PEDICINI, Carlo Maria

Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 82 (2015)

PEDICINI, Carlo Maria

Claudio Canonici

PEDICINI, Carlo Maria. – Nacque a Benevento il 2 novembre 1769 dal marchese Domizio e da Beatrice Vulcano. Era stata la condizione di Benevento, enclave pontificia nel Regno di Napoli, a consentire l’ingresso dei Pedicini nel patriziato cittadino, meno di un secolo prima: l’inserimento di nuove famiglie di ‘reggimento’, fra cui i Pedicini, fu parte di una strategia pontificia che mirava a contrastare la tendenza filonapoletana della vecchia nobiltà. Ciò influenzò gli orientamenti politici della famiglia e dello stesso Carlo Maria, sempre contrario al passaggio della sua patria al Regno. Il trasferimento a Roma fin dall’adolescenza mostra chiaramente come egli fosse destinato a entrare nella burocrazia dello Stato ecclesiastico, anche se non necessariamente come sacerdote, dal momento che ricevette i tre ordini maggiori a 46 anni (marzo 1815), ben oltre le consuetudini del tempo.

La sua formazione era stata accurata e inquadrata nello studio del diritto, indispensabile per accedere ai gradi più alti dell’apparato amministrativo statale. Dopo essere stato allievo del Collegio Nazareno di Roma (1783-89), tenuto dagli scolopi, al tempo attraversati da fermenti di rinnovamento che porteranno alcuni di loro ad aderire alla Repubblica romana, egli proseguì gli studi giuridici. Nel 1790 entrò nell’Accademia ecclesiastica, un convitto per giovani nobili provinciali destinati alla prelatura all’interno della burocrazia, più temporale che religiosa, della Chiesa. Pedicini vi rimase fino al 1792 e vi seguì anche corsi di teologia, utili per accedere agli ordini maggiori. La frequentazione di ex allievi passati al servizio dello Stato, come il napoletano Alessandro Macedonio, la consuetudine di Pio VI di visitare l’Accademia e conoscerne gli allievi, il presumibile sostegno del cardinal Giovanni Archinto, protettore dell’Accademia, gli aprirono la strada verso il servizio nei gradi intermedi dell’apparato ecclesiastico, in cui entrò all’età di 22 anni.

Con il titolo di prelato domestico di Pio VI e la qualifica di referendario di entrambe le Segnature, Pedicini ricoprì alcuni incarichi commisurati alla sua condizione di prelato privo degli ordini maggiori come, ad esempio, consultore della congregazione dei Riti (1794) o addetto alla congregazione del Concilio (1795).

Nel periodo della Repubblica egli rimase, presumibilmente, a Roma in posizione defilata ma di chiusura rispetto alle idee repubblicane. Con la restaurazione pontificia tornò all’attività di funzionario governativo e in qualità di ponente di Consulta si occupò di alcune cause con diverse comunità dello Stato. Nel 1808 divenne prosegretario della stessa Congregazione non potendo, verosimilmente, occupare la carica di segretario per la sua condizione di semplice chierico. Risale al 1801 la sua prima collaborazione con la congregazione dell’Immunità ecclesiastica. Potrebbe risalire a questo periodo anche la decisione di prendere gli ordini maggiori, forse dilazionata a causa dell’occupazione napoleonica. In ogni caso, questa sua condizione lo mise al riparo dalle difficoltà che i preti incontrarono a Roma nel quinquennio francese; in effetti, non si ha notizia di un suo rifiuto o di una sua accettazione del giuramento ecclesiastico o costituzionale richiesto dai funzionari imperiali o di una collaborazione con il nuovo governo. Con molta probabilità rimase a Roma, ma non è possibile dire con quale impiego, visto che il suo lavoro era all’interno di congregazioni soppresse dal regime napoleonico. Certamente era a Roma quando il delegato apostolico cardinale Agostino Rivarola creò la Commissione di Stato per il ristabilimento del potere temporale (14 maggio 1814) e lo incaricò di riorganizzare la Consulta e di collaborare all’amministrazione della pubblica sanità. Terminata l’emergenza, Pedicini riprese la sua carriera nella Curia. Fu nominato sostituto alla segreteria di Propaganda Fide con diritto di successione, che avvenne nell’estate del 1816 subito dopo la sua ordinazione sacerdotale (26 marzo 1815), a riprova che la relativa lentezza con la quale si era sviluppata la sua carriera era dipesa, oltre che dalle interruzioni del potere temporale, dal tardivo accesso agli ordini maggiori, di cui si ignorano le ragioni. Divenuto prete, la sua ascesa fu più rapida e lo portò all’interno di congregazioni più importanti, deputate al governo della Chiesa, come quella per l’Esame dei vescovi, di cui fu segretario (giugno 1815), e quella del S. Officio, di cui fu consultore (1818).

