CARAVANSERRAGLIO

Enciclopedia dell' Arte Medievale (1993)

CARAVANSERRAGLIO

F. Cresti

Termine derivato dal persiano kārvānsarāy ('palazzo della carovana'), probabilmente attraverso il franc. caravansérail, che indica un edificio o un insieme di edifici destinati - nei paesi del mondo musulmano - ad accogliere viaggiatori e mercanzie, sia come luogo di sosta e di tappa sulle strade commerciali (c. stradale) sia come punto di arrivo o di deposito delle merci in prossimità o all'interno delle città (c. urbano). Al termine persiano si accostano altri termini arabi - khān (turco han), funduq e wakāla - dai significati originariamente diversi, che hanno finito nell'uso corrente per identificarsi in tutto o in parte.Per dimensioni, materiali, strutture e caratteristiche decorative i c. differiscono da luogo a luogo e secondo il periodo storico di appartenenza: prevedono comunque di norma un insieme ricorrente di spazi funzionali, tra cui stanze di alloggio, depositi o magazzini per le mercanzie, stalle o luoghi aperti riservati al bestiame; vi si possono inoltre trovare ulteriori strutture destinate a migliorare i servizi offerti ai viaggiatori, come lo ḥammām (bagno turco), le latrine, il forno, la sala di preghiera.Il c. stradale comprende generalmente un punto d'acqua e presenta un unico accesso, a volte munito di un dispositivo di difesa e sufficientemente largo da permettere l'ingresso degli animali da soma. All'origine della creazione dei c. stradali è l'organizzazione per tappe dei lunghi percorsi in zone poco o affatto abitate, che si ritrova, con scopi difensivi o commerciali, in diverse culture del mondo antico: come antecedente dei c. dell'Oriente islamico si possono ricordare i luoghi di tappa che gli Achemenidi avevano creato lungo alcune delle strade principali del loro impero e l'analoga organizzazione presente nei territori bizantini. Nel mondo islamico ragioni difensive o strategiche, cultuali o comunque di carattere religioso, ma più largamente ragioni commerciali, portarono a un grande sviluppo dell'organizzazione dei c. stradali, con particolare fioritura, nel periodo medievale, in Anatolia, in Iran e in Siria.In Anatolia, sotto i Selgiuqidi (dalla seconda metà del sec. 11° ai primi anni del 14°), vennero costruiti numerosi c. posti lungo i principali assi commerciali; ne sono stati censiti centodiciannove per il solo sec. 13° (Erdmann, Erdmann, 1961-1976). Questi edifici, in particolare quelli costruiti nell'Anatolia centrale nell'ultimo secolo della dinastia, costituiscono gli esempi più notevoli dell'architettura civile selgiuqide.I c. selgiuqidi, a parte alcuni esempi isolati, rispondono a tre tipi architettonici fondamentali: edifici a corte interna, a sala coperta o combinanti nello stesso insieme i due tipi precedenti. I c. a corte interna sono in genere costituiti da un recinto rettangolare con un unico portale aperto su uno dei lati brevi (per es. Evdir han, costruito sul percorso Antalya-Korkuteli durante il regno di ῾Izz al-Dīn Kaykā᾽ūs, 1210-1219): gran parte dello spazio interno è occupato da un ampio cortile, intorno al quale si allineano i vani coperti, che possono essere separati tra di loro o formare un continuum mediante arcate e pilastri disposti regolarmente. Meno importanti per dimensioni sono in generale i c. a sala coperta, costituiti da ambienti di impianto regolare, suddivisi al loro interno da una trama di pilastri che sorreggono volte e cupole (per es. Susuz han, presso Burdur, costruito nel 1246, e Horozlu han, sulla strada Konya-Ankara, 1246-1249). I c. selgiuqidi più importanti combinano i due tipi precedenti per semplice giustapposizione: è il caso del Sultan han, costruito sul percorso Konya-Aksaray nel 1229 durante il regno di ᾽Alā᾽ al-Dīn Kayqubād, che raggiunge nel suo insieme una superficie di m2 4900 ca. (un secondo Sultan han, molto simile per impianto al precedente e costruito nello stesso anno, si trova sul percorso Kayseri-Sivas). In questo c. un ampio portale splendidamente decorato, sulla facciata esterna, a trame geometriche e muqarnas dà accesso a un primo corpo di fabbrica a pianta rettangolare: al centro del cortile sorgeva un oratorio a pianta quadrata su quattro arcate a sesto acuto, decorato esternamente con motivi simili a quelli del portale; lungo i due lati maggiori del cortile sono disposti diversi ambienti porticati, un ḥammām, un forno, stanze, depositi e magazzini, mentre sul secondo lato corto, quasi sull'asse del portale principale, un altro portale dà accesso al secondo corpo di fabbrica, anch'esso di forma rettangolare, totalmente coperto e di dimensioni più ridotte. Quattro file di pilastri suddividono questo spazio in cinque navate longitudinali coperte da volte a botte: al centro si innalza su un tamburo ottagonale una cupola sormontata da una lanterna. Le mura esterne del complesso sono irrobustite da contrafforti, posti a intervalli regolari, che fanno assumere all'edificio l'aspetto di fortezza comune alla maggior parte dei caravanserragli.In Siria si assiste a un forte sviluppo delle strutture commerciali carovaniere durante i domini ayyubide (secc. 12°-14°) e mamelucco (sec. 15°); in particolare sotto i Mamelucchi furono costruiti numerosi c. sul percorso che univa il Cairo ad Aleppo. La tipologia dei c. medievali siriani, studiati in particolare da Sauvaget (1939; 1940), si mantiene immutata durante tutto il periodo: si tratta di edifici a pianta rettangolare o più spesso quadrata, di non grandi dimensioni (mediamente m2 2500 ca.), in cui uno spazio centrale aperto è circondato sui quattro lati da una galleria coperta da volte. Su uno dei lati si apre il