LABRUZZI, Carlo

Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 63 (2004)

LABRUZZI, Carlo

Francesco Leone

Nacque a Roma nell'ottobre del 1748 da Giacomo Romano, fabbricante di velluti controtagliati, e da Teresa Folli, genovese. Fratello minore del ritrattista Pietro, il L. in giovane età fu avviato dalla famiglia alla carriera giuridica. Riconosciuta poi la sua naturale inclinazione per la pittura di paesaggio, l'artista frequentò i corsi della romana Accademia di S. Luca - partecipò al concorso Clementino del 1768 - e apprese i primi elementi della figura dal fratello. Unitosi in matrimonio con la romana Flavia Zannoli, ebbe nove figli, cinque maschi e quattro femmine, nati tra il 1773 e il 1794.

Il viaggiatore inglese sir George August Herbert undicesimo conte di Pembroke, a Roma nel 1779, nei suoi diari di viaggio ricordava il L., residente allora in via Gregoriana, come uno dei migliori paesaggisti attivi nella capitale pontificia (Massafra, p. 43); mentre alcuni anni più tardi, nel 1790, l'archeologo e numismatico danese Georg Zoëga lo definiva "paesista di grandi meriti" stimando alcuni suoi dipinti eseguiti "con più sensibilità e sentimenti di quanto ho visto presso i più celebri maestri viventi" (Hartmann, p. 358).

Nel 1781 fu ammesso alla Congregazione dei Virtuosi al Pantheon; il 19 dic. 1792 venne accolto fra gli arcadi con il nome di Antifilo Naucrazio, mentre il 4 sett. 1796 entrò nel corpo dell'Accademia di S. Luca come accademico di merito. Fu insignito da Pio VII dello Speron d'oro e dal 1813 al 1817 fu direttore dell'Accademia di belle arti di Perugia.

Il L. ebbe grande successo come paesaggista presso la committenza internazionale, soprattutto inglese e polacca, e contribuì in modo sostanziale alla trasformazione del genere pittorico verso una definizione storica, archeologica e documentaria del paesaggio, inteso quale strumento della scienza antiquaria e della cultura letteraria nella riscoperta di siti storici, e inusuali al tempo stesso, da proporre all'attenzione del pubblico.

Nel quadro della ricerca dei luoghi riscoperti dagli eruditi attraverso la lettura di Tibullo, di Orazio e di Virgilio - la valle del Licenza con la villa di Orazio, Tivoli con la dimora di Mecenate - si iscrive anche l'iniziativa del gentiluomo inglese, archeologo e pittore dilettante, sir Richard Colt Hoare. In Italia dal 1785 al 1791, egli chiamò nel 1789 il L. in qualità di pittore topografo a illustrare il cammino, descritto da Orazio nella satira V del primo libro, che intendeva percorrere sulla via Appia da Roma verso Brindisi.

Il 31 ottobre Hoare e il L. intrapresero il viaggio; ma il maltempo e le continue e abbondanti piogge li costrinsero ad arrestarsi nei pressi di Benevento per fare rientro a Roma. Durante il percorso il pittore eseguì una straordinaria quantità di schizzi tratti dal vero, poi utilizzati per realizzare la raccolta dei disegni a penna acquerellati a seppia commissionatagli dallo stesso Hoare per illustrare le mete toccate durante il viaggio. Dell'insieme si conservano oggi presso la Biblioteca apostolica Vaticana 226 fogli rilegati in cinque tomi in folio. L'intera collezione si mantenne intatta nella Hoare Library a Stourhead fino al 1883; in seguito, attraverso una serie di passaggi sul mercato antiquario londinese, fu acquistata nel 1899 da Thomas Ashby, già direttore della British School a Roma, per poi essere venduta dalla vedova dello stesso alla Biblioteca Vaticana, subito dopo la scomparsa del coniuge, avvenuta nel 1931. Una seconda serie di 188 disegni si trova nella Biblioteca Sarti presso la romana Accademia di S. Luca. I fogli, considerando il minor grado di finitezza, l'irregolarità dei contorni e la spontaneità del tratto, potrebbero considerarsi quali studi iniziali per la raccolta Hoare. Una terza serie, con ogni probabilità ricavata dai materiali rimasti nello studio dell'artista dopo la sua morte, è costituita dai disegni in parte conservati al British Museum e in parte esposti per la vendita presso la Manning Gallery di Londra nel 1960. Un quarto gruppo di 10 fogli con vedute della via Appia giunse infine nel 1971 al Gabinetto comunale delle stampe di Roma come dono della contessa Anna Laetitia Pecci Blunt.

