CANTIERE

Enciclopedia dell' Arte Medievale (1993)

CANTIERE

G. Binding

Termine originariamente indicante la grossa trave cui venivano appoggiati gli scafi in costruzione, utilizzato modernamente per definire l'area occupata da un edificio in fase di edificazione comprendente lo spazio attrezzato dove le manovalanze lavorano e depongono i materiali e gli attrezzi. A volte, per estensione, lo stesso vocabolo è riferito alla struttura in corso d'opera o, con accezione più ampia, all'organizzazione cui concorrono uomini e mezzi al fine dell'innalzamento di un edificio.Inteso come luogo del lavoro degli scalpellini, il c. medievale, al riparo di una semplice tettoia, entro una struttura di legno o pietra detta talvolta loggia, o in un sito specifico all'interno dell'edificio in costruzione, era composto da più ambienti e caratterizzato dalla duplice funzione di officina e deposito degli attrezzi da lavoro che non appartenevano ai singoli artigiani ma all'organizzazione della fabbrica o al committente; al suo interno si poteva trovare anche la sede dell'amministrazione.Il c. come struttura organizzativa preposta alla pluriennale realizzazione di edifici civili o religiosi è testimoniato a partire dal 12° secolo. Del c. facevano parte amministratori e artigiani, tra i quali non solo muratori e scalpellini ma anche l'insieme delle maestranze.Nelle fonti il termine che veniva usato per definire la struttura organizzativa e quella amministrativa era di fatto lo stesso che indicava il sito dell'edificio in corso di edificazione: opus, fabrica, o opus fabricae, divenuto più tardi Werk in area germanica (per es. Frauenwerk a Strasburgo), oeuvre o fabrique in Francia, Office of the works in Inghilterra. In generale in Italia settentrionale venne usato il termine fabbrica mentre in Toscana si trova opera.Gli elementi della struttura del c. e le stesse manovalanze sono designati nelle fonti medievali con numerose denominazioni spesso ambigue. Nei secc. 12° e 13° una classificazione dei diversi operai afferenti al c. è presente in particolare nel Didascalicon di Ugo di San Vittore, nello Speculum doctrinale di Vincenzo di Beauvais e in diverse opere di Alessandro Neckam. Gli autori forniscono anche l'indicazione di numerosi strumenti di lavoro. Ed è proprio a partire da quest'epoca che il c. assunse una struttura ben definita e visse una stagione di profondo rinnovamento dal punto di vista tanto tecnico quanto sociale. Grazie anche alla ricchezza di fonti pervenute, lo stato degli studi sui c. di età gotica consente di ricavare un'idea abbastanza precisa del processo di edificazione e dei suoi operatori, in special modo per alcuni grandi ambiti culturali, quali la Francia settentrionale o l'area germanica, dove il c. sembra essersi sviluppato con peculiari modalità tecniche e organizzative sino a costituire un complesso fenomeno, destinato a sopravvivere pressoché immutato ben oltre i confini cronologici del Medioevo.Le fonti si possono raggruppare principalmente in libri di pagamento, verbali di riunioni degli organismi preposti alla fabbrica, regolamenti di c., di gilde, arti, confraternite o altre corporazioni (v.) di maestranze, cronache o riferimenti letterari e, infine, contratti, testamenti o iscrizioni riguardanti singoli artisti. Tali fonti sono spesso relative a un solo c., come nel caso di registri di entrate e uscite o di riunioni dei responsabili della costruzione (Annali, 1877-1885; Grote, 1958) o riuniscono dati relativi a c. promossi da una stessa amministrazione, come per es. il regno d'Inghilterra (Colvin, 1971). Le fonti consistenti in regolamenti di associazioni sono particolarmente abbondanti per l'età gotica nei paesi germanici e in Francia (Les métiers et corporations, 1879); cronache e opere letterarie si sono talvolta rivelate utili per lo studio dei c. soprattutto in Francia (Mortet, Deschamps, 1911-1929) e in Inghilterra (Lehmann-Brockhaus, 1955-1960), mentre atti notori o fonti epigrafiche, pur costituendo numericamente e per distribuzione geografica e cronologica la categoria di fonti più diffusa per quel che riguarda la storia dell'architettura, non sono sempre in grado di fornire utili notizie per ricostruire la struttura del c. e la sua prassi edilizia.La letteratura critica ha interpretato le fonti affrontando lo studio dei c. in base principalmente a quattro ordini di problemi: l'aspetto economico-sociale; quello, a esso correlato, dell'organizzazione del lavoro e dell'ordinamento del c., anche dal punto di vista del progresso tecnico; quello dell'esame del prodotto del c., cioè l'aspetto strutturale dell'architettura (e il ruolo che assumono la decorazione scultorea e le vetrate); infine, il lato stilistico del c., ossia il linguaggio artistico proprio delle fasi qualificanti di una costruzione. La storiografia artistica infatti indica talvolta con c. l'insieme di caratteristiche morfologiche e tecniche comuni all'architettura, alla scultura o alla decorazione di un edificio monumentale per un più agevole confronto con altre costruzioni (per es. i c. di Chartres, di Reims, ecc.).Sul c. dal punto di vista finanziario e organizzativo, dopo l'utile ma generico saggio di Du Colombier (1953), che individua le principali fonti di introito per i c. delle cattedrali romaniche e gotiche in Francia e a grandi linee nel resto dell'Occidente - argomento ripreso e approfondito da Aubert (1958-1961) -, più puntuali studi sull'organizzazione giuridica e finanziaria dei c. sono stati condotti sulla base delle fonti limitatamente ad alcuni fra i più importanti, tra cui il duomo di Firenze (Grote, 1958), quello di Utrecht (Vroom, 1981), e un buon numero di chiese e cattedrali francesi e dei paesi germanici (Schöller, 1989).Più numerosi sono gli studi generali sui c. dal punto di vista sociale e strutturale. Nel primo caso la critica è volta a ricostruire il ruolo dell'architetto (v.) e degli operai nella società, nonché l'importanza del c. nella vita della città medievale. L'attenzione degli studiosi si è concentrata soprattutto sulle grandi cattedrali gotiche (Booz, 1956; Gimpel, 1958; Jacobs, 1970), indagate anche precipuamente per la loro importanza sociale (Warnke, 1976) o concezione ideologica (Simson, 1956). Limitatamente al Gotico, il gusto e l'organizzazione sociale dei c. sono stati ricostruiti da studi riguardanti l'intero ambito europeo (Aubert, 1958-1961; Frankl, 1960). Una direzione di ricerca particolarmente frequentata dalla critica e che ha consentito negli ultimi decenni notevoli acquisizioni è stata l'individuazione dell'iter di realizzazione del progetto architettonico fin dalla sua concezione attraverso i passaggi interpersonali rappresentati da capocantieri, scultori, scalpellini, decoratori (Les bâtisseurs des cathédrales gothiques, 1989) e i differenti media costituiti dal disegno architettonico (v.), dalla traccia diretta sul terreno, dall'incisione del progetto su pietra, da sagome e da modellini in vari materiali.In questo vasto campo d'indagine, che ha assunto connotazioni sempre più specifiche a partire dall'ultimo dopoguerra, gli studi concernenti più da vicino il c. in se stesso riguardano il progresso tecnico dell'ars aedificatoria (Noël, 1968; Pierre et métal, 1985; Rockwell, 1989; Conrad, 1990) e l'invenzione di