CATTANEO, Carlo Ambrogio

Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 22 (1979)

CATTANEO, Carlo Ambrogio

Gino Benzoni

Nato a Milano il 7 dic. 1645, novizio della Compagnia di Gesù il 1º nov. 1661, all'interno di questa si svolge, per lo più a Milano, il resto della sua esistenza. Insegnante di retorica nell'università gesuitica di Brera, ove pare privilegiasse, dell'"arte oratoria",il "dir tragico",resse anche, per qualche tempo, a Lecce il collegio del suo Ordine. Di gran lunga prevalente, comunque, sulle incombenze didattiche e amministrative l'intensissima attività predicatoria del C. sia dal pulpito in chiese affollate per feste solenni e celebrazioni sia in sedi più raccolte per un pubblico più ristretto, fidente nella sua direzione spirituale.

Parve infatti ai contemporanei uomo capace di alternare il tono infiammato e perentorio (aveva la voce tonante e, anche, aspra) a quello affabile e cattivante delle conversazioni private; e l'aspetto austero e severo, lo sguardo accigliato sapevano addolcirsi se all'asprezza del rimbrotto seguiva la pacata argomentazione persuasiva, così come la veemenza si stemperava sovente nell'arguzia rasserenante di pause umoristiche non aliena da cadenze popolaresche e dalla facile saggezza dei proverbi. Donde il successo della predicazione del C. non solo negli ambienti nobiliari e altoborghesi ma anche in quelli di più modesta estrazione sociale.

Tale predicazione si esplicò in più occasioni - la novena di s. Francesco Saverio, l'ottava del SS. Sacramento, la novena di s. Ignazio, le "quaranta ore del carnevale" - e sui temi più vari, dal "ragionamento" pel giubileo e attorno ad alcune reliquie esposte a Brera al "discorso" sulla manna caduta nel deserto ("figura" dell'altare del Santissimo) e all'orazione, in latino, sull'educazione dei fanciulli. Panegirista, esalta, in latino, "nella chiesa dell'università di Brera" all'"aprimento degli studi",nell'autunno del 1683 la liberazione di Vienna; nel 1686 non lesina l'entusiasmo per la presa di Buda prorompendo in "viva Leopoldo, viva la religione, viva Iddio" a S. Fedele di fronte alla "real congregazione del SS. Entierro"; rievoca, nel duomo, "nell'ottava del santo",la figura di Carlo Borromeo; ricorda, nella chiesa agostiniana di S. Marco, i meriti di s. Agostino e in quella di S. Francesco le virtù di s. Antonio da Padova; celebra più volte la Vergine, ora immune dal peccato originale ora "nella vigilia della natività" ora assunta; ribadisce la grandezza di s. Pietro apostolo; suscita commozione rappresentando Cristo finalmente "trionfante della sinagoga, dell'idolatria e dell'inferno"; si complimenta, nella chiesa del Giardino dei francescani riformati, per la canonizzazione, del 16 ott. 1690, di Pasquale Baylon. Oratore funebre, induce alla meditazione sul santo sepolcro la Congregazione del SS. Entierro; commemora i caduti in Fiandra ("anime forti cui dobbiamo il non aver avuto la guerra in casa") nelle esequie volute da Carlo II; scomparsa la regina Maria Luisa di Borbone che "non solo fu l'amata consorte, ma fu l'unico amore, anzi fu tutto il cuore del reggente monarca",tesse "al nobilissimo clero" della collegiata di S. Maria della Scala un'apologia della morte riscattata dal dolore ch'essa provoca; a S. Ambrogio loda il defunto Carlo Emanuele Maldura, dotto abate cisterciense.

