CARLO IV di Lussemburgo, Imperatore

Enciclopedia Italiana (1931)

CARLO IV di Lussemburgo, Imperatore

Enrico Besta

Nacque a Praga il 13 maggio 1316 da Giovanni il Cieco, conte di Lussemburgo, e da Elisabetta figlia ed erede di Venceslao IV re di Boemia e di Polonia, del quale dapprima portò il nome. Perché non soggiacesse alle influenze della nobiltà, scontenta del regime paterno, a sette anni, sposatasi Maria di Lussemburgo a Carlo IV re di Francia, fu mandato a Parigi presso la zia; e nella corte del re francese, di cui prese allora il nome, ebbe un'educazione raffinata. Sposò Bianca di Valois, figlia di Filippo. L'Italia lo accolse quindicenne nella primavera del 1331, quale vicario del padre nella signoria che era riuscito a formarsi da Brescia a Vercelli e da Como a Lucca. Naturalmente, data l'età, poté svolgere una funzione puramente, rappresentativa. Tra l'ostilità delle signorie venete e lombarde e le tendenze espansive di Firenze, vide il suo partito vincere i nemici collegati, a S. Felice il 25 novembre 1332; ma la vittoria non valse ad impedire lo sfacelo. Lasciata l'Italia, passò in Boemia, e del regno di Boemia ebbe affidata dal padre l'amministrazione, mentre fu in proprio nome investito del marchesato di Moravia (1333), dove si propose di rafforzare il potere centrale. Nel 1335 intervenne nel Tirolo a difesa delle ragioni di Margherita Maultasch, figlia ed erede del morto conte di Gorizia e promessa a suo fratello Giovanni, contro le aspirazioni dei Wittelsbach e degli Asburgo. Dovette quindi dare man forte al padre nelle guerre condotte per il completo assoggettamento della Slesia, ma, non trovandosi con esso in pieno accordo, si staccò da lui per dedicarsi al consolidamento delle regioni del Lussemburgo nei territorî alpini (1337). Urtò con le ambizioni di Mastino della Scala e fu fatalmente attratto ad aderire alla lega che già si era andata formando ai danni di questo. Abilmente approfittando delle beghe locali, seppe farsi in breve riconoscere signore di Belluno, di Feltre, dove il vescovo divenne suo vassallo, e del Cadore. Riconciliatosi col padre, fu nuovamente chiamato al governo della Boemia: e qui attese prima alla repressione dei ribelli, poi riprese a lottare per nuovi allargamenti territoriali. Nel 1340 è di nuovo in Italia a difesa delle sue signorie venete e del patriarcato di Aquileia, minacciato dai conti di Gorizia e dai duchi d'Austria. L'11 giugno fu solennemente riconosciuto dal padre come suo successore. Alla fine del 1341 lo richiamò fra le Alpi la defezione del Tirolo, dove, cacciato e imprigionato il fratello Giovanni, Margherita Maultasch si accingeva a nuove nozze col figlio maggiore di Ludovico il Bavaro. Si fece allora più violento l'urto fra i Lussemburgo ed il Wittelsbach. Mentre al pontificato saliva, col nome di Clemente VI, quel Pietro di Rosiers, ch'era già stato fra i suoi maestri e che, nell'urto con l'Impero, già meditava il progetto estremo di deporre e sostituire l'imperatore, C. mirò a prendere il posto di Ludovico il Bavaro. Difeso il prestigio della Boemia contro l'Ungheria, all'alleanza che Ludovico contraeva con gli Asburgo cercò di contrapporre l'alleanza sua con Federico di Turmgia e con Enrico da Sezen, con Federico di Maassen, con Boleslao di Lignitz. Sventò l'accordo di Ludovico con la Polonia e con l'ordine dei Cavalieri teutonici, movendo contro i Lituani (1344-1345). Sfuggito alle insidie del re ungherese, si vendicò di Boleck di Scheidnitz che s'era ad esso prestato. E finì con l'avere per, sé i suoi stessi avversarî, tanto che fu eletto, l'11 luglio 1346, re da parecchi principi. Credette allora opportuno di assistere il re francese contro l'Inghilterra. Combatte a Crecy, dove il padre trovò eroica morte ed egli fu ferito (23 agosto 1346). Preso possesso del trono boemo e assunta la corona tedesca a Bonn (26 novembre 1346) pensò nuovamente a ristabilire il suo prestigio in Italia (primavera del 1347). Contava sull'amicizia di Luchino Visconti e di Iacopo da Carrara, ma non ebbe grande successo. E alla fine, pur avendo ottenuto Guastalla e Correggio, aveva forse perduto piuttosto che guadagnato. Ceduto il Cadore al patriarca d'Aquileia per assicurarsi la ritirata, risaliva in Boemia; ed a Praga fu solennemente incoronato re l'8 settembre 1347. Morto poco appresso Ludovico il Bavaro, il partito dei Wittelsbach oppose ancora alla sua candidatura quelle di Edoardo III re d'Inghilterra, di Federico di Maassen, di Gunter di Schwarzburg-Blankenburg. Unendosi in seconde nozze con Anna, figlia di Rodolfo conte del Palatinato, C. toglieva però agli avversarî uno dei più validi sostegni. E il 25 luglio 1349 la corona tedesca fu posta solennemente sul suo capo in Aquisgrana. Già in Italia lo invocava imperatore, col Petrarca, Cola di Rienzo. Ma il tribuno romano, col suo fervore, non ebbe troppa fortuna presso di lui, che per non urtarsi col pontefice, lo consegnò alla corte avignonese. Pur già il re vagheggiava la spedizione italica. I ghibellini italiani guardavano ancora con simpatia al nipote di Enrico VII. Solo verso la fine del 1354, poté pensare all'esecuzione di quel piano che temeva attraversato dai Visconti. Postosi d'accordo con Innocenzo VI, che deputò un suo cardinale all'incoronazione, varcò le Alpi con un seguito di 2500 cavalieri, e attraverso Padova, si recò a Mantova (31 dicembre 1354). Le trattative coi Visconti, facilitate dalla morte dell'arcivescovo Giovanni, gli aprirono la via di Milano. Qui, il 6 gennaio cinse la corona del Regno italico nella basilica ambrosiana. Attraversata la Toscana, giunse a Roma il 2 aprile; fu incoronato con la corona imperiale il 5 e immediatamente, secondo le intese corse col pontefice, abbandonò la città, risalendo verso la Toscana, ma si può dire, con le fiamme sotto i piedi. Siena cacciava dalla città lo stesso patriarca di Aquileia, fratello naturale dell'imperatore, che egli vi aveva preposto. Insorse anche Lucca. Amareggiato, varcò l'Appennino; ma anche la Lombardia non era più fida. In men d'un mese, fu oltre le Alpi. Attese allora al riordinamento della Boemia, cui largiva la Maiestas carolina, e al disciplinamento delle elezioni imperiali e dei diritti dei principi elettori nella Bolla aurea del 1356.

