CAPITELLO

Enciclopedia Italiana (1930)

CAPITELLO (lat. caput; gr. κεϕαλή; fr. chapiteau; sp. capitel; ted. Kapitell; ingl. capital)

Camillo Autore
Giovanni Patroni

Architettonicamente è la parte superiore di un sostegno (colonna o pilastro) posto direttamente a contatto con un elemento sostenuto (architrave o arco). Nella sua forma schematica si possono distinguere due parti, l'echino e l'abaco, le quali rispondono una al raccordo fra la parte superiore (sommoscapo) del sostegno e l'elemento sostenuto; l'altra al coronanento di questa stessa parte. Il capitello quindi è sorto contemporaneamente al sostegno, essendo di questo il naturale compimento, e in ogni stile non ha avuto probabilmente altra origine se non quella suggerita da un bisogno costante, e potremmo dire istintivo, di crearlo.

Se anche per il capitello le forme sono state all'origine costruttive e decorative, nel caso speciale è pur vero che l'echino è stato oggetto storicamente di elaborazione essenzialmente decorativa, mentre l'abaco ha conservato maggior aderenza al problema costruttivo. Si capisce che dalla diversa collaborazione di queste due cause o dal prevalere dell'una rispetto all'altra, diversi sono stati i risultati concreti a cui si è praticamente pervenuti, e in ciò hanno avuto certamente importanza decisiva i processi formativi della sensibilità delle varie civiltà.

Nella sua forma primitiva e rudimentale il capitello dovette limitarsi all'abaco, tavoletta quadrata o dado o traversino oblungo, interposto fra il fusto e l'architrave. Infatti l'abaco solo troviamo nei pilastri delle tombe egizie di Benī Ḥasan, imitanti la costruzione con grosso legname faccettato, e in altre tombe rupestri di Cappadocia e di Paflagonia, imitanti la costruzione con grossi tronchi lisci. D'altronde la costruzione primitiva dovette fare a meno anche dell'abaco: esso è una finezza che apparisce nell'architettura, già monumentale per le dimensioni del materiale adoperato, e che presenta una certa utilità costruttiva particolarmente nell'uso dei materiali più leggieri (pali e architrave sottili), in quanto allarga l'appoggio offerto dalla punta del palo, ed evita incurvature e danni dell'architrave in troppo larghi intercolumnî fra troppo piccole superficie portanti. Perciò il traversino oblungo sarà nato prima dell'abaco quadrato; e perciò di quello appunto si possono indicare sopravvivenze in costruzioni abbastanza primitive, come le capanne o casette rustiche indigene del Māzenderān (Persia). AI semplice abaco o traversino si associano però ben presto modanature della parte superiore del fusto, in tutte le architetture momumentali, e spesso con forme imitate dal regno vegetale (la colonna è rassomigliata all'albero, da cui veramente è nata e che porta una chioma; allo stelo che porta un fiore), quasi preludio all'abaco e all'architrave. È però notevole che spesso dopo un allargamento talora considerevole di tali terminazioni superiori del fusto, vi si sovrapponga un abaco di dimensioni assai minori (così nelle colonne egizie a palma, già usate sotto l'antico impero, e nelle posteriori a campana). Onde appare che nello sviluppo del capitello, e fin dalla prima applicazione del semplice abaco, la ragione costruttiva sia stata dominata da una ragione estetica: il bisogno di preparare un passaggio dal cilindro verticale (colonna) al prisma orizzontale (architrave), e il desiderio di animare, vivificare il sostegno.

Capitello egizio. - Lo studio di esso comporterebbe a rigore anche quello del fusto, tuttavia una distinzione ideale si può fare, anche perché il ricorrere di elementi orizzontali in forme di legacci, posti fra il fiore che costituisce il capitello e il fusto della colonna, ci dànno il pretesto di considerare il primo come forma a sé.

Il capitello egizio attinge le sue principali forme dalla varietà delle piante decorative di cui è ricco l'Egitto, e crea gli ordini così detti floreali, di cui il capitello è elemento differenziale. Da ueste forme sono derivati quasi costantemente altri tipi più semplici, di aspetto geometrico, per lo più privi di ornato, a cui corrispondono le forme cosiddette sintetiche e schematiche.

Dei varî tipi creati non solo coesistono le forme nello stesso periodo, ma ciò che più conta è che essi coesistono nello stesso tempio e perfino nello stesso ambiente, come nel tipico esempio dei capitelli del pronao del tempio di Iside a File.

L'abaco o dado si compone costantemente della sovrapposizione di uno o più dadi parallelepipedi a base quadrata di dimensioni non superiori a quelle del diametro del fusto, e di altezza variabile secondo le epoche, potendosi ritenere che essa corrisponde generalmente a un terzo o a metà circa della sua larghezza.

