CAPPELLA

Enciclopedia dell' Arte Medievale (1993)

CAPPELLA

C. Bozzoni

Dal lat. tardo capella (diminutivo di capa 'veste'), nome dato, nel palazzo dei re merovingi, al luogo dove era collocata e venerata la cappa di s. Martino, sulla quale veniva prestato giuramento, e poi esteso a tutti gli ambienti consacrati dove fossero presenti reliquie (Du Cange, 1937). Secondo altra etimologia, meno accreditata ma ripresa da Moroni (1841), dal lat. classico capella (capretta), indicante la tenda di pelli caprine sotto la quale venivano protette le reliquie durante gli spostamenti della corte e dell'esercito franco. In origine pertanto il termine designa la sede, stabile o itinerante, destinata alla conservazione e al culto delle reliquie 'di stato', e in questo senso è impiegato, dalla seconda metà del sec. 8°, in riferimento a diverse residenze carolinge (Düren, Francoforte sul Meno, Altburg, Linz). Successivamente, in modo più generale, il vocabolo indica un ambiente destinato allo svolgimento di funzioni religiose, di solito dotato di un solo altare, sia esso a sé stante, in modo da costituire un edificio isolato, sia annesso, nei diversi modi possibili, a un complesso edilizio più ampio (chiesa, castello, palazzo, villa, collegio, istituto religioso, ospedale o altro).È chiaro che nel caso di edificio a sé stante il termine designa in sostanza una piccola chiesa, riservata a un ristretto numero di fedeli, organismo indicato anche, più propriamente, come oratorio. Du Cange (1937) attesta l'impiego del termine c. a indicare "quaevis aedicula sacra, oratorium, quod proprios sacerdotes non habet" o "parva ecclesia quae nec habet baptismum nec cimiterium"; ma, più generalmente, c. deve intendersi, in quanto costruzione a sé stante, come sinonimo di qualsiasi edificio consacrato di dimensioni ridotte, anche di carattere rurale, realizzato in muratura o altro materiale. In questo secondo caso si devono distinguere da un lato le c. che, pur funzionalmente integrate, sono solo adiacenti all'edificio da cui dipendono o a esso connesse, mediante vani di passaggio, gallerie o portici, e pertanto mantengono la propria autonomia spaziale e strutturale e sono assimilabili al primo caso; dall'altro quelle ricavate all'interno di un organismo maggiore, di cui possono occupare un locale qualsiasi, o anche semplicemente presentarsi come parte di un ambiente più ampio e articolato. A questo proposito va rilevato che il termine c. è anche comunemente usato a designare vani minori con proprio altare, aperti nel perimetro murario di una chiesa, in particolare in corrispondenza delle navatelle o intorno al coro (v. Ambulacro); inoltre con lo stesso vocabolo si indicano le absidi secondarie, aperte sulle navate laterali o sul transetto, e talora, soprattutto nella forma aggettivata capella maior, la stessa abside (v.) o il coro di un edificio di culto. Infine è opportuno osservare che, quando il vocabolo è impiegato per designare un ambiente destinato agli uffici religiosi nell'ambito di un complesso più ampio e funzionalmente differenziato, l'uso del termine non è in rapporto con le dimensioni della struttura: la c. Clementina di Avignone (m. 5215), per es., o la c. del King's College a Cambridge (m. 8813,60) si presentano come vere e proprie grandi chiese.In sintesi, il termine c. indica di solito una costruzione sacra isolata di piccole dimensioni o, indipendentemente dalla sua grandezza, annessa a una chiesa o ad altro edificio o complesso edilizio con diversa destinazione d'uso. Inoltre, con il moltiplicarsi di altari dentro le chiese, per l'incremento dato al culto dei santi e per lo sviluppo dell'istituto del giuspatronato da parte di famiglie e di collettività, con lo stesso termine si designano altari e spazi riservati all'interno di maggiori edifici religiosi.

Bibl.: G. Moroni, s.v. Cappella, in Dizionario di Erudizione storico-ecclesiastica, VII, Venezia 1841, pp. 95-100; s.v. Capella, in Du Cange, II, 1937, pp. 115-118.C. Bozzoni

Origini

Nei primi secoli del cristianesimo i termini oratorium, monasterium, ecclesiola, basilicula, ecc., o quelli greci οἰϰίσϰοϚ, ναίσϰοϚ furono utilizzati per designare piccoli edifici di culto in contesti molto diversi. Nelle città antiche gli edifici destinati al culto potevano essere estremamente numerosi, come attestano, per quanto riguarda Roma, le liste dei cataloghi regionari e gli itinerari dei pellegrini (Codice topografico, 1940-1942). Altrettanto si verificò, secondo le fonti, a Costantinopoli, dove abbondavano le fondazioni private, il cui statuto giuridico ed equilibrio finanziario preoccupavano frequentemente le autorità ecclesiastiche e imperiali. Un fenomeno analogo si può constatare anche su aree più vaste, particolarmente in quelle regioni ove le città si spopolarono e dove l'abbandono - avvenuto sia nel sec. 7°, dopo la conquista musulmana, come in Siria, Giordania, Negev e Africa, sia in seguito, come in Asia Minore - permette di 'fotografare' lo stato di fatto alla fine dell'Antichità. Non è affatto raro trovare in borghi o grossi villaggi dagli otto ai dieci edifici di culto. Alcuni di essi sono assai piccoli e meritano il nome di c. almeno per le loro dimensioni, dato che in molti casi se ne ignora l'effettiva funzione: queste c. si distinguono soprattutto per la superficie e per la frequenza dello schema a navata unica.Una particolare categoria è costituita dalle c. 