CARBONE

Enciclopedia Italiana - IX Appendice (2015)

CARBONE.

Fabio Catino

– Andamento del mercato. Clean coal technologies. Il settore del carbone in Italia. Bibliografia

tab. 1

In un’epoca molto diversa per condizioni economiche, tecnologiche e geopolitiche dal periodo dell’impiego prevalente del c., questa fonte continua a contribuire in modo rilevante alla produzione di energia primaria mondiale e ad alimentare l’industria dell’acciaio e del ferro. Concluse definitivamente le due fasi di netta prevalenza di una fonte fossile sulle altre, che hanno caratterizzato il secolo scorso, in avvicendamento intorno agli anni Cinquanta e dominate in ordine cronologico dallo stesso c. e poi dal petrolio, un nuovo equilibrio in progressivo consolidamento negli anni Dieci del 21° sec. si fonda sul peso sostanzialmente equivalente delle diverse fonti fossili (petrolio, c. e gas naturale) nel mix energetico mondiale. In questo quadro, il consumo di c. degli ultimi dieci anni ha avuto il maggiore tasso di incremento tra le fonti fossili, in particolare a causa del vigoroso sviluppo economico in primo luogo della Cina e secondariamente dell’India e alla conseguente loro crescente necessità di energia. Emergono con più forza gli aspetti controversi e critici associati al problema ambientale, rispetto principalmente ai cambiamenti climatici che obbligheranno la filiera industriale del c. a svilupparsi attraverso l’applicazione di tecnologie pulite a basso impatto di carbonio (clean coal technologies e carbon dioxide capture and storage). In assenza di tali tecnologie, l’utilizzazione del c. come combustibile primario (prevalentemente nella produzione termoelettrica), peraltro suo principale impiego (tab. 1) rispetto a quelli nei settori siderurgico (~15%) e chimico (~1%), comporta le maggiori emissioni di gas serra tra i combustibili fossili (IPCC 2014).

tab. 2
tab. 4

Andamento del mercato. – Dal 2007 al 2013, il consumo mondiale di c., espresso in tonnellate equivalenti di carbone (tce, unità che ne rappresenta il contenuto energetico), è aumentato da 4577 milioni di tonnellate (Mtce) a 5467 Mtce, con un tasso di crescita medio annuo del 2,6% (tab. 2). Il suo contributo all’energia primaria mondiale è salito al 30,1% (2013), dal 26% del 2007, e la partecipazione al mix di fonti energetiche per la produzione di energia elettrica è rimasta grosso modo costante (40% nel 2013, rispetto al 41% del 2007). Anche la percentuale della produzione di c. utilizzata in campo siderurgico non è variata molto, essendo stata del 15% nel 2013 contro il 13% degli anni precedenti fino al 2007. Questa crescita rilevante dei consumi di c. si è soltanto temporaneamente interrotta nel 2009, in seguito agli effetti della crisi economico-finanziaria iniziata nel 2007, per poi ristabilirsi, e non ha avuto lo stesso slancio nei settori del gas naturale e del petrolio (nel periodo 2004-13 il tasso di crescita annuale medio del c. è stato del 3,4%, decisamente superiore al 2,2% e allo 0,7% rispettivamente di gas e petrolio). Cina e India ne sono stati i maggiori artefici. La Cina ha visto crescere i propri consumi da 1897 Mtce (2007) a 2761,6 Mtce (2013), superando la soglia del 50% nel consumo mondiale di c., e si è confermata anche di gran lunga il Paese con la produzione maggiore (45,5% di quella mondiale nel 2013). Il livello estremamente alto della crescita economica nazionale ha tuttavia richiesto anche un marcato aumento delle importazioni (v. tab. 4), facendo della Cina il fulcro dello spostamento verso l’Asia del mercato del carbone. In questa tendenza ha avuto un ruolo rilevante anche l’India, a sostegno di un ragguardevole incremento dei propri consumi di c. (percentualmente il più grande in assoluto, 54% nel periodo 2007-13, da 300,4 a 463,3 Mtce). L’India è il terzo Paese nella graduatoria dei consumi mondiali, ma si prevede possa superare nel 2020 gli Stati Uniti, per collocarsi al secondo posto (IEA 2014).

tab. 3

Il declino della domanda di c. che si ritiene potrà manifestarsi nei prossimi decenni nella maggior parte dei Paesi OCSE, in seguito all’applicazione di nuove politiche di contrasto ai cambiamenti climatici, già si è realizzato in misura considerevole negli Stati Uniti, dove i consumi sono scesi da 819 (2007) a 651 Mtce (2013), invero più per ragioni economico-industriali che ambientali. La grande disponibilità di gas naturale a prezzi bassi, offerta dal notevole incremento della produzione di shale gas (v. idrocarburi non convenzionali), ha infatti favorito per la produzione di energia elettrica il passaggio a questa fonte, peraltro anche più economica rispetto al c. per i ridotti costi impiantistici in relazione ai limiti di inquinamento atmosferico. Di contro gli Stati Uniti sono diventanti in pochi anni un grande Paese esportatore di c., quarto nella graduatoria mondiale, dopo Indonesia, Australia e Russia (tab. 3). Ai prezzi correnti (circa 50 dollari/t), il valore del mercato mondiale della materia prima c. è di circa 400 miliardi di dollari l’anno.