Il capitello lotiforme è caratterizzato dall'uso che esso fa del fiore di loto in boccioli o aperto nei tipi di loto bianco (nymphaea lotus) o turchino (nymphaea coerulea), a elementi isolati o riuniti in mazzo, legati in basso da legacci.

Il capitello papiriforme deriva le sue forme dall'imitazione della pianta detta cyperus papyrus, ripetendone con cura le più minute particolarità e, come per il lotiforme, riproduce il papiro in bocciolo o il fiore a corolla aperta. Quest'ultima, detta più propriamente a campana o a ombrello, si presenta col profilo a doppia curvatura come quello di una grande gola diritta.

Il capitello palmiforme imita nelle sue linee essenziali i tratti caratteristici della palma dattilifera. La forma è quella di un grande cesto svasato su cui si adagiano i rami di palma all'origine dei quali figurano dei rami di datteri formati da legacci. Del capitello composito si hanno diversi tipi che differiscono fra di loro per la forma della campana, per il numero degli ordini di foglie e per quello dei lobi

Il capitello hathorico, cosiddetto dall'immagine della dea Hathor che lo adornava in origine, è il capitello figurativo egiziano e si trova di regola nei monumenti dedicati a divinità femminili. È costituito nella sua forma completa ed evoluta da un prisma più alto che largo, e diviso in due piani sovrapposti decorati nelle facce da elementi scultorei figurativi.

Capitello persiano. - L'architettura persiana non ebbe la varietà di capitelli che ebbe l'architettura egizia. Nel tipo più noto, quello di Susa, esso organizza le sue forme costruttive sulla doppia mensola; è di forme originalissime, con note spiccatamente espressive, se non organicamente composte. Ha forma molto allungata, di altezza circa uguale a quella del fusto che sormonta, e risulta composto di tre parti sovrapposte, diverse di forma e di influenze. La prima parte, quella inferiore, è formata da due elementi di cui uno imita le forme del capitello palmiforme egizio; la parte intermedia è formata da un elemento quadrangolare allungato sulle cui facce si ripetono specie di mensole terminate alle estremità da volute, elemento noto all'arte assira e ionica; infine si ha la parte superiore, certamente la più caratteristica, formata dalla sporgenza di due mezze figure di tori accoppiati, sulla cui groppa, che si configura a forcella, poggia una trave.

Capitello greco. - Negli ordini architettonici, che furono creazione esclusiva dei greci, il capitello ha una funzione discriminante di primaria importanza. Infatti, siccome l'ordine architettonico altro non è se non un accordo fra una determinata forma di colonna e una determinata forma di trabeazione, così avviene che il capitello, punto sensibile dell'estetica costruttiva di tutti i popoli che usarono colonne, prende sopra di sé, nell'architettura greca, gran parte della rappresentanza di quegli elementi della colonna che devono armonizzarsi con la rispettiva trabeazione. Il capitello ionico, con la sua forma oblunga, si armonizza col delicato e svelto fusto e con la maggior sottigliezza degli elementi della trabeazione; il capitello dorico, con la sua forma quadrata e massiccia, si armonizza col fusto grosso, tozzo in origine, con l'architrave pesante d'un sol pezzo, con la grossezza delle travi a questo sovrapposte. Il capitello dorico è costituito essenzialmente da due elementi: l'abaco a forma di dado quadrato, e l'echino a superficie curva convessa; lo completano una serie di sottilissimi anelli fortemente incavati tra il fusto e l'echino medesimo. Esso non ha propriamente varietà, bensì variazioni di forme nel decorso del tempo, passandosi da echini più espansi e schiacciati a profili più dritti e più vicini al tronco di cono. Il capitello ionico preferisce i tracciati a volute, rinsaldati sempre da un'organica struttura, forse meno apparente di quella del dorico, ma sicuramente più logica, e dà una soluzione differente della sovrapposizione dell'architrave rettangolare alla forma circolare della colonna. Si serve allo scopo di elementi decorativi, rigetta da principio l'impianto quadrato dorico, e organizza le sue forme su un piano rettangolare tutto attivo di elementi a volute, situate da bande opposte del fusto e disposte come due mensole sotto l'architrave.

