FORLANINI, Carlo

Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 49 (1997)

FORLANINI, Carlo

Antonia Francesca Franchini-Alessandro Porro

Nacque a Milano l'11 giugno 1847, primogenito del medico Francesco e di Marianna Rossi, proveniente da una famiglia della buona borghesia milanese. Compiuti gli studi ginnasiali a Como e poi al collegio "Calchi Taeggi" di Milano, nel 1864 si iscrisse alla facoltà di medicina e chirurgia dell'università di Pavia e fu allievo del collegio "Borromeo".

Durante il periodo universitario, nel 1866, fu volontario garibaldino a Monte Suello e a Bezzecca. Ancora studente, pubblicò, sotto la guida del patologo generale P. Mantegazza, il suo primo lavoro: La funzionedell'assorbimento negli arti resi paralitici col taglio dei nervi spinali. Ricerche sperimentali (Milano 1868). Nell'istituto del Mantegazza conobbe C. Golgi, al quale poi rimase legato da fraterna amicizia. Si laureò il 9 ag. 1870 a Pavia con l'oculista A. Quaglino discutendo la dissertazione sperimentale Contribuzione alla teoria della piogenesi. Fachite, che ricevette l'onore della stampa (Milano 1870) e un premio dal ministero dell'Istruzione pubblica. Nell'anno successivo pubblicò altri lavori di pertinenza oculistica (Studio sperimentale sull'infiammazione del cristallino [s.l. 1871], rielaborazione della sua tesi di laurea; Ricerche sperimentali sugli spazi e guaine linfatiche del nervo ottico; Un caso rimarchevole di corpo estraneo infisso nel cristallino), ma, sfumata la possibilità di dedicarsi a tale disciplina, ritornò nella città natale, ove venne assunto come medico praticante presso la divisione cronici dell'ospedale Maggiore il 9 ott. 1871. Superato il concorso pubblico, fu poi nominato medico chirurgo assistente il 10 maggio 1872 e addetto alla sala chirurgica S. Paolo; medico aiutante dal 13 marzo 1874, fu poi assistente al prosettore per il biennio 1875-76, in sostituzione di C. Bozzolo, trasferitosi a Torino quale assistente di G. Bizzozero. Nel 1874 fu pure impegnato all'ambulanza oculistica di S. Corona, e a tale periodo risalgono le sue tre letture tenute all'ospedale Maggiore: Un caso di coroidite atrofizzante con astigmatismo semplice ed anisometropia; Sopra un caso di crepatura della coroidea; Sopra un caso di tubercolosi a grossi nodi del miocardio. In quello stesso periodo il F. iniziò a occuparsi di patologia e clinica dell'apparato respiratorio: fu autore di studi sull'anatomia patologica del tubercolo (Sulla struttura del tubercolo. Ricerche fatte nel laboratorio di anatomia patologica dell'ospedale Maggiore di Milano) e sull'aeroterapia (Brevissimi cenni di aeroterapia e sullo stabilimento medico pneumatico di Milano, Milano 1875), e nel 1875 fondò la Società di pneumoterapia. Sempre nel 1875 ebbe l'incarico di primario nelle sale mediche e nel 1876 quello del comparto cutanei, che mantenne per circa sei anni, con un intervallo alla divisione gravide e bambini nel 1877 e in quella del Sesto per parte del 1879.

Nei suoi primi anni di attività milanese aveva inoltre fondato, in stretta collaborazione con il fratello Enrico, ingegnere, l'Istituto medico pneumatico di Milano, al quale venne aggiunto nel 1877 un "gabinetto di elettroterapia". A partire dal maggio 1877 il F. pubblicò la Rivista d'aero e climatoterapia, che confluì nel 1880 nella Gazzetta degli ospitali, periodico fondato per suo precipuo interessamento e da lui diretto.