fig. 2

Clean coal technologies. – L’estensione delle politiche ambientali per il contenimento dei cambiamenti climatici anche ai colossi economici asiatici è più che un’ipotesi di lavoro nelle agende per gli accordi internazionali. In attesa degli esiti della Conferenza ONU di Parigi sul clima (dic. 2015), se ne può considerare un preambolo l’accordo bilaterale del 2014 Stati Uniti-Cina per la riduzione delle rispettive emissioni in atmosfera (del 25% nel 2025 rispetto ai valori del 2005 per gli Stati Uniti; con raggiungimento del picco delle emissioni entro il 2030 e successiva decrescita per la Cina). Secondo queste linee di tendenza, sono attesi sia in Cina sia in India una maggiore diversificazione di fonti energetiche nel mix dell’energia primaria e un corrispondente forte incremento delle energie rinnovabili (v. rinnovabili, energie). Già nel 2014, per la prima volta nel 21° sec., i consumi cinesi sono diminuiti del 2,4% rispetto all’anno precedente. Tuttavia, considerando le dimensioni del contributo del c. alla crescita economica di questi Paesi (il solo uso nelle industrie cinesi dell’acciaio e del cemento supera il consumo complessivo di c. degli Stati Uniti), e l’ampia e diffusa disponibilità di tale risorsa (omogeneamente distribuita su scala mondiale, fig. 2), è irrealistico prevederne un sostanziale declino. Per limitare il problema grave delle emissioni in atmosfera di gas serra associate alla combustione del c.,diventa pertanto imprescindibile e urgente lo sviluppo degli impianti attraverso l’affermazione delle cosiddette tecnologie pulite di combustione (clean coal technologies) e della filiera CCS (CO2 Capture & Storage) di cattura e stoccaggio della CO2. Sono tecnologie pulite gli impianti di produzione di energia elettrica alimentati da c. che consentono l’innalzamento dell’efficienza termodinamica del ciclo operativo con minori consumi di materia prima e ridotte emissioni in atmosfera. Un tale rinnovamento degli impianti, anche nei Paesi OECD (Organization for Economic Cooperation and Development) già dotati di centrali più moderne ed efficienti (Stati Uniti e Unione Europea in primo luogo), comporterebbe inoltre benefici per la riduzione degli inquinanti non climatici (mercurio, NOx, SOx, particolato ecc.) nel rispetto dei limiti di legge. L’attuale impatto emissivo medio del parco mondiale delle centrali a c. è di circa 1000 gCO2eq/kWh (per le centrali a gas naturale è di circa 600), considerandolo su tutto il ciclo di vita del combustibile (life cycle GHG emissions, emissioni dirette dagli impianti di produzione di elettricità, emissioni di metano dai giacimenti di produzione del la fonte fossile e dalle infrastrutture di trasporto). Una par te rilevante di questo carico di emissioni proviene dagli impianti subcritici (caratterizzati da cicli di vapore la cui pressione massima, intorno ai 170 bar, rimane al di sotto di quella di punto critico dell’acqua, con temperature massime di esercizio intorno ai 540 °C), i meno efficienti e più inquinanti tra quelli alimentati a carbone. Una centrale subcritica emette il 75% di carbonio in più, e consuma il 67% di acqua in più, a parità di potenza, di una centrale ultrasupercritica (USC), ossia della tipologia tecnologicamente più avanzata e dal rendimento più elevato (pressioni e temperature massime rispettivamente intorno a 300 bar e 600 °C; rendimento del 45% circa). Attualmente, rispetto alla potenza complessiva mondiale delle centrali a c. (1617 GW), il 75% è del tipo sub-critico (gran parte in Cina e negli Stati Uniti), il 22% super critico e soltanto il 3% ultrasupercritico (SSEE 2015). Agli impianti subcritici vanno addebitati 8,6 Gt di emissioni di CO2 (2009), ossia circa il 17% del carico totale antropico annuale agente sul cambiamento climatico (IPCC 2014).

