PELLEGRINI, Carlo

Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 82 (2015)

PELLEGRINI, Carlo (Ape)

Eugenia Querci

– Nacque a Capua il 25 marzo 1839.

La famiglia apparteneva alla nobiltà, vantando per parte di madre una discendenza dai Medici.

Conclusi i primi studi, condotti inizialmente presso il collegio dei barnabiti, poi a S. Antonio in Maddaloni, Pellegrini iniziò a frequentare l’aristocrazia napoletana, producendo, più per diletto che per mestiere, le prime caricature.

Incerte sono, tuttavia, le informazioni sulla sua giovinezza e formazione. Non è chiaro, ad esempio, se ricevette o meno un’educazione artistica.

Fra la fine di settembre e l’inizio di ottobre 1860, dopo l’ingresso di Giuseppe Garibaldi a Napoli, Pellegrini partecipò alla battaglia del Volturno e nel novembre 1862 fu presente alla visita partenopea del principe di Galles – Albert Edward, figlio della regina Vittoria e futuro Edoardo VII – in occasione dei festeggiamenti per il raggiungimento della sua maggiore età. La frequentazione con il principe, poi approfondita a Londra, ebbe inizio probabilmente in quell’occasione.

Fu durante un soggiorno a Firenze che Pellegrini decise di tentare la fortuna in Inghilterra, seguendo il consiglio del politico radicale britannico Henry du Pré Labouchère, futuro editore nel 1877 di Truth (Paladini, 1902, p. 427). Si stabilì a Londra nel novembre 1864, dopo un viaggio attraverso la Svizzera e la Francia. Giunto nella capitale britannica senza denaro, superò ben presto le iniziali difficoltà introducendosi nella buona società vittoriana, grazie al sostegno prontamente assicurato dal principe di Galles. Entrò dunque a far parte dei circolo dei frequentatori di Marlborough House, dimora dell'erede al trono, apprezzato per il suo carattere gioviale e il tocco mediterraneo.

Con ogni probabilità proprio l’amicizia con il principe di Galles introdusse Pellegrini al fondatore della rivista Vanity Fair, Thomas Gibson Bowles. Il suo primo contributo a Vanity Fair, che aveva cominciato le sue pubblicazioni solo da pochi mesi, fu la caricatura – destinata a grande celebrità – del primo ministro Benjamin Disraeli pubblicata in cromolitografia il 30 gennaio 1869 con lo pseudonimo Singe (scimmia in francese, più tardi anglicizzato in Ape). Non essendo, almeno all’inizio, un litografo, Pellegrini doveva affidare a un professionista il trasferimento su pietra dell’acquerello originale, incarico per lo più eseguito, come nel caso della caricatura di Disraeli, dal litografo Vincent Robert Alfred Brooks.

Ben presto Pellegrini divenne uno dei più autorevoli e richiesti disegnatori di Vanity Fair, sintetizzando una tipologia caricaturale priva di enfasi grottesca o effetti parossistici, elegante e d’effetto. La sua strada fu seguita dal più giovane Leslie Ward, noto con lo pseudonimo di Spy, che raggiunse sulle pagine di Vanity Fair una fama paragonabile alla sua, ma anche dal fiorentino Adriano Cecioni, che collaborò al periodico nei primi anni Settanta. Nell’elaborazione del suo stile Pellegrini aveva certamente tenuto conto dei portraits chargés di Melchiorre De Filippis Delfico, talento poliforme (oltre che caricaturista fu anche cantante lirico), di origini abruzzesi, ma vissuto a Napoli.

È tuttavia possibile ipotizzare che il soggiorno fiorentino abbia esercitato a sua volta una qualche influenza nell’elaborazione del suo stile: nel capoluogo toscano erano note nei circoli artistici le caricature di Angiolo Tricca, frequentatore del caffè Michelangiolo, mentre in quegli anni fiorivano numerose riviste satiriche, come Il Lampione e l’Arlecchino, periodico quest’ultimo fondato nel 1868 a cui Pellegrini contribuì come illustratore (Giardelli, 1971, p. 94, Bergamasco, 2008, p. 57, M. Alessio – S. Bietoletti - V. Baldacci et al., 1993, pp. 197 s.; C. Bibolotti – A. Bocchi – F.A. Calotti, 2005, pp. 58, 186).

Le caricature di Pellegrini per Vanity Fair (più di trecentotrenta) costituirono una sorta di catalogo a colori di tutte le victorian notabilities, immortalate con capacità di penetrazione psicologica, ma senza asprezza – «un pungiglione asperso di miele» (Paladini, 1902, p. 426) –, da vero gentleman qual’egli era considerato nonostante l’eccentricità dei modi.

Molti testimoni diretti che hanno lasciato ricordi di Pellegrini, in particolare Leslie Ward e l’editore e scrittore Frank Harris, l’hanno descritto, pur tra molte concessioni all’aneddotica, come un uomo dall’indole generosa, gentile d’animo e nei modi, e caratterizzato da una fisicità a tratti grottesca (basso di statura, con il sigaro perennemente in bocca e le unghie lunghe ‘da mandarino’). Tutti elementi che lo rendevano, insieme alle trovate spiritose e all’accento italo-napoletano mai dissimulato, estremamente attraente per la pur rigida società vittoriana.