Il capitello ionico ha cinque varietà principali, di cui due si suddividono ciascuna in due sottovarietà. Due varietà compaiono già nel periodo arcaico dell'arte: 1. il capitello ionico normale, con pulvino (v.) sovrapposto all'ovolo (v.), limitato inferiormente da un astragalo (v.), il quale pulvino ha lateralmente volute o helikes che si attorcigliano su sé stesse, e sono congiunte sui fianchi dai cosiddetti rocchelli o piumacci, elementi in forma di superficie cilindrica o a tracciato tronco-conico, e sulla fronte da un canalis orizzontale; le due sottovarietà di questa forma si distinguono dal canale a) sinuoso, forma più comune in Grecia, b) rettilineo, forma rara in Grecia, ma consueta nell'architettura etrusca e italica; 2. il capitello detto eolico, a volute ritte a guisa di manichi di pastorale, che si svolgono in senso opposto da uno stelo comune, sorgente da canestri o cuscinetti ornati di foglie lanceolate. Due altre varietà appaiono nel periodo dell'arte fiorente e avanzata; 3. il capitello corinzio, della cui origine, come è noto, Vitruvio dà un piacevole e commovente ricordo, ma che invece si deve ritenere derivato dal precedente per affinamento e stilizzazione floreale delle volute trattate come viticci; per simmetrizzazione delle volute su quattro facce con giunture diagonali; per congiunzione organica dei viticci alle foglie, voltate in su e avvolgenti il piede dei viticci nella forma del tipico canestro o calato (v.); infine per l'adozione costante, a formare questo fogliame, dell'acanto, trattato più naturalisticamente che non il fogliame del capitello eolico. Il capitello corinzio si distingue in due sottovarietà, caratterizzate ciascuna dalla specie di acanto propria della regione: a) la sottovarietà greca, che adopera l'acanto spinoso della Grecia; b) la sottovarietà italica, che adopera l'acanto molle d'Italia; 4. il capitello ionico a volute diagonali, sistemazione simmetrica su quattro facce del primo tipo o tipo normale, che, come il corinzio, tende a evitare la infelice veduta laterale del pulvino e i non felici ripieghi adottati per le colonne angolari; forma che quasi non esiste in Oriente e nella Grecia propria, e che è invece molto sviluppata nelle città italiche, ove le maestranze seguivano ancora in tarda età tradizioni locali che risalivano agli Etruschi, come a Pompei. Infine l'ultima varietà apparisce in età romana, ed è: 5. il capitello composito.

Nell'arte greca si ebbero anche i capitelli figurativi, sebbene essi si possano considerare come delle eccezioni: notiamo quello del Didymeion dove al posto delle volute si trovano teste umane e l'altro di Eleusi, nei propilei di Appio Claudio Pulcro, con l'abaco a tracciato esagonale e figure alate fra viticci.

Ebbero speciale importanza i capitelli delle ante (v.) che i Greci distinsero da quelli delle colonne. Per il dorico si ebbe in generale un capitello più sagomato, sempre ornato, e talvolta perfino colorato. Quello ionico ebbe espressioni ancor più ricche, e ne è caratteristico esempio il capitello del Didymeion di Mileto.

Capitello romano. - Nell'arte romana, i tipi di capitelli già noti all'arte greca sono oggetto di una nuova interpretazione, ma altri ne introduce l'artista romano. La preferenza fu data alle forme più ricche del corinzio e del composito con la variante del capitello fantastico. Dato il temperamento pratico ed utilitario dell'architetto romano, il dettaglio rimase come in un secondo piano rispetto alla ricerca di effetti spaziali, in contrapposto a quel senso di raffinatezza che fu specialmente nota fondamentale dell'artista greco.

Il capitello dorico non ebbe nell'arte romana che scarse applicazioni. Il tipo più noto è costituito, nei suoi elementi principali, da un abaco coronato da un listello e talvolta da una gola; da un echino ad arco di cerchio, e da tre listelli sporgenti uno sull'altro in sostituzione degli anuli incavati del tipo greco: ma l'abaco si riduce di altezza, si orna, e spesso in parte si distacca dall'architrave (esempî, quelli dell'ordine inferiore del Colosseo e del teatro di Marcello a Roma).

Agli elementi del tipo descritto, altri se ne aggiunsero, come il collarino semplice o decorato, gli ovuli intagliati nell'echino, l'astragalo, pervenendo a una tipica forma molto usata nel Rinascimento.

Il capitello cosiddetto toscano (da Vitruvio detto tuscanicum) derivato dall'arte etrusca fu, come il dorico, costituito di soli elementi geometrici. Ammise il solito abaco rettangolare, raccordato al fusto mediante l'echino in forma di quarto di cerchio, oppure di grande gola diritta.

I Romani hanno modificato il capitello ionico greco nello stesso senso in cui modificarono quello dorico. Tali modifiche riflettono, più che la composizione, le proporzioni e i dettagli. Il capitello ebbe in generale un aspetto più geometrico di quello greco e fu costituito, nella forma più nota, da un abaco terminato da modanature, talvolta ornate da foglioline lanceolate; da un echino a quarto di cerchio quasi sempre intagliato da ovuli; dalle volute unite sulle fronti da un listello costantemente rettilineo e sui fianchi dai soliti piumacci o rocchelli, talvolta riccamente ornati. Delle forme ornate alcune introducono il fiorone nel centro del capitello, e fra le volute fanno ricorrere delle foglie di acanto.

Il capitello corinzio acquista presso i Romani caratteri proprî e raggiunge la espressione più ricca e il più armonico sviluppo.

