, il temperamento vivo e ardente. Gli occhi denotano intelligenza e risoluzione. Altezza al garrese da 58 a 65 centimetri per i maschi; da 55 a 60 centimetri per le femmine. Il pelo è raso e duro. Il dobermann è fedele e coraggioso; guardiano attento e sicuro. Buon difensore del padrone, diffidente verso gli estranei. Grande facoltà di comprensione" (Boll. del K. C. I., nov. 1919, p. 494).

Cani di lusso. - Gruppo del tutto artificiale è quello che nelle esposizioni cinofile comprende i cosiddetti cani di lusso. Quasi tutte le maggiori e più diverse razze offrono in questa categoria le loro miniature, se si eccettua forse il barbone, cane piuttosto di media che di piccola mole, a pelo lungo e ricciuto. È il più intelligente dei cani perché impara qualunque esercizio, compreso quello di andare con la sporta al collo a far la spesa; ha grande memoria ma non è utilizzabile per la guardia, perché incapace di aggredire e molestare un uomo e neppure può essere utilizzato nella caccia.

Meritano speciale ricordo le razze italiane. Taluni allevatori stanno rimettendo in onore il cagnolino bolognese, eternato dal Tiziano, oggetto di ogni cura da parte di Caterina di Russia e della marchesa di Pompadour, ornamento delle regge e dei più eleganti salotti dei secoli passati. Il bolognese è un batuffolo di pelo bianco, fitto, lungo e riccio; non raggiunge i 30 centimetri di altezza e non supera i 5 chilogrammi di peso: è di carattere piuttosto indolente e poco espansivo. Il maltese è più vivace, ha la stessa statura ed è ugualmente bianco: il pelo è più lungo e più sericeo. Il volpino italiano ha dimensioni come i precedenti, ma il suo pelo è diritto, abbondante e lungo in tutto il corpo, fuorché sui piedi, sul muso, sulle orecchie: la testa deve sembrare uscente da un manicotto; intelligente, agile e vivace. Il piccolo levriere italiano è un veltro minuscolo, proporzionatamente alto, sottile, a muso lungo e pelo raso. La razza, in decadimento, ha offerto una bella ripresa all'esposizione internazionale di Milano (1927).

Fra le razze estere vanno citati i boule-dogues francesi, a petto largo e zampe anteriori divaricate, testa grande con orecchie diritte e lunghe e muso rincagnato; grotteschi nel loro aspetto feroce. Il peso del maschio non deve eccedere i 12 chilogrammi e quello della femmina 10 o 11. Muso, naso e labbra devono essere neri; i denti non si devono vedere. Di gran moda sono i pechinesi, minuscoli, a pelo lungo, serico, con testa tondeggiante, faccia corta e rincagnata, come nei boule-dogues; tale carattere per altro esprime una mutazione parallela e non un'origine comune o un incrocio cui abbia partecipato il boule-dogue. Ne esistono neri focati e fulvi. I giapponesi somigliano molto ai pechinesi, ma sono più agili e meno specializzati. Il loro mantello è bianco e nero. Alle esposizioni europee hanno già fatto la loro apparizione i chow (v. sopra).

Parecchie altre razze antiche e moderne potrebbero essere ricordate ma non è opportuno farlo qui. Qualunque sia l'origine dei cani domestici, è certo che la varietà delle loro forme in confronto a quelle di tutti i loro possibili antenati selvaggi è straordinaria e che il fenomeno di mutazione brusca ha agito più che su qualsiasi altra specie di mammifero. In armonia con questa sua capacità di mutare, il cane sembra rispondere più prontamente di altre specie di animali all'azione selettiva e alla legge d'indipendenza dei caratteri, onde l'incrocio produce notevoli quantità di nuove combinazioni stabili e suscettibili di essere esaltate dalla selezione in uno o più dei loro elementi caratteristici. Da ciò deriva la continua e alterna vicenda di razze che scompaiono e di altre che sorgono secondo che le esigenze dell'uomo cambiano insieme col mutare dell'ambiente, delle abitudini e anche della moda.

V. tavv. CLXXVII-CLXXXII.

Bibl.: A. Schwappach, Lo sviluppo della caccia, in Kraemer, L'uomo e la terra, Milano 1910; C. Keller, Gli animali domestici come acquisto della civiltà umana, Milano s. a.; C. Couplet, Come allevare il cane da guardia, da difesa e poliziotto, Milano 1928; Società Italiana Alani, L'Alano. Origini, caratteristiche, pregi, difetti, allevamento e trattamento, Milano s. a.; E. Talé, Il cane da caccia, Milano 1926; C. A. Girardon, Il cane nella storia e nella civiltà del mondo, Bergamo 1930; vedi anche la raccolta Bollettino del K. C. I., pubblicazione mensile ufficiale del Kennel Club Italiano.

Il cane nelle armi da fuoco portatili, è quella parte dell'acciarino che, abbattendosi sull'innesco o sulla capsula, determina l'accensione della carica (v. archibugio; fucile; pistola; ecc.).

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