FERRARIS, Carlo Francesco

Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 46 (1996)

FERRARIS, Carlo Francesco

Pasquale Beneduce

Nacque a Moncalvo (prov. di Alessandria, oggi di Asti), il 15 ag. 1850 da Bartolomeo, di "professione proprietario", e da Maddalena Bottacco, benestante. Dopo la prima istruzione a Moncalvo frequentò il liceo "Gioberti" di Torino, ricevendo una educazione umanistica che impronterà anche gli anni della vita pubblica e dell'insegnamento. Fra gli undici e i sedici anni influenzarono la sua formazione i libri di C. Cantù e di V. Gioberti: di quest'ultimo soprattutto il Rinnovamento civile d'Italia, che "non poco contribuì" a chiarire nel F. la vocazione per gli studi politici e sociali (lettera a U. Hoepli, 1890). Conseguita la laurea in giurisprudenza a Torino, il 18 dic. 1870, pubblicò nello stesso anno la dissertazione La rappresentanza delle minoranze in Parlamento..., in cui, dopo un accurato esame comparativo dei sistemi di voto nei paesi europei, presentava il metodo messo a punto da Th. Hare come lo strumento "più perfetto" per garantire la proporzionale rappresentanza parlamentare delle minoranze di ciascun collegio uninominale. Anche in questo modo il F. intendeva "rianimare" in Italia la vita pubblica, restaurando quell'ordine proprio del governo costituzionale sistematicamente violato dalla "tirannia delle maggioranze" parlamentari.

Appena ventenne, il F. si accostava così al dibattito sulla mancanza dei partiti e sull'astenia della vita pubblica italiana, sollevato proprio in quell'arco d'anni da S. Jacini, A. Scialoja, R. Bonghi e S. Sonnino, quest'ultimo amico del F. e, negli anni immediatamente successivi, suo interlocutore privilegiato. Nel giugno 1872 il F. prese parte, con V. Pareto, A. Brunialti e altri, alle conferenze fiorentine promosse dall'Accademia dei Georgofili, leggendovi due discorsi sul tema della rappresentanza (cfr. La Nazione, 1872, nn. 208 e 212, e Boll. per lo studio della rappresentanza proporzionale, II, ottobre-novembre 1872).

Iniziata la pratica di avvocato, il F. tentò di ottenere una borsa di perfezionamento prima in Italia, presso l'università di Pisa, poi all'estero. Dopo avere inutilmente sollecitato il ministero soggiornò, "con grave sacrifizio pecuniario della famiglia", dal dicembre 1872 all'agosto 1874, in Germania e in Inghilterra. A Berlino, studente per tre semestri (inverno 1872-73, estate 1873, inverno 1873-74), frequentò i corsi di R. Gneist, le lezioni di J. W. Holtzendorff di diritto pubblico, i corsi di A. H. G. Wagner di economia pubblica generale e scienza delle finanze e quelli, infine, di Nitzsch sulla storia delle costituzioni, prendendo parte anche alle esercitazioni pratiche.

Prepararono o accompagnarono l'esperienza berlinese gli studi politico-costituzionali dedicati alla Germania: La costituzione dell'Impero germanico (in Archivio giuridico, IX [1872], pp. 288-316), sull'unificazione politica e territoriale di "corpi vari e multiformi" nell'ambito del governo imperiale, e sulla base di un nuovo diritto pubblico, e due articoli scritti a Berlino: Le riforme amministrative in Prussia. L'ordinamento dei circoli secondo la legge del 1872 (ibid., XI [1873], pp. 282-313) e I giurati e gli scabini nell'ordinamento giudiziario germanico (ibid., pp. 93-97). Ne Le riforme amministrative in Prussia dominava una forte prospettiva comparativa con le puntuali rassegne degli ordinamenti di Francia - un paese che troppo si attardava sui diritti dell'uomo e del cittadino -, Inghilterra e Prussia. La cornice descrittiva dell'ordinamento locale prussiano e dei suoi principi - la salvezza dell'edificio statuale dipendeva dalla riforma della sua "costituzione interna", la sovranità del popolo "esiste" quando l'intero popolo "entra" al servizio dello Stato - si apriva, quindi, sullo scenario italiano. Il F. si chiedeva se fosse necessario "separare città da campagna, distinguere comuni grossi e piccoli, come in Prussia e in Inghilterra", o se il sistema provinciale italiano presentasse maggiori vantaggi. Ancora si interrogava su quali fossero l'estensione e i limiti della libertà locale e i suoi effetti "sullo sviluppo morale e politico di una nazione" (p. 312).

