Collodi, Carlo

Enciclopedia dei ragazzi (2005)

Collodi, Carlo

Gianna Marrone

Il creatore di Pinocchio

Il suo vero nome è Carlo Lorenzini, ma lo scrittore è conosciuto in tutto il mondo con lo pseudonimo Collodi, nome del borgo dove nacque la madre e dove egli trascorreva le sue vacanze. Nato a Firenze nella prima metà dell'Ottocento, la sua toscanità emerge prepotentemente nell'uso della lingua e nella descrizione dei paesaggi

Un nuovo tipo di fiaba

Pinocchio è l'opera che rese famoso Collodi, soprattutto perché le avventure del burattino di legno, il cui naso si allungava ogni volta che diceva una bugia, hanno segnato una svolta importante nella letteratura dell'Ottocento, il secolo in cui lo scrittore visse e compose tutte le sue opere.

È stato osservato che Pinocchio, insieme con Alice e Il piccolo principe, opera una trasformazione del modello della fiaba perché ha introdotto nuovi elementi, non presenti nelle fiabe tradizionali. Il burattino, infatti, non somiglia all'eroe che deve superare tante prove o all'eroina maltrattata dalla matrigna. Anzi, ha un babbo, Geppetto, che l'ha costruito, una fatina che fa magie un po' diverse dal solito e il suo comportamento è davvero poco eroico, almeno fino al momento in cui salva Geppetto dalla pancia della Balena e viene premiato diventando un bambino.

Bambini veri…

In realtà la figura del bambino e la sua infanzia sono le vere protagoniste delle opere di Collodi, ed è questa la vera novità che egli introdusse nella letteratura per l'infanzia dell'Ottocento. Gli scrittori che lo avevano preceduto non avevano mai parlato del bisogno che ogni bambino ha di giocare, divertirsi e avere le ingenuità della sua età; mentre Pinocchio si lascia ingannare dal Gatto e dalla Volpe, cede alle lusinghe di Lucignolo, ma si pente anche di aver fatto soffrire il babbo, si comporta cioè proprio come ogni bambino.

L'infanzia, del resto, è la protagonista anche delle altre opere di Collodi, come già dimostra intitolandole con il nome dei bambini protagonisti: Giannettino e Minuzzolo.

… comunque un po' monelli

Nelle altre opere, scritte tra il 1877 e il 1881, i bambini sono veri, non sono di legno, anche se ugualmente birichini, qualche volta anche un po' bugiardi, ma meno liberi di Pinocchio. Nel corso delle loro avventure si trovano spesso alle prese con percorsi di studio (storia, geografia, scienze), che vengono però presentati in maniera gradevole, divertente e pedagogicamente molto valida. Questo è possibile dal momento che Collodi non crea, come gli altri scrittori del suo tempo, personaggi diligentissimi sempre bravi e studiosi, perché altrimenti non sarebbero stati somiglianti a un bambino vero e i suoi lettori, che invece erano bambini veri, non avrebbero imparato ad amare le avventure del burattino scavezzacollo.

La prima puntata di Pinocchio era intitolata Storia di un burattino e venne pubblicata sul Giornale per i bambini, un giornale fondato dallo stampatore Ferdinando Martini, che uscì per la prima volta il 7 luglio 1881. I piccoli lettori furono entusiasti della storia e attendevano con tale ansia ogni nuova puntata, che si infuriarono non poco allorché Collodi fece morire il suo personaggio appeso a un albero. Una reazione questa che diede i suoi risultati perché costrinse l'autore, anche per le insistenze dell'editore, a modificare la trama per concluderla con una ennesima trasformazione del burattino, questa volta non in un ciuchino ma in un 'bravo' bambino.

illustrazioni

Quando nel 1883 tutte le puntate furono veramente concluse, la storia fu pubblicata in volume con il titolo Le avventure di Pinocchio: storia di un burattino e le illustrazioni di E. Mazzanti.

Ribelle e combattente

Collodi non si dedicò solo alla professione di scrittore per bambini, anzi, essendo un ribelle come il suo burattino, non perdeva occasione per esprimere su giornali e periodici le sue idee di seguace di Giuseppe Mazzini, se necessario anche fondando una rivista, Il Lampione, o impegnandosi personalmente in battaglia. Infatti andò volontario a combattere a Curtatone e Montanara e si arruolò nei cavalleggeri di Novara durante la Seconda guerra di indipendenza.

Sia prima sia dopo la sua morte, avvenuta a Firenze nel 1890, all'età di sessantaquattro anni, non gli mancò l'attenzione della critica, anche se questa si è sempre concentrata, nel bene e nel male, più sul suo burattino che su di lui.

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