Carboidrati

Universo del Corpo (1999)

Carboidrati

Laura Pizzoferrato e Anna Maria Paolucci

Con il nome di carboidrati, idrati di carbonio o glucidi, viene indicata una classe di composti chimici organici di cui fanno parte il glucosio, la cellulosa, l'amido, il glicogeno. In generale, con questo termine ci si riferisce soprattutto ai carboidrati a lunga catena, mentre con 'zuccheri' si intendono generalmente i carboidrati più semplici, a basso peso molecolare e dotati di sapore dolce. I carboidrati sono i nutrienti dai quali l'organismo trae la maggior parte dell'energia indispensabile per svolgere tutti i processi vitali, ma entrano anche a far parte di molecole metabolicamente molto importanti, quali RNA, DNA, lipidi complessi del sistema nervoso centrale e periferico e altre molecole dotate di funzioni di segnale o di riconoscimento chimico.

I carboidrati in natura e nell'alimentazione

di Laura Pizzoferrato


1.

Biochimica dei carboidrati

Chimicamente i carboidrati sono composti ternari costituiti da carbonio, idrogeno e ossigeno. Essi vengono comunemente distinti in monosaccaridi, o monosi (glucosio, fruttosio ecc.), disaccaridi (saccarosio, maltosio, lattosio ecc.), oligosaccaridi e, infine, polisaccaridi, o poliosi (amido, cellulosa, glicogeno e inulina). I monosaccaridi sono carboidrati che non possono essere idrolizzati in zuccheri più semplici, il loro scheletro non presenta comunemente ramificazioni e ciascun atomo di carbonio, eccetto uno, contiene un gruppo ossidrilico (-OH). Al rimanente atomo di carbonio è attaccato un gruppo carbonilico (-C=O), il quale, se si trova all'estremità della catena, determina un derivato aldeidico (aldoso), mentre in caso contrario si ha un derivato chetonico (chetoso). Si possono così avere aldo- o cheto- triosi, tetrosi, pentosi, esosi, a seconda del numero di atomi di carbonio che formano lo scheletro del monosaccaride. I monosaccaridi che si trovano in natura sono per la maggior parte pentosi (per es., xilosio, arabinosio, ribosio) ed esosi (per es., glucosio, fruttosio, galattosio, mannosio). I disaccaridi sono invece costituiti da due molecole di monosaccaridi unite tra loro, mentre gli oligosaccaridi possono comprendere da 3 a 10 monosaccaridi; i polisaccaridi, infine, sono composti di unità monosaccaridiche in numero variabile da 11 fino a molte migliaia.Il monosaccaride di riferimento, dal punto di vista chimico e nutrizionale, è sicuramente il (+)glucosio (dal greco γλυκύς, "dolce"), contenuto allo stato libero insieme con il (-)fruttosio (dal latino fructus, "frutto") nell'uva, in altri frutti e nel miele. Il segno (+) o (-) che precede il nome del carboidrato si riferisce alla proprietà delle molecole di glucosio e di fruttosio di deviare verso destra o verso sinistra il piano della luce polarizzata. Da questa stessa proprietà derivano i nomi di destrosio o levulosio con cui spesso si fa riferimento, rispettivamente, al glucosio e al fruttosio. La molecola del glucosio si forma in natura attraverso un processo che avviene nei vegetali, detto fotosintesi clorofilliana, con il quale anidride carbonica e acqua reagiscono in presenza di clorofilla, immagazzinando l'energia fornita dalla luce solare e trasformandola in energia chimica contenuta nel carboidrato. La reazione è uno dei più importanti processi chimici esistenti sulla Terra e permette un rifornimento continuo di glucosio che, combinandosi in modo diverso, può a sua volta formare le grosse molecole (macromolecole) della cellulosa, materiale di sostegno, o dell'amido, sostanza di riserva di energia nella pianta. Gli organismi animali che si cibano delle piante, invece, assumono il glucosio da esse prodotto e lo riutilizzano a loro volta per ottenere l'energia necessaria alla vita.

Il glucosio può essere ottenuto industrialmente per idrolisi dell'amido di patate e di granturco o di amidi di scarto. Il processo avviene generalmente ad alte temperature (110-115 °C) mediante acido cloridrico, che viene poi neutralizzato con carbonato sodico. Il glucosio è uno zucchero facilmente fermentescibile e per azione dei saccaromiceti produce anidride carbonica e alcol etilico. Il (-)fruttosio si ottiene invece per idrolisi del saccarosio o per isomerizzazione di idrolizzati di amido. È molto diffuso in natura anche sotto forma di polimero, l'inulina, presente in particolare nei carciofi.