'delle porte', erette al di sopra delle porte urbiche per assicurare alla città la protezione divina. Gregorio di Tours menziona tre di queste c. - dedicate a s. Martino - a Parigi, Amiens e Rouen, attestando che, almeno per due di esse, si trattava di costruzioni lignee (Vieillard-Troiekouroff, 1977; Weidemann, 1982). L'esempio meglio conservato di questo genere di c. è quello di Spalato, dove l'insediamento urbano all'interno della cinta del palazzo di Diocleziano, costituito nel sec. 7° dagli abitanti fuggiti da Salona, aveva le porte Ferrea e Aurea sormontate da c., la seconda delle quali, dedicata anch'essa a s. Martino, ha conservato il suo aspetto altomedievale.Una seconda categoria, quella delle c. funerarie, risulta difficile da circoscrivere. È infatti possibile confonderle con monumenti funebri destinati a contenere una o più tombe non oggetto di una venerazione particolare, altrimenti detti mausolei, soprattutto quando essi assumono una forma absidata. Variante altrettanto ambigua dell'espressione c. funeraria è il termine memoria, designante di volta in volta la nozione di ricordo e l'oggetto (per es. le reliquie di un martire) o il monumento che serve a materializzare tale ricordo o a permetterne la manifestazione. Tra le c. funerarie si possono distinguere due gruppi principali: quelle isolate e quelle collegate ad altri edifici.I monumenti isolati di piccole dimensioni contenenti una o più sepolture privilegiate e dotati di arredo liturgico, in particolare di un altare, si trovavano principalmente nei monasteri e sono noti attraverso i racconti delle vite dei santi orientali, che desideravano porre le loro spoglie sotto la protezione di una reliquia prestigiosa. Se ne conoscono tuttavia alcuni esempi certi anche in Occidente, per es. le due c. semiipogee del sec. 6° a Cartagine, contenenti ciascuna un altare e un'unica tomba, per una delle quali è noto anche il nome del defunto, un membro del clero. In Gallia l'esempio più noto è quello del c.d. Ipogeo des Dunes a Poitiers, fatto costruire per la propria sepoltura dall'abate Mellebaudus intorno al sec. 7°, ma ospitante più tombe. Nell'ambiente si trovava un altare a cippo ove vennero deposte delle reliquie, menzionate in un'iscrizione dipinta sul muro. Altri casi restano invece dubbi giacché non vi si conservano tracce di arredi liturgici o questi appaiono non sufficientemente caratterizzati, come nelle c. di sopraterra delle catacombe di Roma, nella 'c. centrale' del cimitero del Monte Bianco ad Aosta, nelle c. riconosciute presso il capocroce di Saint-Pierre a Vienne, nella c. attribuita al martire Anastasio nel cimitero di Marusinac a Salona in Dalmazia, nella c. di La Alberca presso Murcia in Spagna. Si può supporre che molte chiese tedesche o svizzere si siano sviluppate da c. funerarie, ma per lo più non si sono ritrovate che tracce di muri. La distanza che separa una c. funeraria da un martyrium o dalla memoria di un martire è in questi casi particolarmente difficile da definire, poiché la differenza attiene solo alla natura della venerazione di cui era in origine oggetto la sepoltura privilegiata.L'altro grande gruppo di c. funerarie, quelle collegate a un maggiore edificio di culto, è composto da c. situate generalmente intorno a grandi chiese consacrate a martiri celebri, con la volontà di porre un singolo defunto, o una famiglia, sotto la protezione di un patrono potente nell'aldilà. La nascita di una corona di c. è stata ben studiata intorno alla basilica Apostolorum o alla chiesa dei Ss. Marcellino e Pietro a Roma (sec. 4°), nell'area dei martiri di Salona nel cimitero di Manastirine (sec. 4°), intorno alla chiesa posta a N di Kelibia (capo Bon, Tunisia) o alla chiesa dell'antica Uppenna (Enfida, Tunisia). Tuttavia la maggior parte di queste c., se pure contenenti tombe, non presenta arredi liturgici identificabili con sicurezza.Più frequentemente, a un edificio principale poteva essere annessa una c., dotata di arredi liturgici, destinata a ospitare le reliquie. Queste c. potevano avere forma absidata (talvolta si tratta di semplici absidi), ma anche adottare piante più complesse, spesso a triconco nell'Italia settentrionale. Esse potevano trovarsi di lato (per es. a Tebessa in Algeria, a Younga o a Makthar in Tunisia) o essere 'innestate' sullo chevet (come i triconchi di Vicenza, Grado e Parenzo); a volte potevano essere annesse al nartece (soluzione frequente nell'Illirico) o parallele alla chiesa principale (a Chassey-les-Montbozon, nel massiccio del Giura). Nella Siria del Nord e in Giordania il martyrium, in cui le reliquie sono conservate e offerte alla venerazione dei fedeli, non è un edificio annesso ma è allestito in uno spazio nei pressi del presbiterio, al quale talvolta è aggiunta un'abside. In alcuni complessi queste c., consacrate a un culto accessorio, possono trovarsi di fronte alla chiesa principale, sul lato opposto di una corte: è il caso dei complessi recentemente scavati di Umm al- Raṣṣās in Giordania e di quello nelle vicinanze di Jilma in Tunisia, o ancora nell'impianto meglio conosciuto di Dāmūs al-Kharīṭa (Cartagine).In alcuni casi anche edifici di particolare elaborazione, destinati all'amministrazione del battesimo, comprendono una piccola aula di culto, la cui funzione è difficile da precisare. Si è pensato alla consignatio da parte del vescovo, ma alcuni di questi ambienti presentano tutte le caratteristiche di una piccola chiesa (per es. a Cartagine-Dermech o a Sbeïtla III in Tunisia) e potevano essere utilizzati anche per la sinassi che seguiva la cerimonia. Altri ambienti (Ippona, Tipasa) sono, allo stato attuale, sprovvisti di ogni genere di arredo che possa fornire qualche informazione sulla loro funzione originaria. La c. annessa al battistero divenne una vera e propria chiesa nei grandi centri di pellegrinaggio, come il monastero di Qal῾at Sim῾ān in Siria.Il termine c. deriva, come è noto, dall'organizzazione del palazzo merovingio. A partire dal sec. 6° si trovano menzionati in Gallia, da autori quali Gregorio di Tours, oratori o c. nelle dimore episcopali (Vieillard-Troiekouroff, 1977; Weidemann, 1982). Il migliore esempio di c. di palazzo è quello di Ravenna, dove la c. cruciforme dedicata a s. Andrea conserva la sua splendida decorazione. Un altro palazzo ad Apollonia, identificato come appartenente al dux (governatore militare) della Cirenaica, mostra un altro eccellente esempio di c., questa volta destinata anche a contenere un reliquiario, integrata in una residenza. A partire dall'epoca carolingia una c. venne pressoché costantemente prevista nell'articolazione del palazzo. La situazione risulta assai più complessa a Costantinopoli, dove già dall'epoca costantiniana diverse chiese facevano parte dell'insieme palaziale.

Bibl.:

Fonti. - Codice topografico della città di Roma, a cura di R. Valentini, G. Zucchetti, I-II (Fonti per la storia d'Italia, 81, 88), Roma 1940-1942.