Quando nel febbraio 1874, dal suo soggiorno d'Oltremanica, iniziava a scrivere Le classi agricole dell'Inghilterra e del Galles e le loro associazioni nel 1874 (in Nuova Antologia, settembre 1874, poi in Saggi di economia, statistica e scienza dell'amministrazione [1879], Torino-Roma 1880 pp. 251-306), le agitazioni contadine contro i farmers scuotevano molte parti dell'isola.

Il F. tracciava dal vivo il quadro della "costituzione agraria" inglese, soffennandosi sulle condizioni morali, economiche e abitative degli "operai agricoli". Anche in questo caso dominava la sintassi statualistica e sociale. La ripartizione da parte dello Stato della grande proprietà fondiaria era giuridicamente facilitata dalla tradizione e dalla giurisprudenza che consideravano quella proprietà una "creazione della legge" e non un diritto naturale. Allo stesso modo nei sodalizi delle prime unions agricole su base locale e a struttura federativa il F. intravedeva, accanto alla solidarietà di classe, l'opera di educazione morale e civile, diretta alla conservazione dell'intero ordine sociale.

Il saggio segnava l'ingresso del F. nella schiera di quei pubblicisti di "cose economiche" che si raccoglieranno intorno a F. Lampertico, L. Luzzatti e L. Cossa contro il liberismo intransigente della Società Adamo Smith di F. Ferrara. Il F. intravedeva quell'"idea moderna" dell'ingerenza dello Stato che lo avrebbe identificato come un "partigiano spinto delle teorie dei socialisti della cattedra", i quali attribuivano "allo Stato maggiori funzioni di quelle che gli si dovrebbe affidare" (cfr. la Relazione del 10 dic. 1875 della Commissione Protonotari della facoltà giuridica di Roma, in Arch. centr. dello Stato, Pers., b. 696). L'uso sistematico della comparazione, inoltre, gli suggeriva per l'Italia anche l'equazione tra questione sociale e questione agraria.

Tornato in patria farà suoi senza esitare i toni sempre più aspri della discussione ingaggiata con i liberisti. Sulla spinta delle sue frequentazioni scientifiche e amicali - che peraltro non gli impediranno di stroncare con giudizi taglienti Illavoro (Milano 1875) e Ilcommercio (ibid. 1878), del Lampertico, "scrittore non simpatico" (lettera a Sonnino, da Pavia, 24 giugno 1878), né di rimproverare più tardi allo stesso Luzzatti il "culto di se stesso" quale unico "promotore della legislazione sociale italiana" (lettera a Luzzatti, da Padova, 11 marzo 1901) - il F. dette alle stampe negli anni successivi alcuni studi economici improntati al cosiddetto metodo sperimentale, in aperta polemica con lo stile "deduttivista" dei liberoscambisti.

Rispettivamente nei mesi di febbraio e settembre 1875 usciranno, sulla Nuova Antologia, L'indennità di guerra dalla Francia alla Germania dall'aspetto della scienza economica (poiin Saggi, pp. 127-178) e La circolazione cartacea. A proposito dell'ultima relazione ministeriale. Nel primo saggio il F. illustrava gli effetti politici ed economici procurati sul mercato francese ed europeo dalla forte indennità di guerra pagata da Parigi alla Germania. Nel secondo anticipava le tesi poi affidate al libro Moneta e corso forzoso (Milano 1879) e negava l'influenza dell'emissione di carta moneta sulla misura dell'aggio.

Nell'ottobre 1874 il F. lasciò il Piemonte per Roma, chiamato a collaborare come ufficiale di statistica fino al luglio 1876 - all'interno di un gruppo di lavoro che conterà, fra gli altri, C. Schanzer, B. Stringher, R. Benini - alla Divisione della statistica, diretto da L. Bodio presso il ministero dell'Agricoltura, Industria e Commercio; sarà più tardi lo stesso F. a raccomandare a Bodio l'"acquisto" dei suo "ottimo amico" Achille Loria presso l'ufficio (lettera a Bodio, da Moncalvo, 2 nov. 1879).