A coronare il cambio di passo nella carriera ecclesiastica, e non più solo in quella burocratica, intervenne la nomina a cardinale nel concistoro del 10 marzo 1823. A ottenergli la berretta rossa, più che una contiguità con Pio VII, che non emerge dai documenti, fu probabilmente l’intercessione del suo concittadino e protettore Bartolomeo Pacca. In ogni caso, negli anni successivi alla sua nomina a cardinale prete del titolo di S. Maria in Via (poi trasferito al titolo di S. Maria della Pace nel dicembre 1828), sia Pio VII sia i suoi successori lo aggregarono, ora in qualità di cardinale, alle principali congregazioni: Propaganda Fide (di cui fu prima segretario e poi prefetto dal 1831 al 1834), Riti (di cui fu prefetto dal 1830 alla morte), Consulta e Buon governo (1823), Vescovi e regolari (1824), Cerimoniale (1825), Immunità (di cui fu prefetto nel 1826), Memoriali (di cui fu segretario, 1829), S. Officio (1831), Correzione dei libri della Chiesa orientale (1832).

Pur non avendo mai avuto incombenze pastorali, il 5 luglio 1830 Pedicini ottenne la nomina a vescovo della diocesi suburbicaria di Palestrina e fu lo stesso Pacca a consacrarlo; dalla sede prenestina passò a quella, più prestigiosa, di Porto S. Rufina e Civitavecchia, già occupata da Pacca, e vi rimase titolare fino alla morte. Nel corso della sua carriera ecclesiastica ottenne vari titoli, fu sottodecano del Sacro collegio, vicecancelliere di S. Romana Chiesa e sommista, fu abate commendatario di S. Lorenzo in Damaso; partecipò a tutta la fitta rete di patronage che all’interno della Roma ottocentesca caratterizzava il potere cardinalizio.

Pedicini morì a Roma il 19 novembre 1843 e fu sepolto nella chiesa di S. Lorenzo in Damaso.

Nonostante qualche voce lo indicasse come papabile nel 1830-31, forse a seguito del suo intervento di risposta al discorso al conclave dell’ambasciatore spagnolo, Pedicini non fu mai una figura di spicco nella Chiesa del tempo. Le sue posizioni non sembrano discostarsi da quelle del protettore Pacca, in particolare sulla questione della cessione di Benevento al Regno, che non appoggiò nonostante le pressioni provenienti da Napoli. Da Napoli vennero, invece, giudizi severi sulle sue scarse qualità politiche; di «femminile pietà» e «inettitudine agli affari terreni» parla anche lo storico ottocentesco David Silvagni riferendosi alle sue azioni e a quelle della Commissione nominata da Rivarola nel 1814 (Silvagni, 1967).

Di lui sono rimaste alcune rime latine (De doloribus B. Mariae Virginis elegiae, 1814), sul modello delle composizioni delle accademie ecclesiastiche romane, alcune lettere pastorali e varie regole per gli istituti religiosi delle diocesi a lui affidate. Paradossalmente, nonostante la vocazione al lavoro curiale, è nell’attività pastorale e nell’opera prestata alla congregazione dei Riti che si rintraccia il lascito principale di Pedicini. Non si trattò di un’azione innovativa o particolarmente originale, ma i suoi interventi lasciarono un segno nelle chiese di cui fu vescovo diocesano. In particolare, come prefetto della congregazione dei Riti contribuì alla canonizzazione di Alfonso Maria de’ Liguori, fortemente voluta anche da Napoli e da lui stesso caldeggiata. Indicativa della mentalità di Pedicini fu la fede nelle visioni della mistica Anna Maria Taigi, di cui fu ritenuto il padre spirituale. L’adesione al messaggio della futura beata, tutto virato sul culto del papa, sull’esaltazione della Chiesa nella sua opera di riconquista della società, sulla religiosità al femminile declinata all’interno della famiglia, primo luogo in cui ristabilire la fedeltà alla Chiesa, sintetizza chiaramente la sua religiosità e la sua azione.

Fonti e Bibl.: Archivio segreto Vaticano, Segreteria di Stato, Spoglio di cardinali, Pedicini Carlo M., bb. 1-2.

G. Moroni, Dizionario di erudizione storico-ecclesiastica, LII, Venezia 1851, p. 32; D. Silvagni, La corte e la società romana nei secoli XVIII e XIX, III, Napoli 1967, p. 133; A. Zazo, Dizionario bio-bibliografico del Sannio, Napoli 1973, pp. 313 s.; Ph. Boutry, Souverain et Pontife: recherches prosopographiques sur la curie romaine à l’âge de la restauration, 1814-1846, Rome 2002, pp. 447-448.

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