nuove tecniche litotomiche alla base della creazione del sistema architettonico gotico (Kimpel, 1977; 1980; 1984).I rapporti proporzionali e geometrici tra pianta, alzato e le loro parti - riflettenti le cognizioni scientifiche dei costruttori - sono stati individuati in numerose costruzioni preromaniche e romaniche (Lund, 1921; Durach, 1929; Arens, 1938; Heitz, 1973; 1976; L'art des bâtisseurs romans, 1988) e si sono dimostrati basilari, nel loro più complesso e sistematico impiego, per la ricostruzione dell'evoluzione dell'architettura gotica soprattutto dell'Europa centrale (Frankl, 1945; Ackerman, 1949; Branner, 1960-1961; Hecht, 1969-1971; Bucher, 1979), anche negli aspetti teologici (Beaujouan, 1957) o numerico-simbolici ed esoterici (Shelby, 1970; 1972; 1976), talvolta peraltro sopravvalutati.Si sono inoltre rivelate notevoli le differenze organizzative e pratiche - meno sensibili invero per i c. delle abbazie, in special modo cistercensi, e per le strutture militari - tra i c. delle diverse aree culturali, e in particolare tra l'Italia e l'Europa centrale. Esse richiedono dunque una trattazione separata, per grandi regioni storiche, dello studio dell'elaborazione e realizzazione dell'idea architettonica e dei mezzi impiegati.Gli studi identificanti il c. con il suo prodotto, cioè che analizzano l'architettura attuata nel c. dal punto di vista strutturale, come pure quelli che estendono il termine a designare l'aspetto artistico dell'edificio realizzato, sono meglio inquadrabili, più che nella storiografia del c. propriamente detto, tra i contributi storico-critici sull'architettura o sui suoi stili, in particolare il Romanico e il Gotico.La situazione degli studi sul c. dal punto di vista economico-sociale e tecnico-organizzativo appare assai disomogenea se osservata nella sua globalità: eccettuati i paesi germanici, gli ambiti culturali meglio indagati sono la Francia settentrionale e l'Inghilterra, soprattutto a partire dal 12° secolo.In particolar modo per la Francia, tuttavia, non manca la possibilità di ricostruire la situazione culturale dei c. nell'Alto Medioevo carolingio (Heitz, 1973; 1976), che appare caratterizzata dall'applicazione di canoni geometrico-proporzionali, talvolta legati alla simbologia connessa ai numeri. In epoca romanica, la proporzionalità è applicata in particolare al dimensionamento delle campate e ai rapporti tra alzato e pianta (Arens, 1938). Con le prime teorizzazioni e classificazioni dell'architettura, è possibile mettere a fuoco, grazie anche alle fonti documentarie, i differenti ruoli degli artefici, ricostruirne le condizioni sociali (David, 1965) e la cultura, e cercare di ipotizzare il processo di produzione architettonica.Le basi economiche e tecniche che permisero lo sviluppo del c. romanico appaiono innanzitutto costituite dalla ripresa della domanda di grandi quantitativi di pietra tagliata e dalla rinascita dell'attività nelle cave con lo sviluppo di nuovi procedimenti di lavorazione (Pierre et métal, 1985). A ciò dovette far seguito una nuova impostazione del lavoro sul c. con la razionalizzazione dei passaggi e la definitiva separazione e specializzazione dei ruoli tra committenti, architetto e maestranze, anche se alcune cronache monastiche del sec. 11° indicano ancora con il termine architectus l'abate che finanzia il progetto.Con il Saint-Sernin di Tolosa si assiste alla costruzione di una chiesa di vaste dimensioni organicamente concepita già in fase progettuale (Radding, Clark, 1992), il che implica un livello di comunicazione sul c. già perfezionato (Horn, 1982), quantunque non ancora del tutto chiarito.Con la seconda metà del sec. 12° si assiste in Francia settentrionale al passaggio alle forme gotiche, gradualmente attuato nei c. con sperimentazioni e innovazioni su cui la critica si è ampiamente soffermata. Della nascita del Gotico sono stati spiegati soprattutto gli aspetti tecnico-architettonici, tra i quali è rilevante il progresso delle tecniche litotomiche, con la pianificazione dello schema di apparecchiatura del muro e la conseguente produzione in serie dei conci (Kimpel, 1977; 1980). Dell'evoluzione culturale e tecnica dei c. in questi decenni molto è stato scritto in funzione della valutazione del mutamento fenomenologico e stilistico costituito dalla comparsa delle prime cattedrali gotiche (Grodecki, 1976; Mark, 1982; Bony, 1983; Kimpel, Suckale, 1985; Erlande-Brandenburg, 1990), mentre più circoscritti, specifici studi storico-scientifici hanno analizzato lo sviluppo nel periodo gotico della geometria e della matematica (Clagett, 1961; Sternagel, 1966) e il loro grado di diffusione tra le maestranze artistiche (Sarrade, 1986). A questo proposito, particolare rilievo riveste il taccuino di disegni di Villard de Honnecourt (Parigi, BN, fr. 19093), l'unico esempio conservato per il sec. 13° di una manualistica gotica certamente più diffusa, soprattutto in Francia settentrionale. A parte i dubbi gravanti sulla figura dell'autore e sulla sua attività, che hanno nutrito una querelle per molti versi ancora aperta (Barnes, 1982; Les bâtisseurs des cathédrales gothiques, 1989), il livre de portraiture contiene una lunga serie di informazioni di prima mano utili a ricostruire la cultura tecnica dei costruttori e i loro metodi. Infatti, oltre alla rappresentazione di alcune macchine e strumenti di lavoro, il taccuino presenta disegni architettonici e schemi tecnici che investono tanto la litotomia quanto le tecniche di rappresentazione e quelle progettuali del Gotico francese intorno al secondo quarto del Duecento. Dal punto di vista che qui riguarda precipuamente, i disegni di Villard sono stati tra l'altro studiati sotto il profilo geometrico, ricavandone teoremi (Lalbat, Margueritte, Martin, 1987) di verosimile applicazione sui c., o confrontando i disegni con alcune costruzioni gotiche per verificare la corrispondenza tra il bagaglio tecnico dell'autore e quello dei contemporanei (Bucher, 1979; Bechmann, 1991) - sostanzialmente confermando ipotesi da tempo formulate (Frankl, 1945; Branner, 1957) - anche alla luce delle conoscenze geometriche ereditate dal mondo classico (Branner, 1960-1961; 1963).Un altro vasto campo di ricerca è costituito dalla proporzionalità ed euritmia delle costruzioni gotiche francesi indagate, alla pari di quelle di area germanica o di altre zone d'Europa, soprattutto da studi generali (Lund, 1921; Csemegi, 1954; Hecht, 1969-1971) volti alla ricostruzione a posteriori delle tecniche progettuali e ingegneristiche implicate nell'innalzamento delle grandi cattedrali (Müller, 1990).L'aspetto sociale e organizzativo dei c. gotici di Francia è forse l'argomento più ampiamente approfondito nella storiografia del c. medievale. Gli stessi studi di Du Colombier (1953) e Aubert (1958-1961) riguardano in prima istanza i c. gotici dell'Ile-de-France e forniscono basilari informazioni sull'organigramma e la prassi operativa dei c. d'Oltralpe. I c. appaiono diretti da un proviseur, detto anche maître de la fabrique o operarius, contabile incaricato dai committenti, mentre dalla metà del Trecento lo stesso termine latino passa a definire l'architetto a capo dei lavori, per il solito chiamato magister latomus, magister operis o maître d'oeuvre. Tra questi e gli scalpellini (maçons