Nella sua forma più comune si compone di un abaco quadrato a lati incurvati posto al disopra di un cesto o nucleo cilindrico. Su di questo si adagiano due ordini sovrapposti di otto foglie ciascuno; quelle dell'ordine superiore si sfalsano collocandosi fra gl'intervalli di quelle dell'ordine inferiore e, negli spazî compresi tra le foglie del secondo, vengon fuori i caulicoli desinenti in volute riunite a gruppi di due a sostenere gli angoli dell'abaco, mentre altre volute più piccole si dispongono anch'esse a gruppi di due sull'asse di ogni faccia a sostenere un rosone centrale di forme svariatissime. Il capitello corinzio imposta e sviluppa così le sue forme nelle direzioni diagonali dell'abaco secondo le quali si protendono le parti sporgenti delle volute, organi centrali della composizione che acquisteranno in seguito, nell'arte medievale, la più alta espressione di forza.

Ciascuna parte degli elementi che compongono questo insieme ricco e fastoso, si distacca nettamente dalla superficie del nucleo, e i numerosi spazî che restano fra le foglie, si proiettano sul fondo scuro del nucleo medesimo e da esso risaltano per opposizione di chiari e di scuri, facendo apparire l'insieme del capitello come qualcosa di veramente vivente.

Il capitello corinzio italico è così detto per le numerose applicazioni che esso ebbe principalmente nel territorio italico. È una forma che si ripete e che dimostra uno spirito ornamentale incline a forme naturalistiche, cioè più rispondente al sentimento dei Romani, e i cui esemplari non possono essere confusi con i capitelli corinzî dei tipi descritti.

I capitelli dell'Arco di Tito, delle Terme di Caracalla e di Diocleziano, ci dànno esempî caratteristici del cosiddetto capitello composito. Esso, pur derivando dall'innesto delle forme ioniche su quelle corinzie, non ha la nobile eleganza del capitello ionico e più si accosta alla ricchezza del corinzio, del quale conserva le proporzioni. Se ne distingue tuttavia per una maggior compattezza delle masse, per il senso di energia delle volute che finiscono col dominare talvolta la composizione generale, e infine per quella mancanza di equilibrio che si nota fra le proporzioni delle volute medesime e il fogliame. È stato pertanto più difficile che al corinzio dargli l'aspetto elegante e, per poco che l'artista abbia sovrabbondato nel senso di forza degli elementi che lo compongono, si è caduto qualche volta in capitelli di scarso valore artistico e in espressioni goffe e pesanti.

Ma, fra le novità introdotte dai Romani nel capitello, ha speciale importanza, per lo sviluppo che ebbe nell'arte medievale, la composizione del capitello fantastico, figurativo e simbolico. Tralasciando i non frequenti esempî egizî e greci, va riconosciuta agli Etruschi la priorità dell'aver inserito l'elemento figurativo nell'organismo già costituito del capitello ionico o corinzio. Basta citare gli esempî di Tuscania, Vulci, Volterra e Sovana. Quasi tutti presentano un ordine di foglie di acanto, le volute o caulicoli e nel centro una testa muliebre. Elemento essenziale della composizione è la figura rappresentata per intero e a tutto rilievo, la quale sbuca dal fogliame o va ad occupare il posto dei caulicoli o quello del fiorone centrale. Vi sono anche dei capitelli che ammettono come elementi principali trofei guerreschi, corazze e vittorie. Ma principalmente interessanti per noi sono i casi in cui vengono riportati sul capitello interi gruppi di figure come in quello (fine del sec. II d. C.) del cortile della Pigna al Vaticano, per i raffronti che può avere con i capitelli figurativi romanici.

Tutte le varietà corinzie e composite subiscono ancora una trasformazione nei monumenti delle provincie romane per il complicarsi degli elementi accessorî: ma in generale manca ad essi una certa unità morfologica.

Il capitello bizantino. - Alla formazione di questo tipo di capitello varie cause collaborano. Prima fra tutte la sostituzione dell'arco apparecchiato alla piattabanda monolitica che portò con sé un maggiore interasse e un conseguente maggior peso su ciascun sostegno. La mancanza poi di cornice fra il capitello e gli archi e l'uso di impostare quelli sulle colonne, fece sì che il capitello classico per la sua forma poco svasata e per la tavola di abaco quadrata a lati poco incurvati generalmente poco si prestasse a ricevere l'imposta relativamente grande degli archi che vi convergevano. Ne conseguì la necessità costruttiva d'ingrossare non solo l'abaco classico rendendolo più alto e più robusto, e rettificandone i lati, ma d'introdurre fra il capitello e l'arco il pulvino, che, com'è noto, ebbe l'ufficio di riportare l'azione del muro sovrastante sul nucleo del capitello senza che l'imposta agisse direttamente sulle sporgenze degli spigoli di esso.