portale, sovrastato da una sala che ne assicura la difesa: all'interno, ai lati del corridoio d'ingresso, sono disposte due stanze, una delle quali utilizzata come sala di preghiera. In alcuni esempi, soprattutto ayyubidi, al centro del lato opposto al portale si trova un īvān, cioè un ambiente coperto a volta, chiuso su tre lati e aperto verso la corte (per es. khān al-῾Arūs, fine sec. 12°).Nell'Iran selgiuqide, a partire dalla fine del sec. 11° si ebbe una ripresa delle attività commerciali, molto decadute dopo la conquista islamica, e ciò comportò la costruzione di c., pochi dei quali però si sono conservati. Anche ai c. venne applicato in quest'epoca lo schema costruttivo a quattro īvān già adottato in altri edifici di carattere profano e religioso: al centro di ciascuno dei quattro lati del cortile, cui si accede attraverso un solo portale, compare un īvān, mentre le rimanenti parti del perimetro interno sono costituite da ambienti allineati (per es. khān Za῾farānī, vicino a Nīshāpūr). Lo stesso modello continuò a essere utilizzato nel periodo ilkhanide (secc. 13°-14°), quando, dopo la conquista mongola, si creò un vastissimo impero, che andava dai territori bizantini all'Asia estrema, e attraverso l'altopiano iranico passavano le grandi vie della seta e delle spezie. I c. iranici si arricchirono allora di torri d'angolo a pianta circolare e di un portale d'ingresso monumentale a forma di bastione; spesso gli spazi coperti vennero organizzati su due piani intorno al cortile centrale, riservando agli animali e alle mercanzie il piano inferiore e ai viaggiatori il piano superiore.Nell'Occidente islamico medievale non si riscontra una disposizione analoga, lungo le principali vie di comunicazione, a quella dei c. orientali. I testi dei geografi e dei viaggiatori conservano tracce toponomastiche che potrebbero far pensare a stazioni o c. stradali, ma non forniscono alcuna descrizione che possa permettere una ricostruzione sia pure ipotetica del loro aspetto: così, per es., al-Bakrī (sec. 11°) cita alcune località dell'Ifrīqiya associando al loro nome il termine funduq o manzil ('tappa, luogo di sosta delle carovane'), ma specificando, a volte, che si tratta di 'grandi villaggi'; al-Idrīsī (sec. 12°) descrive i suoi itinerari magrebini computando le distanze per manāzil (pl. di manzil), ma parlando di funduq soltanto in ambito urbano. Dal testo di Ibn Baṭṭūṭa (sec. 14°) si evince peraltro che le tappe carovaniere nei paesi del Maghreb erano situate soprattutto presso le zawāyā (pl. di zāwiya), sedi delle confraternite religiose, che avevano anche il compito di proteggere i viaggiatori.Per quanto riguarda i c. urbani del periodo medievale, nelle città del Maghreb e della Spagna musulmana non ne restano molti esempi. Uno di questi è il Corral del Carbon di Granada, studiato e restaurato da Torres-Balbás (1946); un altro, a Fez, è il funduq al-Tattāwīyin, che sulla base delle analogie stilistiche con la madrasa al-῾Aṭṭārīn può essere fatto risalire al primo quarto del 14° secolo. Si tratta in ambedue i casi di edifici il cui schema architettonico è strettamente legato a quello dell'abitazione urbana a cortile interno, differenziandosene soltanto per le maggiori dimensioni della corte e dei portici che la circondano, per il moltiplicarsi delle stanze e dei locali adibiti a deposito, per la dimensione dell'entrata, che immette direttamente nello spazio centrale senza i passaggi intermedi che si incontrano nelle abitazioni.Nell'Oriente islamico i c. urbani, luogo di deposito delle merci e di residenza temporanea dei mercanti stranieri, ma anche luogo di vendita e di transazioni, si conservano in alcune delle principali città (Damasco, Aleppo, Tripoli di Siria, Cairo, Baghdad) ed ebbero un momento di grande diffusione in epoca mamelucca (dalla metà del sec. 13° all'inizio del 16°). Posti inizialmente alla periferia o nei sobborghi, cioè nelle zone dove il passaggio, l'assembramento e la permanenza degli animali da soma non creavano problemi alla vita urbana, essi divennero successivamente luoghi di commercio specializzati in una particolare merce, ubicati anche nelle zone più centrali. In un ulteriore momento della sua evoluzione urbana, il c. poté diventare un insieme complesso dove alla commercializzazione si associava la lavorazione dei prodotti. Il caso più noto in questo senso è il khān al-Khalīlī del Cairo, costruito nel suo primo nucleo alla fine del sec. 13°, sviluppatosi poi in forma di città mercantile specializzata in tessuti preziosi, sete, stoffe ricamate e tappeti, con un insieme di mercati aperti lungo una strada principale dove si trovavano anche ateliers per la filatura e la tessitura.Nella sua tipologia di base, il c. urbano assumeva lo schema dell'edificio a corte centrale, lungo il cui perimetro sono disposti i diversi vani di pratica utilità: Sauvaget (1941), trattando dell'organizzazione commerciale di Aleppo, fa risalire questo impianto alla disposizione tradizionale dell'agorá. La semplicità dello schema si conservò nel tempo, ma gli edifici assunsero in alcuni casi una ricchezza decorativa e una magnificenza monumentale che attestano la ricchezza e l'ampiezza dei traffici. Mantenendo lo schema planimetrico appena descritto, il c. urbano poteva svilupparsi in altezza per diversi piani, come nel wakāla al-Ghūrī, uno degli ultimi grandi edifici mamelucchi del Cairo, dove i primi due piani erano destinati ai magazzini e i tre superiori alle abitazioni. La parte centrale inoltre poteva essere coperta da una volta o da una cupola, come nel khān Mirjān di Baghdad (costruito nel 1358), che era appunto chiamato khān Urtuma ('c. coperto').