Letteratura critica. - H. Delehaye, Les origines du culte des martyrs (Subsidia Hagiographica, 20), Bruxelles 1912 (19332); H. Leclercq, s.v. Chapelle, in DACL, III, 1, 1913, coll. 406-428; E. Dyggve, Der altchristliche Friedhof Marusinac (Forschungen in Salona, 3), Wien 1939, pp. 101-106, 119-130; id., Probleme der altchristlichen Kultbau. Einige archäologisch begründete Geschichtpunkte zu Grabkult und Kirchenbau, Zeitschrift für Kirchengeschichte 59, 1940, pp. 103-113; A. Grabar, Martyrium. Recherches sur le culte des reliques et l'art chrétien antique, 3 voll., Paris 1943-1946 (rist., 2 voll., London-Genève 1972); E. Dyggve, History of Salonitan Christianity, Oslo 1951, pp. 71-124; A.K. Orlandos, ῾Η ξυλόστεγοϚ παλαιοχϱιστιανιϰὴ βασιλιϰὴ τῆϚ μεσογειαϰῆϚ λεϰάνηϚ [La basilica paleocristiana con copertura in legno nel bacino mediterraneo], I, Athinai 1952, pp. 131-154; P. Testini, Archeologia cristiana. Nozioni generali dalle origini alla fine del sec. VI, Roma 1958 (Bari 19802), pp. 126, 136-137, 589 ss.; R. Krautheimer, Mensa-Coemeterium-Martyrium, CahA 11, 1960, pp. 15-40; id., Early Christian and Byzantine Architecture (The Pelican History of Art, 24), Harmondsworth 1965 (1986⁴; trad.it. Architettura paleocristiana e bizantina, Torino 1986); P. Testini, Le catacombe e gli antichi cimiteri cristiani in Roma (Roma cristiana, 2), Bologna 1966; G. Babić, Les chapelles annexes des églises byzantines (Bibliothèque des CahA, 3), Paris 1969; F.W. Deichmann, Ravenna. Hauptstadt des spätantiken Abendlandes, I, Geschichte und Monument, Wiesbaden 1969, pp. 201-206; II, 1, Kommentar, 1974, pp. 199-204; J.B. Ward-Perkins, Memoria, Martyr's Tomb and Martyr's Church, "Akten des VII. internationalen Kongresses für christliche Archäologie, Trier 1965", Città del Vaticano-Berlin 1969, I, pp. 1-37; F.W. Deichmann, Märtyrerbasilika, Martyrion, Memoria und Altargrab, MDAIRöm 77, 1970, pp. 144-169; N. Duval, Réflexions sur l'architecture à plan rayonnant et ses rapports avec le culte des martyrs: à propos de Manastirine (Salone), de Kelibia et d'Uppenna (Tunisie), in Disputationes Salonitanae, Split 1975, pp. 83-90; M. Vieillard-Troiekouroff, Les monuments religieux de la Gaule d'après les oeuvres de Grégoire de Tours, Paris 1977; V. Saxer, Morts, martyrs, reliques en Afrique chrétienne aux premiers siècles, Paris 1980; Y. Duval, Loca sanctorum Africae. Le culte des martyrs en Afrique du IVau VIIe siècle (CEFR, 58), 2 voll., Roma 1982; M. Weidemann, Kulturgeschichte der Merowingerzeit nach den Werken Gregors von Tours, 2 voll., Mainz a.R. 1982; L'inhumation privilégiée du IVe au VIIIe siècle en Occident, "Actes du Colloque, Créteil 1984", a cura di Y. Duval, J. C. Picard, Paris 1986; N. Duval, L'évêque et la cathédrale en Afrique du Nord, "Actes du XIe Congrès international d'archéologie chrétienne, Lyon e altrove 1986" (CEFR, 123), Città del Vaticano 1989, I, pp. 345-403: 389; P. de Palol, El baptisterio en el ambito arquitectonico de los conjuntos episcopales urbanos, ivi, pp. 559-605; W. Müller-Wiener, Bischofsresidenzen der 4. -7. Jhs. im östlichen Mittelmeer-Raum, ivi, pp. 651-709; C. Rizzardi, Note sull'antico episcopio di Ravenna. Formazione e sviluppo, ivi, pp. 711-731; L. Reekmans, L'implantation monumentale chrétienne dans le paysage urbain de Rome de 300 à 850, ivi, II, pp. 861-915; G. Dagron, Constantinople. Les sanctuaires et l'organisation de la vie religieuse, ivi, pp. 1069-1085; Les édifices funéraires et les nécropoles dans les Alpes et la vallée du Rhône, ivi, pp. 1475-1514; H.R. Sennhauser, Recherches récentes en Suisse. Edifices funéraires, cimetières et églises, ivi, pp. 1515-1533; K.S. Painter, Recent Discoveries in Britain, ivi, III, pp. 2031-2072; M. Piccirillo, L'architecture chrétienne en Jordanie, essai de synthèse, "Actes du Colloque sur les mosaïques byzantines en Jordanie, Lyon 1989" (in corso di stampa); N. Duval, Les installations liturgiques des églises de Jordanie, ivi; id., L'espace de la communauté chrétienne dans la ville, l'ecclesia, in Atlas des monuments paléochrétiens de la France (in corso di stampa).N. Duval

Secoli 8°-15°

Non è evidentemente possibile esaminare l'intera serie di organismi edilizi riconducibili al termine c. quando con esso si intenda un generico edificio di culto di piccole dimensioni. Ma se connotazione fondamentale della c. è la presenza e la venerazione di reliquie, risulta evidente l'analogia della struttura edilizia definita da questo termine, intesa quale edificio a sé stante o comunque spazialmente e strutturalmente autonomo, con i martyria tardoantichi. La rassegna è quindi limitata agli edifici di culto medievali che svolgano funzioni analoghe (c. commemorative, votive o sorte in luogo santificato dalla presenza o dalla memoria di un santo; c. sepolcrali o cimiteriali), e più in generale alle strutture edilizie che adottino le stesse tipologie planimetriche derivate dalle aediculae romane (pianta a croce greca o latina, a trifoglio o quadrifoglio, poligonale, circolare, quadrata), con eccezione delle costruzioni adibite a battistero (v.), specificamente destinate a uno scopo diverso e ben definito. Nella 'cripta' di Saint-Laurent a Grenoble, in origine un oratorio funerario, ricavato alla fine del sec. 8° entro il perimetro di una chiesa del 6° dedicata a s. Eugendo, l'impianto cruciforme è suggerito dalla terminazione triconca del vano rettangolare, soluzione riferibile agli esempi di S. Sisto e S. Sinforosa a Roma. Il medesimo schema si riscontra nel St. Stephan di Werden (inizi sec. 9°), dove però le tre absidi si attestano attorno a un vano turrito, come nella c. di Saint-Saturnin presso l'abbazia di Saint-Wandrille in Normandia, costruita per accogliere una reliquia del diacono Sindardo (sec. 10°, ristrutturata nella forma attuale alla fine del sec. 11°). Il tipo di pianta a croce con bracci rettangolari coperti a botte, che ha il suo modello nel mausoleo ravennate di Galla Placidia, è impiegato nel S. Zeno a Bardolino (873-881) e nel S. Lorenzo a Settimo Vittone (850-900, a cui fu annesso un battistero ottagono), edifici che non sembrano avere avuto carattere funerario o commemorativo, ma era stato usato, già nei secc. 5° e 6°, per la costruzione di c. in tutta l'Italia settentrionale (Santa Croce a Ravenna, Ss. Apostoli a Verona, S. Maria Mater Domini a Vicenza). La pianta a croce con bracci molto corti (quasi nicchie a fondo piano), che si richiama programmaticamente ai modelli tardoantichi, è usata a Roma nella c. di S. Zenone in S. Prassede (817-824) e in due analoghe c., con nicchie rotonde, annesse alla basilica dei Ss. Quattro Coronati. Fuori d'Italia schemi cruciformi si incontrano nella Heiligkreuzkapelle a Treviri (di impianto merovingio, ricostruita nel 1050-1052 con una torre ottagona sull'incrocio), in Francia a Mellecey (intorno al Mille) e nella Sainte-Marguerite di Epfig in Alsazia, che in origine era una c. cimiteriale.La pianta tetraconca (quattro absidi intorno a un vano centrale quadrato), affine a quella cruciforme nel richiamo simbolico, è stata impiegata in costruzioni altomedievali (c.santuario di Saint-Michel ad Aiguilhe presso Le Puy, 962-984, poi trasformata nel sec. 