Al suo esordio come intellettuale-funzionario, il F: poté fare nella statistica i più ampi studi teorici e pratici. L'apprendistato romano gli suggerirà nel 1878 anche concrete riforme dell'ufficio. Sulla Rassegna settimanale di L. Franchetti e Sonnino il F. auspicava, per esempio, la razionalizzazione dei ministeri del "governo parlamentare", proponendo l'unione del Tesoro alla presidenza del Consiglio e il ripristino del ministero dell'Agricoltura, frettolosamente abolito nel 1877, ma indispensabile allo sviluppo agricolo dell'Italia (Iministeri di Agricoltura e del Tesoro. La marina mercantile e il governo parlamentare, in La Rassegna settimanale, 31marzo 1878, p. 241). In secondo luogo, esigeva un ampliamento alle "funzioni scientifiche" degli ufficiali di statistica e il trasferimento dell'Ufficio presso il Tesoro, luogo naturale di incontro tra la contabilità dello Stato e l'indagine statistica nazionale (L'Ufficio della statistica centrale, ibid., 21 apr. 1878, p. 297).

La possibilità di un insegnamento universitario per il F. si presenterà in quegli anni a più riprese: nel novembre 1875 la facoltà giuridica di Pavia lo proponeva per l'incarico all'insegnamento della scienza dell'amministrazione, istituita in quella università per la prima volta in Italia. Nell'aprile 1876 il F. ottenne l'autorizzazione dal ministero a tenere un corso di economia politica presso l'università di Roma, quale libero insegnante a titolo privato con effetti legali.

Nel 1877 accorreva in Piemonte per fronteggiare il dissesto crescente delle proprietà di famiglia, investite dagli effetti della crisi agraria e gravate dai debiti. Nel dicembre dello stesso anno moriva il fratello Giuseppe, unico sostegno economico del F. dopo la scomparsa del padre, nel 1876. Per questi motivi, su espressa autorizzazione del ministro, inizierà i corsi a Pavia soltanto nell'aprile 1878. D'ora in poi si assumerà in prima persona, ma senza alcun successo, l'amministrazione del patrimonio residuo, che nel 1893 subirà la vendita all'incanto.

Frattanto a Torino entrava nella redazione del Risorgimento. A Pavia fin dall'inizio difese il corso complementare di scienza dell'amministrazione: "fra i colleghi", ve ne erano alcuni, che "invidiosi della popolarità che noi giovani andiamo acquistando" muovevano "una guerra spietata" ad una disciplina il cui rigetto avrebbe segnato il ritorno dell'"antico spirito regionale e regressista" (a Sonnino, 8 giugno 1878).

Il F. presentava, nelle due prolusioni, lette rispettivamente ad aprile e a novembre 1878, i primi elementi di una ambiziosa sintassi teorica della connessione fra lo Stato e la società. Intesa quest'ultima come l'ordinamento degli individui, appartenenti ad un dato popolo, in "classi fondate sugli interessi economici fisici ed intellettuali", l'ingerenza dello Stato consisteva - piuttosto che nei compiti di esecuzione della legge e di "mera attuazione della sovranità dello Stato", ritenuti dalla scuola di V. E. Orlando propri dell'amministrazione - in un'azione necessaria, permanente e sistematica per lo sviluppo della società (La scienza dell'amministrazione: oggetto limiti ed ufficio, in Saggi, p. 9). Attraverso la statistica e le inchieste pubbliche, la scienza politica dell'amministrazione (Le relazioni della scienza dell'amministrazione col diritto amministrativo e la sua sede nel sistema delle scienze politiche, ibid.) sottraeva l'insieme crescente delle "res amministrative" al tradizionale primato degli schemi giuridici e le rinominava come il proprio oggetto disciplinare. Essa avrebbe dimostrato come lo Stato interviene, "dedicando le sue cure", "regolando" e "ordinando" la proprietà immobiliare, l'industria, il commercio, l'agricoltura, il credito, le assicurazioni, la previdenza, la sanità, la cultura nazionale, l'emigrazione e le colonie (La scienza dell'amministrazione, ibid.).

In tale progetto la statistica - dal 1875 obbligatoria per il professore di economia politica ai sensi del regolamento Bonghi - presentava il profilo di una "scienza metodica" e di applicazione (La statistica sociale, appunti sulla questione se la statistica sia un metodo o una scienza, ibid., p. 86). Indirizzata, sulla traccia degli studi di A. Messedaglia - a cui il F. dedicava i Saggi -, all'osservazione dei fatti, essa era "rigorosamente induttiva, fatta con regole, non casuale né arbitraria" (cfr. La statistica le sue partizioni teoretiche e il suo insegnamento, in Atti d. R. Istituto veneto di sc. lett. e arti, s. 7, I [1889-1890], p. 329), estranea a vaghe digressioni storico-filosofiche e contraria al profilo incerto di una "demologia" della "legge di sviluppo" della popolazione.

