GELOSO, Carlo

Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 53 (2000)

GELOSO, Carlo

Alessandro Massignani

Nacque a Palermo il 20 ag. 1879 da Bonaventura e da Fortunata Burgio di Villanova. Il 27 ott. 1898 entrò alla R. Accademia militare di artiglieria e genio di Torino, intraprendendo la carriera delle armi.

Promosso sottotenente dell'arma di artiglieria il 26 ag. 1901, proseguì gli studi alla Scuola di applicazione di artiglieria e genio, venendo promosso tenente l'11 ag. 1903 presso il 3º reggimento artiglieria da fortezza. Si sposò il 28 dic. 1907 con Angela Roncaglia e nell'aprile 1909 fu trasferito al 15º reggimento artiglieria da campagna. Frequentò quindi, l'anno successivo, il corso di stato maggiore della Scuola di guerra di Torino e fu promosso capitano "a scelta" il 30 nov. 1911, servendo nello stato maggiore della divisione militare territoriale di Roma prima e in quella di Napoli poi.

Durante la guerra italo-turca, nel luglio 1912, venne inviato in Libia per impiantare a Zuara l'intendenza mobilitata. Rientrò in patria il 5 agosto, pur rimanendo comandato presso l'intendenza del corpo di spedizione fino all'aprile 1914, quando fu trasferito al 9º artiglieria da fortezza. Dopo l'ingresso dell'Italia nel conflitto mondiale, nel maggio 1915, partì per il fronte giulio ed entrò in zona dichiarata di guerra, ma fu presto trasferito al corpo di stato maggiore e promosso maggiore di artiglieria il 9 novembre.

La carriera del G. proseguì speditamente: nel maggio 1916, in coincidenza con l'offensiva austriaca nel Trentino, ebbe l'incarico di capo di stato maggiore della 31ª divisione con la quale partecipò alla sesta battaglia dell'Isonzo conclusasi con la conquista del Carso e di Gorizia, guadagnando una medaglia d'argento sul campo. Nel febbraio successivo venne ancora trasferito al corpo di stato maggiore e nel maggio 1917 partecipò attivamente alla decima battaglia dell'Isonzo, ottenendo una seconda medaglia d'argento sul campo per i combattimenti nella zona Bosco Malo-Pod Horite. Il 31 dello stesso mese fu promosso tenente colonnello e ebbe una terza medaglia d'argento in occasione dei combattimenti di Mesnjak tra agosto e settembre, nell'undicesima battaglia dell'Isonzo. Dal luglio al novembre 1917 mantenne l'incarico di capo di stato maggiore della 65ª divisione (alle dipendenze del XXVII corpo d'armata di Badoglio), della quale condivise le sorti nella ritirata di Caporetto e fino allo scioglimento dell'unità. Dall'aprile 1918 ricoprì l'incarico di capo di stato maggiore della 34ª divisione mobilitata, dimostrandosi un brillante organizzatore e ricevendo per questo, in settembre, un encomio semplice, nonché la croce dell'Ordine militare di Savoia nella fase conclusiva del conflitto. Dopo un periodo di permanenza nella zona del Tonale-Garda, nel 1919 fu trasferito dapprima al comando supremo a Padova, poi a Roma in guarnigione e successivamente al comando del corpo di stato maggiore.

Con la fine della guerra, il 20 luglio 1920 il G. fu collocato in posizione ausiliaria speciale. Il 4 maggio 1921 aderì al fascismo e rientrò nel servizio attivo il 7 marzo 1925, dopo essere stato promosso colonnello il 31 dic. 1924. Svolse, quindi, l'incarico di addetto alla segreteria generale della Commissione superiore di difesa, divenendone capo ufficio segreteria nel febbraio 1926. Dal 1º marzo 1928 al marzo 1931 fu comandante del 6º reggimento artiglieria pesante campale, rientrando, quindi, al corpo di stato maggiore, nel cui ambito divenne capo di stato maggiore del corpo d'armata di Roma.

La carriera del G. proseguì con la nomina a brigadiere generale d'artiglieria dal 25 gen. 1931 e comandante dell'artiglieria del corpo d'armata di Milano, quindi capo di stato maggiore del comando designato d'armata di Napoli prima e successivamente dello stesso comando di Bologna. Il 25 nov. 1935 fu incaricato delle funzioni di comandante della divisione granatieri di Sardegna e, nel marzo 1936, fu messo a disposizione del ministero delle Colonie, che lo inviò in Somalia.