o tailleurs de pierres) è testimoniata la figura intermedia dell'appareilleur, come Pierre de Roissy a Sens nel 1319, con compiti di assistente dell'architetto e suo sostituto in caso di assenza, capace evidentemente di dirigere i lavori e dunque esperto di geometria, in grado anche di decifrare i disegni architettonici (Mortet, 1906). Il ruolo dell'appareilleur è chiarito da studi recenti (Pierre et métal, 1985; Kimpel, 1987) che mettono in luce le tappe della costruzione distinguendo fondamentalmente tra la fase di progettazione, con il disegno architettonico, a opera dell'architetto, e l'attuazione, affidata sostanzialmente all'appareilleur, che curava l'applicazione degli schemi fornitigli.La distinzione degli operatori dei c. nelle differenti specializzazioni è testimoniata anzitutto dal Livre des métiers di Etienne Boileau (Les métiers et corporations, 1879), più volte ripreso in esame dalla critica (Les bâtisseurs du moyen âge, 1980), che si è avvalsa altresì delle numerose fonti iconografiche per determinare le categorie di operai, gli attrezzi e, talvolta, le tecniche impiegate nei c., in lenta ma costante evoluzione attraverso il periodo gotico (van Tyghem, 1966; Pierre et métal, 1985; Les bâtisseurs des cathédrales gothiques, 1989). Oltre le differenti categorie di muratori, scalpellini e manovali, le fonti, tra cui alcune cronache duecentesche (Mortet, Deschamps, 1911-1929), testimoniano al lavoro carpentieri, fabbri, vetrai, idraulici, oltre a decoratori come pittori, marmorari, mosaicisti.Gli studi sul c. gotico francese dal punto di vista sociale ed economico - meno numerosi che per l'Inghilterra o l'area germanica data la minore abbondanza di fonti documentarie - sono talvolta riusciti a ricostruire la storia economica di un c., come per il palazzo dei Papi ad Avignone (Piola Caselli, 1981), o hanno fornito in ogni caso un preciso schema sulle modalità di approvvigionamento e la gestione dei fondi delle grandi cattedrali (Aubert, 1958-1961; Vroom, 1981; Les bâtisseurs des cathédrales gothiques, 1989), in particolare Amiens - di cui è stata ricostruita la struttura della fabrique grazie alla documentazione conservata (Frankl, 1960; Les bâtisseurs du moyen âge, 1980) -, o sull'organizzazione sociale dei lavoratori (Gimpel, 1956).A parte occorre considerare lo studio dei c. di edifici civili e militari (Pierre et métal, 1985; Erlande-Brandenburg, 1987; Araguas, 1987), organizzativamente diversi da quelli relativi a edifici ecclesiastici, anche se talvolta influenti su quelli (Gardner, 1984), con struttura più snella sotto stretto controllo da parte del sovrano, mediato al più da un proviseur.Sulla base della documentazione conservata oltre che della loro opera, la critica ha potuto inoltre ricostruire alcune grandi figure di architetti francesi, come Guillaume de Sens, Pierre de Montreuil o Hugues Libergier.Su alcuni singoli c. l'attenzione degli studiosi si è appuntata in modo particolare: tra questi, per il periodo romanico Saint-Sernin a Tolosa (Durliat, 1963; Lyman, 1978) - l'organizzazione e le fasi cronologiche del quale sono state messe in luce sulla base delle fonti -, Saint-Hilaire a Poitiers (Camus, 1982), o le grandi chiese di Caen, affrontate soprattutto dal punto di vista tecnico-strutturale (Lambert, 1935; Bony, 1939; Pierre et métal, 1985); per il periodo gotico - a parte complessi abbaziali come quelli cistercensi - la basilica di Saint-Denis, facilmente inquadrabile come exemplum a livello formale e ideale delle grandi cattedrali francesi, grazie anche all'ispirata e programmatica descrizione della chiesa a opera del suo stesso fondatore (Simson, 1956; Frankl, 1960; The Royal Abbey of Saint-Denis, 1981; Gardner, 1984; Abbot Suger, 1986; Bruzelius, 1987; Crosby, 1987; Rudolph, 1990), oppure le cattedrali di Laon (Clark, King, 1983; Clark, 1986), Parigi (Clark, Mark, 1984; Bruzelius, 1987), Chartres (Chédeville, 1973; James, 1977-1982; Van der Meulen, Hohmeier, 1984; Klein, 1986) e Bourges (Branner, 1962; Michler, 1980), delle quali sono stati privilegiati gli aspetti storico-costruttivi, strutturali e stilistici, ma che sono state esaminate anche dal punto di vista dei materiali impiegati (Les pierres de la cathédrale, 1982; Blanc, Lorenz, 1990); infine le cattedrali di Reims (Kurmann, 1987) e Amiens (Kimpel, Suckale, 1985; Kimpel, 1987; Murray, Addiss, 1990), per lo più affrontate dal punto di vista storico-architettonico in chiave tecnico-evolutiva.La situazione dei c. medievali in Inghilterra, quale appare attraverso la storiografia, rivela sensibili divergenze, soprattutto organizzative, rispetto a quelli dell'Europa centrale. È innanzitutto da sottolineare come gli studi abbiano potuto avvalersi di un grandissimo numero di testimonianze documentarie, in particolare libri di pagamento (public record office lists dei c. reali, fabric rolls di cattedrali come York, Exeter, Ely e Wells) e cronache (Andrews, 1925; Knoop, Jones, 1933; Salzman, 1952; Phelps Brown, Hopkins, 1955; Colvin, 1971), che riportano spesso con relativa precisione le spese sostenute per vari c. e forniscono numerosi termini tecnici.La soggezione dei c. alle forze ecclesiastiche o alla monarchia è provata dal diritto all'assoldamento obbligatorio delle manovalanze testimoniato dalle fonti (Knoop, Jones, 1933), talvolta esercitato anche a favore di edifici religiosi, come nel caso dell'abbazia di Westminster.Una serie di importanti studi ha ben ricostruito la struttura e, in parte, la prassi operativa dei c. inglesi romanici (Radding, Clark, 1992) e gotici (Knoop, Jones, 1933; Frankl, 1960; Harvey, 1971), con particolare riferimento agli aspetti economici, sociali e legislativi: l'orario di lavoro e le paghe, quasi mai fisse, le variazioni stagionali di manodopera impiegata, qui più sensibili che in Francia; l'alto numero di carpentieri rispetto agli scalpellini, che testimonia la persistente importanza della tradizionale architettura lignea per l'edilizia non monumentale. I c. appaiono diretti da un Keeper, Clerk of the Works o Devisor, funzionario supervisore ma non esperto di architettura, affiancato da un Master mason, figura socialmente emergente già nel sec. 11° (Radding, Clark, 1992), con le funzioni di vero e proprio capocantiere. L'ingeniator sembra essere piuttosto un ingegnere impiegato in architettura militare. Interessante la divisione, che emerge dalle fonti, delle maestranze in masons o freemasons (scalpellini), rough masons (sgrossatori e manovali) e mason layers (muratori e posatori). Attraverso statuti e regolamenti di scalpellini sono state inoltre ricostruite le tappe di formazione professionale delle maestranze all'interno di associazioni come le Masons' Guilds o le Stonemasons' Lodges (Knoop, Jones, 1933; Frankl, 1960), queste ultime di fatto più indipendenti e governate da rigidi precetti che investivano anche la vita privata dei membri. L'apprendistato, di cinque o sei anni per lo più, imponeva all'operaio una rotazione attraverso le varie specializzazioni del lavoro, la pratica di tutti gli strumenti e delle macchine utilizzate nel c., il cui funzionamento era noto solo agli addetti (Harvey, 1971), e un discepolato teorico in geometria (Shelby, 1970; 1972) che costituiva in pratica il 'segreto' della loggia.L'esistenza di