MADRUZZO, Carlo Gaudenzio

Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 67 (2006)

MADRUZZO, Carlo Gaudenzio

Rotraud Becker

Nacque a Issogne, in Val d'Aosta, nel 1562 da Giovanni Federico e da Isabella di Challant, del ramo dei conti di Issogne.

Il padre nel 1562 era colonnello al servizio del duca Emanuele Filiberto di Savoia e dal 1574 fu residente piemontese a Roma, quindi dal 1581 operò al servizio dell'Impero; lo zio paterno, Giovanni Ludovico, era cardinale e principe vescovo di Trento. La famiglia paterna era imparentata con la nobiltà tirolese, e, grazie alla politica matrimoniale condotta dal cardinale Cristoforo, con importanti casate lombarde e piemontesi, come i Medici di Milano, gli Altemps e i Borromeo.

Dopo avere studiato presso i gesuiti a Ingolstadt dal 1577 al 1582, il M. frequentò i corsi di diritto a Pavia e si addottorò in utroque iure. Nel 1581 prese la tonsura. Ottenne come primi benefici l'abbazia di S. Cristoforo a Nizza della Paglia nel Monferrato, il priorato di S. Orso in Val d'Aosta e l'abbazia di S. Paolo nella diocesi di Besançon. Possedeva inoltre canonicati nei capitoli diocesani ad Augusta e a Trento, allorché il 18 ag. 1595 fu nominato coadiutore dello zio Giovanni Ludovico con diritto di successione. Clemente VIII confermò la nomina con bolla del 23 ott. 1595 e l'11 febbraio successivo il M. fu consacrato con il titolo di vescovo eletto di Smirne; da gennaio riceveva una pensione di 2000 scudi sulla mensa dell'arcivescovato di Toledo.

Il M. aveva già accompagnato lo zio Giovanni Ludovico nella legazione alle Diete imperiali di Augusta nel 1582 e di Ratisbona nel 1594, e aveva vissuto per lo più presso di lui a Roma. Dopo la sua morte, il 26 apr. 1600 fu confermato nella carica di principe vescovo di Trento. Egli fu così il terzo membro della famiglia a ricoprire di seguito la carica tra il 1539 e il 1658 e, come i predecessori, instaurò stretti legami con la Curia romana. All'imperatore Rodolfo II d'Asburgo sembrò dunque scontato che il pontefice concedesse al M. la fiducia che aveva riposto in Giovanni Ludovico, e che lo considerasse il rappresentante degli interessi asburgici in Curia. Tuttavia, creato cardinale, il 9 giugno 1604, come candidato imperiale, non ottenne il titolo di protector Germaniae cui aspirava.

Tra il 1601 e il 1605, dando corso a un legato di Giovanni Ludovico, fece affrescare da G.B. Ricci la cappella nella chiesa di S. Onofrio al Gianicolo, ove erano già sepolti i precedenti cardinali della famiglia. Nel 1609 acquistò il palazzo Della Rovere (poi dei penitenzieri) nella piazza Scossacavalli, in Borgo, già dimora del cardinale Cristoforo Madruzzo, nonché del proprio padre Giovanni Federico, e in seguito trasformato.

Per nascita e formazione aveva meno legami con il Trentino di quanti ne avessero i suoi predecessori; inoltre il tedesco non era la sua lingua madre. Come vescovo proseguì sulla linea delle riforme iniziata da Giovanni Ludovico, ma distinguendosi per la preferenza per la cultura e lo sfarzo di corte. Nonostante le continue assenze, resse il governo secolare e spirituale della diocesi con energia e buoni risultati: pose fine a una contesa sui confini che si trascinava da anni con la Repubblica di Venezia, promulgò leggi contro l'usura e ottenne dall'imperatore un privilegium de non appellando. Grazie al sostegno diplomatico della Baviera riuscì a mantenere l'autonomia del suo territorio nei confronti del Tirolo. Un rimprovero che gli fu rivolto fu quello di privilegiare nel governo della diocesi la componente italiana rispetto a quella tedesca.

In ambito ecclesiastico il M. si preoccupò costantemente della difesa dalle influenze protestanti, condividendo in ciò gli interessi del governo tirolese e del vescovato di Bressanone. Da Roma egli fu sollecitato soprattutto a vigilare sul commercio librario, perché si temeva che attraverso il Tirolo e la fiera di Bolzano potesse arrivare in Italia letteratura protestante. Un passo importante nella direzione della Riforma cattolica fu il rafforzamento del seminario, nella cui gestione nel 1618 i somaschi subentrarono ai gesuiti. Questi si insediarono nuovamente a Trento nel 1625 e fondarono un ginnasio, ma non per iniziativa del Madruzzo. L'attuazione della riforma del clero avviata dai predecessori fu affidata al chierico Pietro Belli, il quale, prima come vicario generale e dal 1611 come vescovo ausiliare, godette di larga autonomia.

