MASSEI, Carlo

Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 71 (2008)

MASSEI, Carlo

Antonio Chiavistelli

– Nacque a Lucca il 31 ag. 1793 da Pier Francesco Giuseppe e da Laura Burlamacchi, sposata dopo la morte della prima moglie Rosa Caterina Graziani.

La famiglia Massei vantava origini molto antiche e già nel 1331 un Vanni di Masseo compare tra i dignitari della città come firmatario del giuramento di fedeltà a Giovanni di Lussemburgo re di Boemia e al figlio Carlo, divenuti signori di Lucca. Dal 1395 i vari componenti della famiglia parteciparono regolarmente al governo della città sedendo tra gli Anziani. Lo stesso Pier Francesco Giuseppe, padre del M., fu estratto almeno otto volte dagli elenchi della nobiltà originaria per prendere parte attiva all’amministrazione della Repubblica lucchese. Proprio la fedeltà alle tradizioni cittadine condusse anche il M. a salutare con soddisfazione la caduta del sistema napoleonico e l’avvio del governo provvisorio guidato dal colonnello J. Werklein in nome di Maria Luisa di Borbone Spagna, cui il congresso di Vienna aveva assegnato il Ducato di Lucca.

Della vita privata del M., soprattutto relativamente agli anni giovanili, non si hanno molte notizie. Fu comunque indirizzato agli studi classici e successivamente avviato a quelli legali presso le scuole lucchesi. Per le capacità personali e i segnali di fedeltà della famiglia il 19 ott. 1815 ottenne dal governo il riconoscimento di un sussidio triennale di 600 lire annue per completare gli studi – a sua discrezione – in una delle più famose università d’Europa. Scelto l’ateneo di Bologna, il M. già il 6 luglio 1816 conseguì la laurea dottorale in diritto a pieni voti. Sulla scia di tali risultati il M. si trasferì a Roma, dove fu avviato alla pratica legale dal giureconsulto S. Cavi ed ebbe modo di frequentare anche lo studio dell’avvocato G. Bonadosi. Nel febbraio 1822 fu iscritto nell’albo degli avvocati di Roma.

Il soggiorno romano fornì al M. l’occasione per allargare le proprie conoscenze e incontrare studiosi delle più disparate discipline, tra cui G. Cordero di San Quintino – storico, numismatico, archeologo molto conosciuto anche a Lucca – insieme con il quale, nel giugno 1820, intraprese un soggiorno a Napoli. Qui ebbe modo di entrare in contatto con le idee «liberali» e di osservare con interesse l’ordinato «compiersi della rivoluzione napoletana» (Sforza, 1886, p. 74).

Proprio l’evoluzione della situazione politica nel Regno delle Due Sicilie e soprattutto l’apertura del Parlamento spinsero il M. a prolungare fino alla fine di ottobre il suo soggiorno in città. Il M. prese a seguire quotidianamente le sedute dei deputati napoletani e riuscì anche a stringere amicizia con C. Poerio.

Rientrato a Roma nell’ottobre 1820 il M. proseguì l’attività forense, che dal 1822 poté esercitare autonomamente. La morte del padre lo costrinse a far ritorno a Lucca, dove si vide però negato il diritto di svolgere la professione senza aver prima superato un esame di ammissione all’albo locale. Cercò allora fortuna nell’attività imprenditoriale e, dal dicembre 1829, come amministratore locale della Comunità di Capannori, della quale fu nominato gonfaloniere. I trascorsi napoletani e l’attitudine a non accettare imposizioni lo esposero però ai sospetti della polizia ducale, impegnata in quegli anni a seguire ogni notizia di fantomatiche cospirazioni. Il M. fu così segnalato come uno fra i referenti lucchesi di una non ben definita congiura che avrebbe coinvolto anche esponenti liberali del Granducato di Toscana. Fu perciò colpito da un decreto di espulsione (poi amnistiato dal duca Carlo Ludovico) e dalla revoca dell’incarico di gonfaloniere di Capannori. Solo nel 1833, grazie alla momentanea fiducia dell’incostante duca lucchese, fu pienamente riabilitato e autorizzato anche a svolgere l’attività forense.