Il 4 genn. 1881 venne nominato primario specialista per le malattie della pelle, carica che mantenne fino al 1° nov. 1884, quando fu chiamato alla cattedra di clinica medica propedeutica dell'università di Torino, lasciata libera dal Bozzolo. Nel 1883 conseguì la libera docenza in clinica medica propedeutica, concorrendo nello stesso anno per la clinica medica generale. Morto L. Concato nel 1882 e succedutogli alla clinica medica generale torinese il Bozzolo, il F. nel 1884 divenne professore straordinario di clinica medica propedeutica e nello stesso anno ordinario di patologia speciale medica sempre nell'università di Torino. Dal 1885 fu direttore del gabinetto di patologia speciale dimostrativa e propedeutica medica della stessa università. Nel 1897 tenne con grande successo il corso di clinica medica, tanto che la facoltà chiese l'istituzione di una seconda clinica medica (per trasformazione della abolita clinica medica propedeutica), ma la richiesta non venne accettata. In quel periodo il F. diresse la Gazzetta medica di Torino, che quando passò poi a Pavia trasformò in Gazzetta medica italiana.

Il F., infatti, si trasferì all'università di Pavia come professore ordinario comandato di patologia speciale medica dimostrativa nel 1898-99 (scambiando praticamente il posto con B. Silva, che contemporaneamente si trasferiva a Torino) e in tale ateneo il 16 genn. 1900, alla morte di F. Orsi, assunse la direzione della clinica medica.

Nel periodo pavese si interessò al progetto del nuovo policlinico, facendo parte della Commissione di vigilanza per l'erigendo ospitale policlinico di Pavia, ma la sua speranza di ottenere eventuali miglioramenti logistici della clinica medica non si concretizzò. In quegli anni, in seguito a un aspro scontro con L. Devoto, il F. venne escluso dalla commissione per il concorso alla cattedra di clinica medica dell'università di Messina: la sua dura replica alle autorità competenti (La mia esclusione dalla commissione per il concorso di clinica medica a Messina… a s. e. il ministro della Pubblica Istruzione, Pavia 1903) rimase comunque senza esito.

L'insegnamento del F., molto apprezzato da studenti e allievi (fra il 1903 e il 1906 fu titolare, oltre che del suo corso ufficiale, di un corso libero di tisiologia), fu però pesantemente condizionato, specialmente nell'ultimo decennio della sua vita, dalle precarie condizioni di salute: lo supplirono più volte nel corso di clinica medica U. Carpi De Resmini, nel periodo 1909-1912, e a partire dal 1913 E. Morelli. Sospese di fatto l'insegnamento nel 1915 e lo lasciò formalmente nel 1917 per raggiunti limiti di età.

Socio di numerose accademie e società scientifiche - il R. Istituto lombardo di scienze e lettere, la R. Accademia di scienze, la R. Accademia di medicina di Torino, la Società medico-chirurgica di Pavia -, nel 1914 vinse il premio biennale Santoro dell'Accademia nazionale dei Lincei. Nominato senatore il 24 nov. 1913, nello stesso anno fece parte del Consiglio superiore della pubblica istruzione.

Nell'estate del 1917 avvertì i primi sintomi della malattia che doveva condurlo alla morte, una neoplasia pancreatica: si spense a Nervi (Genova) il 25 maggio 1918.

Non si era mai sposato. Dopo la sua morte, grazie soprattutto all'impulso del suo allievo A. Da Gradi, si costituì il Comitato promotore della Fondazione C. Forlanini, cui parteciparono l'ospedale Maggiore di Milano e le facoltà mediche delle università di Milano, Torino e Pavia.

La Fondazione, nel decennale della sua scomparsa, curò la pubblicazione degli Scritti di C. F. scelti e pubblicati a cura della "Fondazione C. Forlanini", Bologna 1928. Alla memoria del F. fu intitolato a Roma, nel 1934, il grande Istituto per la cura della tubercolosi, che ancora reca il suo nome.

Figura di rilevante statura medico scientifica, il F. si segnalò per avere saputo affrontare sul piano clinico complessi problemi di fisiopatologia, soprattutto respiratoria. Fu infatti definito il "principe degli iatromeccanici", poiché applicò in campo medico quell'ingegno meccanico che fece di suo fratello Enrico il notissimo pioniere dell'aeronautica. Nel periodo giovanile il suo orientamento iatromeccanico trasparì soprattutto dall'interesse per l'aeroterapia (Le espirazioni nell'aria compressa cogli apparecchi pneumatici trasportabili, Milano 1878; Dell'uso degli apparati pneumatici negli ammalati febbricitanti, ibid. 1878; L'aeroterapia, ibid. 1881; Di alcune modificazioni all'apparato pneumatico trasportabile Waldenburg, in Gazzetta degli ospitali, I [1880], 1, pp. 3-13, articolo, questo, con cui si inaugurarono le pubblicazioni della rivista medesima, da lui promossa e diretta, come già ricordato).