Si ebbero due gruppi ben distinti di capitelli e cioè quelli a rilievo e quegli altri che derivano il loro principale interesse dall'aspetto detto da alcuni bicromico e dovuto alla decorazione fatta di trafori marmorei.

Generalmente quelli a rilievo ripetono forme già note di capitelli corinzî e compositi, sebbene diverse ne siano state la tecnica e la forma delle foglie e le proporzioni generali. La tecnica, detta al trapano, è quella che fora la pietra bucherellandola anziché modellandola, cospargendo di un numero straordinario di buchi le linee delle costole, quella degli orli e le venature delle foglie in un aspetto veramente singolare.

Il capitello teodosiano è un capitello del tipo corinzio e fu così detto dallo Strzygowski per essere stato molto usato sotto il regno di Teodosio II. È composto generalmente di due ordini sovrapposti di 8 foglie ciascuno, collegati alla base da un anello di altre piccole foglie disposte in direzione obliqua, e fra le volute, al posto della solita corona di ovuli, si hanno delle foglioline di acanto molle e qualche volta una croce.

I capitelli di tipo geometrico a cui appartengono in generale i cubici e gli sfero-cubici consistono essenzialmente in un nucleo geometrico rivestito di tutta una caratteristica trama d'intrecci fatti di nastri e di volute, minutamente cesellata e traforata. I tipi principali che derivano dal capitello cubico sono: l'imbutiforme semplice, l'imbutiforme a mellone e l'imbutiforme a volute.

I due pezzi sovrapposti, capitello e pulvino, i quali per essere distinti potevano facilmente staccarsi o comunque scorrere uno sull'altro, suggerirono l'idea di ricavarli in un unico pezzo. Si venne così a determinare una forma nuova di capitello detto capitello imposta di cui il più antico esempio secondo il Diehl apparve a Costantinopoli nella cisterna di Bin-bir-Direk.

Capitello romanico. - Nel periodo romanico, in conseguenza dei nuovi sistemi costruttivi in cui l'arco e la vòlta sono elementi principali, si ebbe l'uso quasi incondizionato di grossi capitelli atti ad accogliere per intero la grossa imposta degli archi, oppure la costituzione di un capitello unico come espressione del sistema polistile, e formato dall'insieme di tanti piccoli capitelli su ciascuno dei quali venivano a insistere gli archi delle navate, quelli diagonali e infine gli archi doppî che, com'è noto, formavano nel loro complesso l'ossatura viva e resistente del nuovo sistema voltato.

Per quanto riguarda l'abaco esso ebbe nell'architettura romanica importanza fondamentale e prese forme svariatissime con uno sviluppo parallelo a quello assunto dalla planimetria delle imposte degli archi che convergevano sull'abaco stesso. In generale fu alto con gli spigoli tagliati a smusso e talvolta ornato da modanature. Esso poté anche mancare, come in molti piedritti di finestre nel Nord della Francia e nel centro della Linguadoca.

Come quasi tutti i capitelli medievali, quello romanico venne ricavato in un numero intero di assestamenti: la sua altezza e le sue generali proporzioni non furono regolate, come per i capitelli classici, sul diametro del fusto, ma furono fissate volta per volta in rapporto all'altezza dell'assestamento medesimo. Ebbe in generale forte nucleo che da solo formò il capitello geometrico mentre più spesso si ornò di elementi vegetali, figurativi o simbolici ispirati alla speciale iconografia dell'epoca, cioè ai cosiddetti bestiaria.

Viene in parte abbandonata la tecnica al trapano e ripresa quella più plastica del rilievo.

I capitelli geometrici sono i cubici e gli sfero-cubici che corrispondono ai capitelli renani, così detti dai Francesi per l'uso frequente che se ne fece nella scuola renana e anche in Normandia. Ma i primi tentativi sono stati rivendicati dal Rivoira all'architettura lombarda.

I cubici risultano da un cubo a cui sono stati smussati gli angoli inferiori, sia con una larga ugnatura come nel capitello lombardo, sia adattando la forma che risulta dalla compenetrazione di un cubo in una sfera nei cosiddetti sfero-cubici.

I capitelli di tipo dorico e ionico non sono stati mai adoperati dai romanici ad eccezione di qualche rara forma ionica riconoscibile dall'uso di volutine poste agli spigoli. Per i capitelli ornamentali e figurativi si ha un numero infinito di forme, specialmente di quelli figurativi per i quali il problema della composizione è stato affrontato e risoluto con pieno senso decorativo. Un capitello che ebbe anch'esso numerose applicazioni fu quello corinzio, specialmente nelle regioni ove gli avanzi classici ebbero, come in Italia, notevole influenza.