Ma più che nell'enfasi celebrativa dei panegirici e nella mestizia, obbligatoriamente sconfitta dalle certezze del credente, delle orazioni funebri, le qualità del C. meglio risaltano volgendosi all'edificazione e alla crescita qualitativa dell'uditorio socialmente differenziato, parlava ai nobili, agli adolescenti e, "il dopo pranzo delle domeniche, al popolo" - affidato alla precettistica autorità della sua guida. Ebbe, infatti, ad occuparsi, oltre che di particolari "missioni",dell'istruzione religiosa "de' giovani studenti",del "catechismo de' paggi" e, per quattordici anni, d'una congregazione "di negozianti e d'altre civili persone",dalla quale passò a quella, più prestigiosa, dei cavalieri. Sì che, nella Milano del tardo Seicento e del primo Settecento - città dalla religiosità fastosa, costitutiva d'ogni manifestazione pubblica, incline a processioni e a vistosi riti, dalle molte e fiorenti congregazioni, dalle profuse elargizioni volte ad esorcizzare l'angosciante pressione di inquiete torme di diseredati -,la voce del C. finì coll'acquistare un notevole peso ed influenza. Ed egli, col solo corroborante d'un rigido ritiro mensile, cercava di fare fronte al ritmo crescente dei suoi obblighi: le vigilie delle feste importanti, il buon andamento della novena, da lui promossa, dello Spirito Santo, le funzioni del venerdì, le sempre più fitte scadenze celebrative e commemorative, la cura delle congregazioni specie di quella dei cavalieri beneficiaria del suo impegno più continuato e sistematico. Infatti, oltre a dedicarle la domenica mattina e a radunarla, ogni sabato, per un "divoto oratorio" introdotto da un suo elaborato "discorso",organizzava, ogni anno, pei suoi membri - circa un centinaio -,suddivisi a scaglioni, esercizi spirituali, per lo più di otto giorni, in una villa poco discosta da Milano. Ma, per quanto robusta, la sua fibra non resse al cumulo di tante fatiche, cui si prodigava con zelo fervido e scrupolo coscienzioso: logorato, il C. morì a Milano il 19 nov. 1705, universalmente compianto attribuendosi il merito d'un diffuso miglioramento nei costumi alla suggestione della sua parola che, resa più efficace dalla sua condotta esemplare, sapeva commuovere e suscitare sani propositi nel cuore "sapientibus et insipientibus",convinti i primi dalla "sodezza" della dottrina, attratti i secondi dalla "chiarezza della frase e modestia dello stile",riflesso dei frequenti "apologhi" dei divertenti "racconti" dei semplici "proverbi".

Questo il profilo del C., indubbiamente ammanierato e generico - ché la sua immagine sfuma in quella astratta del predicatore ideale il quale sferza l'indifferenza e la corruzione inducendo al rimorso e al pentimento, entusiasma ad opere di bene e scioglie, con sottili ragionamenti, i più intricati viluppi psicologici -,pervenutoci dalle calorose presentazioni dei suoi editori. D'altra parte l'impressionante fortuna di stampa postuma - debitamente registrata dal Sommervogel in un catalogo peraltro suscettibile di modifiche e aggiunte -,di cui fu oggetto, autorizza a concludere che lo si giudicò, appunto, quasi il prototipo del perfetto oratore sacro. Tale, almeno, lo ritenne il confratello Tommaso Ceva (amicissimo del C. finché era vivo), il quale, nonostante il C. non avesse nutrito "mira alcuna di pubblicare",ne riordinò - a costo di danneggiare ancora i "suoi occhi già molto indeboliti" - gli appunti, più o meno frammentari, e i testi, più o meno completi, rimasti in "varie carte sconnesse... mancanti... in carattere punto chiaro e distinto",li ripulì, li limò e, talvolta, li integrò sino a rendeme possibile la pubblicazione. Così, grazie alle edizioni parziali e complete, la parola del C. non andò smarrita: proseguirono i benefici effetti su i "dotti" e il "basso volgo" e, in più, risultò modello "molto utile a' predicatori". Ed era questo "il gran frutto" che il Ceva era sicuro d'ottenere "da un'opera sì salutare e divota".

