Cappuccetto rosso

Enciclopedia dei ragazzi (2005)

Cappuccetto rosso

Francesca Borruso

La fiaba dell'ingenuità e dell'innocenza

Cappuccetto rosso è una fiaba presente nel mondo occidentale in due versioni fra loro leggermente differenti: la versione di Charles Perrault e quella dei fratelli Grimm. Analizzando le due storie, si scoprono analogie e differenze alla luce di un'interpretazione storico-antropologica della fiaba

La versione di Perrault

La prima versione scritta della fiaba è del francese Charles Perrault, celebre poeta e colto membro dell'Académie française. Nel 1697, anche per dimostrare che la Francia aveva una sua tradizione favolistica, Perrault pubblica le Histoires ou contes du temps passé ("Storie o racconti del passato"), una collezione di 'vecchie storie' che, oltre a Cappuccetto rosso, include Cenerentola, Barbablù, Il gatto con gli stivali, La bella addormentata e altre sette fiabe.

La versione di Perrault è leggermente diversa da quella più nota al grande pubblico, poiché è del tutto assente il lieto fine. Cappuccetto rosso, che per incarico della mamma deve portare il pranzo alla nonna malata, nell'attraversare il bosco si imbatte nel lupo, che le chiede dove vada. Nonostante la madre le abbia raccomandato di non fermarsi a parlare con nessuno, Cappuccetto rosso glielo svela subito; allora il lupo si precipita a casa della nonna, la divora, poi si veste con gli abiti di lei e si mette a letto. Cappuccetto rosso, arrivata dalla nonna, non riconosce il lupo, si lascia ingannare da lui e finisce divorata.

La versione di Perrault esplicita la morale della storia, e cioè che le bambine non devono prestare ascolto agli sconosciuti. Se lo fanno, non c'è da meravigliarsi che il lupo le divori. Per l'autore, Cappuccetto rosso rappresenta il simbolo dell'innocenza e dell'ingenuità, che prima o poi può diventare vittima della malvagità e dell'astuzia.

Lo storico statunitense Robert Darnton, che ha esaminato le versioni nelle quali la fiaba era diffusa nelle campagne francesi nel 18° e 19° secolo, ribadisce che è sempre assente il lieto fine. Il lupo ha fame e Cappuccetto rosso viene divorata. La fiaba, quindi, secondo Darnton, descrive la condizione dell'infanzia durante i secoli passati, poiché soprattutto in un ambiente degradato dalla povertà l'infanzia è oggetto di violenza e di sopraffazione.

Le versioni dei fratelli Grimm

La versione più nota al grande pubblico è invece quella pubblicata nella raccolta di fiabe popolari dei fratelli tedeschi Jacob e Wilhelm Grimm (1812-22): anche per i fratelli Grimm Cappuccetto rosso è così chiamata "per via del piccolo copricapo di velluto rosso che le stava così bene, che si sarebbe rifiutata di portarne un altro". La fiaba dei fratelli Grimm, però, è caratterizzata dalla presenza del lieto fine. Infatti, un cacciatore sopraggiunto scopre il lupo, lo uccide e dal suo ventre estrae la nonna e Cappuccetto rosso, sane e salve.

I fratelli Grimm, però, hanno scritto anche una seconda versione della fiaba, dove si narra di un fallito tentativo di adescamento da parte del lupo ai danni di Cappuccetto rosso. La bambina, infatti, riesce a fuggire, corre dalla nonna e, insieme, chiudono saldamente la porta in modo che il lupo non possa entrare. Il lupo, nel tentativo disperato di entrare in casa, scivola giù dal tetto, cade in un mastello colmo d'acqua e annega. Questa volta Cappuccetto rosso è in grado di difendersi e la storia si conclude con l'uccisione del lupo cattivo.

Quel che si nasconde nella fiaba

La fiaba di Cappuccetto rosso, per quanto infantile nello stile narrativo, non lo è certamente nel significato. Infatti questa fiaba, più di altre, sembra evidenziare il legame che unisce le fiabe agli antichi riti iniziatici. La presenza di animali nelle fiabe ‒ uomini che vengono divorati da animali o animali che comunicano con gli uomini parlando la loro lingua ‒ traduce infatti in un linguaggio letterario il racconto di un rito iniziatico. Questo, che è un rito di 'passaggio' in uso presso tutte le popolazioni primitive, serviva a introdurre il giovane nella società degli adulti. Spesso era estremamente crudele: i ragazzi venivano feriti, battuti, subivano la tortura del fuoco, ma tali prove conferivano loro potenza magica e virtù eccezionali, secondo l'ideologia del gruppo tribale.

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