Nel 1834, in occasione di un breve soggiorno in Corsica, conobbe il generale D.C. Franceschetti e B. Poli, già attori delle vicende murattiane nel Meridione e veicolo per il M. di ulteriori suggestioni «italocentriche». Al ritorno a Lucca, nel 1835, fu tra i promotori di un asilo infantile sul modello di quello fondato a Cremona da F. Aporti. Sempre in quegli anni ebbe parte primaria nella creazione a Lucca della Cassa di risparmio, all’interno della quale, ricevuta l’approvazione sovrana l’11 febbr. 1837, fu eletto vicepresidente del consiglio di amministrazione.

Perorò anche la causa della coltivazione del riso nelle campagne lucchesi, fino ad allora proibita per motivi di salute pubblica. Il momentaneo favore del duca consentì al M. di applicare sul campo le sue ipotesi agronomiche, ma con scarsa fortuna perché il rinnovato divieto ducale gli provocò un grave tracollo finanziario.

Il 18 luglio 1839 il duca lo nominò presidente del locale tribunale di commercio.

Negli anni Quaranta e soprattutto a partire dal 1846 il M. intravide nella pubblicistica la via per affermarsi. Partecipò quindi a Lucca alla redazione dei giornali locali Il Vapore, La Riforma e L’Impavido. Proprio all’interno di quest’ultimo entrò in contatto con le posizioni «liberalpopuliste» che già circolavano nella penisola e che nella vicina Livorno avevano trovato una potente cassa di risonanza nella poliedrica figura di F.D. Guerrazzi. Da allora in avanti (ma la loro amicizia risaliva al 1832) la maggior parte dell’attività pubblica del M. si svolse sotto l’insegna del tribuno livornese. Così, unito il Ducato di Lucca al Granducato di Toscana (ottobre 1847) e caduto il governo di G. Capponi (settembre 1848), il M. fu chiamato proprio da Guerrazzi, ministro dell’Interno del neonato governo democratico guidato da G. Montanelli, a ricoprire la delicata carica di prefetto del Compartimento di Grosseto. Durante il periodo democratico il M. fu anche eletto deputato nell’effimera Assemblea costituente toscana e, sul finire dell’esperienza guerrazziana, fu nominato con G. Manganaro e T. Paoli membro della Commissione governativa di Livorno in sostituzione del governatore C. Pigli, caduto in disgrazia presso il dittatore.

Proprio l’intensa partecipazione al governo democratico e il legame con Guerrazzi, negli anni successivi lo portarono al centro delle attenzioni della magistratura granducale. Fu infatti arrestato, poi rilasciato, sospeso dall’albo degli avvocati, inquisito nel processo Guerrazzi, oltre a

essere protagonista di un processo parallelo di fronte alla Corte regia di Lucca per i fatti livornesi dell’autunno 1848.

Gli anni Cinquanta videro il M. transitare ancora all’interno degli ambienti del democratismo toscano. Nel 1852 una perquisizione portò alla luce 42 lettere di Guerrazzi a lui indirizzate, mentre nel 1857, sebbene da posizioni di seconda fila, seguì in modo partecipe l’ondata insurrezionalistica che investì il Paese. Nel 1858 fu tra i membri del collegio di difesa degli imputati chiamati in causa in un processo intentato sulla base di un’ipotesi accusatoria che mirava a fare di G. Mazzini l’ispiratore di un unico moto nazionale a base cittadina.

Dopo la definitiva fuga del granduca nell’aprile 1859 iniziò per il M. una nuova stagione. Già alla fine di questo mese, sebbene inviso al prefetto B. Moscheni, fu nominato con P. Sinibaldi consigliere aggiunto di prefettura; il 9 agosto risultò eletto all’Assemblea toscana, in seno alla quale già il 19 seguente propose l’immediata fusione con il Piemonte. Il 23 marzo 1860 fu eletto deputato nel collegio di Lucca II e confermato anche nella legislatura successiva. Nel luglio 1860 peraltro, ancora sedotto dal messaggio guerrazziano, venne segnalato dalla polizia fiorentina come uno dei promotori di una costituenda «associazione nazionale fra le province dello Stato per sopperire i danni della guerra d’indipendenza» di chiaro segno anticavouriano.

Il M. fu anche autore di numerose opere di carattere storico-politico, tra le quali meritano una certa attenzione la Storia civile di Lucca dall’anno 1796 all’anno 1848 (Lucca 1878), commissionatagli dal governo provvisorio toscano nel 1859, e L’Italia e la politica di Napoleone III durante e dopo la guerra dell’indipendenza (I-III, Livorno 1863), in cui propose una lucida ricostruzione degli anni più recenti della storia nazionale.

