CARLO II il Calvo, Imperatore

Enciclopedia dell' Arte Medievale (1993)

CARLO II il Calvo, Imperatore

W.J. Diebold

Figlio di secondo letto dell'imperatore Ludovico il Pio e nipote di Carlo Magno, C. nacque a Francoforte nell'823. Dopo la guerra dinastica combattuta, dopo la morte del padre, insieme a Ludovico il Germanico contro Lotario, in base agli accordi del trattato di Verdun (843), C. divenne re del regno franco occidentale. Per gran parte del suo regno impegnato a combattere con i fratellastri e i loro discendenti per questioni territoriali, ottenne il titolo di imperatore due anni prima della morte, nell'875, per libera scelta di papa Giovanni VIII, senza peraltro mai riuscire a esercitare un effettivo potere. La grande quantità e il carattere stesso delle opere commissionate da C. sono da mettere in rapporto con la necessità del sovrano di legittimare la sua autorità.Sebbene numerose opere ricordate nelle fonti come eseguite per C. siano andate perdute, molte sono ancora conservate; il nucleo fondamentale è costituito da alcuni manoscritti miniati, che contengono sia immagini del sovrano, ritratto nelle sue funzioni regali, sia versi a carattere dedicatorio o che espongono le sue direttive, di molti dei quali sono conservate anche le coperte in avorio o metallo. Sono da ricordare: il prezioso evangeliario rivestito d'oro e di gemme, noto come Codex Aureus di St. Emmeram (Monaco, Bayer. Staatsbibl., Clm 14000); un libro di preghiere (Monaco, Schatzkammer der Residenz); un salterio con coperta d'avorio e metallo (Parigi, BN, lat. 1152); la Bibbia di S. Paolo (Roma, S. Paolo f.l.m., Bibl. dell'abbazia). Un ritratto di C. con gli attributi della sua regalità si trova anche sulla c.d. cattedra di S. Pietro (Roma, S. Pietro in Vaticano), un trono imperiale ligneo con ricca decorazione eburnea (v. Cattedra). La Prima Bibbia di C. o Bibbia di Viviano (Parigi, BN, lat. 1), invece, malgrado contenga un'immagine di C., non si può considerare commissionata dal sovrano perché donata a lui dall'abate Viviano. Sulla base dei documenti o dei luoghi di provenienza è possibile riferire inoltre alla committenza di C.: un manoscritto proveniente da Tours del De institutione arithmetica di Boezio (Bamberga, Staatsbibl., Misc.Class. 5); la c.d. Seconda Bibbia di C. (Parigi, BN, lat. 2); un antifonario proveniente dalla cappella del palazzo di C. a Compiègne (Parigi, BN, lat. 17436). Tra le opere note solo dalle fonti, si ricordano un antependium in oro, donato all'abbazia di Saint-Denis, numerosi manoscritti, tessuti e recipienti liturgici donati ad altre chiese, nonché due monumenti: la cappella di Compiègne e una chiesa a Stenay (Diebold, 1990, pp. 449-537).Dalle opere sicuramente attribuibili alla committenza di C. devono essere tenuti distinti i manoscritti e gli oggetti in avorio o in metallo assegnati esclusivamente in base allo stile alle supposte scuole di corte di Carlo. Per quanto riguarda i manoscritti, se è vero che molti codici miniati per il re furono prodotti all'interno di uno stesso scriptorium - peraltro non ben localizzato -, la c.d. scuola di corte di C., non si hanno tuttavia motivi per ritenere che il sovrano fosse il committente di tutti i dodici manoscritti portati a compimento da tale bottega e tanto meno che essa si trovasse realmente alla corte di C., il quale, almeno fino agli ultimi anni del suo regno, non ebbe una sede stabile. Si trattava invece probabilmente di uno scriptorium attivo non soltanto per il re ma anche per altri committenti, al pari di quelli di Tours, Reims e Saint-Amand. Per ciò che riguarda la produzione in avorio e in metallo sicuramente attribuibile alla committenza del sovrano, sono ancor meno