Ma il F. non trascurò altri aspetti della terapia fisica, quali ad esempio l'elettroterapia (La terapia colla elettricità statica, ibid., II [1881], 18-19, pp. 829-834, 882-887).

Altro frutto importantissimo della sua particolare impostazione clinico-scientifica fu la soluzione pratica del problema della misurazione della pressione sanguigna nell'uomo, grazie alla messa a punto dello sfigmomanometro a bracciale pneumatico, realizzata nel 1896 dal suo allievo S. Riva-Rocci.

Il F. è però universalmente noto quale ideatore del pneumotorace artificiale per la cura della tubercolosi polmonare. Falliti i suoi tentativi di curare la tubercolosi polmonare con movimenti respiratori metodici e forzati in grado di favorire l'afflusso sanguigno ai polmoni, il F. cominciò a considerare la possibilità opposta di limitare i movimenti e la funzione dell'organo malato. Egli giunse a formulare teoricamente l'impiego terapeutico del pneumotorace nel 1882, lo stesso anno della scoperta del bacillo della tubercolosi da parte di R. Koch, prescindendo peraltro da tale scoperta e dalla teoria a essa sottesa; occorsero tuttavia parecchi anni perché si decidesse alle prime applicazioni in campo clinico e ne occorsero ancora di più perché questa tecnica terapeutica fosse pienamente riconosciuta e adottata. L'idea del pneumotorace terapeutico gli era stata suggerita dalle modificazioni della fenomenologia osservabili in seguito all'insorgenza di pneumotorace spontaneo in pazienti affetti da tisi polmonare: una rottura, anche piccola, del polmone affetto da tubercolosi, infatti, fa penetrare nel cavo pleurico aria, provocando così pneumotorace spontaneo, ma anche materiale settico, causa di versamento intrapleurico e di empiema ingravescente, spesso fino alla morte. La contemporanea attenuazione dei fenomeni clinici della tisi polmonare che può tuttavia osservarsi in tale condizione fu ricondotta dal F. alla compressione esercitata dal pneumotorace sul polmone tisico e alla conseguente diminuzione della motilità dell'organo così collassato: dalla considerazione di tali fenomeni egli concepì l'idea di curare la tisi polmonare inducendo artificialmente un pneumotorace asettico che, evitando l'infezione e la formazione di empiema, mettesse a riposo per compressione il polmone malato, attenuandone le lesioni fino alla cicatrizzazione. Una terapia, questa, tipicamente iatromeccanica, in quanto rendeva positiva la pressione negativa del cavo pleurico, e che fatalmente era destinata a scontrarsi con le teorie dominanti nel mondo biomedico dell'epoca, orientato verso le scoperte batteriologiche e le applicazioni pratiche relative (vaccini, sieri, ecc.) ormai imminenti.

Il passaggio del pneumotorace artificiale dallo stadio della pura formulazione teorica alla pratica esecuzione fu molto lento: si dovranno attendere circa 25 anni prima della esposizione esauriente dei risultati ottenuti dal F. sul piano sperimentale e clinico. Nella terza annata della Gazzetta degli ospitali (1882) apparve, in undici puntate, un suo ampio articolo intitolato A contribuzione della terapia chirurgica della tisi. Ablazione del polmone? Pneumotorace artificiale? (ora in Scritti…, pp. 400-432), in cui propugnava l'adozione del pneumotorace artificiale per ottenere la guarigione delle caverne tubercolari del polmone. Questo articolo non venne sostanzialmente preso in considerazione dall'ambiente medico, ma la situazione cominciò a sbloccarsi nel 1884 con la chiamata del F. all'università di Torino: nel 1890 in un lavoro di G. Cavallero e S. Riva-Rocci (La funzione respiratoria negli individui affetti da riduzione di area polmonare respirante, in Giornale internazionale delle scienze mediche, XII [1890], pp. 361-390) per la prima volta veniva fatto cenno a quattro casi di tisi curati col pneumotorace, ascrivibili al periodo torinese del F., e più precisamente agli anni che vanno dal 1884 al 1890.