Sul versante parlamentare, sconfitto nelle elezioni del 1865 e del 1867, il M. fu rieletto in quelle del 1870 e del 1874, sempre nelle file della Sinistra. Il 16 marzo 1879, in virtù di questa sua lunga militanza, fu nominato senatore per la 3a categoria; l’incarico venne convalidato il 29 maggio successivo ma, per le cattive condizioni di salute, il M. non poté mai recarsi a Roma a prestare giuramento.

Il M. morì a Lucca il 9 ag. 1881.

Fonti e Bibl.: Necr., in Atti della R. Acc. lucchese di scienze lettere ed arti, 1886, t. 24, pp. 71-112 (G. Sforza); Arch. di Stato di Lucca, Libro d’oro, 1828; Anziani al tempo della libertà, vol. 766; Roma, Senato della Repubblica, Archivio storico, Segreteria del Senato del Regno, Registri dei senatori, 1848-1947, reg. 1; Ibid., Biblioteca del Museo centrale del Risorgimento, Mittenti, b. 373, ins. 93 (una lettera del M. a V. Salvagnoli, 1859); Firenze, Biblioteca nazionale, Carteggi vari, 41, 128-134 (7 lettere a F. Fornaciari); 256, 204 e 209-210 (3 lettere a T. Corsi); Carte Vieusseux, 63, 38 (una lettera a G.P. Vieusseux); Arch. di Stato di Livorno, Governo di Livorno, filza 304, f. 318 (nomina alla commissione governativa, 21 marzo 1849); Forlì, Biblioteca comunale, Raccolte Piancastelli, Carte Romagna, b. 479.259 (una lettera a V. Loreta, 1862). Si segnalano inoltre: Pieve Santo Stefano, Archivio diaristico nazionale, E/91 (20 lettere di F.D. Guerrazzi al M., 1859-67); Lettere di F.D. Guerrazzi a C. M. (1850-1852), in Rass. stor. del Risorgimento, XVI (1929), 4, pp. 804-839. Sul M. si vedano: Storia del processo politico di F.D. Guerrazzi ed altri imputati di perduellione corredata di documenti, II, Firenze 1852, pp. 85 s., 89; C. Pigli, Risposta all’Apologia politica di F.D. Guerrazzi, Arezzo 1852, p. 79; Atti e documenti editi e inediti del governo della Toscana dal 27 apr. 1859 in poi, Firenze 1860, pp. 84, 107, 129, 150, 310; Lettere di F.D. Guerrazzi, I-II, a cura di G. Carducci, Livorno 1880-82, ad ind.; F.D. Guerrazzi, Lettere, a cura di F. Martini, Roma 1891, ad ind.; Lettere inedite a C. Ridolfi nell’Arch. di Meleto, II, 1836-1840, a cura di R.P. Coppini - A. Volpi, Firenze 1999, p. 194; C. Sardi, Lucca e il suo Ducato, Firenze 1912, ad ind.; G. Sforza, Ricordi e biografie lucchesi, Lucca 1918, pp. 546-549; A. Salvestrini, I moderati toscani e la classe dirigente italiana (1859-1876), Firenze 1965, pp. 200, 213; N. Badaloni, Democratici e socialisti livornesi nell’Ottocento, Roma 1966, pp. 181 s., 185; F. Manlio, Lucca. Le sue corti, le sue strade, le sue piazze, Lucca 1968, p. 117; P.G. Camaiani, Dallo Stato cittadino alla città bianca…, Firenze 1979, ad ind.; R. Romanelli, Il comando impossibile. Stato e società nell’Italia liberale, Bologna 1985, p. 276; F. Bertini, Risorgimento e Paese reale. Riforme e rivoluzione a Livorno e in Toscana, 1830-1849, Firenze 2003, pp. 72, 586, 588, 606; Id., Risorgimento e questione sociale. Lotta nazionale e formazione della politica a Livorno e in Toscana, 1849-1861, Firenze 2007, pp. 88, 178, 236, 522, 562, 653, 690; Diz. del Risorgimento nazionale, III, s.v.; Enc. biografica e bibliogr. «Italiana», A. Malatesta, Ministri, deputati, senatori dal 1848 al 1922, II, p. 172.

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