12°) e testimonia in genere rapporti con l'Oriente mediterraneo, dove risulta molto diffusa, mentre dopo il Mille è relativamente rara nell'area romanica europea e anche in Italia (S. Caterina di Conversano, fine sec. 11°); in Francia vanno segnalate alcune c. cimiteriali che perpetuano questa tipologia (Sainte-Croix di Montmajour, 1200, con antistante portichetto; c. des Pénitents di Peyrolles-en-Provence). La c. del cimitero dell'abbazia di Cluny (1064) era formata da un vano trilobato preceduto da una campata rettangolare; quella di Planès (di datazione incerta, forse tarda), presenta una variante eccezionale, con tre absidi in corrispondenza dei lati di un triangolo equilatero, sul quale si eleva una cupola rotonda.Numerose sono anche le c. cimiteriali, o destinate a funzioni analoghe, a pianta poligonale, con otto o più lati, o circolare: ne sono esempi la c. di Saint-Clair ad Aiguilhe, ottagonale con abside, forse pertinente all'antico ospedale, e quelle di Chambon (sec. 12°), di Sarlat (circolare) e di Montmorillon (ottagonale con gran tetto piramidale in pietra), queste ultime, della fine del sec. 12°, a due piani. Le costruzioni a impianto centrico annesse a cimiteri o a chiese cimiteriali divengono rare in Francia in epoca gotica; tra esse merita attenzione la c. di Avioth (sec. 15°), a impianto esagonale e priva di muri d'ambito per permettere ai fedeli la visione dell'officiante durante le celebrazioni dei defunti. Viceversa nell'area germanica (Austria, Stiria, Carinzia, Baviera orientale e Boemia) esistono ancora molte c. funerarie (Beinhaus, Karner o Totenkapelle), quasi sempre integrate dalla presenza di un ambiente sotterraneo per il deposito delle salme, che costituisce il vero e proprio ossarium o carnarium, e con un vano aggiuntivo circolare o con un'abside, dove è posto l'altare generalmente dedicato ai defunti (Hartberg, ca. 1200; Deutsch Altenburg, Tulln e Doberan, sec. 13°; un esempio tardo, su due piani entrambi fuori terra, è a Wertheim sul Meno, 1472).Affine come funzione alle c. cimiteriali è la Heilige Kapelle di Altötting, che presenta un impianto ottagonale con absidi o nicchie su ciascun lato: l'edificio, di controversa datazione, sembra riferibile nella sua forma attuale agli inizi del sec. 13° (Dehio, Bezold, 1892), ma segue un tipo che ha i suoi modelli in costruzioni tardoantiche, già ripreso prima del Mille a Mettlach, e in seguito nella c. di Ludwigstadt (forse del sec. 11°) e nella Marienkapelle di Würzburg (sec. 12°); l'impianto di Altötting viene replicato ancora nella più tarda c. del castello di Gessenberg. A differenza di queste costruzioni, caratterizzate da un largo muro perimetrale, entro il cui spessore sono ricavate le nicchie, nella c. di Saint-Michel-d'Entraigues presso Angoulême (1137) le otto absidi risaltano marcatamente verso l'esterno.Un'importante famiglia di c. e di chiese a pianta centrale è costituita dalle costruzioni dedicate al Santo Sepolcro, realizzate "ad similitudinem s. Jerosolimitane ecclesie", ma in effetti riferibili a tipologie tra loro diverse in pianta e in alzato: schemi poligonali o circolari, senza o con ambulacro, sul quale poi corre o meno una galleria; sull'ambulacro inoltre possono aprirsi una, tre o quattro absidiole o vani rettangolari (Fulda, St. Michael, 820-822; Lanleff, sec. 11°; St. Leonhard), o mancare del tutto tali spazi aggiuntivi (Bologna, sec. 11°-12°; Cambridge e Northampton, primo quarto sec. 12°; Pisa, metà sec. 12°). Anche gli impianti senza ambulacro presentano in alcuni casi uno o più vani in corrispondenza degli assi (Paderborn e Krukenburg, sec. 11°), mentre in altri ne risultano privi (Costanza, Mauritiusrotunde). La larga diffusione europea a partire dal terzo decennio del sec. 12° di chiese e c. consacrate al Santo Sepolcro è in rapporto anche con la nascita e l'espansione dell'Ordine dei Templari, alla cui attività edilizia vanno riferite, oltre agli esempi già ricordati di Cambridge e Northampton, la c. di Laon, ottagona con vestibolo e coro quadrati, e quella di Segovia, con pianta poligonale e tre absidi parallele sul lato est.Caratteristiche particolari sul piano giuridico (esenzione dall'autorità ecclesiastica locale grazie al patrocinium e alla defensio sovrani) e talora sotto l'aspetto funzionale (disponibilità di luoghi privilegiati o separati da cui assistere alle cerimonie) distinguono gli edifici sacri adibiti al culto delle reliquie e al servizio spirituale delle corti feudali, ai quali è attribuita la qualifica di c. palatine (capellae sanctae o regiae). Questo genere di costruzioni, che può esser fatto risalire a prototipi tardoantichi e bizantini, conobbe una larga fioritura a partire dall'epoca carolingia non solo per iniziativa imperiale e reale, ma anche a opera di altri minori feudatari laici o ecclesiastici, soprattutto in Francia e nei territori germanici. Alla chiesa fatta costruire tra il 790 e l'805 da Carlo Magno nel complesso palatino di Aquisgrana è esplicitamente riferito il termine c. nel senso qui esposto ("s. Dei Genitricis basilicam, quam capellam vocant", Annalista Saxo, a. 829; Schlosser, 18962, nr. 112, p. 29), indipendentemente pertanto dall'ampiezza considerevole dell'edificio e dalla presenza in esso di due altari, della Vergine, in basso, e del Salvatore a livello della galleria; da Aquisgrana discendono la "capellam domni Ludovici pii imperatoris instar Aquensis inceptam" (Schlosser, 18962, nr. 138, p. 37) nel palazzo di Thionville, di cui resta solo parte della muratura esterna, e quella di Carlo il Calvo a Compiègne, completamente perduta. In realtà, da cronisti e scrittori del sec. 11°, quasi tutte le c. private sono messe in relazione con questo prestigioso esempio, ma le concordanze icnografiche tra l'impianto di Aquisgrana (ottagono con ambulacro e galleria) e le altre c. palatine, d'età carolingia e successive, spesso non vanno oltre la semplice adozione di uno schema centrale: la piccola chiesa di Germigny-des-Prés (806), in origine annessa allo scomparso palazzo del vescovo Teodulfo, che pure viene definita "instar videlicet eius quae Aquis est constituta" (Schlosser, 18962, nr. 682, p. 218), ha pianta quadrata con quattro pilastri liberi (del tipo c.d. a quincunx) e con absidi su ogni lato. Le c. di palazzo longobarde di Salerno e di Capua (sec. 10°; identificabili in base al toponimo 'a Corte') sono rettangolari, a una o a tre navate, e la chiesa di Santa Sofia di Benevento (768), inclusa nell'area del palazzo di Arechi II, per cui ugualmente si è ipotizzata la qualifica di c. ducale, presenta un'insolita pianta a stella senza gallerie di evidente matrice bizantina.Seguono invece il modello di Aquisgrana alcune costruzioni compiute tra l'inizio del sec. 10° e la fine dell'11°, specie nell'area renano-mosana (Nijmwegen, Bruges, Groninga, Ottmarsheim, Muizen), e anche qualche impianto di maggiore ampiezza, che ripete le dimensioni del prototipo e lo complica con una serie di vani aperti sugli otto lati dell'ambulacro, come il Saint-Jean l'Evangéliste di Liegi (972-992), c. sepolcrale del vescovo Notkero. Le c. signorili e private assolvono in molti casi l'ulteriore funzione di monumento sepolcrale o