A Roma, il 2 apr. 1894, in occasione dell'XI congresso medico internazionale, il F. presentò una comunicazione dal titolo Primi tentativi di pneumotorace artificiale nella tisi polmonare (in Gazzetta medica di Torino, XLV [1894], 20-21, pp. 381-384, 401-403; e anche in Atti dell'XI Congresso medico internazionale, Roma 1894, II, Roma 1895, Medicina interna, p. 134) e un'altra l'anno successivo al VI congresso nazionale di medicina interna: Primo caso di tisi polmonare monolaterale avanzata curato felicemente col pneumotorace artificiale (in Scritti…, pp. 469 ss.). Nemmeno queste due comunicazioni sembrarono provocare reazioni particolarmente vivaci nell'ambiente medico, e quindi nel primo periodo di attività pavese non comparvero ulteriori produzioni scientifiche sul tema. Finalmente nel 1907, esattamente 25 anni dopo l'articolo del 1882, il F. uscì decisamente dal suo riserbo e, deposta ogni cautela, espose per la prima volta in modo esauriente i risultati da lui ottenuti con le due fondamentali comunicazioni dal titolo Cura della tisi polmonare col pneumotorace prodotto artificialmente, lette al R. Istituto lombardo di scienze e lettere nelle sedute del 17 e 31 gennaio. Il testo di tali comunicazioni non venne stampato nei Rendiconti dell'Istituto, nemmeno in forma sunteggiata; il F. però le ripresentò nello stesso anno all'Associazione sanitaria milanese, della quale era presidente il fratello Giuseppe, di fronte a un più vasto pubblico di medici, l'11 giugno (il giorno in cui compiva 60 anni ) e il 17 giugno. Le due conferenze vennero pubblicate in forma autonoma a Pavia nel 1907 e nel 1908 e in Gazzetta medica italiana (LVIII [1907]; LIX [1908]; ambedue ristampate in Scritti…, pp. 486-505, 506-538).

Egli, che aveva fino ad allora curato col pneumotorace 31 casi di tisi, espose accuratamente la storia clinica di 8 casi, 7 dei quali, che si trovavano a Pavia, avrebbe potuto mettere a disposizione dei colleghi. Si deve notare che già nell'anno precedente aveva pubblicato Oltralpe una nota preventiva documentata (Zur Behandlung der Lungenschwindsucht durch künstlich erzeugten Pneumothorax, in Deutsche medizinische Wochenschrift, 1906, ora in Scritti…, pp. 472-485), cui si deve la diffusione della terapia pneumotoracica specialmente in Germania e in tutti i paesi transalpini, come lo stesso F. affermò in seguito. Circa cinquanta medici milanesi, aderendo all'invito del F., il 27 giugno 1907 si recarono a Pavia; i resoconti di quella visita, non troppo lusinghieri per l'esiguità del numero dei pazienti ma soprattutto per le precarie condizioni della locale clinica medica, furono inizialmente una gran delusione per il F., che annullò una terza conferenza prevista per il 15 luglio e decise di non mettere più piede a Milano per questioni scientifiche (ma il 3 giugno 1909 tenne una conferenza agli Istituti clinici di perfezionamento di Milano: A proposito di pneumotorace artificiale. Pleuropneumolisi totale).

Deciso tuttavia a porre subito rimedio a tali amarezze, in una lettera al fratello Giuseppe egli scrisse di avere suggerito l'esecuzione di "un esperimento [di applicazione del pneumotorace] in un grande ospedale". Tale auspicio si concretizzò presto, e il consiglio dell'ospedale Maggiore di Milano assegnò all'esperimento le sale S. Vincenzo per gli uomini e Maddalena per le donne, affidate rispettivamente a Giuseppe Forlanini e ad Achille Aliprandi.