sagome lignee (templates) per i profili è testimoniata anche in Inghilterra, con Guillaume de Sens a Canterbury (Frankl, 1960). Il lavoro nelle cave e il trasporto delle pietre sui c., pure ben testimoniati dalle fonti (Knoop, Jones, 1933; Harvey, 1971), hanno permesso la ricostruzione di molte delle vie di approvvigionamento di materiale lapideo di particolare pregio, come il marmo nero di Purbeck o la pietra di Caen. A partire dalla metà del Trecento, spesso le pietre venivano tagliate e lavorate nella cava, in misure prefissate, e inviate pronte al c. per la posa in opera.Tra i singoli c. maggiormente studiati, talvolta raggruppati in opere generali (Pevsner, Metcalfe, 1986), oltre a quelli citati che conservano la maggior ricchezza di fonti documentarie, come la cattedrale di Canterbury, analizzata anche sotto il profilo storico-architettonico (Woodman, 1981; Medieval Art and Architecture, 1982), o quella di Wells (Colchester, 1987), sono da ricordare le cattedrali di Lincoln (Kidson, 1977; 1978) e di Durham, di cui è stato messo in rilievo l'aspetto strutturale e stereometrico (Medieval Architecture, 1990).Lo stato degli studi sui c. della penisola iberica non consente di ricavare un quadro generale dell'organizzazione del lavoro edile in Spagna e in Portogallo. La scarsa documentazione conservata consente soltanto un approccio a posteriori ai principali monumenti. Tra gli ambiti culturali meglio approfonditi sono la Catalogna del periodo romanico (Puig i Cadafalch, de Falguera, Goday i Casals, 1909-1918; Whitehill, 1941), le chiese lungo il camino de Santiago (Santiago de Compostela, 1985) e le grandi cattedrali gotiche castigliano-leonesi, in particolare quella di Burgos, del cui c. viene studiata anche l'organizzazione tecnica (Karge, 1989; Les bâtisseurs des cathédrales gothiques, 1989).In Italia, le fonti testimoniano in epoca longobarda, com'è noto, l'esistenza e l'organizzazione giuridica delle maestranze comacine (MGH. Font. iur. Germ., II, 1869, pp. 29-30). Esse lavoravano in forma associativa e applicavano una sorta di tariffario fisso per specifiche opere di edilizia, anche monumentale. In età carolingia sono testimoniati lavori all'abbazia di Bobbio per cui l'abate Wala si rivolge a un magister carpentarius che avrebbe provveduto a fornire e dirigere gli altri operai necessari ai lavori; nel sec. 10° sono attivi a Pavia vari artefici, tutti provenienti dalla valle di Intelvi, "quae dicitur Antelamo" (Galetti, 1987). Altri studi hanno evidenziato le tecniche litotomiche e murarie altomedievali (De Angelis d'Ossat, 1971) o praticate a Roma fino al pieno Medioevo (Marta, 1989).La conservazione sporadica di documenti che è dato riscontrare anche per i successivi secoli del pieno Medioevo ha determinato il taglio prevalente degli studi sui c. italiani. Si tratta infatti, nella quasi totalità dei casi, di indagini incentrate su singoli monumenti, per lo più le grandi cattedrali romaniche e gotiche, dei cui c. però la storiografia è riuscita spesso a rendere conto con un'osservazione a tutto campo, sotto i diversi aspetti economico, sociale, organizzativo, tecnico e stilistico.Per il periodo romanico, la metodologia operativa del c. e le tecniche che vi venivano applicate sono state al centro di studi riguardanti tra l'altro il duomo di Modena - del quale è messo in luce anche il rapporto con l'ambiente sociale cittadino (Lanfranco e Wiligelmo, 1984) -, i c. diretti da Benedetto Antelami (Quintavalle, 1990), il palazzo dei vescovi a Pistoia (Rauty, 1987; Gurrieri, 1987). Maggiori sono le notizie riguardanti l'organizzazione sociale dei c., soprattutto dal punto di vista tecnico ed economico (Costruire in Lombardia, 1983; Pinto, 1984; 1990; Ars et Ratio, 1990).Tra gli ambiti artistici più interessanti del periodo romanico in Italia restano quelli dei maestri comacini, dei Campionesi o, in Italia centrale, dei Cosmati, testimoniati da una documentazione relativamente abbondante, i cui prodotti architettonico-scultorei sono per lo più avvicinati dalla critica secondo criteri di valutazione stilistica, mentre restano tuttora in gran parte da indagare gli aspetti tecnici e organizzativi legati alla loro attività edilizia. Tali aspetti sono stati messi in luce, esclusi i c. emiliani, solo in termini oggi in parte superati (Scott, 1899), oppure sporadicamente, come nel caso sia del duomo di Genova (Di Fabio, 1992), sia di molte delle opere architettoniche del sec. 13° a Roma, in relazione anche alle tecniche murarie (Roma nel Duecento, 1991), sia del chiostro di S. Scolastica a Subiaco, eseguito a Roma in pezzi prefabbricati e montato sul luogo di destinazione (Barral i Altet, 1983; Claussen, 1987).L'Italia gotica, nella fase iniziale della diffusione del nuovo sistema architettonico, subì certamente, a livello tecnico come stilistico, l'influenza dei c. monastici dei Cistercensi, la cui azione travalica ben presto i limiti delle abbazie per improntare i c. di numerose altre costruzioni religiose e, talvolta, civili. Il fenomeno, da tempo avvertito nelle linee emergenti (Enlart, 1894; Wagner-Rieger, 1956-1957; Hahn, 1957), è stato negli ultimi decenni approfondito e circostanziato, in particolare per quel che riguarda la Lombardia (Romanini, 1964), la Svezia (Wartling, 1969), l'Italia centrale (I Cistercensi e il Lazio, 1978; Cadei, 1978), la penisola iberica (Valle Pérez, 1982), l'Inghilterra (Fergusson, 1984) e l'Irlanda (Stalley, 1987).I grandi c. delle cattedrali gotiche dell'Italia padana e della Toscana sono oggi conoscibili sotto una pluralità di aspetti: in particolare, la storiografia ha rilevato le differenze, non solo a livello tecnico ma anche - e soprattutto - di impostazione culturale, tra i c. gotici d'Oltralpe e quelli dell'Italia settentrionale. Emblematico a tale riguardo è il caso del duomo di Milano, denunciato dalla ricca documentazione conservata (Annali, 1877-1885, I), comprendente pressoché integralmente i verbali delle riunioni del c. fin dagli anni immediatamente successivi alla fondazione del nuovo edificio (1386). Il dibattito sul c. milanese (Ackerman, 1949; Romanini, 1973) è fondamentalmente riconducibile all'opposizione a un metodo di progettazione basato sull'elaborazione di pianta e alzato secondo schemi geometrici ad quadratum, come quelli comuni Oltralpe, applicati per es. alla contemporanea fase del duomo di Colonia (Romanini, 1973). I costruttori lombardi mostrano infatti di volersi orientare verso un modello a rapporti aritmetici, individuabile grazie ai disegni architettonici (Cadei, 1991; Ascani, 1991), riflettente in realtà una concezione maggiormente innovativa, destinata a essere ripresa e sviluppata nell'età moderna (Brunés, 1967). Sullo stesso c. è testimoniata anche l'applicazione del metodo progettuale ad triangulum nello schema inviato dal matematico piacentino Gabriele Stornaloco, interpellato dai responsabili della costruzione. L'esame tecnico del responso grafico dello scienziato, avviato da Panofsky (in Frankl, 1945), ha permesso di stabilire le modalità di applicazione all'architettura delle cognizioni scientifiche del tardo Trecento e il ruolo basilare già assunto dal disegno architettonico.Oltre alla completa ricostruzione storica dell'attività del c. del duomo di Milano nelle fasi medievali (Romanini, 1973), l'organizzazione delle maestranze e gli aspetti economici del c. connessi all'istituzione della Fabbrica hanno costituito un'altra frequentata direzione di studio (Soldi Rondinini, 1977; Duomo oggi, 1986; Ars et Ratio, 1990).Il c. di S. Petronio a Bologna, caratterizzato dalla collaborazione di artefici locali, lombardi, veneti, e dall'influenza toscana avvertibile soprattutto nel gusto dell'architetto progettista, Antonio di Vincenzo, è stato recentemente analizzato in senso tanto storico-architettonico quanto stereotomico (La basilica di San Petronio, 1983-1984; Il Tramonto del Medioevo, 1987), mentre, a livello progettuale, è stato possibile collegare la concezione architettonica della basilica alle fasi preliminari del duomo di Milano e agli stilemi dei contemporanei c. fiorentini, le une e gli altri studiati da Antonio di Vincenzo (Ascani, 1991).A Firenze, per S. Maria del Fiore la ricca documentazione (Guasti, 1887; Piattoli, 1938; Grote, 1958; Pietramellara, 1984) ha consentito di ricostruire in parte le complesse vicende di un c. dapprima avviato e rapidamente condotto dal progettista, Arnolfo di Cambio, poi progrediente assai lentamente sino alla seconda metà del Trecento. L'organizzazione pratica del c., la terminologia e l'aspetto finanziario sono stati ben messi in luce, soprattutto per le fasi posteriori alla metà del secolo (Grote, 1958), mentre, dal punto di vista sociale, gli artisti sono stati di preferenza inseriti nella problematica relativa alle corporazioni, le arti e i loro ordinamenti o, più in generale, sono stati inquadrati nella storia culturale o economica (De la Roncière, 1976) dell'ambito artistico del periodo gotico a Firenze. Un catalogo delle maestranze del c. note dalle fonti in rapporto al lavoro eseguito è stato recentemente redatto (Pietramellara, 1984).La storia costruttiva del duomo fiorentino è stata presa in esame sotto il profilo strutturale e stilistico ripetutamente negli ultimi decenni (Paatz, 1952; Kiesow, 1961-1963; Braunfels, 1964; Saalman, 1964; Kreytenberg, 1974; Toker, 1978; Romanini, 1983) per arrivare alla ricostruzione dell'articolato succedersi delle campagne di lavori, mentre ulteriori documenti (Finiello Zervas, 1987) e analisi tecniche e proporzionali (Gori Montanelli, 1968; S. Maria del Fiore, 1988) hanno contribuito a chiarire alcuni aspetti dei processi edificativi, sebbene le fasi cronologiche iniziali risultino, anche dopo gli scavi, impossibili da fissare con assoluta precisione. Malgrado studi recenti abbiano potuto dimostrare (Toker, 1978; Romanini, 1983) la sostanziale attinenza da parte dei costruttori del tardo Trecento al progetto di massima originario, con ogni probabilità riflesso da un modello ligneo lasciato da Arnolfo, la struttura organizzativa del c. e in particolare il suo vertice appaiono profondamente mutati, orientati in senso collegiale anziché legati a una singola personalità di artifex come nella prima metà del secolo, da Arnolfo a Giotto e Andrea Pisano. Gli architetti si succedono alla testa del c. con relativa rapidità e le loro decisioni vengono comunque votate e giudicate da commissioni, secondo quella che sembra una prassi operativa di quei decenni, da quel che emerge anche da c. di edifici cittadini di minori dimensioni come, per es., la loggia della Signoria (Frey, 1885). Lo studio dei c. gotici in Toscana è, in certo senso, reso più complesso dalle stesse personalità dei progettisti-direttori dei lavori (Nicola e Giovanni Pisano, Lorenzo Maitani, lo stesso Arnolfo, Giotto o Andrea Pisano), architetti-scultori o pittori, talvolta orafi, la cui multiforme attività ha spesso reso più facile indirizzare gli studi sulla produzione figurativa, meglio documentabile, piuttosto che sulle modalità della concezione architettonica. Di fatto restano dubbi le tecniche e i procedimenti attuati da questi artisti in campo progettuale. L'uso di modelli o disegni architettonici è provato solo in alcuni casi e, per quanto se ne possa ipotizzare una relativa diffusione a partire dalla fine del Duecento, forse già con Nicola e Giovanni Pisano (Middeldorf Kosegarten, 1984), una parola definitiva o quanto meno chiarificatrice sull'argomento resta ancora da scrivere. In seconda istanza, sono ancora da tracciare i limiti dell'azione personale sul c. di questi grandi artisti: tra le tante architetture a loro attribuite alcune dichiarano l'intervento a più livelli del progettista, soprattutto architettonico e decorativo (Giovanni Pisano a Pisa e a Siena, Arnolfo in S. Maria del Fiore a Firenze), altre sono via via meno palesemente legate a questi artisti o costituiscono casi attributivi discussi, non è chiaro se perché lasciate incompiute dal maestro o perché progettate solo in linea di massima e affidate per l'esecuzione a maestranze di fiducia. Si pone quindi il problema di stabilire l'organigramma del c. di età gotica in Toscana in rapporto anche alle coeve botteghe scultoree. Un c.-bottega ad attività architettonico-scultorea, quello di S. Maria Novella, una delle prime grandi costruzioni gotiche a Firenze, è stato per es. ipotizzato da Paatz (1937) alla base dell'espansione del nuovo stile a Firenze.Il c. della basilica di S. Francesco ad Assisi, indagato in particolare dal punto di vista storico-architettonico sin dalla nascita della storiografia artistica (Cadei, 1988-1989), ha visto negli ultimi anni moltiplicarsi gli studi che lo affrontano, in rapporto soprattutto all'integrazione tra struttura architettonica e decorazione a fresco o vetrate, di cui sono individuati i presunti schemi ordinativi e iconografici (Belting, 1977; Poeschke, 1985). La storia architettonica è stata rivista in base alle fonti (Nessi, 1982), all'analisi stilistica della scultura architettonica (Wiener, 1991) o all'analisi archeologica e strutturale delle sue parti e dell'annesso convento (Rocchi, 1982; Il Sacro convento di Assisi, 1988) e all'interpretazione in chiave tipologica e ideale (Schenkluhn, 1985; 1991).La storia del c. di età gotica in Italia centro-meridionale è stata studiata in particolare dal punto di vista economico e tecnico attraverso le fonti conservate, invero quasi del tutto assenti per il Meridione della penisola, eccettuati i c. di alcuni castelli federiciani e le fondazioni degli Angioini, seguite per loro dai funzionari Pierre d'Angicourt e Giovanni di Toul, tra le quali, abbazie cistercensi come S. Maria di Realvalle presso Scafati, la cui documentazione sopravvissuta consente l'acquisizione di numerose informazioni sull'organizzazione dei c. angioini, che videro la compresenza di artisti francesi e locali, taluni già attivi in epoca federiciana. Le fonti forniscono nomi, onorari e specializzazioni delle maestranze, all'interno di un complesso quadro culturale e tecnico da poco ripreso in esame (de Sanctis, 1993). Recentemente, infine, la critica si è occupata diffusamente dal punto di vista economico e tecnico dei c. di edifici militari italiani di età gotica (Castelli: storia e archeologia, 1984; Cadei, 1992). In particolare per Castel del Monte e taluni altri castelli federiciani si è potuto stabilire, grazie anche alla testimonianza documentaria, la presenza sul c. di maestranze specializzate provenienti da abbazie cistercensi (I Cistercensi e il Lazio, 1978).