Bibl.:

Fonti. - Al-Bakrī, Description de l'Afrique septentrionale, a cura di W. Mac Guckin de Slane, Paris 1859 (nuova ed. Paris 1965); al-Idrīsī, Le Magrib au 12e siècle de l'Hégire (6e siècle après J.C.). Texte établi et traduit en français d'après Nuzhat al-mustaq, a cura di M. Hadj-Sadok, Alger 1983; Voyages d'Ibn Batoutāh, a cura di C. Defréméry, B.R. Sanguinetti, 4 voll., Paris 1853-1859 (Paris 19792, a cura di V. Monteil).

Letteratura critica. - A. Gabriel, Monuments turcs d'Anatolie, 2 voll., Paris 1931-1934; J. Sauvaget, Caravansérails syriens du Moyen-âge, I, Caravansérails ayyūbides (env. 1125-1260 A.D.), Ars islamica 6, 1939, pp. 48-55; II, Caravansérails mamelouks, ivi, 7, 1940, pp. 1-19; id., Alep. Essai sur le développement d'une grande ville syrienne, des origines au milieu du XIXe siècle (Bibliothèque d'archéologie et d'histoire, 36), 2 voll., Paris 1941; L. Torres-Balbás, Las alhóndigas hispano-musulmanas y el Corral del Carbón de Granada, Al-Andalus 11, 1946, pp. 447-480; M. Siroux, Caravansérails d'Iran et petites constructions routières (Mémoires de l'Institut français d'archéologie orientale du Caire, 81), Cairo 1949; G. Marçais, L'architecture musulmane d'Occident. Tunisie, Algérie, Maroc, Espagne, Sicile, Paris 1954, pp. 314-315; K. Erdmann, H. Erdmann, Das anatolische Karavansaray des 13. Jahrhunderts (Istanbuler Forschungen, 21, 31), 2 voll., Berlin 1961-1976; S. K. Yetkin, L'architecture turque en Turquie, Paris 1962, pp. 46-59; R. Le Tourneau, s.v. Funduḳ, in Enc. Islam2, II, 1965, pp. 966-967; I. M. Lapidus, Muslim Cities in the Later Middle Ages, Cambridge 1967; M. Siroux, Anciennes voies et monuments routiers de la région d'Ispahân (Mémoires de l'Institut français d'archéologie orientale du Caire, 82), Cairo 1971; R. Ettinghausen, Originality and Conformity in Islamic Art, in Individualism and Conformity in Classical Islam, a cura di A. Banani, S. Vryonis, Wiesbaden 1977, pp. 99-100; N. Elisséeff, s.v. Khān, in Enc. Islam2, IV, 1978, pp. 1043-1049; E. Sims, Trade and Travel: Markets and Caravanserais, in Architecture of the Islamic World. Its History and Social Meaning, a cura di G. Mitchell, London 1978, pp. 80-111; M. Kiyani, W. Kleiss, Fihrist-i Kārvānsarāhā-yi Irān [Elenco dei c. dell'Iran], Teheran 1983; V. Strika, J. Khalīl, The Islamic Architecture of Baghdād, AnnION 47, 1987, suppl. 52, pp. 75-77, tav. XXII; R. H. Ünal, Notes sur quelques khans inconnus de l'époque seldjoukide en Anatolie orientale, "Akten des VI. internationalen Kongresses für türkische Kunst, München 1979", München 1987, I, pp. 343-350.F. Cresti

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