La raccolta complessiva dei testi del C. esce, col titolo, appunto, di Opere, a Venezia nel 1719, 1728, 1731, 1735,1738, 1741, 1745, 1751, 1754, 1768, 1771-1794, 1784, 1794, 1821, e a Milano nel 1719, 1867, 1868, 1881, 1903; e ad essa ricorse il padre C. Locatelli per una silloge di Fiori di narrazioni e descrizioni… (Milano 1889), mentre il canonico Höhler ne pubblicò, col titolo di Geistliche Vorträge, una libera versione tedesca (Regensburg 1895-96). Da aggiungere le edizioni dedicate ai singoli argomenti. Gli Esercizi spirituali di s. Ignazio escono a Venezia nel 1721, 1725, 1726, 1735,1740, 1742, 1744 - a questo punto si collocano due edizioni non datate, ma una, pei tipi di Bortolo Occhi, certo del 1750 e l'altra, pei tipi di Antonio Perlini, dello stesso anno o del successivo - 1753, 1758, 1772, 1782, 1792, 1793, 1803 - segue, a questo punto, un'edizione non datata dei Remondini - 1824, 1838, 1854, 1892, a Roma nel 1726, a Milano nel 1728, 1730, 1741, 1750, 1868, a Trento nel 1737,1744,1747,1749, a Torino nel 1820, 1829, 1844, a Bologna nel 1746, a Parma nel 1757 e nel 1789 e, nel 1845, tanto a Bassano quanto a Bergamo; ci sono, inoltre, le edizioni in tedesco (Colonia 1747), in spagnolo (nella versione del gesuita Pedro Lozano, Madrid 1776) e in francese (nella versione dell'abate Lasausse, Parigi 1783 e, in quella successiva, estesa alle Massime eterne del C., del canonico D. G. Hallez, Tournai 1864 e, di nuovo, 1883). L'Esercizio della buona morte, discorsi esce a Milano nel 1711, 1719, 1724,1737, a Napoli nel 1856; mentre rimane inedita la versione latina condotta dal gesuita H. Lolgen, quella tedesca del Höhler viene pubblicata a Regensburg nel 1888-91 e nel 1897. A Milano, nel 1713-14, 1718, 1724, 1729, 1746 e a Brescia, nel 1820-21, sono pubbl. le Lezioni sacre. I Panegirici, orazioni funebri e discorst vari escono a Milano, nel 1714 con l'Esercizio della buona morte, nel 1719 con le Novene, nel 1725 con le Esortazioni, meditazioni, considerazioni..., pensieri, esempi e riflessioni divote. Sempre a Milano nel 1719, vede la luce, amputata rispetto alla precedente dei Panegirici, la Raccolta di vari discorsi, esortazioni e meditazioni con una selva di pensieri, esempi e riflessioni sacre. Pubblicate a Roma nel 1724 e 1758, a Milano nel 1728, 1741, 1868, 1869, a Parma nel 1750 e 1757, a Novara nel 1841, a Bergamo nel 1844, a Torino (s. d., ma 1740 circa), e, soprattutto, a Venezia, ove ad una prima edizione s.d. (ma 1721, pei tipi dell'Occhi) seguono quelle del 1725, 1728, 1732, 1734,1738, 1741, 1746, 1751 1755, 1767, 1772,1782, 1803, 1817,1837, le Massime eterne proposte in varie lezioni per chi si ritira negli esercizi spirituali di sant'Ignazio, oltre ad essere parzialmente utilizzate per un Breve corso di meditazioni ... per... persone che amino fare da sé o con la ... famiglia i santi esercizi (Mantova 1858), ebbero una notevole diffusione anche all'estero: furono infatti stampate in tedesco a Colonia nel 1731, a Monaco nel 1737, a Glinutz nel 1742, a Vienna nel 1790, in spagnolo, in breve sintesi (in un'edizione s. l. né d.) e complete (nella versione del Lozano) a Madrid nel 1788, oltre che in francese assieme agli Esercizi. Due le edizioni, del 1834 e del 1841, torinesi, dei Pensieri divoti di Gesù Cristo appassionato per ciascun giorno della quaresima, precedute da una trentina del 1744 e seguite da quella ferrarese del 1858.

Da scartare l'attribuzione al C. di Alcune riflessioni intorno alle cose presenti della Cina stampate nel mese di agosto 1709 (s. l. né d.; vi si respingono le accuse antigesuitiche pei "riti controversi" e vi si definisce "traditore della Chiesa e della... religione" chi, auspicando "un decreto" contro quelli, determinerebbe "lo sterminio" del cattolicesimo "in quell'imperio"; immediata la replica con la Difesa del giudizio formato dalla Sede Apostolica... intorno a' riti e cerimonie cinesi... contro un libello sedizioso intitolato "Alcune riflessioni..."),a detta di Apostolo Zeno opera di "Tomaso Cataneo, ottimo letterato e vivente a Venezia" (Lettere, I, Venezia 1752, p. 207, mentre l'Argelati - e l'attribuzione viene pienamente accolta dal Sommervogel - le assegna al Ceva.