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Area germanica

In area germanica, il c. è legato alle associazioni di scalpellini che, come sottolineano le fonti medievali, dovevano essere delle vere e proprie corporazioni (Bruderschaften); chi collaborava a un c. non aveva però bisogno di essere iscritto anche alla corporazione in quanto l'ordinamento che regolava entrambi era il medesimo. Rispetto agli artigiani organizzati in corporazioni cittadine, gli scalpellini attivi nei c. delle chiese si trovavano in una posizione sfavorevole, perché erano obbligati a spostarsi qualora il c. si fosse sciolto a fine lavori oppure la sua attività fosse stata ridotta per mancanza di denaro. Per questa categoria di artigiani si costituì dunque in Germania un ordine sovraregionale e si stabilì un unico sistema di formazione per coloro che ne facevano parte; solo chi proveniva da questa associazione aveva la possibilità di essere accolto nella corporazione e poteva trovare lavoro presso un cantiere.Il regolamento stabilito a Ratisbona nel 1459 per l'intera area germanica si basava su precedenti ordinamenti definiti all'interno dei singoli c., come testimonia l'esempio di Treviri del 1397. L'ordine di Ratisbona fissò con una cinquantina di articoli le questioni relative alla formazione, al tempo di apprendistato, ai compiti dei maestri, dei Parlier o apparecchiatori, e degli apprendisti, e infine agli obblighi religiosi; nell'articolo 48 si stabilì che il capocantiere della cattedrale di Strasburgo, in qualità di giudice supremo, aveva la facoltà di dirimere eventuali controversie. Il regolamento venne modificato in alcuni punti nel 1498 dall'imperatore Massimiliano I, ma rimase vincolante fino al 1563. Nei c. sassoni vigeva, insieme all'ordine di Ratisbona, quello di Rochlitz-Torgau del 1462, conservatosi in una copia del 1486.Accanto al c. e alle corporazioni di scalpellini nelle città esisteva un altro tipo di struttura associativa i cui componenti erano richiesti dai c. di edifici religiosi per svolgere compiti speciali. Per i progetti di costruzioni pubbliche il cui controllo e finanziamento spettavano all'amministrazione cittadina, esistevano c. urbani, che erano piuttosto strutture amministrative per la custodia dei materiali che vere e proprie botteghe; la realizzazione dei lavori, di conseguenza, era affidata a maestranze locali.Nei progetti medievali di più ampie dimensioni le competenze erano divise tra il Baumeister, che doveva occuparsi della parte relativa all'organizzazione del lavoro, e il Werkmeister, addetto all'esecuzione pratica. Già a partire dal sec. 11° si affiancavano al committente uno o due operarii, magistri operis, custodes, o gubernatores, a Praga chiamati directores fabricae, oppure, nei secc. 14°-15°, Pfleger; erano membri del clero quando si trattava di costruzioni di edifici religiosi o funzionari pubblici nel caso di edifici civili; la loro nomina spettava al committente dell'opera. A loro veniva affidata la direzione della fabrica, una sorta di ufficio che aveva il compito di controllare l'intera costruzione. A esso apparteneva uno scriba o revisore con il compito di tenere la lista delle paghe, di stipulare gli accordi e di scrivere gli inventari e i protocolli delle sedute; a partire dai secc. 13° e 14° furono necessari anche dei contabili che, con l'aiuto del capocantiere (Werkmeister), elaboravano i preventivi delle spese e del numero di maestranze da impiegare e si occupavano del reperimento del materiale da costruzione e dell'assegnazione del lavoro a cottimo. Alcuni messi avevano il compito di sorvegliare il rispetto del regolamento all'interno del c., di annotare la presenza delle maestranze, di sedare eventuali rivolte, di distribuire gli attrezzi da lavoro e infine di sbrigare altri compiti esterni. Gli amministratori dovevano registrare le somme offerte per il finanziamento dell'opera, controllare le entrate e le uscite e, dal sec. 13° in poi, anche amministrare le proprietà fondiarie della fabrica: essi avevano la facoltà di stipulare accordi con gli artisti, talvolta anche con le botteghe che avevano al seguito, di procurare le materie prime per la costruzione e di regolarne il trasporto insieme ai servizi ausiliari. Una volta conclusi i lavori, essi curavano la manutenzione dell'edificio.È attestato che nel mondo gotico il capocantiere non poteva, secondo gli accordi, lasciare incustodito il c., assumere la direzione di ulteriori c. o lavorare in altre città, a meno che il committente o lo Pfleger non avesse dato la sua autorizzazione, accordata soprattutto ad artisti illustri, nel qual caso la direzione dei lavori veniva affidata ad artigiani del luogo. Johann Parler (Johann von Gemünd o Gmünd) costruì a partire dal 1354 il coro del duomo di Friburgo in Brisgovia e quello di Basilea. Ulrich von Ensingen diresse i lavori contemporaneamente dal 1399 al 1419 nelle cattedrali di Ulma e Strasburgo e nella Frauenkirche di Esslingen, dopo essersi trasferito a Milano, nel 1394, per lavorare al duomo, sebbene avesse anche un accordo che lo legava a Ulma. In Boemia, Peter Parler diresse insieme i lavori della cattedrale, del ponte sulla Moldava e della chiesa di Ognissanti a Praga, oltre a quelli della cattedrale di Kolín. Madern Gertener, nel 1420 capocantiere del duomo di Francoforte, costruì anche la cinta muraria della città, così come Moritz von Ensingen fece nel 1465 per Ulma. Burkhardt Engelberg, dal 1477 al 1512 capocantiere di St. Ulrich di Augusta e dal 1506 magister operis della stessa città, fu attivo anche a Ulma, Heilbronn, Nördlingen, Helfernstein e Berna, e fornì nel 1499 il progetto per il campanile della parrocchiale di Bolzano per cento Gulden.I capocantieri avevano un ruolo subalterno rispetto sia agli Pfleger sia ai controllori: Johann Parler in un documento del 1359 si autodefiniva servitore dello Pfleger, mentre in un contratto di Ulrich von Ensingen redatto a Ulma nel 1392 il capocantiere era tenuto, qualora fossero sorte disparità di vedute con le maestranze, a riferirne agli assistenti, i quali avevano anche il diritto di licenziarlo, nel caso fosse risultata qualche mancanza a suo carico (Schock-Werner, 1978, pp. 62-63). Uno dei suoi compiti riguardava la realizzazione del progetto, del disegno o dello schizzo, che quindi, in un certo qual modo, possono considerarsi veri e propri documenti; i capocantieri e i loro successori avevano l'obbligo di attenersi strettamente al progetto e non potevano in fase d'esecuzione semplificarlo al fine di agevolare il proprio compito.I muratori dovevano prestare il loro servizio per la durata di tre anni, gli scalpellini per cinque. Potevano