Capitello gotico. - Dopo i capitelli romanici, abbandonate le forme più schiettamente geometriche del periodo precedente e perduti di vista interamente gli elementi d'ispirazione classica, nasce il capitello gotico di oltralpe. Esso ha organizzato le sue forme per ricevere un carico attraverso le imposte degli archi che vi convergono, e la sua speciale configurazione, come quella dell'abaco che gli appartiene, segue il tracciato planimetrico dell'imposta degli archi medesimi e risulta dalla compenetrazione di elementi affiancati. Nel sistema costruttivo gotico non solo si offrì agli artisti lo studio del capitello isolato, ma più specialmente si presentò ad essi la configurazione del capitello multiplo derivato dal sostegno polistile. Prevalgono le forme che si possono dire corinzie, formate al solito da un nucleo centrale a campana rovescia, ampiamente svasata su cui si applica una decorazione di fogliame direttamente ispirata dalla natura, riproducendone i più minuti dettagli con un senso veristico straordinario.

Il capitello dei secoli XII e XIII è il cosiddetto capitello ad uncino o a crochet, una delle espressioni più tipiche fra i capitelli gotici.

Il crochet od uncino, sì può considerare come una trasformazione della voluta ed è essenzialmente costituito da una foglia del tipo di quelle grasse che si assottiglia gradatamente verso l'estremità, portandosi in alto a formare sotto l'abaco, in corrispondenza degli angoli, come una massetta chiusa e raccolta. Quando l'altezza del cesto comportò due assestamenti della costruzione, si ebbe di regola un secondo ordine di foglie ad uncino disposte in direzione sfalsata rispetto a quella del primo, determinando su ogni faccia del capitello un gruppo di tre massette disposte a triangolo col vertice rivolto in basso. Generalmente le foglie dai gambi carnosi del tipo di quelle acquatiche, riproducono i rami di gichero o di cavolo marino terminati da gemme o boccioli turgidi, come gonfi dai succhi vitali, serrati con un senso di forza contenuta.

Nel sec. XIV ai capitelli a crochet succedono quelli a mazzi di foglie applicate al cesto, che non derivano più dall'astragalo, ma dai rami che cingono il cesto medesimo. Si ebbero talvolta due ordini sovrapposti di simili foglie, la cui caratteristica ondulazione si accentuerà in seguito.

Nello stile cosiddetto flamboyant, in alcuni esempî, il fogliame del capitello si porta oltre il contorno segnato dall'abaco e su di esso si espande. Altra forma assai caratteristica è quella di un grande fiore molto svasato in alto che si assottiglia rapidamente in basso per raccordarsi col sommoscapo delle colonnine esili.

Il capitello italiano del periodo gotico, pur somigliando per alcune sue forme della plastica secondaria a quello del gotico di oltralpe, rimase sempre un'affermazione di arte e di spirito italiano, risultato questo di un'esperienza e di una coscienza artistiche non mai perdute in tutta la storia della nostra architettura.

Il capitello del Rinascimento. - In generale si può dire che due furono gli elementi a cui il Rinascimento attinse. Da una parte la sopravvivenza di elementi e modi di composizione medievali, derivati alla loro volta da una parallela trasformazione avvenuta a suo tempo nel passaggio di questi stessi elementi dall'arte romana a quella del Medioevo, dall'altra la decisa tendenza ad appropriarsi degli elementi e del dettaglio della composizione classica. Nel capitello del '400 in cui la influenza medievale è stata immediata notiamo: il pulvino, gli elementi figurativi, il doppio astragalo, infine quel senso generale di disperso e di poco compatto.

Gli artisti del Rinascimento e più specialmente quelli del Quattrocento, contemporaneamente scultori ed architetti, furono portati per questa loro doppia qualità ad esaltare e a prediligere il dettaglio come forma già bella in sé, per cui il capitello fu composto nella pluralità dei casi, non più in vista di un problema costruttivo, ma principalmente per soddisfare un bisogno estetico. Nel '500 invece, periodo di affermazione stilistica, si fissano le forme dei capitelli nella loro espressione definitiva nel tipo già preparato dagli stili classici, e a ciò certamente contribuì l'influenza esercitata dai trattati, ma principalmente, come è stato bene messo in evidenza dal Giovannoni, la figura artistica e professionale dell'architetto nel Cinquecento.

Per quanto riguarda la funzione costruttiva del capitello diremo che, abbandonata completamente la struttura gotica, si ritorna al concetto del sostegno isolato e a quello dell'imposta quadrata di limitate dimensioni che insiste, direttamente o con l'intermediario di una cornice, sull'abaco, per cui le proporzioni ritornano ad essere riferite al diametro della colonna preso come elemento unitario. Non tutte le forme di capitelli classici ebbero nel Rinascimento uguale sviluppo durante il periodo di più di un secolo circa. Il dorico e lo ionico interessano quasi esclusivamente il Cinquecento, mentre il corinzio e il composito ebbero costante applicazioni in tutto il Rinascimento.