Arrivato il 22 marzo a Mogadiscio, assunse il comando della divisione Laghi, partecipando alla campagna di Etiopia nel corso della quale occupò la regione dei Laghi equatoriali, dove sconfisse le forze di ras Destà e ottenne la sottomissione della regione dei Laghi e del Galla Sidama. Nell'ottobre 1936 il G. venne incaricato delle funzioni sia di governatore del Galla Sidama, sia di comandante delle truppe della regione. In dicembre, come riconoscimento per l'azione di comando nella campagna, ebbe la promozione a generale di divisione "per merito di guerra", nonché una seconda croce dell'Ordine militare di Savoia. Tuttavia, in sede di posteriore giudizio storico, la sua azione di comandante militare di occupazione in Abissinia fu criticata per la dura repressione della resistenza abissina, soprattutto dopo l'attentato a Rodolfo Graziani, viceré d'Etiopia, del febbraio 1937, tanto che nel dopoguerra il governo imperiale etiopico lo inserì nel gruppo di militari italiani di cui tentò inutilmente di ottenere l'estradizione come criminali di guerra.

Tenne il comando fino al 3 ag. 1938, quindi, nel luglio 1939, diventò generale di corpo d'armata, assumendo il comando del corpo d'armata di Bari. Allo scoppio della seconda guerra mondiale, fu nominato comandante del corpo d'armata di Trieste. Dopo due mesi, il 1º dic. 1939, divenne comandante superiore delle truppe d'Albania (XXVI corpo d'armata) dove rimase fino 6 giugno 1940.

Come comandante il G. dette prova costante di competenza tecnica e di doti organizzative, ottenendo successi pur nei limiti dello strumento militare italiano e conseguenti unanimi riconoscimenti. Si dimostrò meno abile nelle manovre di palazzo, rimanendo vittima delle lotte di potere all'interno della dirigenza politica e militare fascista. Le obiezioni che il G. sollevò nel colloquio con G. Ciano del 23 apr. 1940 in Albania, in merito alla progettata campagna di Grecia gli valsero la sostituzione con il generale S. Visconti Prasca.

Rimpatriato, gli fu affidato il comando della 3ª armata. Ritornò in Albania il 15 novembre per assumervi il comando dell'11ª armata e arginare la ritirata a seguito del disastroso esito delle operazioni contro la Grecia. In tale veste ebbe la carica di generale designato d'armata e rimase in Grecia al comando della stessa grande unità, diventata corpo di occupazione. Nel settembre 1941 fu nominato comandante superiore delle forze armate in Grecia e nell'ottobre 1942 promosso al grado di generale di armata.

La sua politica di occupazione in Grecia gli valse critiche da più parti. Da parte tedesca, per la difesa fatta delle proprie prerogative (pur avendo il G. fama di leale compagno d'arme dell'Asse) e per l'azione ritenuta "fiacca" nei confronti della resistenza e della popolazione greca; da parte greca, per la asserita brutalità dell'azione amministrativa e di controguerriglia italiana; da parte italiana, infine, per motivi politici. La perdurante mancanza di studi sulla politica di occupazione italiana nel contesto dei rapporti con gli alleati dell'Asse - Tedeschi e Bulgari - rende difficile ogni giudizio definitivo che possa orientare tra i contrastanti pareri delle fonti e testimonianze coeve greche, britanniche e tedesche. Sembra dallo studio della documentazione italiana e tedesca compiuto da G. Schreiber che il G., mentre accettava la durezza della politica di occupazione, si opponesse invece a provvedimenti di inutile crudeltà che alienavano le simpatie della popolazione, rifiutando, poi, di sottomettersi alle direttive tedesche, in particolare alle misure di discriminazione prima e di deportazione poi, per gli ebrei.

Nell'aprile 1943 il G. fu convocato dal generale A. Löhr, comandante del gruppo armate Est tedesco, che gli aveva chiesto di dar corso a una serie di provvedimenti comuni tra i quali l'arresto degli ufficiali greci, la requisizione delle radio, e la consegna degli ebrei della zona di occupazione italiana; l'ufficiale di stato maggiore A. Scoti, presente al colloquio, attribuì la rimozione dal comando del G., che si verificò dopo pochi giorni, ai rifiuti da questo opposti al Löhr.

La sostituzione del G. al comando superiore in Grecia fu accompagnata da una inchiesta sul suo operato, che successivamente lo assolse da ogni addebito. Il generale U. Cavallero, quando ancora era capo di stato maggiore generale, lo aveva già difeso in frangenti analoghi, sostenendo che "è forse il migliore dei nostri generali, tecnicamente preparato, energico e pieno di tatto".

Di fatto, a parere del comando italiano, e in particolare del maresciallo E. Caviglia, la carica del G. quale comandante superiore delle Forze armate in Grecia era di ostacolo a una riorganizzazione dei comandi italiani (e tedeschi) nei Balcani con la creazione - poi avvenuta - di un comando di gruppo d'armate Est. Comunque, il 3 maggio 1943, il G. fu rilevato dagli incarichi in Grecia e passò a disposizione del ministero della Guerra. Collocato in riserva il 20 ag. 1943, ma richiamato in servizio temporaneo presso lo stesso ministero in pari data, fu catturato a Roma dai Tedeschi il 23 sett. 1943 e internato in Polonia.