diventare apprendisti (ragazzo di bottega, manovale, sgrossatore) solo i figli legittimi e di ca. quattordici anni. Al principio si doveva pagare al maestro una somma per l'apprendistato; questi non poteva avere presso di sé più di due giovani e, solo nel caso egli fosse stato alla direzione di più opere, gli apprendisti potevano salire a cinque. Essi vivevano di solito presso il maestro e ricevevano anche uno stipendio, qualora fossero già pratici del mestiere. Se l'apprendistato era stato limitato a tre anni, gli scalpellini potevano essere impiegati solo come muratori. Lo scalpellino aveva, inoltre, l'obbligo, terminati i cinque anni di formazione, di lavorare un anno come lapicida itinerante presso altri cantieri. Presso il duomo di Praga erano attivi, per es., giovani provenienti da Colonia, dalla Vestfalia, dal Brabante, da Meissen, dalla Sassonia, dalla Polonia, dall'Ungheria, dall'Austria, dalla Svevia e dalla Franconia; molti apprendisti si erano spostati in Francia o presso il duomo di Milano. Trascorso tale periodo, il giovane andava a prestare servizio presso un maestro e dopo poco tempo diventava Parlier, nomina che gli veniva conferita dal maestro, che egli poteva quindi sostituire nei periodi di assenza dal c.; il compito che doveva svolgere consisteva nello stabilire e annotare le dimensioni delle pietre. Quando il capocantiere si trovava a dirigere la costruzione di più edifici, veniva sostituito dal Parlier. In ogni c. se ne contava uno e nei progetti di più vaste dimensioni venivano chiamati anche maestri forestieri: nel 1414 Ulrich von Ensingen lavorava al c. della torre del duomo di Basilea, mentre nel 1499 Burkhardt Engelberg a quello del campanile della parrocchiale di Bolzano. I Parlier di grandi c. venivano spesso chiamati altrove come capocantieri, come dimostra il caso di Hans Niesenberger, che da Strasburgo si spostò a Friburgo in Brisgovia, oppure facevano carriera all'interno dello stesso c., come nel caso di Hans Hüls, che sostituì Ulrich von Ensingen nel c. della cattedrale di Strasburgo.Se un apprendista artigiano voleva diventare maestro, non era necessario che fosse stato prima Parlier, doveva piuttosto essere stato a bottega per due anni presso un maestro. Egli diventava Kunstdiener oppure Meisterknecht ('garzone') e poteva dirigere la realizzazione di opere scultoree nell'ideazione e disegno dei progetti e nel primo sbozzamento dei conci, che poi venivano meglio profilati e decorati dagli scalpellini. Accanto al capocantiere, al Parlier, agli apprendisti artigiani e ai giovani allievi, ogni c. aveva un garzone, un fabbro che provvedeva agli attrezzi e alle armature e un carpentiere che con alcuni aiuti si occupava, per es., dell'innalzamento di impalcature e capriate; inoltre erano presenti maestranze addette agli argani e ai carri, messi e cavapietre. Il trasporto dei materiali aveva luogo con le corvées delle maestranze subalterne, con carri a pagamento, la cui esistenza è testimoniata a partire dal sec. 12°, con mezzi propri e, nel caso di Ratisbona, addirittura con una barca di proprietà del cantiere. Ad alcuni c. spettava inoltre provvedere agli uffici religiosi.A partire dal sec. 13° esistono testimonianze - come il libro delle ricorrenze di Friburgo (Schock-Werner, 1978, pp. 56, 58) - secondo cui all'interno di un c. si lavorava dal lunedì al sabato, dalle cinque del mattino fino alle sette di sera; la pausa per il pranzo durante il giorno era di un'ora, mentre la sera durava solo mezz'ora e non era contemplata quando il lavoro cessava - il sabato e durante l'inverno - alle cinque della sera. Le undici ore e mezza lavorative (che in inverno scendevano a otto-nove) in una settimana diventavano sessantasette e mezzo, ridotte per le molte festività: nel 1471-1472 a Friburgo si contarono quarantacinque giorni infrasettimanali liberi. A Friburgo ogni due sabati gli apprendisti terminavano la loro giornata alle tre del pomeriggio, per potersi lavare, ed era previsto per ognuno di loro il pagamento da parte del c. delle spese per il bagno; analogamente a Norimberga il lunedì mattina era dedicato al bagno che, anche in questo caso, veniva pagato dal cantiere.Poiché durante l'inverno il numero di ore lavorative era minore, anche il salario veniva in genere diminuito (a Friburgo di un terzo), tuttavia nei c. di Strasburgo e Ratisbona esso non subiva alcuna variazione. Normalmente tutti gli operai venivano pagati a salario, calcolato su base giornaliera, alla fine della settimana, e solo piccoli lavori saltuari o maestranze specializzate e molto qualificate venivano retribuiti a cottimo; per gli scalpellini era usuale tanto la paga a giornata quanto a cottimo; nei c. di Praga e Vienna, infine, esisteva solo quest'ultimo. Entrambi i sistemi avevano i loro vantaggi e svantaggi: con la paga giornaliera sussisteva il pericolo che il tempo di costruzione si prolungasse inutilmente per il rallentamento dei lavori, mentre con il sistema del cottimo si poteva pregiudicare la qualità di un'opera, come sostenuto in un sermone di Bertoldo di Ratisbona (m. nel 1272).L'ammontare del salario variava a seconda delle diverse qualifiche dei singoli operai. In Inghilterra nel sec. 13° muratori e carpentieri ricevevano dal doppio al quintuplo della somma percepita dalle donne, mentre i manovali guadagnavano da una e mezzo fino a due volte tale ammontare. Nei c. di Strasburgo, Friburgo e Ratisbona gli apprendisti artigiani nel corso del sec. 15° ricevevano il medesimo salario; tuttavia quelli addetti al trasporto delle pietre a Friburgo erano pagati leggermente meno rispetto a quelli che lavoravano in c.; a Ratisbona avevano diritto a un supplemento qualora avessero lavorato nelle parti più elevate del duomo. Gli scalpellini erano retribuiti notevolmente meglio rispetto agli artigiani apprendisti con altre mansioni: nel 1414 a Strasburgo i giovani scalpellini per una settimana intera di lavoro ricevevano nove scellini, i fabbri cinque scellini e quattro Pfennige, gli addetti agli argani cinque scellini e uno Pfennig; sotto Arnold von Westfalen a Meissen un apprendista attivo alla costruzione veniva pagato il quadruplo di un fabbro. La categoria meglio retribuita all'interno del c. era quella dei capocantieri: ottenevano il salario di un anno, pagato solitamente in quattro rate scadenzate secondo i tempi liturgici, e anche un compenso settimanale costante; inoltre, risultano sempre testimoniate ricompense in natura di diversa entità a seconda dei singoli cantieri. L'accordo stipulato da Johann Parler a Friburgo nel 1359 era un documento pergamenaceo con il sigillo del capocantiere, mentre la copia per il Werkmeister