pantheon dinastico, rifacendosi anche sotto questo aspetto alla tradizione dei mausolei e degli heróa tardoantichi, e alla stessa Cappella Palatina di Aquisgrana, dove nell'anno Mille Ottone III fece ricercare e restaurare la tomba di Carlo Magno. Le tipologie planimetriche delle c. sepolcrali variano da forme semplici ad altre anche molto complesse: la c. di Steingaden, con una tomba guelfa del 1191, ha impianto quasi circolare, o più precisamente tetraconco, con quattro nicchie poco profonde, intervallate da colonne sporgenti; nell'Allerheiligenkapelle annessa al chiostro del duomo di Ratisbona, per ospitare il sepolcro del vescovo Hartwich (metà sec. 12°), un impianto quadrato con tre absidi in corrispondenza degli assi principali dà luogo a un triconco, che al di sopra si trasforma in un ottagono; uno schema a matrice esagonale con ambulacro è impiegato a Kobern (Matthiaskapelle, 1218); ottagonale è la c. del sec. 11°, poi inclusa nella ricostruzione gotica della cattedrale di Senlis, articolata su due piani separati (quello inferiore con funzione di cripta funeraria).C. a due piani, o doppie, sono state frequentemente impiegate nella realizzazione delle c. palatine e di quelle che signori e vescovi si facevano costruire per proprio uso, in quanto consentivano di riservare i due ambienti sovrapposti a differenti scopi o categorie di persone. Per un sintetico esame di questi organismi si possono distinguere due tipi: c. con piani sovrapposti comunicanti attraverso un'apertura più o meno ampia, ovvero con piani separati, messi in rapporto solo da scale generalmente ricavate all'interno delle strutture murarie perimetrali o esterne; è opportuno chiarire che il concetto di c. doppia si realizza con la presenza di un altare in ciascuno di questi due piani.Il primo tipo può essere fatto risalire, ancora una volta, nella concezione spaziale e funzionale al modello della Cappella Palatina di Aquisgrana. Le 'imitazioni' di quest'ultima come Ottmarsheim e costruzioni come Mettlach esemplificano l'impiego di impianti planimetrici a otto lati; per figure di pianta con un numero di lati diverso, si citano la c. del Santo Sepolcro nel complesso di S. Stefano a Bologna e la c. del castello di Vianden (ca. 1220), basata su uno schema esagonale, affine a quello della Matthiaskapelle di Kobern. Molto rare le piante rotonde, tra le quali, oltre alla c. di St. Michael a Fulda, va segnalato il S. Lorenzo di Mantova, dove però l'altare relativo al piano della galleria è forse frutto di una ristrutturazione tarda. Non mancano alcuni esempi di c. doppie con impianto cruciforme: la c. di St. Ulrich a Goslar presenta al piano inferiore una pianta a croce greca con bracci articolati da nicchie, mentre il piano superiore ha forma ottagona; quella di St. Klemens a Schwarzrheindorf (consacrata nel 1151), originariamente c. palatina, poi ampliata e trasformata in chiesa di un monastero benedettino, ripete il medesimo schema cruciforme su entrambi i livelli, comunicanti mediante un'apertura ottagonale, che è stata indicata come formale ricordo della c. di Aquisgrana.Per il tipo di c. doppie con piani comunicanti è particolarmente frequente il ricorso a piante rettangolari o quadrate, con quattro sostegni centrali liberi, che delimitano al piano superiore il vuoto aperto sull'ambiente sottostante: questo modello è usato nella c. del castello di Norimberga, in quella di St. Godehard annessa al duomo di Magonza e in quella del monastero di Mönchengladbach-Neuwerk (1135); al di fuori dell'area germanica, dove è soprattutto diffuso, appare testimoniato nella c. vescovile di Hereford (1079-1095), che le fonti definiscono come un'ulteriore 'copia' di Aquisgrana. In Italia l'impiego dello schema quadrato a croce inscritta (in questo caso da mettere anche in relazione con influenze orientali), ma privo di comunicazione tra i due piani, è riscontrabile in S. Claudio al Chienti, nelle Marche, di cui è stata dimostrata l'originaria funzione di c. annessa a un palazzo fortificato; l'impianto quadrato con sostegni centrali liberi, senza apertura centrale, trova applicazione ugualmente nella c. facente parte dell'antico complesso episcopale di Laon, costruita dal vescovo Gaultier de Mortagne (1155-1174). Questi due esempi pertanto vanno riferiti al secondo tipo di c. doppie, con piani separati. Per quanto riguarda questo stesso tipo, un importante gruppo di c. palatine e vescovili, su due livelli sovrapposti ma indipendenti, è caratterizzato dall'impiego di impianti planimetrici rettangolari allungati: l'esempio più noto è rappresentato dalla Sainte-Chapelle di Parigi (1241-1248), fatta costruire da Luigi il Santo e attribuita a Pierre de Montreuil o a Thomas de Cormont. Realizzata come un immenso scrigno per contenere la corona di spine di Cristo, il frammento della Vera Croce e le altre preziose reliquie acquistate dal sovrano, rispondeva nella disposizione a due piani all'esigenza di distinguere le funzioni: la c. superiore riservata al servizio religioso del re e della corte, era collocata al livello degli appartamenti reali e direttamente collegata con essi, mentre il piano sottostante, aperto al pubblico, era accessibile dall'esterno, per cui l'altezza delle sue volte, così vincolata, risulta molto ridotta, producendo l'effetto di una cripta (ma il diverso significato attribuito alla c. inferiore è ribadito dal fatto che le reliquie fossero poste al piano superiore).L'adozione della pianta longitudinale per una c. doppia, che attesta il superamento dei canoni propri alla tradizione carolingia e amplia il quadro tipologico fin qui considerato, è probabilmente da porre in rapporto con l'affermarsi delle concezioni architettoniche gotiche - proprio nell'area di formazione di questo linguaggio il modello appare inizialmente stabilito nelle c. vescovili di Meaux (1150-1180), Parigi stessa (c. del vescovo Maurice de Sully, distrutta nel 1831), Noyon (1183) e Reims (ca. 1220-1230) -, sebbene l'origine di questo tipo sia stata fatta risalire a esempi tardoantichi (Salona) o altomedievali (Cámara Santa di Oviedo, 692-802) e possano esserne indicati precedenti in costruzioni dei secc. 11° e 12° (c. di Etampes, fatta costruire da Costanza, moglie di Roberto il Pio, 1025 ca., forse doppia; St John's Chapel nella White Tower di Londra, 1078-1093, con cripta sottostante e galleria sulle navatelle; c. del castello di Berzé-la-Ville, eretta dall'abate Ugo di Cluny, 1103; c. di Saint-Sébastien nella chiesa di Saint-Pierre et Saint-Paul di Neuwiller-lès-Saverne, sec. 11°, che è in effetti una più antica piccola chiesa doppia a tre navate, poi annessa al coro della ricostruita abbaziale e il cui piano inferiore funge ora da cripta). L'impianto rettangolare allungato della Sainte-Chapelle stabilisce un modello di grande prestigio, che trova seguito anche in esempi di c. su un solo piano (c. dedicata alla Vergine, annessa alla chiesa di Saint-Germain-des-Prés, 1245 ca., opera di Pierre de Montreuil, distrutta; c. del castello di Saint-Germain-en-Laye, 1235-1240, attribuita allo stesso architetto). Dopo la metà del secolo, questa soluzione fu ripresa nella c. absidale (c. della Vergine) in Saint-Germer-de-Fly, e in