Tra i disaccaridi, il (+)lattosio, costituito da glucosio e da un altro monosaccaride a sei atomi di carbonio, il galattosio, è contenuto nel latte (in percentuale del 3-5%) e viene ottenuto industrialmente dal siero, sottoprodotto della fabbricazione dei formaggi. Alla trasformazione del lattosio in acido lattico, per cattiva conservazione o per azione controllata di alcuni batteri (Lactobacillus bulgaricus e Streptococcus thermophilus) nella preparazione degli yogurt, è dovuto l'inacidimento del latte. Il (+)saccarosio, il comune zucchero da tavola costituito da glucosio e fruttosio uniti tra loro (v. zucchero), è noto in Europa dall'11° secolo e la prima vera industria di raffinazione, in cui esso veniva estratto dalla canna da zucchero (Saccharum officinarum) sorse in Italia nella prima metà del 15° secolo. Con il passare degli anni, gli stabilimenti di raffinazione si diffusero in tutta Europa, e contemporaneamente si ampliò la ricerca per l'ottenimento di zucchero anche da altre fonti. Nel 1796, si aprì in Slesia la prima fabbrica di zucchero da barbabietola (Beta vulgaris), pianta che ben si adatta al clima temperato e che ancora oggi è utilizzata per la produzione di saccarosio in Italia ed in Europa. Idrolizzando il saccarosio con acidi diluiti o per azione dell'enzima invertasi si formano uguali quantità di (+)glucosio e (-)fruttosio; questa idrolisi è accompagnata da un'inversione del senso di rotazione da positivo a negativo e viene per questo indicata come 'inversione del saccarosio'; la miscela di glucosio e fruttosio che ne deriva, detta zucchero invertito, ha un sapore gradevolmente dolce e si trova, per es., nel miele. Un altro disaccaride del glucosio, il (+)maltosio, può essere ottenuto, insieme con altri prodotti, dall'idrolisi parziale dell'amido con acidi acquosi o con l'azione dell'enzima diastasi presente nel malto (orzo germinato) durante la fermentazione dell'amido ad alcol etilico.

Tra i polisaccaridi, molto diffuso in natura è l'amido (v.), contenente esclusivamente glucosio, che rappresenta il principale materiale di riserva delle piante superiori in cui è presente, nei plastidi, sotto forma di granuli insolubili in acqua fredda. Nell'amido sono individuabili due componenti più semplici: l'amilosio, costituito da polimeri lineari con struttura a elica, contenenti da 200 a 2000 unità di glucosio, e l'amilopectina, in cui i polimeri sono ramificati e contengono da 10.000 a 100.000 (e oltre) unità di glucosio. In questi ultimi, proprio per la presenza delle ramificazioni, la struttura a elica è praticamente assente. All'interno dell'elica dell'amilosio possono inserirsi ioni inorganici, per es. iodio, che così incapsulato sviluppa l'intensa colorazione azzurra che viene spesso impiegata per la determinazione analitica dell'amido. Le quantità relative di amilosio e di amilopectina, la dimensione, la forma e le proprietà dei granuli di amido, pur nella somiglianza in composizione chimica e struttura molecolare, sono controllate geneticamente e sono quindi caratteristiche della specie botanica. I granuli di amido in sospensione in acqua, sottoposti a riscaldamento, subiscono un processo di gelatinizzazione, rigonfiandosi, mentre nella successiva fase di raffreddamento le molecole di amilosio, in particolare, tendono a riassociarsi in strutture ordinate (retrogradazione) formando, a elevata concentrazione, un gel che può conferire caratteristiche particolari al prodotto finale. Da ciò derivano le proprietà degli alimenti a base di amido, quali essenzialmente il pane e gli altri prodotti da forno e, naturalmente, la pasta. Il glicogeno, che è invece il polisaccaride di riserva degli organismi animali, ha una struttura molto simile a quella dell'amilopectina, pur essendo caratterizzato da più numerose ramificazioni, di 12-18 unità di glucosio. Il glicogeno si forma a partire dal glucosio assunto con l'alimentazione, e viene accumulato nel fegato e nei muscoli.