recava quello del committente. Questo contratto fu certamente preceduto da un altro, redatto nel 1354, che - come avveniva di solito - aveva la durata di cinque anni. Secondo l'accordo, l'architetto si impegnava a operare e consigliare per il meglio riguardo a quella costruzione e alle altre appartenenti al comune. Per questo compito egli riceveva in cambio per tutta la vita, anche in caso di malattia, dieci libbre di Pfennige della moneta di Friburgo, due volte all'anno una nuova veste foderata di pelliccia a sua scelta e inoltre il denaro per l'affitto della casa, oltre al salario da lui abitualmente percepito, qualora avesse lavorato in prima persona.La paga degli altri capocantieri era costituita da una somma annuale, un salario giornaliero o settimanale nel caso avessero lavorato direttamente nel c., uno o due abiti all'anno, alloggio gratuito, oltre a legna e altri prodotti (vino, grano e crauti). Essi divennero proprietari di terreni e acquistarono tale fama da essere considerati personalità notabili accanto agli Pfleger e agli scribi della città. Già il laico Enzelin, nella seconda metà del sec. 12° attivo come magister operis a Würzburg nella realizzazione di ponti e strade e nella ricostruzione del duomo, era così stimato che, nel 1153, il vescovo gli affidò una chiesa, presso cui si stabilì la sua famiglia. Il Parlier riceveva un compenso annuale, ma inferiore a quello del maestro, e spesso anch'egli veniva pagato in natura; la sua paga giornaliera o settimanale corrispondeva a quella degli apprendisti scalpellini; molto inferiori erano i salari e le condizioni degli altri capomastri: carpentiere, fabbro, forgiatore.Attraverso i libri contabili dei c. medievali, che presumibilmente ovunque venivano stilati in due copie, si ha notizia riguardo al tipo di calcolo amministrativo che si faceva all'epoca; una delle due copie rimaneva all'interno del c., l'altra era destinata al responsabile dei lavori (Bauträger). Gli esemplari dei secc. 14°-15° sono quasi sempre volumi cartacei di grande formato ma di poche pagine. La lingua usata in tutta l'area germanica era il tedesco e, solo nei casi di Praga e Basilea, il latino. La chiusura dei conti era semestrale, nella maggior parte dei casi al 12 dicembre e al 15 giugno; solo nell'avanzato sec. 15° si faceva anche una chiusura annuale. Le uscite venivano registrate settimanalmente oppure ordinate in rubriche a seconda dei diversi capitoli: forgiatori, fabbri, cordai, carpentieri, pietra, calce, sabbia, ecc.; in tutti i c. le paghe degli scalpellini costituivano la voce più rilevante. Alla fine di ogni libro contabile venivano calcolate a confronto le entrate e le uscite, non sempre con assoluta precisione.Poiché nel Medioevo non esistevano prefinanziamenti per la realizzazione di tali opere e i c. ricevevano fondi soprattutto grazie a lasciti, offerte e raccolte di denaro, nei periodi di crisi e durante le guerre vi furono forti contrazioni dei mezzi finanziari a disposizione, anche in quei c. che contavano su entrate stabili, come quello di Strasburgo, dove, negli anni di guerra 1428-1429, solo il capocantiere, il fabbro e il chierico venivano ancora pagati, sebbene solo poche settimane prima risultassero impiegati nel c. fino a venti scalpellini. Il numero di maestranze, in particolar modo di avventizi, veniva adeguato velocemente alla domanda di lavoro e alla quantità di denaro che era a disposizione, il che portava a un'evidente riduzione di impiego soprattutto durante l'inverno; ma si teneva anche conto delle esigenze del lavoro agricolo per permettere ai manovali di potervisi dedicare. Sui modi e sui motivi dei licenziamenti riferisce il contratto di Hans Niesenberger di Graz, attivo a Friburgo in Brisgovia (Schock-Werner, 1978, p. 58): il maestro aveva l'incarico di assumere capaci apprendisti artigiani su indicazione degli Pfleger; nel caso che essi fossero stati o troppi o insufficienti, egli avrebbe dovuto esserne informato con un mese di anticipo e si sarebbe regolato di conseguenza. Nell'ipotesi tuttavia che gli Pfleger non fossero soddisfatti di un apprendista artigiano, avrebbero dovuto darne comunicazione al capocantiere o al Parlier, obbligati a loro volta ad allontanarlo dal c. entro un mese. I frequenti cambiamenti che risultano dai numerosi documenti dei c. - dovuti all'obbligo di spostamento e ad altre cause - trovano una giustificazione anche nel fatto che i contratti erano di breve durata e che gli apprendisti artigiani venivano spesso licenziati. Tuttavia in ogni c. esisteva un gruppo di apprendisti artigiani stabili che rimanevano più a lungo e che spesso si sposavano con persone del luogo.A Strasburgo il c. versava in una Büchse ('borsa per la questua') uno Pfennig a settimana per ogni scalpellino. Questo denaro raccolto veniva utilizzato per gli apprendisti artigiani in difficoltà. In altri c. spettava ai membri delle corporazioni di scalpellini raccogliere i soldi per la Büchse attraverso le quote di ammissione o con le ammende. Con le somme raccolte venivano pagate anche le spese di sepoltura per i confratelli. Per gli operai del c. che non facevano parte delle corporazioni di scalpellini - le donne di fatica, i garzoni addetti al trasporto e quelli di bottega - il c. stesso provvedeva ai costi di sepoltura, alle cure in caso di malattia e al loro matrimonio. Nei c. si celebravano alcuni giorni di festa particolari per il compimento di una volta o la messa in opera di una capriata o di una campana, ma soprattutto si festeggiava la posa della prima pietra o la consacrazione della chiesa con l'offerta di regali e di vino. Anche tra le autorità dei c. di opere civili i magistri operis (Baumeister) non erano necessariamente esperti di architettura, come emerge tra l'altro dai libri degli Statuti della città di Norimberga del 1329-1335 (Deutsch, Esser, 1974, p. 147), ma, membri del ceto elevato, facevano parte del consiglio comunale della città imperiale. A loro spettava il controllo sul capocantiere e sugli artigiani, ma anche il finanziamento e l'organizzazione dei c. pubblici. Nel 1397 un Baumeister con salario fisso e ampi poteri venne eletto dal comune, da cui tuttavia solo nel corso della seconda metà del sec. 15° ottenne di poter dirigere costruzioni di edifici privati o lavori di modifica di strutture già esistenti, come testimonia il libromastro di Endres Tucher del 1464-1475 (Deutsch, Esser, 1974, p. 160); sottoposto a lui era l'Anschicker, che aveva il compito di realizzare gli schizzi del progetto e che spesso era un valente scalpellino, come nel caso di Hans Beheim il Vecchio (1490-1538).

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