seguito nelle c. di palazzo di numerose residenze reali e signorili (palazzo di Bourbon-l'Archambault, castello di Viviers, palazzo di Jean de Berry a Riom). La fortuna di questa tipologia prosegue nel corso del sec. 15° e ancora nel 16°, quando già si affermano le forme rinascimentali (Châteaudun; Bourbon-l'Archambault II; Champigny-sur-Veude); la c. del castello di Vincennes, iniziata sotto Carlo VI, ma terminata in forme ancora gotiche solo all'epoca di Enrico II, seguiva l'esempio parigino anche nella caratteristica presenza sul lato settentrionale di una piccola c. destinata ad accogliere il tesoro e l'archivio dei documenti reali (capella cancellaria o thesaurus), a Parigi scomparsa con la ristrutturazione del palazzo condotta nel 18° secolo. Nella c. di Vincennes, che era a un solo piano, il re e la corte assistevano alle cerimonie da due oratori separati, collocati tra i contrafforti esterni, soluzione che nel sec. 15° venne ripresa nella Sainte-Chapelle parigina, con la creazione di un'analoga tribuna sul fianco meridionale dell'edificio.Con l'affermazione dell'influenza culturale francese in tutta Europa, il tipo delle c. signorili a pianta longitudinale, sia semplici sia doppie, incontrò ovunque ampio favore e venne esportato anche nei territori orientali (c. a due piani nel palazzo del Gran maestro dell'Ordine teutonico a Marienburg, 1335-1340; c. del castello di Karlštejn in Boemia, 1348-1364).In Italia lo schema rettangolare allungato è adottato, ma in funzione di un diverso tipo di decorazione dipinta che trasforma in modo sostanziale lo stesso organismo edilizio, nella c. annessa originariamente al palazzo degli Scrovegni all'Arena di Padova (1301-1305). In Inghilterra alle c. regie e signorili è attribuibile il compito di aver introdotto ed elaborato le novità linguistiche gotiche: la St Stephen's Chapel adiacente al palazzo di Westminster (iniziata nel 1292; piano superiore completato, dopo una interruzione, a partire dal 1320 e distrutto nell'incendio del 1834), che svolse un ruolo determinante per la formazione del 'gusto di corte' negli ultimi vent'anni del sec. 13°, riprende nello schema a due piani e nelle dimensioni principali il modello della Sainte-Chapelle; altra c. doppia è la Carnary Chapel a Norwich (ca. 1330), opera di William Ramsey, nella quale vengono sperimentate soluzioni formali appartenenti ormai al perpendicular style. Tra il 1285 e gli ultimi anni del secolo, l'impianto planimetrico rettangolare e squadrato che caratterizza questi edifici era stato adottato anche in c. su un solo piano, ugualmente importanti per il prestigio dei loro committenti, legati alla corona, e per le elaborazioni architettoniche che vi appaiono, come la c. del palazzo del vescovo di Wells, quella fatta costruire a Londra dal vescovo di Ely (St Ethelreda Chapel in Holborn), o la c. del Merton College a Oxford (1289-1294). I modelli così stabiliti sono ripresi e sviluppati in alcune delle c. dedicate alla Vergine (Lady Chapels) che a partire da questo periodo vengono aggiunte alle strutture absidali della maggior parte delle cattedrali inglesi, con dimensioni e forme di vere e proprie chiese, che in qualche caso (Ely, 1321-1349, in posizione anomala adiacente al braccio nord del transetto; Gloucester, 1457-1498) si presentano come un organismo virtualmente indipendente, ma più spesso costituiscono un'unità spaziale indissolubile con il retrocoro o con l'ambulacro quadrato sul quale sono aperte. Analoga a molte Lady Chapels per la sua posizione assiale, ma autonoma come organismo spaziale e figurativo dal coro antistante, è la grande c., o monumento funerario, di re Enrico VII nell'abbazia di Westminster a Londra (1502-1512), estremo sviluppo del tipo della c. longitudinale nell'architettura gotica inglese. In Inghilterra i monumenti funerari (chantry chapels), annessi o ricavati mediante transenne e strutture indipendenti entro chiese e cattedrali, numerosissimi prima della Riforma, costituivano talora veri e propri edifici in miniatura (c. del principe Arthur nella cattedrale di Worcester, 1504).Prevalentemente a pianta centrale sono le numerose c. funerarie tardogotiche annesse ai chiostri e alle chiese spagnole, che talora per le loro dimensioni e per la concezione spaziale possono essere considerate autentici organismi a sé: meritano una menzione particolare la c. fatta costruire dal conte Álvaro de Luna (c. di Santiago, 1432-1448) nella cattedrale di Toledo, a pianta quadrata tagliata agli angoli da volte triangolari sulle quali si imposta la cupola ottagonale, e la c. del Conestabile nella cattedrale di Burgos (1482-1494), con volta stellare traforata.Gli esempi esaminati fin qui si riferiscono a costruzioni che, per essere costituite da corpi di fabbrica isolati o comunque volumetricamente definiti, mantengono una propria leggibilità e autonomia di significato, anche quando sotto l'aspetto funzionale siano parte di strutture edilizie più complesse. Ma la funzione di c. signorile è assolta talora da un ambiente incluso entro la compagine di un complesso residenziale (palazzo, castello o villa), senza risultare individuabile dall'esterno, se non per elementi accessori, come il ritmo e l'ampiezza delle aperture o l'uso di marcapiani e di cornici decorative. È il caso anche di strutture di grande impegno: per es. la Cappella Palatina di Palermo, costruita da Ruggero II (1130), oggi completamente serrata da edifici seriori, ma già in origine collocata al centro del palazzo, presenta un impianto a tre navate, con presbiterio sopraelevato coperto a cupola (al quale corrisponde all'estremità opposta del corpo longitudinale, la zona ugualmente sopraelevata riservata al trono reale), che fonde l'impianto centrico proprio della tradizione orientale con il tipo della basilica, dando luogo a un modello di indiscusso prestigio. Ma più in generale gli ambienti destinati al culto all'interno di fabbricati residenziali o civili, posti spesso ai piani superiori, senza comunicazione diretta con l'esterno, hanno semplice pianta quadrata o rettangolare e dimensioni relativamente ridotte: esemplificano questa soluzione la c. del palazzo di Urbano IV a Orvieto (1262-1264) e quella tardoquattrocentesca dello Hôtel de Cluny (Palais d'Amboise) a Parigi, che occupa il vano soprastante il passaggio di accesso al giardino, denunciata all'esterno da un'absidiola pensile; nello Hôtel Jacques Coeur a Bourges la c. è posta sopra l'ingresso principale ed è illuminata da un finestrone flamboyant, unico segno distintivo. Di dimensioni più ampie (m. 179,5 ca.), rettangolare e a tre navate, la St John's Chapel nella White Tower emerge all'esterno con la rotondità dell'abside. Si hanno anche talora c. collocate al piano terra, come, nel Palazzo Pubblico di Siena, quella dei Nove, facente parte delle originarie strutture del complesso (ma la c. Nuova, o c. dei Signori, venne eretta al primo piano, adiacente alla sala del Mappamondo); lo stesso palazzo presenta anche una singolare soluzione nella Cappella di Piazza, decisa in occasione della peste del 1348, ma costruita lentamente, in forma di loggia addossata alla facciata e aperta sullo spazio pubblico prospiciente.Per la