Altro polisaccaride a base di glucosio è la cellulosa, componente essenziale del legno e delle fibre vegetali, che, a differenza dell'amido, non è digeribile dall'uomo, mentre è utilizzata nella dieta dei ruminanti per la presenza nel rumine di una flora cellulosolitica. Mentre l'amido si scioglie in acqua e forma delle colle, utilizzabili anche come adesivi, la cellulosa fornisce fibre pregiate come cotone e lino. La giustificazione di queste differenze va ricercata nella diversa struttura tridimensionale (stereoisomeria) delle due macromolecole: l'amido è costituito da α-glucosio, mentre la cellulosa da β-glucosio, dove α e β indicano i due anomeri del glucosio, ovvero le due forme che si differenziano per la posizione del gruppo -OH legato al primo atomo di carbonio C₁ della molecola ciclica del glucosio.

2.

Aspetto nutrizionale

I carboidrati assunti come nutrimento dagli animali vengono scissi durante la digestione nelle unità originali di glucosio. Il glucosio viene poi trasportato tramite il flusso sanguigno al fegato, dove le molecole si ricombinano in glicogeno, così che, tutte le volte che ve ne è la necessità, quest'ultimo può essere nuovamente degradato a glucosio, dalla cui ossidazione ad anidride carbonica e acqua si ottiene energia.

Dal punto di vista nutrizionale i carboidrati si possono classificare in: a) disponibili, ovvero che possono essere digeriti e assorbiti come monosaccaridi. Sono compresi in questa classe glucosio, fruttosio, lattosio, saccarosio, maltosio, destrine, glicogeno e gran parte dell'amido; b) non disponibili, carboidrati non digeribili in quanto non attaccabili dagli enzimi intestinali e che, di conseguenza, non vengono assorbiti. Possono essere, tuttavia, attaccati dalla flora batterica intestinale, convertiti in acidi grassi a catena corta e assorbiti e utilizzati in questa forma. Componenti di questa classe sono gli oligosaccaridi della serie del raffinosio (raffinosio, stachiosio e verbascosio); c) fibra alimentare, non idrolizzata dagli enzimi digestivi, ma fermentabile dalla flora batterica intestinale (v. fibra). La fibra, a cui la moderna dietologia attribuisce una particolare importanza per gli effetti positivi sul metabolismo glucidico e lipidico, è costituita da polisaccaridi tipo cellulosa, emicellulose, pectine, gomme, mucillagini, galattomannani e da lignina, un polimero del fenilpropano che segue, analiticamente e fisiologicamente, il destino degli altri polisaccaridi.

Di conseguenza, l'utilizzazione fisiologica dei carboidrati può variare notevolmente. I monosaccaridi possono essere assorbiti direttamente, anche se con velocità diversa, mentre i disaccaridi, gli oligosaccaridi e i polisaccaridi richiedono una preliminare idrolisi che li trasforma nei monosaccaridi di cui sono costituiti, che possono essere poi rapidamente trasportati dal lume intestinale al sangue. Nell'intestino tenue, per es., il saccarosio è idrolizzato in glucosio e fruttosio dall'enzima saccarasi e il lattosio è idrolizzato in glucosio e galattosio dall'enzima lattasi. Una mancante o ridotta sintesi di lattasi, riscontrabile in alcuni individui, può però impedire o limitare l'idrolisi e l'utilizzazione del lattosio: tale carenza, diffusa soprattutto presso alcune popolazioni, dà origine a problemi di intolleranza al latte. L'idrolisi dell'amido è più complessa: inizia nella bocca per effetto della α-amilasi salivare e continua nel duodeno, la parte iniziale dell'intestino tenue, dove l'amido viene a contatto con gli enzimi pancreatici e la completa conversione a glucosio si verifica, grazie alla presenza di disaccaridasi, nelle cellule della mucosa dell'intestino. Gli oligosaccaridi e i polisaccaridi non idrolizzati, che costituiscono la fibra alimentare, passano invece senza essere assorbiti dall'intestino tenue al crasso, dove questi composti possono essere metabolizzati dalla microflora per dare acidi grassi a catena corta (acetico, propionico, butirrico) o gas, come avviene nel caso di alcuni tri-, tetra- o pentasaccaridi (raffinosio, stachiosio e verbascosio) contenuti in particolare nei legumi che, per questo motivo, possono causare il fenomeno della flatulenza. Pur non esistendo, in molti paesi, raccomandazioni nutrizionali precise per i carboidrati, è noto che un'inadeguata assunzione di questo tipo di nutrienti induce squilibri biochimici, oltre a ridurre l'efficienza funzionale di tutto l'organismo. I LARN (Livelli di assunzione raccomandati di energia e nutrienti per la popolazione italiana) raccomandano che almeno il 55% del fabbisogno energetico sia fornito dai carboidrati; in particolare, sono consigliati i carboidrati complessi. Gli zuccheri semplici, invece, spesso di sapore dolcissimo, che, oltre agli aspetti più spiccatamente nutrizionali, esplicano una funzione edonistica nell'alimentazione del bambino e dell'adulto, non dovrebbero superare il 10-12%. Inoltre, essi costituiscono un'importante causa di sviluppo delle carie dentali; in particolare, lo zucchero più cariogeno è il saccarosio, facilmente metabolizzabile dai microrganismi che formano la placca. Microrganismi tipo Streptococcus mutans (fig. 4), Streptococcus sanguis e alcuni batteri del genere Actinomyces trasformano il glucosio in polisaccaridi (destrani) che, aderendo alla superficie del dente, proteggono i microrganismi stessi e favoriscono il metabolismo anaerobio dello zucchero ad acidi lattico, piruvico e acetico oltre a piccole quantità di altri acidi, con conseguente abbassamento del pH, che provoca la dissoluzione dello smalto del dente. Il potere dolcificante degli zuccheri è estremamente variabile e, assegnando come riferimento il valore 100 al saccarosio cristallino, è possibile attribuire un valore di 180 al fruttosio, 74 al glucosio, 16 al lattosio. L'azione edulcorante è anche caratteristica di sostanze chimiche molto diverse dai glucidi, tra le quali alcune sono permesse dalla legge, in quantità controllate, come dolcificanti alternativi, quali la saccarina, la glicina, il mannitolo, l'aspartame ecc. (v. additivi).