convincenti i tentativi di individuare scuole di corte di C., data la scarsità di opere conservate. L'interesse critico per le opere realizzate per C. si è volto principalmente a definire, secondo criteri stilistici, il corpus della sua committenza o a localizzare la scuola di corte (Köhler, Mütherich, 1982). Quest'ultimo problema, in particolare, ha impedito l'approfondimento di questioni di maggior interesse, quali l'influenza avuta da C. sulla realizzazione delle opere da lui stesso commissionate e il significato della committenza durante il suo regno.Per la quantità di opere da lui richieste e per la loro ricchezza materiale e concettuale, C. fu indubbiamente il più importante committente d'arte di epoca carolingia. Non è possibile stabilire se e quanto il sovrano abbia influito sulla loro realizzazione, né individuare una caratteristica comune a tutte le opere volute da C.; non v'è dubbio tuttavia che egli fece uso delle immagini per fini squisitamente politici, come dimostrano i ritratti e i panegirici in versi che talora li accompagnano. Questi panegirici tessono le lodi del re, illustrando le sue virtù e mettendolo a confronto con re del Vecchio Testamento, come Davide e Salomone, personaggi cristiani della Tarda Antichità, quali l'imperatore Teodosio e s. Girolamo, e lo stesso Cristo. I molti ritratti ufficiali di C. compaiono soprattutto in manoscritti, destinati essenzialmente a una fruizione privata ma non a esclusivo uso del re; alcune delle opere commissionate dal sovrano facevano parte infatti del complesso rituale dello scambio di doni, assai diffuso nell'Europa altomedievale: ma la c.d. cattedra di S. Pietro e la Bibbia di S. Paolo, se arrivarono molto probabilmente in Italia in concomitanza con le due spedizioni dell'875 e dell'877, non è detto che siano state portate da C. in dono al papa. I lussuosi doni offerti a importanti chiese, proprio per il loro valore, avevano lo scopo di consolidare i legami tra C. e coloro che ne beneficiavano e forse anche quello di trasmettere un'immagine del re che incontrasse il favore delle élites del regno.L'eclettismo che spesso si individua nelle opere prodotte per C. si può spiegare con l'ampia gamma dei suoi interessi artistici; in ogni caso egli commissionò opere splendide, provenienti dai maggiori centri artistici dell'epoca. L'eclettismo era d'altro canto adottato di frequente dalle singole botteghe: lo stile dei manoscritti prodotti dalla scuola di corte di C. attinge da precedenti stili dell'età carolingia, quali quelli di Reims, Tours, Metz e della scuola di corte di Carlo Magno. Piuttosto che un fenomeno puramente stilistico, il carattere eclettico della committenza di C. rappresentò probabilmente un tentativo da parte del re di presentare un'ideologia unitaria ai sudditi di un regno disunito. C. e i suoi fratellastri non erano in grado di rinnovare i fasti dell'epoca di Carlo Magno, ma il re poteva consegnare ai suoi sudditi, racchiuso nelle sue effigi, un microcosmo dell'unità di quell'impero attraverso la commistione di stili diversi. Allo stesso modo C. non perse occasione per rievocare nelle lettere e nelle arti le gesta gloriose del suo omonimo avo: il Codex Aureus, per es., è in parte copia dell'Evangeliario di Saint-Médard a Soissons (Parigi, BN, lat. 8850), realizzato per Carlo Magno, e la cappella del palazzo di C. a Compiègne doveva essere copia - come affermava un documento relativo alla sua fondazione - di quella del palazzo di Carlo Magno ad Aquisgrana, perduta da C. in seguito all'accordo stipulato a Meersen l'8 agosto 870 con Ludovico il Germanico per la spartizione del regno del defunto Lotario II.

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