Professore straordinario dall'aprile 1880 al 30 giugno 1883 a Pavia alla cattedra di scienza dell'aniministrazione, nel 1880 il F. fondò presso l'editore Hoepli di Milano l'Annuario delle scienze giuridiche sociali e politiche; intendeva così legittimare tra i giuristi e nelle facoltà giuridiche le nuove discipline sociali e politiche - pubblicava sull'Annuario del 1882 L'insegnamento delle scienze politiche nelle università italiane (III, pp. 438-454) - e unificare intorno a uno stesso disegno scientifico di riforma sociale competenze intellettuali diverse, dell'amministrazione, delle università, della politica e delle professioni: oltre a R. Bonghi ed a E. Pessina, vi collaborarono V. Ellena, L. Palma, G. Ricca Salerno, C. F. Gabba, E. Vidari, A. Brunialti, E. Morpurgo e M. Ferraris. Nello stesso arco di anni si presentava, con esito negativo, al concorso per la cattedra di economia politica a Bologna e veniva nominato dal ministro D. Berti membro del Consiglio superiore di Statistica.

Nel giugno 1883 il F. lasciava Pavia per Roma e tornava a vestire i panni del funzionario, chiamato dal ministro Berti presso il ministero dell'Agricoltura, Industria e Commercio a capo della divisione istituti di credito e previdenza. Frattanto il "tenue filo" che lo legava all'università, coll'incarico della statistica a Roma, si irrobustiva nel 1885, grazie al sostegno "iniperioso e affettuoso" del Luzzatti, con la chiamata a Padova, quale professore ordinario, successore di Morpurgo alla cattedra di statistica (lettera a Luzzatti, da Roma, 9 marzo 1885).

Sulla stampa e nei corpi consultivi il F. lavorò intensamente per l'attuazione dell'assicurazione obbligatoria degli operai contro gli infortuni sul lavoro.

Membro dal 1883 della commissione consultiva sulle istituzioni di previdenza e sul lavoro, presentò in quella sede, il 1º febbr. 1886, il testo della relazione sulla personalità giuridica delle società di mutuo soccorso che ispirerà la legge, approvata il 15 apr. 1886, sul riconoscimento giuridico delle medesime società. Predispose il disegno di legge presentato nel 1890 dal ministro L. Miceli sull'assicurazione obblilatoria degli operai contro gli infortuni, solida premessa per la legge in materia del 17 marzo 1898 n. 80. Fin dal 1880 con Le associazioni dei padroni e degli operai in Francia nella seconda metà del secolo XIX (in Nuova Antologia, 1º marzo 1880, poi in Saggi, pp. 309-352) aveva espresso simpatia e appoggio verso ogni tentativo "diretto al miglioramento delle sorti della classe operaia che rifugga da mezzi radicali e rivoluzionari", indicando nelle associazioni di mestiere il carattere di moderne corporazioni nelle quali "ciascuna classe" trovava i suoi "speciali sodalizi". Per questo stesso principio di solidarietà il F. diffidava delle banche popolari, che riteneva di scarso vantaggio "alla classe operaia vera", utili "soltanto ai piccoli commercianti, industriali e possidenti, talvolta anche ai grandi" (lettera a Sonnino da Pavia, 24 giugno 1878).

Nel 1883 come capo della divisione credito e previdenza del ministero dell'Agricoltura e già membro dei Consiglio superiore di Previdenza, il F. indirizzava al congresso scientifico internazionale delle istituzioni di previdenza Les projets de législation sociale en Italie rapport spécialement à la prévoyance (Rome 1883), in cui descriveva i compiti dei ministero nel quadro di un'azione moderata ma sistematica dello Stato, attraverso la previdenza e il movimento "simultaneo" di istituzioni pubbliche e private, contro le ineguaglianze di fatto. Negli anni successivi precisava ulteriormente la sua prospettiva di organica incorporazione degli interessi sociali nello Stato.