In generale l'ordine dorico del '400 e del '500 denota una deviazione da quello romano, perde cioè il senso di forza e di severità che esso aveva originariamente e acquista il senso di grazia che è già nello spirito generale dei capitelli degli altri ordini. Verso la fine del '500 il capitello dorico riprende la sua originaria e schietta sobrietà con il Sangallo il giovane, il Palladio e più specialmente con il Vignola e il Sanmicheli.

Il capitello ionico viene usato nelle forme già note all'arte classica, ma il Rinascimento altre ne introduce. Sono per lo più le forme a collarino ornate di scudi, targhette e tanti altri delicati ornamenti intagliati con un gusto straordinario. Forme meno ornate, ma più energiche sono quelle che Michelangelo disegnò per i palazzi Capitolini a Roma. E il cosiddetto capitello a orecchione, che per le sue forme energiche, ma soprattutto per le sue grandi opposizioni di luce e di ombre prodotte dall'accartocciamento delle volute piene e carnose e dalla energica strozzatura dei piumacci, preludia ai capitelli simili del periodo barocco.

Il capitello corinzio è la forma che produsse la maggiore varietà di conformazioni artistiche, tutte collegate da un medesimo spirito e contenute, sotto certo aspetto, entro i limiti di una trama comune. Varietà tutte più o meno notevoli per una straordinaria finezza di esecuzione e talune di una distinzione tale da essere considerate a ragione fra le cose più belle che ci abbia lasciate il Rinascimento. Sono per lo più elementi imitati dalla natura, riprodotti non con quella fedeltà che provoca l'illusione ma stilizzati per essere adattati agli schemi classici e decorati mediante targhe, stemmi, conchiglie, palmette, intrecci a spirali, baccelli a ventaglio, ecc.

Altri tipi di capitelli sono invece dominati da una inquadratura più architettonica, disciplinata cioè da un senso più geometrico delle masse, come i capitelli del Brunelleschi; altri ancora fondano i loro effetti su ricerche di proporzioni, forme per lo più portate alla semplificazione del corinzio espresse con nitidezza di intaglio; infine alcuni tipi semplificati hanno le foglie di acanto lisce e carnose, serrate e compatte attorno a un nucleo centrale.

Fra le novità introdotte dal Rinascimento notiamo i capitelli cosiddetti imposta o peduccio.

Capitello barocco. - In armonia al concetto di libertà, di bizzarria e di capriccio che domina tutta quanta l'arte di questo periodo, il capitello fu considerato come una forma isolata, indipendente cioè dall'organismo statico, e in taluni esempî la sua funzione decorativa fu così voluta e preponderante da trasformare l'aspetto del capitello per creare nuove e più tipiche forme.

Non tutte le forme di capitello dei periodi precedenti furono trasformate dai barocchi: così il dorico conservò il noto aspetto geometrico dei modelli classici come nel colonnato di S. Pietro in Roma del Bernini. Lo ionico fece la voluta più energica e preferì di solito il tipo simmetrico con le quattro volute angolari protese come quattro grandi masse piene e carnose che proiettano larghe e profonde ombre sull'ampio collarino. Dalle volute si partono talvolta dei voluminosi festoncini e il collarino stesso si orna di elementi decorativi e baccellati; l'insieme assume lo sviluppo e l'aspetto ricco del capitello corinzio. Viene continuato e largamente usato il tipo ionico a orecchione. In altri esempî le volute sono ornate da foglie di acanto dando all'insieme una dimensione in altezza che si può paragonare a quella del corinzio. Altri ancora trasformano le volute in fogliame da cui si partono avvolgimenti a nastri e fra essi si pone un elemento decorativo a conchiglia come nel capitello di pilastro del palazzo Cagiati a Roma.

Il corinzio e il composito furono le forme più specialmente usate sia nei tipi tradizionali resi più energici e chiaroscurati, sia in altri di aspetto più capriccioso e decorativo: il composito specialmente si arricchì di volute, cartocci, targhe e fogliame, componendo mascheroni e teste di animali e fra le volute facendo ricorrere talvolta la curva di un festone.

Aspetti ancora più nuovi sono quelli composti di elementi geometrici, ornamentali e figurativi insieme, in un modo veramente tipico, come quelli del portale della chiesa di S. Giuliano dei Fiamminghi a Roma. Altri capitelli mancano di abaco. Vi sono infine dei capitelli, il cui fine decorativo è evidente per il compenetrarsi degli elementi di essi con gli elementi della cornice e del fusto: citiamo, per darne un esempio, il caratteristico capitello del palazzo Bonaparte a Roma, in cui l'abaco si compenetra con l'architrave, e il fogliame attraversa l'astragalo ricoprendolo.

