CARIA

Enciclopedia Italiana (1931)

CARIA (A. T., 88-89)

Lino BERTAGNOLLI
Giuseppe FURLANI
Paul KRETSCHMER

Vasta regione costiera dell'Anatolia occidentale, limitata a N. dal Grande Meandro che la divide dalla Lidia e a S. dal fiume Dalaman, l'antico Indo, che la separa dalla Licia. Montuosa e assai elevata nell'interno, dove nel Sandirasdağ si raggiungono i 3000 m. d'altitudine, appare pianeggiante e bassa nelle ampie vallate dei corsi inferiori dei fiumi e lungo le coste frastagliatissime e pur tuttavia prive di porti fiorenti, perché il retroterra è in gran parte improduttivo e mancano del tutto le buone strade commerciali verso le regioni dell'interno, che si sollevano a terrazze dalla regione costiera. Solo per l'ampia vallata del Grande Meandro, il maggior fiume della regione, che coperta di estesi e fertili strati alluvionali s'inoltra per una lunghezza di 110 km. verso E. nell'interno, le comunicazioni sono facili, e difatti l'unica ferrovia del paese, quella che mette in comunicazione Smirne con Isparta e Igridir, corre appunto per lungo tratto nella vallata del gran fiume tortuoso; nella quale proficue sono le colture del frumento, del mais, del tabacco, della canapa e nella parte superiore anche del cotone. Non mancano neppure le aree coltivate a frutteto: degni di menzione i fichi della regione (fichi di Smirne). Vi ptosperano l'olivo, la vite e il noce, oltre la liquirizia che vi cresce spontanea. Solo il tratto di pianura a O. di Aydïn, di recente formazione alluvionale, è malsano e spopolato; la parte meridionale, dove sono le rovine di Mileto, è deserta e paludosa; nella settentrionale invece ci sono anche vasti pascoli. I centri principali della vallata sono Aydïn (v. āidīn, che è la forma araba del nome) e Nazilli (20.000 ab.), importante come mercato regionale del cotone. Più a S., la regione costiera si fa montuosa e si presenta in gran parte brulla o a steppa con pochi villaggi agricoli o di pescatori; solo sui versanti vallivi, dove fino ai 500-600 metri s. m. si trovano anche l'olivo e la vite, abbondano le abitazioni e si coltivano nel fondo valle i cereali. Nella penisola di Alicarnasso, rupestre e deserta all'intorno e relativamente popolata solo lungo la via che da Milas porta al golfo di Cos, troviamo sviluppata la cerealicoltura e l'olivicoltura sul versante occidentale e lungo le coste meridionali, dove molto proficua è anche la coltura dei fichi. Pressoché disabitate le coste del golfo di Cos e quelle della penisola di Marmaris, di Cnido e di Fenice.

L'interno della Caria è un altipiano circondato da monti antichi, nel quale la valle dell'Akçay segna l'unico passaggio. È in gran parte deserto o cespuglioso; solo nella parte meridionale ci sono foreste di pini e pochi pascoli estivi e nella settentrionale si trovano anche piccole aree di terreno fertile col centro di Yerengüme in comunicazione con la vallata del Meandro. Oltre i centri già ricordati, sono importanti la cittadina greca di Milas; Bozdogan nella valle dell'Akçay; Bodrum, nascosta fra bei giardini di fichi, e all'interno Muğla, importante mercato cerealicolo.