Ora l'esame della legislazione tedesca sull'"assicurazione di Stato" a partire dalle norme del 1883 sull'assicurazione contro le malattie (L'assicurazione degli operai in Germania, in Nuova Antologia, 16ag. 1889), ora la rassegna in materia della recente letteratura economica, statistica e amministrativa - compresa quella teoria marxiana "di dubbia originalità" sulle cause della disoccupazione - fornivano nuovi punti di appoggio ad una vera e propria teoria dei "doveri sociali dello Stato e delle classi possidenti" senza corrispettivi diritti da parte dei lavoratori (La disoccupazione e l'assicurazione degli operai, in due parti sulla Nuova Antologia, 1º genn. 1897, pp. 73-103, e 16genn. 1897, pp. 322-347). Tale solidarietà sociale - insufficiente a costituire un diritto al lavoro, simile al diritto all'esistenza e all'obbligo degli alimenti fra ascendenti e discendenti, fondato secondo il diritto civile sul vincolo di sangue e non sulla "semplice coesistenza sociale" - giustificava tuttavia, pur senza "generare diritti", una costellazione di doveri che avrebbero assunto "carattere giuridico con la sanzione legislativa": la beneficenza, l'istruzione, l'assicurazione per le malattie, gli infortuni, l'invalidità, la vecchiaia, l'assicurazione contro la mancanza involontaria di lavoro "senza che essa crei corrispondentemente diritto nei disoccupati" (p. 340).

La cifra dei doveri sociali senza diritti doveva comparire nell'abile e un po' spiccia oratoria cui il F. ricorrerà nella tumultuosa campagna elettorale del 1904, che lo vedrà eletto alla Camera il 6 novembre. Già vincitore nel collegio di Casale Monferrato, era stato escluso dalle elezioni del maggio 1886 in quanto, per la legge sulle incompatibilità, il numero dei deputati professori alla Camera era risultato m eccesso; nell'ottobre 1904 il F. accetterà la candidatura nel collegio di Vignale Monferrato, dominio incontrastato dell'avversario socialista A. Vigna, facendo precipitoso ritorno in Italia dalla missione in America, a Saint Louis, quale rappresentante del governo italiano all'Esposizione universale.

Dal 1891 al 1896 fu rettore a Padova (cfr. i suoi Cinque anni di rettorato nella r. università di Padova..., Roma 1922), valorizzando le gloriose tradizioni dell'ateneo: a lui si devono l'impulso delle solenni celebrazioni del 1892 per l'insegnamento di Galilei, la riorganizzazione dell'Archivio storico e, nel 1894, la simbolica "rinnovazione" del sigillo storico dell'università patavina (Ilsigillo storico dell'università di Padova, Venezia 1894, pp. 6 s.). Soprattutto si prodigò nell'opera di riordino dell'aminfflistrazione e promosse lo sviluppo degli istituti di fisica, biologia e clinica., in particolare della scuola di applicazione degli ingegneri. Nel 1896 ottenne l'incarico dell'insegnamento di statistica teoretica presso la scuola superiore di commercio di Venezia. Membro nel 1893 del Consiglio superiore della Pubblica Istruzione, si dedicò - fin dal 1895 con la prolusione La statistica nelle università e la statistica delle università, letta nel dicembre di quell'anno a Padova - ai temi della "statistica intellettuale" e della questione universitaria.

Convinto della possibilità di una osservazione quantitativa della vita intellettuale e della legittimità di una teoria sociale della cultura (cfr. La statistica della cultura intellettuale e specialmente delle università, in Atti d. R. Ist. ven. di scienze, lett. e arti, s.7, II [1890-91], p. 560), il F. stringeva l'analisi sulla questione, attualissima, se esistesse "esuberanza, deficienza o equilibri " nel concorso della popolazione studentesca alle professioni intellettuali. Favorevole a "ridurre" il numero delle università attraverso regole severe per l'accesso (l'aumento delle tasse scolastiche e il riordino degli esami), auspicava a questo scopo che le statistiche fossero maggiormente conformi al canone della comparabilità fra le diverse esperienze del paese (cfr. Statistica degli iscritti nelle università e negli istituti di istruzione superiore, ibid., IV [1892-93], pp. 839-840). Fra il 1888 e il 1891 pubblicò su LUniversità di Bologna una serie di interventi che riproducevano statistiche aggiornate del personale insegnante e degli studenti delle università straniere (cfr. Notizie delle università straniere, in L'Università, II [1888], pp. 307-310, e Università straniere, ibid., III [1889], pp. 106-109, 408 s.), difendendo il r.d. 22 ott. 1885, con il quale erano entrate definitivamente nel quadro degli insegnamenti obbligatori la scienza dell'amministrazione e la scienza delle finanze. Il F. rifiutava le offerte di quanti, in Italia o all'estero, propendevano per la biforcazione degli studi giuridici da quelli politico-amministrativi oppure per la distinzione tra insegnamenti costitutivi e complementari, utili e inutili (cfr. Gliinsegnamenti della facoltà giuridica in Austria e in Italia, ibid., II[1888], pp. 333-341, e Gliinsegnamenti fondamentali nelle università ed una massima del Consiglio superiore della Pubblica Istruzione, ibid., IV[1890], p. 19). I suoi consigli di lettura ad "un giovane colto" saranno improntati allo stesso principio di unità del sapere, professionale e scientifico, storico e letterario, della nazione italiana (lettera a U. Hoepli, da Padova, 3 genn. 1890).