Le ‘vittime’ delle caricature erano scelte nella cerchia delle frequentazioni dell’artista o segnalate dall’editore Bowles: si trattava di aristocratici, uomini politici, attori, musicisti, sportivi, banchieri, giornalisti, artisti e letterati; col tempo essere caricaturati su Vanity Fair diventò un segno di celebrità. Tra le caricature di Ape dedicate al mondo delle arti si contano quelle di Thomas Carlyle, Algernon Charles Swinburne, Alfred Tennyson, Robert Browning, John Everett Millais, Oscar Wilde.

Nell’autunno 1871, in una delle sue ‘fughe’ dal periodico dovute anche a incomprensioni con Bowles, Pellegrini abbandonò temporaneamente Vanity Fair per unirsi in esclusiva al già ricordato Marlborough Club presieduto dal principe di Galles, con l’incarico di eseguire una speciale serie di caricature dei membri, esposta nella hall della Royal Enclosure at Ascot.

Nel settembre 1875, in base a un appunto preso da Edgar Degas sul suo notebook durante un viaggio a Londra, l’indirizzo di Pellegrini risultava 8, George Street, presso Hanover Square (Reff, 1976 A, I, p. 123). Nel dicembre 1877, presso il Gaiety Theatre, Pellegrini debuttò come pittore, dipingendo un grande ritratto satirico a olio che ritraeva James McNeill Whistler per il terzo atto dello spettacolo The Grasshopper, introdotto in scena, secondo il racconto dei biografi di Whistler, con il motto: «Here is the inventor of black and white!» (Reff, 1976 B, p. 36).

Esisteva un rapporto di reciproca simpatia e stima tra Pellegrini e Whistler (documentato dalla corrispondenza conservata presso l’University of Glasgow, Special Collections, The Correspondence of James McNeill Whistler), che forse era stato il tramite per la conoscenza di Degas, e Pellegrini, che lo ammirava profondamente come pittore, sembra avesse utilizzato alcune delle cornici comprate alla vendita seguita alla dichiarazione di bancarotta del pittore inglese. Whistler gli aveva fatto dono di un disegno, Sketch after the portrait of Rosa Corder, con la dedica «à mon élève Pellegrini» (The Art Institute of Chicago). L’artista napoletano lo ritrasse a sua volta a figura intera in una puntasecca (datata 1881 e ora conservata al Metropolitan Museum di New York).

Entrambi facevano parte dell’Arts Club di Hannover Square a Londra (Pellegrini ne fu membro dal 1874 al 1888; rimane lo schizzo del volto di Whistler lì realizzato nel dicembre 1887, Art Institute Chicago), circolo che contava tra i suoi membri anche Leslie Ward, o pittori di fama come James Tissot e Lawrence Alma-Tadema.

Quest’ultimo fu ritratto da Pellegrini in un disegno preparatorio per la caricatura conservato presso il British Museum, che possiede anche gli schizzi preparatori per le caricature di sir John Pope-Hennessy, Henry Villebois, sir Austen Henry Layard, Guildford Onslow. La Tate conserva invece un ritratto ad acquerello di Pellegrini eseguito da Degas attorno al 1876-77 e dedicato «à lui», in risposta al ritratto che Pellegrini stesso aveva fatto di Degas a Parigi, presumibilmente attorno alle stesse date, dedicandolo «à vous».

Negli anni Settanta, Pellegrini intrattenne corrispondenza con Tissot, anch’egli tra i disegnatori di Vanity Fair.

Bon vivant riconosciuto, noto con il soprannome di Pelican, Pellegrini frequentava i più vivaci e blasonati ritrovi londinesi, tra i quali il ristorante Pagani in Great Portland, all’interno del quale una sala, the artists room, era riservata proprio a Pellegrini e alla sua cerchia di amici ed era stata col tempo decorata da graffiti, caricature, firme e disegni. Altro noto luogo d’incontro era il Beefsteak Club, che univa l’esclusività delle frequentazioni all’atmosfera bohémienne, e di cui, secondo la testimonianza di Harry Furniss, Pellegrini era «la vita e l’anima» (Furniss, 1919, p. 70).

Verso il 1877 Pellegrini si fece progettare dall’architetto Edward William Godwin uno studio in Tite Street, nel quartiere di Chelsea, frequentato da artisti e letterati, fra i quali anche l’amico Whistler. In quegli anni iniziò a dedicarsi in modo crescente alla pittura, talvolta trascurando la caricatura, mosso probabilmente dal desiderio di ritagliarsi una figura d’artista a tutto tondo.

Pur essendo un abile ritrattista, le sue prove pittoriche, oggi per altro quasi sconosciute, non furono all’altezza, secondo i testimoni dell'epoca (Harris, 1976, p. 57), della sua verve di caricaturista né della sua ambizione.

Espose più volte alla Royal Academy e, fra 1878 e 1883, alla Grosvenor Gallery. Nel 1879 Jules Bastien-Lepage ne eseguì il ritratto a olio (Dublino, National Gallery of Ireland).