Dell'ambizioso progetto topografico commissionato al pittore da Hoare furono incise soltanto 24 tavole in due fascicoli di 12 fogli ciascuno, editi a Roma nel 1794 con il titolo Via Appia illustrata ab Urbe Roma ad Capuam, mentre nel corso dell'Ottocento furono stampate raccolte di incisioni tratte da disegni del L. raffiguranti altri siti della Campagna romana: è del 1810 circa quella edita da Piero Parboni e Antonio Poggioli dal titolo Le antichità d'Albano delineate nei suoi avanzi da C. Labruzzi ed incise da P. Parboni e A. Poggioli; risale invece al 1844 quella curata da Agostino Rem-Picci intitolata Monumenti e ruderi che veggonsi lungo i lati delle prime due miglia della via Appia.

Già nel 1788 il L. aveva dedicato a Hoare una serie di tredici acquatinte (Figure originali dedicate al signor cavaliere Riccardo Colt Hoare) con figure di contadini, il cui interesse storico deriva dal precoce utilizzo del moderno procedimento di riproduzione grafica al fine di imitare gli effetti coloristici tipici dell'acquerello.

Della produzione del L. come paesista a olio restano - animate dallo stesso spirito descrittivo e analitico che pervade la vastissima produzione all'acquerello - la grande tela con la Veduta delle cascate di Terni del Musée du Château de Carcassonne, databile agli anni Ottanta vista la contiguità stilistica con le opere coeve di Jakob Philipp Hackert e del russo Fëdor Michajlovič Matveev, la Veduta del Colosseo dal Palatino conservata nel palazzo di Caterina a Puškin in Russia (1780) e la Veduta del parco di Olesin del Museo del Castello di Wilanów in Polonia (1779).

Sulle orme del fratello Pietro, il L. fu anche autore di un cospicuo numero di ritratti, tutti riferibili, stando alle nostre conoscenze, al primo quindicennio del XIX secolo, eccezion fatta per quello raffigurante le sorelle Isabella e Alessandra Potocka sulle rive del lago di Albano, datato 1780 (Wilanów, Museo del Castello).

È del 1807 una delle due grandi "conversazioni" di palazzo Ruspoli a Roma raffigurante diversi esponenti di casa Ruspoli all'interno di uno dei saloni del palazzo di famiglia e commissionata al pittore dal principe Francesco Ruspoli, effigiato al centro di un dipinto di cultura spiccatamente anglosassone - gli interni di William Hogart sembrano il richiamo più puntuale - e di gusto anticipatamente Biedermeier.

Vi sono descritti con precisione maniacale le fisionomie dei personaggi, i drappi delle pareti, i tappeti, i tessuti, la tavola imbandita e tutti gli arredi. Del medesimo tono è il pendant - commissionato dallo stesso principe Francesco intorno al 1815 - con i fanciulli Ruspoli ritratti en plein air nel giardino del castello di Vignanello (Cresti, 1983-84).

Al 1807 risale anche uno dei quattro ritratti eseguiti dal L. raffiguranti Teresa Pichler Monti (Firenze, Palazzo Pitti).

La donna, la cui sagoma è emblematicamente ritagliata sul fondo di un salice piangente, contempla melanconicamente l'effigie marmorea del padre Giovanni Pichler (morto nel 1791), eseguita nel 1792 dallo scozzese Christopher Hewetson e ora presso la Protomoteca Capitolina. Alla figlia dell'incisore di gemme Pichler, moglie di Vincenzo Monti, il L. avrebbe dedicato ancora tre ritratti: due databili intorno al 1805 e ambientati nel giardino del lago del parco di villa Borghese (entrambi a Roma, uno al Museo Praz e l'altro in collezione privata: Hartmann, tav. XLIII) e un terzo datato 1808, oggi al Museo Napoleonico di Roma (Cresti, 1983-84, fig. 10). I toni patetici e intimisti toccati nelle effigi di Teresa - particolarmente in quella di Firenze - caratterizzano anche il ritratto dell'aristocratica polacca Antonina AnnaKrasinska, raffigurata presso il busto del defunto consorte (Wilanów, Museo del Castello, firmato e datato: "Labruzzi F. R. 26 luglio 1808"), seguendo un modello già codificato da Jean-Baptiste Greuze, Angelica Kauffmann e Jacques Sablet nella loro ritrattistica.