I carboidrati più complessi non hanno invece sapore dolce. Molti polisaccaridi sono insolubili in acqua, e alcuni di essi, come la cellulosa amorfa, possono invece inglobarla costituendo la massa intestinale. Altri polisaccaridi sono solubili o dispersibili in acqua e conferiscono agli alimenti particolari caratteri di consistenza e viscosità gradevoli al palato.Alcuni fenomeni di imbrunimento negli alimenti, con conseguenze a volte positive a volte decisamente negative, sono dovuti a reazioni dei carboidrati. Il riscaldamento diretto degli zuccheri provoca la 'caramellizzazione', con formazione di uno sciroppo di colore scuro, dal gusto e aroma particolari, che viene spesso usato nell'industria dolciaria per la preparazione di budini, torte, caramelle e bevande. Un altro tipo di imbrunimento può derivare dalla reazione tra zuccheri e proteine (reazione di Maillard) che, dopo una lunga serie di stadi di condensazione e polimerizzazione, porta alla formazione delle cosiddette melanoidine, di colore bruno e aroma caratteristico, tipico, per es., del caffè torrefatto, delle noccioline tostate, del pane abbrustolito. Questa reazione può portare alla formazione di composti antiossidanti, ma provoca anche la formazione di composti potenzialmente tossici e una riduzione della qualità nutrizionale dell'alimento per la perdita, in particolare, di lisina, aminoacido essenziale per l'uomo. Pertanto è importante controllare l'estensione della reazione sia per impedire lo sviluppo di aromi e sapori organoletticamente sgradevoli, sia per garantire la sicurezza d'uso dell'alimento.