Storia. - Delle vicende storiche della Caria e della popolazione sua avanti il periodo storico in cui entrò in contatto col mondo e con la civiltà greca non sappiamo quasi nulla. Al tempo del fiorire della civiltà hittita (v. hittiti) essa avrà risentito l'azione esercitata sui destini dell'Asia Minore dagli Hittiti. I Κᾶρες, più tardi chiamati anche Καριῶται, non erano né Semiti né Indoeuropei, non parlavano cioè né una lingua semitica né una indoeuropea, ma saranno stati etnicamente affini alle altre popolazioni di cui era ricca già in tempi antichissimi la parte occidentale dell'Asia Minore, e specialmente ai Lelegi, dei quali sembrano aver costituito una stirpe. I Carî erano un popolo molto bellicoso ederano quindi ricercati quali mercenarî. Erano inoltre ottimi navigatori e temuti dai Greci quali pirati. L'organizzazione politica del paese si basava su comunità rurali chiamate dai Greci κῶμαι. Essi ebbero una parte importante nelle vicende storiche dell'Asia Minore occidentale, poiché sottomisero al proprio dominio anche quasi tutta la costa occidentale della penisola, insieme con le isole antestanti, e segnatamente Lesbo. Più tardi però furono respinti verso l'interno dagli Ionî, o, secondo una tradizione addotta da Erodoto (I, 4), da Minosse di Creta, e dovettero cedere a questo anche la costa meridionale e sud-occidentale. Il paese stava sotto il dominio di proprî re. Nel sec. VI a. C. la Caria è incorporata da Gige al regno di Lidia, ma non tarda a passare con Ciro sotto la sovranità persiana. Nella sollevazione ionica, essa aiuta gl'insorti contro il Gran Re, il quale ben presto ne soffoca la rivolta. Tuttavia troviamo dinasti di Caria quali membri della Lega delio-attica, e ci sono attestate varie altre relazioni col mondo greco, sino alla conquista macedone. Dopo essere passata sotto le dominazioni seleucidica, tolemaica (la zona costiera) e rodia, la Caria finì nel 129 a. C. col far parte della provincia romana d'Asia.

Bibl.: E. Meyer, in Ersch e Gruber, Encyklopädie, II, 33, 53 segg.; Benndorf e Niemann, Reisen in Lykien und Karien, Vienna 1884; Bürchner, in Pauly-Wissowa, Real-Encycl., X, coll. 1943-47; I. Garstang, The Hittite empire, Londra, pp. 1929, 179-180.

Lingua. - Della lingua caria ci sono conservati nella letteratura antica (specialmente in Stefano di Bisanzio) solo pochi vocaboli, come p. es. taba "roccia"; suan "tomba"; gela "re" ma un numero abbastanza rilevante di nomi di persone e luoghi, accresciuto non poco da quel che ci dànno le iscrizioni greche. I Carî stessi, inoltre, ci hanno tramandato nella loro lingua epigrafi, di cui soltanto poche sono state scoperte nella Caria (Tralles, Mendelia), mentre la maggior parte è venuta alla luce in Egitto, p. es. a Memfi a Abido, a Abu Simbel in Nubia, dove molti mercenarî carî hanno eternato i loro nomi per mezzo d' iscrizioni. I Carî si servivano dell'alfabeto greco, arricchito però di molti segni addizionali per indicare quei suoni che erano sconosciuti ai Greci. Questi numerosi suoni eterogenei hanno procurato ai Carî in Omero lo strano appellativo di "parlanti barbaricamente" (βαρβαροϕώνων: Il., II, 867). Purtroppo le iscrizioni non dànno linguisticamente un contributo importante, sia perché sono formate per lo più da nomi proprî, sia perché la determinazione di alcune lettere riesce difficile e incerta. Tuttavia una conformità perfetta con la lingua dei Lici, confinanti con i Carî verso SE., apparisce nel genitivo, che per entrambi è formato con la desinenza -he. Anche i nomi di persona carî hanno molteplice corrispondenza con quelli dei Lici e in genere con quelli dell'Asia Minore meridionale. Al contrario, l'opinione difesa a suo tempo da alcuni studiosi che il cario sia una lingua indoeuropea o semitica, manca d'ogni dimostrazione probatoria. Presentemente sussistono solo ragioni per credere a una affinità fra la lingua caria e la licia. Secondo Erodoto (I, 172) parlavano cario i Cauni, stabiliti nella parte più a SE. della Caria, per quanto fosse-o ben diversi per costumi e origini; da questo fatto Erodoto inferisce un cambiamento di linguaggio. Un'iscrizione di quella regione, di Krya sul Golfo di Makri, è compilata in alfabeto cario, ma con alcuni segni differenti. Un ricordo linguistico cario s'è conservato nelle lingue moderne nella parola "mausoleo", dal monumento sepolcrale del re cario Mausolo.

Bibl.: Per la lingua: P. Kretschmer, Einleitung in die Gesch. der griechischen Sprache, Gottinga 1896. Per le iscrizioni carie: A.H. Sayce, in Transactions of the Society of Biblical Archaeology, IX, p. 112, Procedings, XVII, p. 39, XXVII, p. 123, XXVIII, p. 172,. XXX, p. 28; J. Sundwall, Zu den Kar. Inschriften, ecc., in Klio, XI (1911), p. 464 segg.; G. Meyer, Die Karier, in Beiträge zur Kunde der indog. Spr., X (1866), pp. 147-202.

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