Molte di queste riflessioni sarebbero confluite nel progetto di riforma universitaria, scritto con F. Martini, dove si auspicava, fra l'altro, la riduzione ad undici delle sedi universitarie del Regno e la loro ripartizione in quattro facoltà principali, fra cui quella "giuridico-politica" (F. Martini - C. F. Ferraris, Ordinamento generale degli istituti di istruzione superiore. Studi e progetti, Milano 1895).

Nel 1896 uscirono, sui numeri di aprile e maggio della Nuova Antologia, le due parti del saggio su Il materialismo storico e lo Stato (ripubblicato a Palermo nel 1897, con l'aggiunta di una Statistica delle professioni e delle classi).

Alle "fantasmagorie economico-costituzionali" del Loria, divulgatore in Italia del pensier, marxiano e del materialismo storico, il F. opponeva il paradigma dell'azione sociale dello Stato, "organo dell'evoluzione morale" e fattore regolativo degli interessi delle classi, e il suo pendant disciplinare, cioè la scienza dell'amministrazione sociale, o "politica sociale" (Prefazione, p. IV). Ilruolo del monarca, il suffragio elettorale, connesso non esclusivamente al censo ma all'istruzione, i partiti, infine la potenza sociale delle professioni liberali, numerosissime nei Parlamenti, costituivano lo Stato non come il semplice riflesso della sfera del possesso e delle forze economiche (Ilmaterialismo storico..., pp. 106-111). Il F., inoltre, distingueva anche all'interno della rendita e del capitale interessi diversi e antagonistici.

Nel novembre 1898 lesse a Pavia la prolusione su Ordinamenti politici ed educazione politica (Verona-Padova 1899), nella quale riannodò con particolare radicalità ed energia i motivi della sua pedagogia statistica. In un'aula gremita di pubblico il F. invocava l'azione riequilibratrice dei tre grandi istituti costituzionali: la monarchia, la burocrazia e il Senato (pp. 18, 22, 24), e illustrava, nell'anno delle agitazioni operaie e delle misure restrittive delle liberta da parte del Rudini, un vero e proprio programma di "educazione politica autoritaria" con "riforme" (pp. 45-47), da contrapporre alla "pericolosa" propaganda del socialismo.

A questa pedagogia dello Stato autoritario e riformatore è riconducibile anche l'attenzione del F. per il ruolo dell'esercito, inteso come la più alta forma di subordffiazione e integrazione dell'individuo alla collettività e di tutte le classi sociali allo Stato (Il materialismo storico, p. 79), fino a prefigurare, per quei cittadini che a vario titolo beneficiavano dell'esonero dal servizio militare, l'obbligo politico del pagamento di una "imposta militare" speciale, di cui riconosceva tuttavia l'ardua classificazione (cfr. soprattutto L'imposta militare, in Nuova Antologia, 16 marzo 18833 pp. 321-358, e la memoria letta all'Accademia dei Lincei il 18 dic. 1910, L'imposta militare e la teoria delle imposte speciali, Roma 1911). Per tutti questi motivi il F. si mostrava contrario alle "costruzioni" esclusivamente "giuridiche" dello Stato cui "si abbandonavano" spesso in Italia i giovani cultori del diritto pubblico, che con letture precipitose e "mal digerite" dichiaravano di ispirarsi alla scuola tedesca di K. F. Gerber e G. Jellinek (Teoria del dicentramento amministrativo [1897], Milano-Palermo 1898).

Contrapponeva, in tema di decentramento, uno studio giuridico e politico che rappresentasse la complessità della costituzione statuale e proponeva una revisione linguistica: delle tre forme di neologismo in uso - decentramento, discentramento, dicentramento - l'ultima, a sua avviso, era filologicamente più corretta, per l'idea di distribuzione che esprimeva (Prefazione, p. VI), mentre il selfgovernment degli Inglesi e la Selbstverwaltung dei Tedeschi si dovevano tradurre col termine "autarchia", piuttosto che con gli ibridi "autogoverno" e "autoamministrazione" (pp. 4 s.). Contestava poi apertamente non poche nominalistiche enunciazioni di S. Romano nella voce, pur molto apprezzata, Decentramento amministrativo, pubblicata nel 1897 sulla Enciclopedia giuridica italiana. Per il F. erano in prevalenza ragioni di interesse pubblico e di opportunità a suggerire la delega di funzioni statuali - comprese quelle di vigilanza e di gestione - a istituzioni pubbliche, quali per esempio la Cassa nazionale di assicurazione degli operai o le società di mutuo soccorso (Teoria del dicentramento, pp. 10 s.).