Esempio pel Muratori di "popolare eloquenza" mirante al "sodo intelligibile",lettura apprezzata, specie per le Massime eterne, di s. Alfonso de Liguori, agli antipodi, seconda il Belloni, dalle esagitate acrobazie oratorie d'un Orchi e d'un Giuglaris, situabile, a giudizio del Santini, all'interno d'una linea di predicazione (perché estranea ai vezzi marinistici e al concettismo d'un Tesauro) più semplice e diretta risalente al Cambi e al Segneri, il C. trova nel Fioroni un esaltatore più candidamente entusiasta che criticamente provveduto. Non pago, infatti, di rilevarne i sapidi spunti umoristici e la moralità piana e ragionevole, volle vedere nel C. un risentito "nemico d'ogni infingimento e retorica",accostabile allo stesso Manzoni il quale lo avrebbe sentito tanto congeniale - il Fioroni deduce, meccanicamente dalla presenza, attestata dal Cantù, nella biblioteca manzoniana, delle Opere del C. una loro lettura attenta e meditata da parte dello scrittore da risentirne "nell'arte sua". E, trasformando le analogie in preludi e questi in fonti - sorvolando disinvolto sul fatto che il C. risente del Segneri, certo noto al Manzoni e, anche, di s. Bernardino nonché di motivi comuni a tutta una lunga tradizione d'oratoria sacra, nell'ambito della quale vanno, semmai, cercati possibili spunti per l'autore de I promessi sposi - di specifici episodi immagini e figure (l'avvio del Natale, don Abbondio, l'Innominato, il cardinale Federigo), non esita ad individuare nel C. una sorta d'anticipatore, cui solo la mancata ultima rifinitura impedì di diventare "un eccellente scrittore moderno, sullo stampo del Baretti e del Manzoni",rispetto al quale ultimo - continua ad insistere il Fioroni - le "affinità di pensiero e di forma" sono talmente numerose ed evidenti da non poter essere considerate "fortuite". Resta, ad ogni modo, il dato inoppugnabile dell'eccezionale successo, in Italia e all'estero editoriale del C., che, abbracciando l'intero Settecento, prosegue per tutto l'Ottocento, sino a penetrare nel successivo quando, con l'edizione milanese delle Opere del 1901, la sua predicazione è additata dal gesuita Enrico Massara come "chiara, attraente, popolare, fruttuosa ed interessante". Ma la spiegazione non va tentata conferendo al C. una statura ingigantita, spropositata rispetto alle sue effettive dimensioni; occorre, piuttosto, insistere sul fatto che proprio la sua scarsa, per non dire nulla, originalità, unita ad una accorta abilità espositiva (basata sulla semplicità e sulla chiarezza e, nella preoccupazione di definire e catalogare, non priva di riduttivi schematismi), rese le sue prediche e le sue esortazioni utile strumento d'un'edificazione volta più a rafforzare l'impegno di una religiosità dai toni e dai contenuti medi e tranquillamente fiduciosa (al pari dell'infante col latte materno "così noi quanto ci propone la Chiesa... dobbiamo crederlo e quasi beverlo senza inquisizione curiosa") che a proporre ardui traguardi mistico-ascetici. Aperta a tutti e da tutti praticabile la via della vita virtuosa è dal C. sistematicamente illustrata come percorribile con l'assiduità costante dell'impegno quotidiano e l'ausilio illuminante della ragione (purché guidati e controllati dal confessore e dal "savio direttore",alla luce d'una prassi spirituale uniformante che non solo non privilegia le inquietudini individuali, ma ne diffida e tende ad escluderle), senza alcun bisogno di forzature e di eroismi. "Moderato","moderazione" ricorrono spesso nelle pagine del C., e del pari - per contrasto - "soverchio" "smoderato","esorbitare","enormità". Accetta, ad esempio, il divertimento ed il gioco purché "si faccia... con moderazione di animo e di tempo e con lealtà ed equità"; se inveisce contro le baldorie carnevalesche (la bestia nera dei predicatori del tempo), non esclude l'allegria d'un "carnevale cristiano" contenuto "dentro i limiti dell'onorevolezza"; deprecabilissima l'avarizia, "amore smoderato della roba"; vantaggiosissima la "mezzana condizione" (le case "mezzanamente comode" sono quelle che godono di "buona ed onorevole fortuna"), la più adatta, perché immune dalle angustie della miseria e dai pericoli del lusso, ad una felice vita familiare poggiante sulla "armonia di corrispondenza tra coniugati",laddove il marito abbia "superiorità da padre, provvidenza da principe, fedeltà da sposo" e la moglie, dotata d'"ubbidienza pronta e affettuosa",sia tale che "prende per aria i comandi ed indovina il genio del consorte". Alieno da rigidezze, sempre incline a soluzioni ragionevoli (non per niente "la coscienza, un decreto in cui Dio ha stampato ciò che conviene e disconviene alla creatura ragionevole"), il C. tale si mostra soprattutto quando, nel trattare diffusamente della "bugia",a proposito di "altissimi segreti... che devono star nascosti",consiglia il ricorso all'"equivoco",cioè a parole dal "doppio significato". La veridicità, sostiene, è fondata sulla "necessità del commercio umano"; va perciò elusa nei casi in cui rischia di comprometterlo gravemente. Tesi favorevole alla riserva mentale (pare, peraltro, che i passi più scoperti in tal senso si debbano all'intervento del Ceva) che provocò un aspro intricato e sin velenoso dibattito combattuto a suon d'opuscoli e di libelli polemici - venti ne registra il Sommervogel - avviato, con rigoristica acrimonia, dal domenicano Giuseppe Agostino Orsi che nel 1727 pubblicò a Roma, dedicandola a Benedetto XIII, una lunga Dissertazione dogmatica e morale..., per sostenere, contro l'"opinione" del C., gli opposti e ben più autorevoli "insegnamenti di que' padri e scrittori, i quali insegnarono non essere giammai lecita la bugia e dover l'uomo piuttosto perdere la vita che mentire". Troppo indulgente, dunque, e accomodante il C. agli occhi degli antiprobabilisti. Non va, tuttavia, dimenticato come, nel suo predicare, ricorrente sia l'insistenza sui temi della morte e della pena eterna per intimorire l'uditorio. Lo spettro della dannazione è di sovente agitato, in termini quanto mai grevi e corpulenti (l'inferno è un "sito basso e profondo... sentina... palude... cloaca... calca di gente", senza possibilità che "vi capitasse un buon vicino" e nemmeno lo "spazio da... voltarsi qua e là"), come inevitabile destino per chi s'attarda nel peccato. E non senza coerenza: in una visione fiduciosa delle possibilità umane, il peccatore incallito viene giudicato con estrema severità. Terrificanti punizioni possono colpirlo già su questa terra; demoni in veste di mori strappano dalle braccia del padre un bimbo uso a bestemmiare; un giovane bestemmiatore viene sbranato da cani al seguito del demonio sopraggiunto "in figura di cacciatore". E,per sconsigliare i rapporti troppo confidenziali anche tra parenti, il C. non trova di meglio di ricordare il caso d'un fratello e d'una sorella i quali, scivolati in una relazione incestuosa, finirono, dopo varie vicissitudini, col lasciare "la testa e la vita sotto la spada del boia". Pericolosissime anche le "vacanze autunnali": una giovane destinata al velo, nel corso di queste, ascoltò "un seduttore" col quale si maritò; sventurata, ché il matrimonio si rivelò pessimo ed essa "fu tolta dal mondo a colpi di pugnalate".