Nel 1885 eseguì, sempre per Vanity Fair, la caricatura di Paolo Tosti, celebre autore di romanze per canto e pianoforte con il quale era in grande familiarità. Condividevano la stessa cerchia di amicizie in Mortimer Street, centro della colonia artistica italiana, dove Tosti abitava e dove Pellegrini aveva lo studio, al n. 53 (Sanvitale, 1991, p. 49).

Da tempo malato, sostenuto economicamente e moralmente dagli amici più stretti, morì a Londra il 22 gennaio 1889.

Fu sepolto nel cimitero cattolico di Kensal Green.

Gli anni migliori di Vanity Fair erano coincisi proprio con la collaborazione di Pellegrini ma, dal decennio successivo alla sua morte, la qualità delle caricature era andata allentandosi, con eccezioni come quella di Max Beerbohm,  che considerava Pellegrini suo maestro e l’«unico caricaturista significativo dell’era vittoriana» (Beerbohm 1928, p. 119). Nel 1896 Beerbohm dedicò il suo primo libro, Caricatures of Twenty-Five Gentlemen, «to the shade of Carlo Pellegrini».

Opere: Una parte delle caricature dedicate alla cerchia reale frequentata è depositata oggi presso la Royal Library di Windsor. Una folta collezione degli acquerelli originali di Pellegrini per Vanity Fair si conserva presso la National Portrait Gallery di Londra, provenienti, attraverso ulteriori passaggi, dalle due vendite organizzate dalle rivista nel marzo 1912, presso Christie’s, e nel marzo 1916 presso la casa d’aste Puttick & Simpson. Il British Museum conserva alcuni schizzi preparatori per le caricature. La National Portrait Gallery possiede inoltre: un olio che ritrae Pellegrini eseguito da Sir Henry Thompson, medico con la passione per la pittura, la cui caricatura eseguita da Pellegrini era stata pubblicata su Vanity Fair il 1° agosto 1874; due ritratti postumi di Pellegrini realizzati a penna e inchiostro da Furniss (anch’egli illustratore del periodico) sulla base della caricatura di Arthur James Marks pubblicata il 27 aprile 1889 su Vanity Fair; un autoritratto all’acquerello attribuito a Pellegrini stesso e datato 1877.

Fonti e Bibl.: Lettere di e a Carlo Pellegrini sono consevate in University of Glasgow, Special Collections, The Correspondence of James Mcneill Whistler. Necr., G. Galeazzi, Cronaca artistica contemporanea, in Archivio storico dell’arte, 1889, vol. 2, pp. 94 s.; The American Bookseller. A semi-monthly journal devoted to the interests of the book, stationery, news and music trades, 1889, voll. 25-26, p. 520. Inoltre: C. Paladini, I grandi napoletani all’estero: C. P., in La Settimana. Rassegna di lettere, arti e scienze, 1902, vol. 2, pp. 425-431; M. de Giovanni, Una lettera. C. P., ibid., vol. 8, 1902, p. 593; L. Ward, Forty years of ‘Spy’, New York 1915, pp. 93-96, 112, 164, 236; H. Furniss, My bohemian days, New York 1919, pp. 67-71; M. Beerbohm, A variety of things, New York 1928, ad ind.; M. Giardelli, Via dei Malcontenti. Figure e caricature fiorentine, Firenze 1971, p. 94; R. Alley, Tate Gallery Catalogues. The foreign paintings, drawings and sculptures, Londra 1959, pp. 50-52; E. Harris, C. P., Man and ‘Ape’, in Apollo, 1976, vol. 103, pp. 53-57; T. Reff, The notebooks of Edgar Degas, I, Oxford 1976 A, p. 123; Id., Degas: the artist’s mind, New York 1976 B, pp. 19, 36, 306; R.T. Matthews - P. Mellini, In ‘Vanity Fair’, Londra 1982, pp. 19, 21-13, 27, 29-33, 73, 207 (e numerose illustrazioni); Vanity Fair: an exhibition of original cartoons, a cura di R. Ormond, Londra 1976, ad ind.; F. Harris, My life and loves, Paris 1922, nuova ed. New York 1991, pp. 344-346; Francesco Paolo Tosti, a cura di F. Sanvitale, Torino 1991, pp. 41, 49, 55; Angiolo Tricca e la caricatura toscana dell’Ottocento, a cura di M. Alessio – S. Bietoletti, V. Baldacci et al., Firenze 1993, pp. 197 s.; National Portrait Gallery, London. Complete Illustrated Catalogue, a cura di D. Saywell - J. Simon, Londra 2004, pp. 486 s., 749-751; P. Mellini, P., C. [Ape] (1839-1889), in Oxford Dictionary of National Biography, Oxford 2004, pp. 486 s.; La satira al tempo di Mazzini. Caricature italiane tra il 1805 e il 1872, a cura di C. Bibolotti – A. Bocchi – F.A. Calotti, Lucca 2005, pp. 58, 186; F. Bergamasco, L’Italia della caricatura, Vercelli 2008, p. 57.

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