Nominato il 28 marzo 1905ministro dei Lavori pubblici nel primo governo Fortis, il F. si adoperò contro la prassi dell'affitto delle linee, per l'organizzazione dell'esercizio di Stato delle ferrovie, che ebbe inizio il 1º luglio 1905, secondo la legge, da lui stesso proposta, del 22 aprile di quello stesso anno. La nonna definiva, fra l'altro, l'impiegato quale organo diretto dello Stato e pertanto obbligato ad assicurare "la continuità e la regolarità dei pubblici servizi" ferroviari. Ottenne dal Parlamento l'approvazione della legge 9 ag. 1905 sull'esercizio delle "reti complementari" e dal Senato l'approvazione della legge 30giugno 1906per la concessione delle linee all'industria privata.

Caduto il governo Fortis, il F. tornava parlamentare e, nelle elezioni del 7marzo 1919, dopo "asprissima lotta", vinceva sul candidato socialista nel collegio di Vignale Monferrato. Sconfitto nelle elezioni del 1913, verrà nominato nel novembre dello stesso anno senatore "per meriti" nelle categorie III, V, XVIII e XIX. Da deputato il F. sedette al "centro sinistro" dell'aula parlamentare.

Prese parte attiva ai lavori della Camera (cfr. il discorso pronunciato il 9 sett. 1906 all'Associazione costituzionale di Vignale Monferrato La mia opera parlamentare e ministeriale, Casale 1906) e fti estensore dello schema di relazione della sottogiunta per la Sicilia nell'ambito dell'inchiesta sulle condizioni dei contadini del Mezzogiorno, sollecitando l'iniziativa delle classi possidenti e proponendo il ricorso alla pratica dei contratti, specie dell'enfiteusi e dell'affitto, con l'obiettivo di migliorare e di conservare i latifondi. Nel 1911, quale relatore di minoranza alla Camera, si opponeva al progetto di legge Nitti sul monopolio di Stato per le assicurazioni sulla vita. Nell'ambito del Consiglio superiore di Previdenza, ribadiva il suo favore per il principio dell'obbligo in campo assicurativo (1909) e nell'adunanza del maggio 1914, nel corso di una tesa discussione, tornava a riproporre l'idea del mutuo soccorso non solo per i casi di malattia ma anche "pel caso di resistenza, della lotta in difesa legittima degli interessi di lavoro" (Adunanza del 16 maggio 194, in Atti d. Consiglio della Previdenza..., p. 103).

Fu socio nazionale dell'Accademia dei Lincei nella classe delle scienze morali (cat. VI discipline sociali), dal 1897 socioeffettivo del R. Istituto veneto di scienze lettere ed arti; oltre che di varie società nazionali di statistica (fra le quali quelle svizzera, belga, inglese e francese) fu anche cavaliere del Real Ordine civile di Savoia.

Da senatore il F. fu presidente della commissione reale che predispose i materiali di studio poi confluiti nei regolamenti, in vigore dal 1917, sulpersonale delle Ferrovie dello Stato e - come delegato del Senato - membro delle commissioni interparlamentari per l'ordinamento e il funzionamento delle Ferrovie di Stato. Fu relatore fra l'altro in materia di politica delle esportazioni durante la guerra.

Nel gennaio 1918presso il Consiglio superiore di Previdenza, il F. discuteva lo schema di regolamento della legge 23 ag. 1917che aveva esteso anche all'agricoltura l'obbligo dell'assicurazione contro gli infortuni sul lavoro, di cui lamentava il ritardo nell'applicazione. Dal 1919 fu per tre legislature presidente della commissione Finanza.

Professore ordinario a Padova fin dal 1896alla cattedra di diritto amministrativo e scienza dell'amministrazione, negli ultimi anni della sua vita pubblicava: L'amministrazione locale in Italia (Padova 1920) e il Diritto amministrativo (ibid. 1922-1923, 2voll.), nei quali illustrava compiutamente la recente "legislazione amministrativa".