Il 25 febbr. 1613 Paolo V nominò il M. legato a latere alla Dieta convocata dall'imperatore Mattia d'Asburgo a Ratisbona per il 1 maggio.

Le istruzioni indicano come obiettivo generale della missione quello di evitare il realizzarsi delle crescenti pretese degli "stati" protestanti dell'Impero e sollecitano il suo intervento in molte questioni aperte. Importante per la Curia era evitare che ai calvinisti fosse concesso lo stesso status giuridico dei luterani e non tollerare che detentori di beni ecclesiastici di confessione protestante percepissero e trasmettessero le rendite. Ma bisognava altresì contrastare i progetti politici del vescovo di Vienna Melchior Klesl, ministro dell'imperatore, il quale, per ottenere la disponibilità al compromesso tra i diversi partiti confessionali, mirava ad ammettere amministratori protestanti delle diocesi come principi con diritto di seggio e di parola nell'Impero, e a trasformare o sciogliere la Lega, l'alleanza degli stati cattolici. Altra faccenda di rilievo era la successione in Boemia, Ungheria e nell'Impero.

Dopo che la Dieta fu ripetutamente rinviata, il 20 giugno 1613 il M. lasciò Trento con un seguito di circa 200 persone e il 5 luglio arrivò a Ratisbona. Il 13 agosto con la lettura della proposta imperiale ebbero inizio le trattative. Uditore del M. era Johann Rembold di Augusta, creato per l'occasione giudice della Rota romana; come teologo e consultore partecipava alla missione il cappuccino Giacinto da Casale.

Lo svolgimento della Dieta vide il prevalere, sotto la guida del duca Massimiliano di Baviera, degli oppositori della linea politica di apertura verso i protestanti sostenuta dal vescovo Klesl. Senza successo, invece, rimasero gli sforzi per risolvere il problema della successione dell'imperatore Mattia. Il M. lasciò Ratisbona il 12 ottobre e, giunto a Trento, redasse una dettagliata relazione, che l'uditore Rembold portò a Roma: vi si sottolineano la difficoltà delle trattative, dovuta soprattutto alla condotta ostile dei calvinisti, i risultati degli sforzi profusi e le previsioni sullo stato della Chiesa cattolica nell'Impero.

In un documento della segreteria di Stato pontificia del febbraio 1619 si trova l'annotazione che il M. sarebbe "diffidentissimo della casa d'Austria"; un diplomatico pontificio diretto a Vienna fu ammonito a evitare qualsiasi colloquio confidenziale con lui (Le istruzioni generali, p. 1148). L'illazione non poteva naturalmente valere in assoluto, visto che contemporaneamente il M. fu invitato a trasferirsi stabilmente a Roma per sostenervi gli interessi asburgici.

Già nel 1619, perciò, il M. richiese l'insediamento del nipote Carlo Emanuele come coadiutore con diritto di successione e lasciò Trento il 3 nov. 1620 per risiedere stabilmente a Roma. In un primo tempo il capitolo rifiutò la clausola del diritto di successione; il M. lo ridusse a più miti consigli con l'aiuto di una "paterna ammonizione" del papa e con l'appoggio del concistoro di Roma: il capitolo trentino fu costretto a dare l'approvazione, così il 2 luglio 1622 la nomina del nipote fu formalizzata.

Negli anni 1620-21 il M. fu ad interim protettore della nazione spagnola. Nel 1621 partecipò al conclave e sotto Gregorio XV fu membro della congregazione cardinalizia istituita per la riforma dell'elezione pontificia e della congregazione dell'Inquisizione. Nel conclave del 1623 fu tra i papabili sostenuti dalla Spagna.

Sugli anni successivi si hanno poche notizie, tranne alcune dichiarazioni piuttosto libere a cui il M. si sarebbe lasciato andare in particolari circostanze: in occasione della nomina cardinalizia del giovane Antonio Barberini, pare abbia chiesto a Urbano VIII perché avesse fatto cardinale un "ragazzo" senza alcun merito (Pastor, XIII, p. 255). Nel 1626 faceva parte della congregazione dei Vescovi e regolari, nel 1629 era membro di quelle del Cerimoniale, dell'Inquisizione, dei Vescovi e regolari, dei Riti, delle Strade, dei ponti e delle acque.

Il 15 marzo 1628 sottoscrisse il testamento, con il quale creò suo erede il nipote Carlo Emanuele e dispose che il concistoro gli trasferisse il vescovato dal 4 genn. 1629. In occasione della rinuncia si trovava di nuovo a Trento.

Il M. morì a Roma il 14 ag. 1629 e fu sepolto in S. Onofrio.

A lui si devono il rifacimento barocco dell'interno del duomo di Trento e la costruzione, nel 1611, della chiesa dell'Inviolata a Riva del Garda. L'annesso convento, fondato da suo cugino Giovanangelo, comandante della locale guarnigione, fu affidato ai gerolamini, come S. Onofrio a Roma.

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