In generale però gli artisti barocchi si mantennero entro gli schemi e rapporti fissati dal Vignola, nel senso generale delle proporzioni, nella simmetrica disposizione delle parti e in quel carattere evolutivo di continuità della tradizione, pervenendo quasi sempre a nobiltà di espressione.

Capitello moderno. - La tendenza tradizionalista nell'architettura moderna ricorre alla libera interpretazione dei tipi di capitelli degli stili passati facendo loro assumere caratteri più prossimi alle nuove esigenze, piegando cioè le loro intrinseche qualità espressive alle necessità materiali e spirituali di oggi. In linea generica tali espressioni si può dire abbiano raggiunta una certa comune tendenza che corrisponde a concetti di semplicità, riducendo spesso il capitello ad un semplice gioco di masse. Alcune di tali forme rivestono quelle geometriche delle mensole situate all'incontro delle travi con il sostegno e sono per lo più quelle che si esplicano nella manifestazione semplice e schematica di un contenuto costruttivo, assumendo forme a tronco di piramide rovescia o a tronco di cono, ad elementi semplici o sovrapposti, a facce lisce o poco ornate da caratteristici elementi; o si presentano a dadi sovrapposti sporgenti uno sull'altro. L' importanza estetica di simili forme è nelle proporzioni ed eccezionalmente in qualche elemento decorativo. Sono più specialmente in uso in Germania. In Italia i capitelli hanno assunto caratteri più espressivi e forme più ornate, dimostrando la possibilità di ampliamento o di successivo sviluppo di forme preesistenti.

La tendenza razionalistica è sorretta da concetti di assoluta rispondenza tra forme e soluzione scientifica in cui è assente ogni tentativo di ricerca espressiva, limitando cioè le forme alla pura soluzione costruttiva. In tale tendenza, nelle costruzioni in cemento armato, la funzione statica del capitello è stata in parte assorbita dai sostegni, per cui il capitello tende a scomparire non solo come forma estetica ma anche come forma costruttiva. Fenomeno analogo a quello verificatosi nel periodo gotico tardo, quando per la continuità delle nervature del sistema voltato, negli elementi portanti, venne a mancare il bisogno costruttivo del capitello, che da questo momento fu anche abbandonato come elemento estetico.

Capitello musulmano. - Il capitello musulmano ci si presenta sotto una straordinaria varietà di aspetti dovuta principalmente alla vasta espansione che ebbe l'arte musulmana, e alle conseguenti influenze che subì nelle singole regioni dove essa ebbe sviluppo.

I tipi più noti sono quelli a forma geometrica come i cubici, gli sfero-cubici, i pieghettati, ma più specialmente caratteristica è la forma di capitello a stallattiti, la più tipicamente musulmana per la strana combinazione degli elementi a stallattiti che la compongono. Delle forme ornate sono note quelle che ricordano in modo più o meno deciso quelle dei capitelli compositi, in alcuni dei quali viene perfino riprodotta la tecnica al trapano dell'arte bizantina. Mancano completamente i tipi di capitelli figurativi, per quella naturale avversione che ebbe in genere l'arte musulmana a rappresentare la figura.

Capitello indiano. - Anche i capitelli indiani si presentano di una varietà di aspetti e di una ricchezza di fantasia straordinarie, collegati da una nota fondamentale che li caratterizza. Per quanto riguarda le influenze si può dire che confluiscono nel capitello indiano elementi dell'arte ellenica e di quella persiana.

La prima trova caratteristica espressione in alcuni tipi ionici e corinzî; la seconda è sensibile nei tipi a forcella tanto noti nell'arte buddhistica. Ricordiamo a tale uopo, le grandi volute a sviluppo verticale arrotolate in senso opposto, in tutto simili a quelle del capitello di Susa; il tema dei tori accoppiati o di altri animali ebbe anche largo impiego.

Alle forme geometriche appartengono i bulbosi che rassomigliano per la loro speciale configurazione al lavoro fatto al tornio.

Caratteristici anche i capitelli a sfera. Altre forme risentono nella loro generale composizione di quella dorica senza però raggiungerne l'equilibrio, né la perfetta sagomatura. Altre ancora richiamano la forma di abaco o quella di più abachi sovrapposti e aggettanti uno sull'altro.

Capitello messicano. - Nel Messico precolombiano, le più recenti scoperte hanno confermato che il sistema costruttivo più in uso era l'architravato. I sostegni erano coronati da capitelli semplicissimi il cui schema era limitato a pochi elementi lineari. Alcuni, come quelli appartenenti ai Zapotechi, erano formati da una sola grossa modanatura molto simile a quella di un echino panciuto; altri invece (portico del tempio di Zayi) ricordano l'abaco delle forme protodoriche del tipo egiziano; mentre altri assumono la forma di un rocchio di colonna collocato in sporgenza, portandosi in avanti rispetto al fusto nella funzione di una vera mensola.

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V. tavv. CCI a CCVI.

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