Per la sua liberazione si mosse inutilmente anche Caviglia, ma il G. fu liberato dall'Offizierslager di Schocken (presso Poznań) solo dal sopraggiungere delle truppe sovietiche che lo trasferirono a Charkov e lo rimpatriarono il 9 ott. 1945.

Collocato in congedo dal 1º febbr. 1946, fu richiamato in servizio temporaneo dal 27 aprile al 30 giugno 1947. Il 1º maggio 1954 fu collocato in congedo assoluto per raggiunti limiti di età.

Morì a Roma il 23 luglio 1957.

È probabile che la scarsa abilità "politica" del G. non gli abbia consentito, nonostante la sua competenza fosse da tutti riconosciuta, di ottenere comandi più prestigiosi. Definito da F. Baistrocchi "intelligentissimo soldato valoroso, uomo lungimirante, chiaro, preciso, energico e, soprattutto, obbidiente", era stimato anche da Caviglia e dal re il quale, in vista della sostituzione di Cavallero quale capo di stato maggiore generale verso la fine del 1942, lo aveva tenuto in considerazione quale possibile candidato, nonostante fosse ormai anziano per ricoprire tale carica.

Il G. fu anche autore, per l'Ufficio storico e per altre collane di storia militare, di varie opere sulla prima guerra mondiale: La 65ª divisione (15 luglio-31 ottobre 1917), Roma 1928, sulla battaglia di Caporetto; La battaglia di Gorizia e della Bainsizza, ibid. 1928; Il primo anno di guerra: le operazioni dell'esercito, Milano 1934; La campagna austro-serba del 1914, Roma 1948 (ma scritta nel 1935); collaborò anche all'opera collettanea Il primo passo verso l'Unità d'Italia 1848-49, ibid. 1948. Sulla campagna di Grecia scrisse La Grecia in guerra, in Rivista militare, VI (1950), pp. 579-587.

Oltre a quelle già ricordate, fu insignito di parecchie altre decorazioni italiane e straniere, tra cui il cavalierato dell'Ordine dei Ss. Maurizio e Lazzaro, la Legion d'onore e l'Aquila tedesca con spade.

Fonti e Bibl.: L'operato del G. nelle due guerre mondiali e nella guerra etiopica compare innanzitutto nella ricca documentazione dell'Archivio dell'Ufficio storico dello stato maggiore dell'Esercito. Non esistono biografie del G., ma le opere sulla Grande Guerra e sulle guerre fasciste sono ricche di riferimenti alle vicende belliche cui ebbe parte, a cominciare dalle raccolte documentarie: Diario storico del comando supremo, a cura di A. Biagini - F. Frattolillo, Roma 1986-… (finora 7 volumi pubblicati), ad indices; A. Biagini - A. Giuffrida, Lo stato maggiore generale tra le due guerre. Verbali delle riunioni presiedute da Badoglio dal 1925 al 1937, Roma 1997, ad indicem. Su singoli aspetti e operazioni si veda: F. Zingales, La conquista di Gorizia, Roma 1925, passim; L'Esercito italiano nella Grande Guerra 1915-1918, IV, Le operazioni del 1917, tomi 1-3, Roma 1940-67, passim; E. Caviglia, Diario 1925-1945, Roma 1952, ad ind.; A. Del Boca, Gli Italiani in Africa orientale, III, La caduta dell'impero, Bari 1982, ad ind.; M. Montanari, La campagna di Grecia, I-IV, Roma 1985, ad ind.; G. Primicerj, 1917. Lubiana o Trieste? Le ultime spallate di Cadorna viste "dall'altra parte", Milano 1986, ad ind.; G. Schreiber, "Due popoli una vittoria"? Gli Italiani nei Balcani nel giudizio dell'alleato germanico, in L'Italia in guerra 1940-1943, a cura di B. Micheletti - P.P. Poggio, Brescia 1991, pp. 95-124; L. Ceva, Italia e Grecia 1940-1941. Una guerra a parte, ibid., pp. 185-236; T. Ferenc, La politica italiana nei Balcani, in L'Italia nella seconda guerra mondiale e nella Resistenza, a cura di F. Ferratini Tosi - G. Grassi - M. Legnani, Milano 1988, pp. 65-92; A. Del Boca, I crimini del colonialismo fascista, in Le guerre coloniali del fascismo, a cura di A. Del Boca, Bari 1991, pp. 232-255; G. Schreiber, I militari italiani internati nei campi di concentramento del Terzo Reich, 1943-1945, Roma 1992, p. 66; L.E. Longo, Profili di capi militari italiani tratteggiati da uno di loro, in Studi storico-militari 1994, Roma 1996, pp. 566 s.; Historical Dictionary of fascist Italy, a cura di P.V. Cannistraro, Westport, CT, 1982, p. 243.

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