loro importanza storica e religiosa è opportuno almeno accennare alle c. annesse alle residenze papali di Roma e Avignone. Nel palazzo del Laterano, un oratorium sancti Laurentii, già ricordato nel sec. 8°, è descritto dalle fonti successive come c. palatina del papa (Sancta Sanctorum) e definito con i termini di ecclesia o basilica; forse danneggiato dal terremoto del 1277, l'oratorio venne fatto ricostruire a opera di Nicolò III, secondo un modello per il quale sono state rilevate alcune analogie con la Sainte-Chapelle parigina, non nella tipologia architettonica, ma negli aspetti religiosi e liturgici (servizio affidato a un corpo speciale di canonici; presenza di una reliquia della Vera Croce) e forse nel simbolismo del programma decorativo, del quale importante elemento comune ai due edifici è l'impiego di figure stanti tutt'intorno al perimetro. A Niccolò III risale anche l'ampliamento del palazzo Vaticano, con il rifacimento delle due c. poste al piano delle grandi sale di udienza: la capella parva e quella maior; strutture di quest'ultima sono state riutilizzate nella successiva costruzione sistina (ca. 1480), rettangolare (m. 4013,60), in cui la soluzione arcaicizzante dello schema decorativo su tre zone sovrapposte potrebbe indicare l'esistenza nello stesso luogo di un modello più antico, forse carolingio. La c. Clementina di Avignone (1346-1352), anch'essa a pianta rettangolare, occupa l'intero secondo piano, sopra la sala delle Udienze, nell'ala meridionale del palazzo pontificio, che si presenta all'esterno come un blocco unico, ritmato da grandi arcate acute cieche.Tra le c. annesse a edifici civili non residenziali, particolare interesse assumono quelle realizzate nei complessi ospedalieri (Hôtel-Dieu). In genere queste strutture assistenziali sorgono semplicemente accanto o in connessione a una chiesa, che pertanto ne assolve le esigenze relative al servizio religioso. Nell'ospedale di Saint-Jean ad Angers una c. a pianta rettangolare e due navate venne annessa alla corsia da poco terminata (fine sec. 12°); con l'attuarsi di costruzioni specializzate per il ricovero degli infermi, venne creato un tipo di sala rettangolare fortemente allungata, avente un altare in corrispondenza di uno dei lati brevi, che è perciò essa stessa insieme c. e corsia. L'altare può esser posto in un ambiente autonomo aperto sulla sala, o separato da essa mediante uno jubé, come nell'ospedale di Tonnerre, fondato da Margherita di Borgogna nel 1293, o anche direttamente nella corsia stessa (ospedale di Beaune, fondato nel 1443); questa tipologia raggiunge risultati monumentali nell'ospedale di Santo Spirito a Roma (ca. 1475), dove l'altare è collocato nella tribuna ottagonale al centro di una corsia lunga oltre m. 120.Nelle costruzioni chiesastiche romaniche, spazi o ambienti chiusi che assumono il titolo di c. sono talora ricavati alla base di torri scalari o campanarie ("capella sub turre", "turris Sancti Nicolai capella subtus constructa"; Lehmann-Brockhaus, 1938, nrr. 935, 1155); anche a Cluny il 14 marzo 1100 venne consacrata una c. dedicata a s. Gabriele nella torre scalare attigua all'esistente braccio di transetto. Altre c., sovente dedicate a s. Michele, patrono e guardiano degli ingressi, sono collocate nel Westwerk al livello della galleria, o tra le torri del Westbau ("capella s. Michaelis inter turres ecclesiae nostrae"; Lehmann-Brockhaus, 1938, nr. 256), e in genere al di sopra delle porte anche urbane; a questa disposizione sono assimilabili le c. costruite al piano superiore del nartece o della galilea antistante i portali (Saint-Philibert di Tournus, 1019), il cui prototipo può essere indicato nell'altare del Salvatore eretto sopra il vestibolo della chiesa di Saint-Riquier (790). La minuscola c. ricavata nello spessore del muro sopra il portale maggiore dell'abbaziale di Cluny III, tra la galilea e la navata, sporgente su questa con la sua abside rotonda, costituiva una singolare variante di questa soluzione, che in qualche modo può essere definita la riduzione in miniatura del modello carolingio, replicata ancora nella controfacciata della chiesa di Semur-en-Brionnais.Il termine latino capella è impiegato nel Medioevo anche per designare, all'interno di una chiesa, i vani dotati di un proprio altare o le absidi affiancate a quella principale: a titolo di esempio, gli Annales Veterocellenses ricordano (1179-1180) la dedicazione di una "capella que est iuxta principale altare ad septentrionalem plagam" (Lehmann-Brockhaus, 1938, nrr. 38-39). L'uso permane ancora nelle lingue moderne; tuttavia, riservando a strutture edilizie di questo tipo, realizzate in asse alle navate laterali o sui bracci del transetto, la definizione, impiegata comunemente nella letteratura critica moderna, di absidi secondarie, l'analisi sarà qui limitata alle c. perimetrali, disposte lungo i fianchi di una chiesa, o a quelle aperte intorno al coro e servite da un corridoio anulare, che dia accesso alle c. stesse, oltre consentire il deflusso dei visitatori o lo svolgimento di processioni, senza rendere necessario l'attraversamento del presbiterio. Tuttavia è opportuno almeno accennare al modello di chiesa adottato dai Cistercensi per permettere la celebrazione contemporanea di più messe, con coro squadrato, attorno al quale a destra e sinistra sono accostati due (o tre) vani minori, ugualmente retti, allineati lungo la parete orientale del transetto, e altri talora su quella opposta e in corrispondenza delle testate: il numero e la disposizione di queste c. danno luogo a un'articolata serie di soluzioni planimetriche, corrispondenti alle diverse esigenze liturgiche e funzionali delle chiese dell'Ordine.Ambienti isolati annessi al corpo longitudinale, con funzione di c. sepolcrali o votive, più o meno autonomi da un punto di vista spaziale rispetto alle navate e volumetricamente evidenziati dall'esterno, sono stati occasionalmente realizzati durante tutto l'arco di tempo dal sec. 8° al 15°; di alcuni esempi è già stato fatto cenno. Soltanto nel sec. 13° però l'apertura di c. è estesa sistematicamente all'intero sviluppo delle pareti laterali: il primo esempio di questa soluzione sembra poter essere indicato nella serie continua di vani ottenuta arretrando la tamponatura perimetrale fino all'estremità dei contrafforti di ciascuna campata in Notre-Dame di Parigi (ca. 1235). Resa possibile dalle caratteristiche del sistema costruttivo gotico, l'operazione trae motivo sia dal desiderio, sempre più generalizzato da parte di confraternite e di privati, di disporre di uno spazio riservato per la celebrazione dei servizi religiosi, sia dalla volontà da parte di singoli cittadini di avere una sepoltura monumentale all'interno delle chiese maggiori; non è estraneo inoltre al successo di questa tipologia l'effetto di dilatazione spaziale prodotto dall'apertura delle c., rispondente alla nuova sensibilità estetica tardoduecentesca. All'incirca nello stesso giro di anni il modello viene organicamente applicato dagli Ordini mendicanti alla realizzazione di chiese a navata unica, dove le c. costruite tra i contrafforti contribuiscono all'equilibrio statico delle grandi volte (Santa Caterina