Accortissimo fu nella sua politica matrimoniale. I quattro matrimonî dei suoi figli furono tutti combinati in modo da potersi ripromettere da essi qualche accrescimento territoriale. Seppe prendere occasione dalle continue rivalità tra i figli di Ludovico il Bavaro, per stringere nel 1363 con Ludovico di Wittelsbach un patto di successione che gli doveva aprir la via al dominio della marca di Brandeburgo. E poco dopo, con un patto di simile natura, troncò le rivalità che egli aveva sin allora avuto con Rodolfo IV d'Asburgo, pure suo genero.

Nel 1365, si recava ad Avignone per combinare con papa Urbano V un'impresa italica che gli facilitasse il ritorno a Roma. Approfittò dell'occasione per farsi incoronare re di Borgogna in Arles (4 giugno 1365). Ma non poté effettuare la vagheggiata spedizione italica se non qualche anno dopo, quando già il papa aveva raggiunta la sede di Roma. Era nel Veneto nel maggio 1368, inteso a domare la tracotanza ghibellina; nel settembre, discendeva in Toscana. Nel novembre, incontrato il papa a Viterbo, raggiunse Roma con lui; poi tornò in Toscana e reputò opportuno di stipulare una tregua coi Viscontei e coi loro alleati. Confidò per quella via di dar pace all'Italia con una specie di sistema di contrappesi. Ma, se anche le città si adattavano al riconoscimento dell'autorità dell'Impero, attraverso l'accettazione dei vicarî imperiali, non rinunciavano al parteggiare. Siena, Pisa furono nuovamente in rivolta. Egli stesso vide deformati gl'istituti coi quali aveva sperato di rimettere le cose all'ordine. Tornò in Boemia sul finire dell'estate del 1369. E l'Italia non fu più visitata da lui. La maggiore sua cura fu, negli anni successivi, la preparazione di una sicura successione al figlio Venceslao. Passando attraverso le maglie della Bolla aurea, ottenne infatti che questi, ancora adolescente, fosse designato alla corona tedesca il 10 giugno 1376. Reduce da un viaggio a Parigi, dove si era recato per impedire che il ritorno definitivo del pontefice a Roma generasse uno scisma per l'opposizione della Francia, moriva nella sua Praga il 18 novembre 1378. Fra le armi, egli non aveva però trascurate, almeno nella Boemia, le arti della pace. Vi promosse l'agricoltura, il commercio, la cultura, l'arte. L'università di Praga gli deve la sua fondazione. Egli stesso si compiacque di farsi scrittore, per raccontare la propria vita. L'imperatore Massimiliano soleva dire ch'egli era stato padre alla Boemia, padrigno alla Germania. Ma anche come imperatore tedesco non fu dei peggiori. La tradizione italiana, dal Muratori in poi, non gli fu favorevole. E realmente, qui vendette molti diplomi e intascò denari. Gli fu rimproverata anche la troppa acquiescenza verso il papa. Ma il giudizio storico complessivo su lui va riveduto criticamente.

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