È infine databile intorno al 1809 il ritratto del Museo di Roma raffigurante post mortem l'archeologo danese Georg Zoëga, sodale del L. e, dagli anni Ottanta, con lui dimorante negli appartamenti di palazzo Tomati in via Gregoriana, dove negli ultimi anni della sua vita il pittore veniva riunendo, di giorno, un nutrito gruppo di giovani artisti e, di sera, un vivace salotto letterario.

Ammantato all'antica, l'intellettuale danese indica il fronte del sarcofago dei Musei Capitolini con la storia di Prometeo (dagli ultimi anni del Settecento sciolta quale allegoria della scultura e del suo primato nelle arti) e il busto di Minerva giacente a terra; il pittore allude così agli interessi del rappresentato per la statuaria classica e ai suoi relativi studi sull'argomento rimasti incompiuti per la sua inopinata scomparsa (il busto della divinità rovesciato a terra allo stato di frammento).

Il L. morì a Perugia nel dicembre del 1817.

Fonti e Bibl.: G.A. Guattani, Copie delli due paesi celebri di Salvator Rosa del sig. C. L., in Memorie enciclopediche romane sulle belle arti, II (1807), p. 26; Elogio funebre del sig. C. L. romano, detto dall'avv. Luigi Bartoli nella chiesa parrocchiale di S. Domenico nel giorno delle solenni esequie 11.XII.1817, Perugia 1817, pp. 3-19; M. Missirini, Memorie per servire alla storia della romana Accademia di S. Luca fino alla morte di Antonio Canova, Roma 1823, p. 468; F. Labruzzi di Nexima, Notizie sulla vita di C. L. pittore romano, in Il Buonarroti, XII (1877-78), pp. 37-45; T. Ashby, Dessins inédits de C. L., in Mélanges d'archéologie et d'histoire, XXIII (1903), pp. 375-398; F. Watson, C. L. (1748-1817): an exhibition of fine watercolour drawings of the Appian way (catal.), London 1960; V. Martinelli, Paesisti romani dell'Ottocento, Roma 1963, pp. 21-33, 73 s.; J.B. Hartmann, Appunti su Giorgio Zoega e C. L., in Studi romani, XXIV (1976), pp. 352-368; G.U. Petrocchi, Un'opera inedita di C. L., in Atti e memorie della Società tiburtina di storia e d'arte, XLIX (1976), pp. 297-299; M.V. Cresti, Le due "scene di conversazione" Ruspoli e C. L. ritrattista, in Prospettiva, 1983-84, nn. 33-36, pp. 339-346; Id., Ritratti di signora: Teresa Pichler Monti nel Museo Napoleonico di Roma, in Boll. dei Musei comunali di Roma, n.s., I (1987), pp. 73-83; M. Buonocore, I disegni acquerellati di C. L. e Richard Colt Hoare alla Biblioteca Vaticana: tra epigrafia e antichità, in Miscellanea greca e romana, XV (1990), pp. 347-365; A. Zanella, in La pittura in Italia. L'Ottocento, II, Milano 1990, p. 876; M.G. Massafra, "Via Appia illustrata ab Urbe Roma ad Capuam": disegni di C. L. nel Gabinetto comunale delle stampe, in Boll. dei Musei comunali di Roma, n.s., VII (1993), pp. 43-56; J. Ingamells, A Dictionary of British and Irish travellers in Italy (1701-1800) compiled from the Brinsley Ford Archive, London 1997, pp. 503-505; C. Hornsby, An album of thirteen aquatints dedicated to sir Richard Colt Hoare, in Apollo, CLI (2000), 457, pp. 3-8; Disegni, acquerelli, tempere di artisti italiani dal 1770 ca. al 1830 ca., a cura di A. Cera, II, Bologna 2002, ad vocem; F. Leone, C. L., "Narciso", in Il neoclassicismo in Italia. Da Tiepolo a Canova (catal.), a cura di F. Mazzocca et al., Milano 2002, p. 457; U. Thieme - F. Becker, Künstlerlexikon, XXII, pp. 172 s.

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