di Barcellona, ca. 1245-1280), ma poi anche in casi dove tale funzione statica è irrilevante (S. Francesco di Assisi, chiesa inferiore, fine sec. 13°), oppure in edifici con semplice tetto ligneo, o con archi-diaframma a sorreggere le falde della copertura, a conferma delle ragioni, legate alla politica religiosa degli ordini e alle nuove preferenze visive, già indicate come primarie per queste dilatazioni laterali. Il favore incontrato dalla soluzione descritta fu grandissimo e condusse al moltiplicarsi del numero delle c.: nella cattedrale di Barcellona, dove sono estese all'intero perimetro, incluso il coro a raggiera, se ne contano trentuno; nel S. Petronio di Bologna ne erano previste addirittura cinquantotto. Per quanto riguarda i tipi planimetrici, si hanno vani a pianta squadrata o a terminazione poligonale; una o due c. corrispondono a ogni campata delle navatelle, ma in alcuni casi tale corrispondenza manca e in altri un'unica c., rettangolare o quadrata, può aprirsi su due campate della navata laterale (cattedrale di Mantes-Gassicourt, sec. 14°), o può corrispondere a un intervallo più ampio di una campata (c. di S. Venceslao nel duomo di Praga, estesa a occupare una parte della zona di testata del transetto meridionale), dando luogo a una grande varietà di soluzioni.La disposizione di c. aperte a raggiera sul prolungamento delle navate laterali intorno al santuario, che prende il nome di coro ad ambulacro o deambulatorio, è una soluzione già presente in molte chiese romaniche, da mettere in relazione con il crescente sviluppo del culto delle reliquie e dei pellegrinaggi e con la necessità di disporre di un gran numero di altari; il coro ad ambulacro è eccezionalmente adottato anche in chiese a navata unica (Fontevrault, forse da interpretare con una variazione di progetto, dopo il 1119), nelle quali le c. radiali più spesso si aprono direttamente sull'abside (Cahors, Angoulême, Souillac, Solignac, tra la fine del sec. 11° e il 12°). Il modello più completo di coro ad ambulacro era stato elaborato e perfezionato in Francia a partire dalla fine del sec. 10°-primi anni dell'11°, dando luogo a un'ampia serie di soluzioni differenziate nella forma e nel numero delle cappelle. Negli esempi dei secc. 11° e 12° le c. hanno in genere in pianta conformazione a semicerchio, talora oltrepassato o preceduto da una campata rettangolare, più di rado forma squadrata (Saint-Philibert di Tournus), o alternativamente rotonda e rettangolare (Fécamp; Santiago de Compostela, con c. rettangolare sull'asse); in alzato presentano internamente superfici semplici, forate da una, due o tre finestre, di rado articolate con arcate o arcatelle, mentre all'esterno sono arricchite da colonnine, contrafforti, cornici e rincassi. Il numero delle c. varia tra cinque e tre, delle quali una disposta sull'asse; nelle chiese dell'Alvernia è caratteristica la soluzione con quattro c., senza l'elemento assiale (Clermont-Ferrand, Orcival, Brioude), soluzione che trova un'eco nell'insolita presenza di due sole c. a Saint-Benoît-sur-Loire.Le cattedrali gotiche dei secc. 12° e 13° adottano il modello del coro ad ambulacro, derivandolo dal prototipo sugeriano dell'abbaziale di Saint-Denis, dove l'abolizione delle pareti di separazione tra le c. (in numero di sette) si risolve nella formazione di un doppio ambulacro e nella riduzione delle c. stesse, in pianta, a un arco di cerchio molto aperto; l'articolazione plastica interna delle c. è accentuata, conseguentemente all'adozione di coperture costolonate al posto dei semicatini presenti negli esempi romanici, come pure è volutamente aumentata l'ampiezza delle finestre. Il modello delle c. radiali di Saint-Denis è all'origine di quelli impiegati nelle cattedrali di Senlis e di Noyon, mentre nel coro della chiesa di Saint-Remi a Reims, contemporaneo a quello di Notre-Dame a Parigi (a partire dal 1170), venne messa a punto una soluzione diversa, che sarebbe stata determinante per le costruzioni successive, con c. poco pronunciate soltanto dal lato esterno ed estese invece tra i contrafforti in modo da assumere in pianta un andamento quasi circolare: l'apertura di queste c. verso l'ambulacro è schermata da una coppia di colonnine che accentuano l'autonomia dei singoli organismi. Un ulteriore passaggio si verifica nella cattedrale di Reims (coro con cinque c.), in cui il progettista rinuncia alle colonnine isolate a vantaggio di una sintesi tra c. e ambulacro e inoltre, per consentire l'apertura di finestre ancora più ampie e schermate da trafori, trasforma il tracciato circolare della pianta al di sopra della quota dei davanzali in una forma poligonale, in seguito adottata definitivamente fin dallo spiccato nelle cattedrali di Amiens, Beauvais e Colonia.Il coro della cattedrale di Amiens (ca. 1220), come quello quasi contemporaneo di Le Mans, presenta sette c. anziché cinque, delle quali quella sull'asse si proietta verso l'esterno con due campate anteposte alla terminazione poligonale (del tipo cinque lati su otto). Questa soluzione, che rompe con la ricerca di uniformità caratterizzante gli esempi precedenti, apre la via alla realizzazione di grandi c. alle spalle dell'abside, generalmente dedicate alla Vergine, come quelle trecentesche delle cattedrali di Coutances e di Rouen; ma già in Saint-Germain di Auxerre (1215) era stata aperta sull'ambulacro una sola c. a pianta decagona, costruita sulle strutture della sottostante cripta carolingia.In Inghilterra, dove il coro ad ambulacro rappresenta un'eccezione, speciali c. assiali sono quasi sempre presenti. Anche nel progetto di ricostruzione secondo il modello francese dell'abbazia di Westminster (1245) venne conservata una c. assiale costruita venticinque anni prima, in seguito sostituita dalla grande c. funeraria di Enrico VII, già menzionata, che costituisce un'unità spaziale e figurativa autonoma; così pure fin dal 1179 una c. a pianta circolare era stata elevata in memoria dell'arcivescovo Tommaso Becket, dietro il nuovo coro della cattedrale di Canterbury allora in costruzione. Numerosissime sono pure le c. assiali dedicate alla Vergine (Lady Chapels), talora del tutto indipendenti rispetto al presbiterio (Exeter, ca. 1270, con due piccole c. ai lati dell'ingresso; Gloucester, 1457-1498), ma più spesso fuse con le strutture a terminazione piatta che costituiscono il retrocoro (Saint Albans e Lichfield, ca. 1320; Worcester) o con l'ambulacro rettilineo che avvolge l'altare, dando luogo a originali intersezioni spaziali 'telescopiche' (Salisbury, Winchester, Hereford, prima metà sec. 13°). La Lady Chapel della cattedrale di Wells (ca. 1315) ha un impianto tendenzialmente centrico (ottagono irregolare), che invade lo spazio del circostante retrocoro, di altezza ridotta, e si esalta nel volume della volta cupoliforme; a Durham invece, dove al culto della Vergine era dedicata la galilea della facciata occidentale, al posto dell'abside originaria venne realizzato un ampio ambiente trasversale, quasi un secondo transetto, chiamato Nine Altars Chapel (1242), che si incontra anche, con la stessa denominazione, nell'abbaziale di Fountains.

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