Nel secondo libro dedicato all'amministrazione centrale, si vantava di non avere accolto nel titolo l'aggettivo "italiano" in quanto si era occupato sistematicamente della legislazione straniera (Prefazione, p. VI) e si soffermava, oltre che sul principio dell'"unità del Governo nel sistema ministeriale" e sul regime giuridico degli impiegati civili dello Stato (con un'ampia" sezione sullo sciopero e sul sindacalismo nella pubblica amministrazione), sull'attività di vigilanza e ispezione dei corpi di sorveglianza, compresi la Camera e il Senato. Questi ultimi erano chiamati per esempio, come aveva già affermato al Senato, all'alto dovere costituzionale a lungo trascurato di "portar giudizio", giuridico e insieme politico, sui decreti registrati dalla Corte dei conti (cfr. I decreti registrati con riserva dalla Corte dei conti davanti al Senato del Regno, in Atti d. R. Istituto veneto di sc. lett. ed arti, LXXXII [1922/1923], 2, pp. 669-671).

Il F. mori a Roma il 9 ott. 1924, assistito dalla moglie Albina Ughetto.

Fonti e Bibl.: Le principali fonti archivistiche sono conservate presso l'Archivio storico del comune di Moncalvo e l'Archivio centrale dello Stato, Ministero Pubblica Istruzione, Personale (1860-1880), b. 696; Dir. gen. Istruz. sup., Prof. universitari, IIversam., I serie, b. 58; Div. Istr. sup., Concorsi a cattedra (1860-1896), b.31. Esiste un ricco epistolario in varie biblioteche; in particolare: sessantasette lettere a F. Lampertico dal 1874 al 1905 conservate a Vicenza (Bibl. civica Bertoliana, Carte Lampertico, 97, u.s. 18-19 ml. [28a]); tredici lettere a L. Luzzatti dal 1875 al 1922 (Venezia, Ist. veneto di scienze lettere ed arti, Fondo Luzzatti, b. 18); quattro lettere a S. Sonnino (Roma, Arch. del Museo storico del Risorgimento, Carte Sonnino, 385, 14, 1-4); tre lettere ad A. Messedaglia dal 1886 al 1898 (Verona, Bibl. civica, Carte Messedaglia, b. 229); venticinque lettere a L. Bodio dal 1879 al 1896 (Milano, Bibl. nazionale Braidense, Carteggio Bodio, in corso di riordinamento) e una lettera a U. Hoepli del 1890 (Ibid., A.E., XV, 14, 59); Firenze, Bibl. naz., Fondo Martini, 12, 26-28 (ventinove lettere); Fondo Barbera, 3, 86 (due lettere a P. Barbera); Vari, 131-132 (trentaquattro lettere a F. e trenta a G. Protonotari).

Notizie sul F. in V. Polacco, In mem. di C.F.F., Roma 1924; C. Gini, Commem. del m.e. prof. sen. C.F.F. (in appendice le Note bibliografiche dovute allo stesso F.), in Atti del R. Istituto veneto di scienze lettere e arti, LXXXIV (1924-1925), pp. 41-61, estr. Venezia 1925 (con un ritratto del F.); vedi anche A. Brunialti, Prefazione a La scienza della pubblica amministrazione secondo Lorenz von Stein, compendio del trattato e del manuale di scienza della pubblica amministrazione ad uso degli italiani, Torino 1897, pp. I-LXXXVII e pp. 504 ss.

Per la letteratura essenziale sull'opera del F. si rinvia a S. Lanaro, Nazione e lavoro. Saggio sulla cultura borghese in Italia, Venezia 1978, pp. 184-190, 214 ss.; C. Mozzarelli-C. Nespor, Giuristi e scienze sociali nell'Italia liberale, Venezia 1981, ad Indicem;R. Romani, C.F.F. (1850-1924). Note preliminari, in Schema, II (1986), pp. 151-184; D. Marucco, Mutualismo e sistema politico. Il caso italiano (1862-1904), Milano 1981, pp. 109-117; Id., Lavoro e previdenza, Milano 1984, spec. pp. 71-84; C. Mozzarelli, L'Annuario delle scienze giuridiche sociali e politiche (1880-1883). Viaggio breve nella cattiva coscienza, in Riviste giuridiche ital. 1865-1945, a cura di P. Grossi, Milano 1988, pp. 7-46; G. Gozzi, Modelli politici e questione sociale in Italia e in Germania fra Otto e Novecento, Bologna 1988, pp. 81-126; utili riferimenti in La scienza moderata. F. Lampertico e l'Italia liberale, a cura di R. Camurri, Milano 1992; D. Marucco, L'amministrazione della statistica nell'Italia unità, Roma-Bari 1996, ad Indicem.

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