TRAFALGAR, Capo

Enciclopedia Italiana (1937)

TRAFALGAR, Capo (A. T., 43)

Guido Almagià

Capo della costa sudoccidentale della Penisola Iberica, sull'Oceano Atlantico, situato a SE. di Cadice, quasi a metà strada fra questa città e lo Stretto di Gibilterra.

Battaglia di Trafalgar.

Avvenne il 21 ottobre 1805 tra la squadra inglese comandata dal Nelson e la squadra franco-spagnola comandata dall'ammiraglio P.-S. Villeneuve. Nelson aveva sollecitato l'onore di portare l'ultimo colpo a quella squadra che più volte gli era sfuggita di mano, e seppe mirabilmente infiammare comandanti ed equipaggi, ispirando loro la sicurezza della vittoria. L'ammiraglio francese, avuto sentore che Napoleone intendeva sostituirlo nel comando in seguito alla sua infelice condotta e soprattutto per la decisione inopportuna di chiudersi in Cadice, volle dimostrare come almeno sapesse, se non vincere, morire, e tra il 19 e il 20 ottobre 1805 uscì con tutte le sue navi. Fece da prima rotta per ONO., virò di bordo nel primo pomeriggio, formandosi su tre colonne; poi, quando era già stato segnalato il grosso del nemico e sul cadere della notte, ordinò alle unità di disporsi in ordine secondo la rispettiva velocità, con rotta a SO. All'alba del 21 la linea franco-spagnola era nel più grande disordine. La Bucentaure che batteva l'insegna dell'ammiraglio rilevava Trafalgar per E. a circa 4 miglia. A O. apparvero trentatré navi nemiche. Villeneuve segnalò alle sue fregate di andare a riconoscerle e quindi assunse la formazione in linea di fila, ma questo era appena avvenuto che egli, temendo un attacco di Nelson alla coda della sua linea, ordinò di virar di bordo a un tempo e di serrare le distanze. La manovra, a causa della scarsità del vento, non fu facile, e la linea assunse una forma curva, con la concavità rivolta verso il nemico; la rotta era diretta su Cadice, destinazione che poteva essere preziosa in caso di avarie alle navi, ma che era al tempo stesso una tentazione ben forte per animi non troppo saldi nel desiderio di combattere. La squadra di Nelson (imbarcato sulla" Victory) era disposta su due colonne, una comandata da lui, l'altra dall'ammiraglio J. Collingwood (imbarcato sulla Royal Sovereign). All'albero della Victory sventolava lo storico segnale England expects that every man will do his duty, ciò che indicava ben chiaramente il carattere decisivo che il capo intendeva dare alla battaglia. I quindici vascelli di Collingwood (v. figura) mossero all'attacco dei dodici vascelli alleati rimasti in linea (altre navi, specialmente spagnole, erano scadute sottovento lasciando dei vuoti pericolosi), mentre Nelson con i suoi dodici vascelli si proponeva di attaccare vigorosamente il centro della formazione. Questa manovra gli avrebbe permesso di colpire a morte l'ammiraglio francese e di tenere al tempo stesso a bada il resto della squadra nemica per dare tempo a Collingwood di compiere la sua opera di distruzione, compito che fu facilitato dall'atteggiamento quasi passivo delle navi francesi di testa. Verso il tardo pomeriggio il trionfo di Collingvood era assicurato; i suoi bastimenti avevano catturato dieci navi nemiche e una ne avevano colata a picco. La vittoria della colonna di Nelson non fu meno brillante. La Victory aveva da prima governato sulla testa della linea nemica, ma poi aveva superbamente defilato di controbordo cercando il vascello ammiraglio francese. Riconosciuta la Bucentaure, la Victory manovrò per abbordarla; la Neptune francese, che seguiva immediatamente il vascello ammiraglio francese, era scaduta sottovento e non poteva portare alcun soccorso alla nave ammiraglia, ma la Redoutable, comandata dal capitano di vascello E. Lucas, che si accorse del pericolo, riuscì a sbarrare la via alla Victory. S'impegnò un epico duello tra queste due navi; numerosi morti e feriti copersero i due ponti; Nelson stesso fu colpito a morte. L'accorrere di altri vascelli inglesi costrinse alla resa la Redoutable.

A impegnarsi con la Bucentaure fu la Neptune inglese, aiutata poi dal Conqueror: la nave francese resistette valorosamente, ma dovette cedere all'attacco combinato delle due unità. Villeneuve, che aveva tentato di trasbordare su altra nave, non riuscendovi per difetto d'imbarcazioni, dovette arrendersi. La distruzione del centro della linea franco-spagnola si effettuò in una maniera assai simile a quella verificatasi per le navi della retroguardia. La squadra di testa dell'ammiraglio J. Dumanoir-Le Pelley non prese dapprima alcuna parte alla battaglia; quando essa si decise a intervenire, era troppo tardi; varî suoi vascelli s'impegnarono isolatamente e alcuni anche valorosamente, ma non poterono che aumentare il numero dei trofei conseguiti dall'avversario. Quattro vascelli con l'ammiraglio stesso poco gloriosamente si allontanarono dal teatro della lotta. Nove vascelli, raccoltisi intorno all'ammiraglio F. Gravina, diressero per Cadice, dove giunsero nella notte.

Così finì la più grande battaglia che si ricordi nella storia della marina velica, e fra le più importanti di tutta la storia per i suoi risultati e le sue conseguenze. Le perdite francesi e spagnole furono di 18 bastimenti, 4000 morti, circa 1300 feriti; gl'Inglesi ebbero 500 morti e 1200 feriti.

La battaglia di Trafalgar, colpendo duramente la marina francese nel suo rinascere, comprometteva seriamente il suo avvenire e risolveva d'un colpo il grande problema dell'egemonia marittima nato sotto Luigi XIV. Trafalgar si può dire il preludio della sconfitta di Waterloo.

Bibl.: W. James, Naval history of Great Britain, Londra 1886; E. Chevalier, Histoire de la marine française sous le Consulat et l'Empire, Parigi 1886; A. T. Mahan, Influence of Sea Power upon the French Revolution and Empire, Cambridge 1892; E. Fraser, The Enemy at Trafalgar, Londra 1906; E. Desbrière, La campagne maritime de 1805, Parigi 1907; J. S. Corbett, The campaign of Trafalgar, Lndra 1910; R. Jourdain, Histoire de la marine française de la révolution à nos jours, Parigi 1932; A. Thomazi, Trafalgar, Parigi 1932.