Le prospettive di miglioramento del rendimento (che punta come obiettivo al 50%) e di riduzione delle emissioni delle nuove generazioni di impianti ultrasupercritici (advanced USC coal-fired power station, pressione e temperatura massima maggiori, rispettivamente, di 350 bar e 700 °C), di cui si prevede l’accessibilità commerciale entro il 2020, sono affidate agli obiettivi di ricerca e sviluppo che riguardano le caratteristiche – resistenza al creep, all’ossidazione, all’infragilimento ecc. – dei materiali (acciai) maggiormente sollecitati (di particolare interesse sono, per es., gli studi applicativi sulle leghe di nichel). Tra le altre tipologie impiantistiche annoverate nelle clean coal technologies si segnalano: i cicli combinati integrati con gassificazione del carbone (IGCC, Integrated Gasification Combined Cycle), per i quali sono attesi miglioramenti dei rendimenti (45-50%) in relazione alla realizzazione di specifiche turbine idonee alle elevate temperature per il tipo di gas in combustione (syngas) in questi impianti (turbine di classe G, T=1430°C; turbine di classe H o J, T=1480°C); impianti con tecnologia a ossicombustione (oxy-combustion), con combustione del polverino di c. in atmosfera di solo ossigeno, lo sviluppo commerciale dei quali è tuttavia condizionato alla futura affermazione dei sistemi CCS. Per essere qualificati come impianti a emissioni pressoché zero in atmosfera (NZE, Near Zero Emissions), le varie tipologie clean coal technologies possono essere configurate in associazione a unità CCS. Una diffusione significativa di queste ultime è tuttavia condizionata sia da vincoli economico-industriali sia dalla necessità di ulteriori validazioni tecnico-scientifiche e ambientali (v. cattura e stoccaggio della CO2).

fig. 3

Il settore del carbone in Italia. – La tendenza dei consumi di c. in Italia, pressoché totalmente da importazione, è allineata con quella dell’area UE, mantenendosi peraltro la specificità italiana di un minore contributo del c. al consumo di energia primaria, a causa di una ridotta partecipazione (attualmente 13%) di questa fonte al mix elettrico, storicamente a favore del gas naturale e, recentemente, delle fonti rinnovabili. Dopo il calo dei consumi del biennio 2008-09, la ripresa del triennio successivo si è interrotta nel 2013 (circa 21 Mt), con una brusca diminuzione (tab. 2) confermata nel 2014 (−11% nei consumi di c. da vapore, scesi a 16 Mt). Anche i consumi del c. da coke (siderurgico) sono crollati a livelli mai così bassi nei primi anni del 21° sec. (3,1 Mt nel 2013; ministero dello Sviluppo economico 2013). La flotta italiana delle 13 centrali elettriche a c., distribuite prevalentemente nel Centro-Nord del Paese (fig. 3), ha una capacità complessiva in potenza di circa 9,5 GW. Soltanto una di queste, Torre Valdaliga Nord (Civitavecchia) di più recente realizzazione (2009), è del tipo USC (3 unità da 660 MW).

Commercio internazionale di carbone

Le prospettive di un rilancio del settore termoelettrico italiano a c. sono affidate a progetti attualmente bloccati per motivazioni di carattere economico-ambientale. Vado ligure (Savona), dove era previsto un potenziamento con una nuova unità USC da 460 MW, sconta una localizzazione sfavorevole per l’elevata antropizzazione e un carico inquinante sul territorio attribuito alle vecchie unità risalenti al 1971 (attualmente ferme per disposizione della magistratura e in regime di sospensiva per adeguamento riguardo l’AIA, Autorizzazione Integrata Ambientale). Il progetto della centrale di Saline Joniche (Reggio Calabria), 2 unità USC da 660 MW, in merito alle disposizioni autorizzative ha subito la decisione sfavorevole del TAR (Tribunale Amministrativo Regionale) del Lazio su ricorso della Regione Calabria e di varie associazioni ambientaliste (sentenza del 27 febbr. 2015). La riconversione a c. della centrale Enel a olio combustibile di porto Tolle (Rovigo), secondo un progetto – 3 gruppi ad alta efficienza da 1980 MW complessivi – associato alla realizzazione di un sistema CCS, è stato sospeso dall’azienda proponente in primo luogo a causa delle mutate condizioni economiche del mercato elettrico (calo strutturale della domanda).

Bibliografia: IEA (International Energy Agency), 21st centurycoal. Advanced technology and global energy solution, Paris 2013; IEA, World energy outlook 2014, Paris 2014; IPCC, Climate change 2014: mitigation of climate change. Contribution of working group III to the fifth assessment report of the Intergovernmental panel on climate change, ed. O. Edenhofer, R. Pichs-Madruga, Y. Sokona etal., Cambridge-New York 2014; SSEE (Smith School of Enteprise and th Environment), Stranded assets and subcritical coal. The risk to companies and investors, Oxford 2015. Si veda inoltre: Ministero dello Sviluppo economico, Bilancio energetico nazionale 2013, http://dgerm.sviluppoeconomico.gov.it/ dgerm/ben.asp (2apr. 2015).

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