Il numero dei casi raggiunse così, nel 1912, il totale di 163 e tale casistica venne dal F. prodotta al VII congresso internazionale della tubercolosi, tenutosi a Roma nell'aprile di quello stesso anno, con la memorabile relazione Le pneumothorax artificiel dans le traitement de la phtisie pulmonaire, in Scritti…, pp. 999-1012, che rappresentò la definitiva consacrazione della sua opera, se non addirittura, come da molti affermato, un vero e proprio trionfo. Il F. era tuttavia già da molti anni in precarie condizioni di salute e non poté partecipare, nell'agosto 1913, al congresso di Londra, in cui venne fondata la rivista Le Pneumothorax thérapeutique (la cui direzione venne tosto affidata allo stesso F.), espressione della Associazione internazionale "Pneumothorax artificialis", costituitasi proprio in seguito al congresso romano del 1912. Tale periodico, che sostituì la Rivista delle pubblicazioni sul pneumotorace terapeutico pubblicata dal F. fin dal 1907, ebbe però vita difficile a causa dello scoppio della guerra mondiale: con esso cessò in pratica anche l'attività scientifica del Forlanini.

Se la cura della tubercolosi col pneumotorace è generalmente considerata la principale concezione clinico-scientifica del F., non vanno tuttavia dimenticati molti altri suoi contributi e studi, non meno profondi, che ancora oggi conservano interesse e meritano una specifica citazione in questa sede. Tali sono, ad esempio, quelli sulla respirazione (Della respirazione intercisa. Interpretazione fisica e significato clinico del fenomeno della intercisione nei due atti del respiro. Corollari terapeutici che ne derivano, Milano 1884; ora in Scritti…, pp. 1-43), sul polso venoso (Contributo allo studio del polso venoso presistolico, in Il Policlinico, 1890, n. 14, pp. 419-426; n. 15, pp. 456-463; ora in Scritti…, pp. 188-202), sull'uremia (Contributo allo studio dell'uremia, in Atti dell'VIII Congresso di medicina interna, Roma 1897, ora in Scritti…, pp. 203-210; Nota clinica sopra un caso di accesso uremico curato col salasso; a contribuzione degli studi sulla patogenesi dell'uremia, in Rendiconti. del R. Istituto lombardo di scienze e lettere, classe di scienze matematiche e naturali, XXXIV [1901], pp. 203-216; ora in Scritti…, pp. 222-234) e sull'opoterapia, argomento allora di particolare attualità (Note di opoterapia tiroidea, Note di opoterapia succentoriata, ristampate con il titolo Note di terapia col rene succentoriato, in Scritti…, pp. 235-244). Ma possono essere ancora oggi ricordati soprattutto quelli sull'ipertensione arteriosa (Contributo allo studio della patogenesi della ipertensione arteriosa, in Gazzetta medica di Torino, L [1899], pp. 561-572; ora in Scritti…, pp. 211-221), senza infine dimenticare quelli sulla terapia inalatoria (La tecnica delle inalazioni medicamentose, Milano 1883), che consentono di considerare il F. ben più che un mero anticipatore della moderna aerosolterapia.

Il F. fondò una valida scuola di tisiologia, alla quale si formarono illustri studiosi destinati a divenire, a loro volta, insigni maestri: U. Carpi De Resmini, G. Ronzoni, E. Morelli.

Il fratello del F., Giuseppe (1863-1938), fu primario medico dell'ospedale Maggiore di Milano e presidente dell'Associazione sanitaria milanese; militante socialista, fu consigliere socialista al Comune di Milano nel 1911.