D'accordo con le idee i pregiudizi e gli usi del tempo (le streghe sono "sacerdotesse di Satanasso",gli ebrei "nazione vile e da poco e avarissima", la sposa dev'essere "suddita e come donna e come moglie",alle donne competono la "ritiratezza" e l'"occupazione" in "opre da mano, cucire, ricamare, tessere... orazioni"), politicamente allineato e lieto di vivere negli "stati soggetti al soave governo de' re cattolici",animato da un forte patriottismo pel proprio Ordine (frequenti le citazioni della letteratura gesuitica incluso il "dottissimo padre Martin del Rio",numerosi i richiami a gesta eroiche o di bontà dei confratelli mentre gli episodi negativi da parte del clero riguardano canonici o chierici, mai gesuiti), convinto banditore del culto mariano e prodigo d'elogi pei "divoti di Maria",non sono certo questi tratti a distinguere il C. dalla folta schiera degli oratori sacri del tardo Seicento. In questa sarebbe rimasto confuso e dimenticato se la prosa dall'andamento piano e comprensibile - in cui i toni colloquiali e diretti, il gusto narrativo degli apologhi e dei proverbi e gli arguti scorci degli interni familiari o di vita popolare s'accompagnano a momenti di tesa solennità e d'epigrafica sentenziosità -,così lontana dai deliranti funambolismi di altri predicatori, non avesse influito sulle scelte editoriali. Le quali furono altresì determinate soprattutto all'estero, dall'efficace imbrigliatura offerta dal C., divulgatore in ciò d'una sperimentata prassi spirituale, alle tappe ascensionali d'una religiosità e moralità uniformemente dirette. Non a caso si ricorse agli Esercizi spirituali...del C., in cui il magistero ignaziano trovava il propagandista d'una disciplinata pratica d'autoperfezionamento: in otto giorni, senza "quantità di libri" e "moltitudine di riflessi",ma con concentrata meditazione ("una verità sola ben penetrata farà più breccia nel cuore che cento conosciute a fior d'acqua") e metodica applicazione ("sentimenti" e "propositi" vanno diligentemente riportati in "un quinternetto") e con lo sfruttamento intensivo del tempo (occorre far "sommo conto della distribuzione dell'ore"), l'anima poteva rinnovarsi per tornare alla vita quotidiana irrobustita dalla determinazione di mantenere il "frutto" d'un'esperienza così vivificante.

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