Assorbimento degli zuccheri e indice glicemico

di Anna Maria Paolucci


Alla fine del processo digestivo il monoso prevalente è generalmente il glucosio, seguito dal fruttosio. Questo monosaccaride, soprattutto se ingerito in forma libera o sotto forma di saccarosio, viene assorbito con grande rapidità, inducendo un aumento della sua concentrazione ematica (glicemia) e, quindi, della secrezione di insulina, che tende a riportare alla norma i valori della glicemia. L'amido, che è digerito e assorbito più lentamente, determina aumenti della glicemia e della risposta insulinica di minore intensità e più omogeneamente distribuiti nel tempo. Questa differente risposta all'ingestione di carboidrati, definita 'indice glicemico', ha grande importanza soprattutto in rapporto al diabete non insulino-dipendente e alla sua possibile prevenzione mediante un'alimentazione opportuna. Si ritiene infatti che la continua sollecitazione della risposta insulinica possa alla fine indurre una mancata risposta all'insulina da parte delle cellule corporee, provocando quel tipo di diabete che insorge nella mezza età. L'indice glicemico è determinato però non solo dalla natura del carboidrato alimentare, ma anche dalla composizione globale del pasto, dalle modalità di cottura (che rendono l'amido più o meno facilmente aggredibile dagli enzimi digestivi), dal rapporto tra carboidrati e lipidi, per l'effetto di rallentamento che questi ultimi hanno sul tempo di svuotamento gastrico e, infine, dalla quantità e dal tipo di fibra eventualmente presente. In linea generale è possibile affermare che l'amido, soprattutto quello più ricco di amilosio, che è digerito più lentamente dell'amilopectina, è caratterizzato da un indice glicemico più basso. Questa è una delle ragioni per cui i nutrizionisti consigliano di minimizzare l'apporto degli zuccheri semplici e di privilegiare l'ingestione di carboidrati complessi, come l'amido contenuto in pane, pasta, riso, polenta, patate e legumi.

Il glucosio, comunque, è da definirsi metabolicamente indispensabile: se per esso non si può parlare infatti di essenzialità, nel senso di molecola che deve essere introdotta preformata con gli alimenti, perché può essere sintetizzato anche a partire da altri monosi (dal glicerolo, dall'acido lattico e da moltissimi aminoacidi), l'organismo ha tuttavia bisogno giornalmente di una quantità fissa di glucosio per sopperire alle necessità di tessuti che possono utilizzare solo il glucosio a fini energetici, come il tessuto nervoso centrale e i globuli rossi del sangue. In mancanza di glucosio di origine alimentare, l'organismo è infatti costretto a degradare proteine, per trasformare gli aminoacidi in glucosio da inviare soprattutto al cervello. Inoltre, per far fronte alle esigenze energetiche generali dell'organismo, viene potenziata l'ossidazione di acidi grassi liberati dal tessuto adiposo, dando origine a un accumulo di corpi chetonici che possono indurre uno stato di acidosi. Una quantità minima di carboidrati deve essere quindi giornalmente ingerita, affinché non si debbano utilizzare proteine a scopo energetico, né ci sia il rischio di entrare in stato di acidosi, perdendo per via urinaria cationi, liberati allo scopo di neutralizzare i residui acidi. È stato calcolato che l'acidosi e l'utilizzazione delle proteine a fini gluconeogenici possono essere evitate ingerendo 70-100 g di glucosio al giorno, preferibilmente sotto forma di amido.

Per quanto riguarda il fruttosio, esso non deve essere trasformato in glucosio per essere utilizzato a fini energetici. Al contrario, entra nella via glicolitica in modo indipendente, più velocemente del glucosio, e a valle di un importante punto di regolazione cui è sottoposta la degradazione del glucosio, che viene perciò oltrepassato. L'ingestione di forti quantità di fruttosio, come tale oppure sotto forma di sciroppi ad alto contenuto di fruttosio (HFS, High fructose syrups), come quelli che oggi vengono preferenzialmente usati per dolcificare prodotti dolciari o bibite analcoliche, fa quindi percorrere velocemente a questo zucchero le ultime tappe della glicolisi. Ciò provoca la formazione di forti quantità di acetil-CoA, una molecola che è base di partenza per la sintesi degli acidi grassi e quindi dei trigliceridi. Considerato che dal fruttosio si ottengono anche grandi quantità di glicerofosfato, altra molecola chiave per la sintesi dei trigliceridi, si capisce come in questa situazione metabolica la formazione di grassi possa essere favorita. I trigliceridi, riversati nel sangue, possono provocare ipertrigliceridemia, cui si può accompagnare anche iperuricemia, dovuta a un maggior catabolismo delle basi puriniche indotto da altri squilibri metabolici sempre provocati da quantità eccessive di questo zucchero. L'insieme delle considerazioni esposte, in aggiunta all'accertato potere cariogeno del saccarosio, portano quindi a suggerire di non eccedere nel consumo abituale di questo zucchero.

Bibliografia

Carbohydrates in human nutrition, FAO Food and Nutrition paper 15, 1983.

Istituto nazionale della nutrizione, Linee guida per una sana alimentazione italiana, Roma, INN, 1997.

LARN: Livelli di assunzione raccomandati di energia e nutrienti per la popolazione italiana, Revisione 1996, a cura della Società italiana di nutrizione umana, Roma 1997.

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