Fonti e Bibl.: Necr.: C. Golgi, Commemor. di C. F., in Rendiconti del R. Istituto lombardo di scienze e lettere, classe di scienze matematiche e naturali, LI (1918), pp. 654-658; L. Negri, C. F., in Tubercolosi, X (1918), pp. 124-129; R. Università degli studi di Pavia, Annuario a.a. 1921-22, II, Pavia 1922, pp. 362 ss.; L. Devoto, Commemorazione del m. e. prof. C. F., in Rendiconti del R. Istituto lombardo di scienze e lettere, classe di scienze matematiche e naturali, LVI (1923), pp. 276-292; L. Zoia, C. F., in Rivista di patologia e clinica della tubercolosi, II (1928), 4 bis, pp. 321-331; E. Morelli, C. F., in Lotta contro la tubercolosi, II (1931), pp. 7 s.; M. Ascoli - E. Morelli, La solenne commemorazione di C. F., in Forze sanitarie, I (1932), pp. 1276-1282; A. Ilvento, C. F., in Croce rossa, I (1934), pp. 7-12; G. Castelli, C. F.: l'inventore del pneumotorace, in L'Ospedale Maggiore, XXV (1937), pp. 38-44; U. Carpi, C. F. maestro di scienza e di vita, in Acta medica Italica, VII (1941), 2, pp. 39-45; A. Bottero, C. F. inventore del pneumotorace artificiale, Milano 1947; G. Costantini, C. F. nel centenario della nascita, in Rivista di patologia e clinica della tubercolosi, XXI (1947), pp. 153 ss.; L. Ferrannini, C. F. Commemorazione fatta il 15 giugno 1947 nell'aula magna dell'università di Bari, Palo del Colle 1947; L. Premuda, Rivivono i medici del passato, Torino 1947, pp. 49 ss.; A. Gasbarrini, In memoria di C. F., in La Clinica, XIV (1948), pp. 5 ss.; G.P. Arcieri, Figure della medicina italiana contemporanea, Milano 1952, pp. 123-144; F. Fossati, Due scritti inediti di C. F. e di L. Mangiagalli in tema di elettroterapia, in L'Ospedale Maggiore, XLVII (1959), pp. 594-602; B. Manzini, C. F., in I quattro secoli del Collegio Borromeo di Pavia. Studi di storia e d'arte pubblicati nel IV centenario della fondazione 1561-1961, Milano 1961, pp. 267-275; G. Berti Bock - F. Vial - G. Heymans - R. Rulliere, Considerazioni critiche sull'opera di C. F. (1847-1918), in Minerva medica, LXXI (1980), pp. 1879-1883; L. Belloni, Gli "autografi" di C. ed Enrico Forlanini per la raccolta Darmstaedter, in Rendiconti dell'Istituto lombardo. Accademia di scienze e lettere, B: scienze chimiche e fisiche, geologiche, biologiche e mediche, CXV (1981), pp. 37-43; B. Zanobio, Koch e F. nella storia della medicina, in Medicina toracica, IV (1982) suppl. 4, pp. 433-439; A. Sakula, C. F., inventor of artificial pneumothorax for treatment of pulmonary tuberculosis, in Thorax, XXXVIII (1983), pp. 326-332; L. Belloni, La medicina a Milano dal Settecento al 1915, in Storia di Milano, XVI, pp. 1005 s.; I. Fischer, Biographisches Lexikon der hervorragenden Ärzte [1880-1930], I, p. 427; Encicl. Italiana, XV, pp. 680 s. Per quanto si riferisce più specificamente all'aeroterapia e al pneumotorace, si veda anche: L. Devoto, Il pneumotorace terapeutico di C. F. ed il suo cinquantenario, in Gazzetta degli ospedali e delle cliniche, LIII (1932), pp. 705-714 e in Rendiconti del R. Istituto lombardo di scienze e lettere, classe di scienze matematiche e naturali, s. 2, LXV (1932), pp. 501-519; U. Carpi, Una pagina di storia della tubercolosi scritta a gloria dell'ospedale Maggiore, in L'Ospedale Maggiore, XLIV (1956), pp. 212-218; P. Farneti, Albori e sviluppi della terapia fisica nell'ospedale Maggiore, ibid., pp. 259-262; L. Belloni, Nel centenario della invenzione del pneumotorace artificiale ad opera di C. F., in Rendiconti dell'Istituto lombardo, parte generale e atti ufficiali, CXVI (1982), pp. 79-88; G. Berti Bock, C. F. (1847-1918) et l'aérothérapie, in Histoire des sciences medicales, XVII (1982), pp. 248-251; L. Belloni, L'ospedale Maggiore di Milano nella storia dell'invenzione del pneumotorace artificiale ad opera di C. F., in L'Ospedale Maggiore, LXXXIII (1988), pp. 222-225. Un breve cenno a Giuseppe Forlanini è in G. Cosmacini, Storia della medicina e della sanità in Italia. Dalla peste europea alla guerra mondiale. 1348-1918, Roma-Bari 1987, pp. 399, 401.

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