ROSSI, Carlo

Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 88 (2018)

ROSSI, Carlo (Karl Ivanovič)

Ivan Evtyukhin

– Nacque a Napoli il 18 dicembre 1777, figlio di Giovanni, di cui non sono state rinvenute fin qui informazioni documentarie sicure, e di Gertruda Ablecher, famosa ballerina della fine del Settecento.

Le sue origini sono ancora non del tutto chiare, ed esiste una certa confusione perfino sull’anno della sua nascita. In molte fonti è riportata la data del 18 dicembre 1775, ma l’architetto stesso in un progetto del suo monumento funebre indicò il 18 dicembre 1777 (Taranovskaja, 1980, p. 9). Secondo i dati anagrafici che la madre di Rossi e il suo patrigno, il coreografo Charles Lepic, fornirono nel 1786 alle autorità russe al momento del loro arrivo a San Pietroburgo, Carlo sarebbe nato a Napoli, da dove fu portato Parigi e poi a Londra, per stabilirsi finalmente a San Pietroburgo in quell’anno: «Sig.ra Gertruda Rossi, ballerina. Originaria di Monaco di Baviera. Il suo cognome da nubile fu Ablecher. Iniziò a studiare la sua arte presso il Teatro Reale di Napoli. A Napoli nacque anche suo figlio Carlo. Sig. Charles Lepic, ballerino, coreografo e autore dei balletti. Originario dell’Alsazia. Apprese le sue abilità dal famoso coreografo Noverre. A Napoli incontrò la signora Rossi, e la sposò secondo il rito cattolico romano. Nella primavera del 1782 si trasferì a Parigi, ma non vi rimase a lungo. A causa delle macchinazioni del ballerino Vestris, fu costretto ad andare con moglie e figliastro a Londra. A Pietroburgo arrivò dal Regno d’Inghilterra, al fine di entrare al servizio russo. Ha una lettera di raccomandazione dall’ambasciatore Ivan Simolin» (Ovsiannikov, 2000, p. 380).

A San Pietroburgo la famiglia Rossi-Lepic si stabilì inizialmente all’albergo Paris, nella prospettiva Nevskij, e poi si trasferì in una casa in piazza del Gran Teatro di pietra. Il piccolo Carlo cominciò a frequentare la scuola presso la chiesa di S. Pietro (scuola che esiste tuttora sotto il nome di Peterschule), con insegnamenti in lingua tedesca. Quando Lepic diventò insegnante di danza per i figli del principe ereditario Paolo I, al coreografo francese fu consegnata una dacia (casa estiva) a Pavlovsk, dove l’architetto Vincenzo Brenna stava realizzando un grandioso palazzo suburbano per il futuro sovrano. L’architetto romano, arrivato a San Pietroburgo nel 1784, diventò presto un amico stretto della famiglia Lepic-Rossi, mentre il giovane Carlo cominciò a frequentare la sua bottega nonché quella dello scenografo del teatro imperiale Pietro Gonzaga, coinvolto anche lui nella costruzione del palazzo di Pavlovsk. Qui Carlo ricevette la prima istruzione architettonica, teorica e pratica, partecipando alla progettazione del parco di Pavlovsk e di Gatčina, e diventando infine un aiutante insostituibile di Brenna.

Il 28 giugno 1795 fu arruolato al servizio del Collegio dell’Ammiragliato, assumendo il grado militare di sergente, e nel novembre dello stesso anno fu trasferito ai sottufficiali, con uno stipendio di 150 rubli. Nel 1796, anno della salita di Paolo I al trono, Brenna divenne architetto di corte, mentre Rossi fu nominato primo assistente di architettura del Gabinetto di Sua Maestà per la costruzione del castello Mikhailovskij (di S. Michele). Il 28 novembre 1796, il nuovo imperatore emise un decreto per la costruzione della sua nuova residenza permanente a San Pietroburgo. Inizialmente la progettazione fu affidata all’architetto Vasilij Baženov, ma il 4 marzo 1797 Paolo I la riaffidò a Brenna. Per eseguire il corpus dei disegni progettuali fu impegnato attivamente il suo assistente e allievo Rossi (anche a causa del braccio rotto che Brenna aveva in quel periodo). Per questo lavoro, fatto con cura e diligenza, il 30 dicembre 1796 Carlo ricevette il rango civile di segretario provinciale con uno stipendio di 300 rubli annui. Contemporaneamente al lavoro del castello Mikhailovskij, Brenna rielaborava per Paolo I gli interni del palazzo d’Inverno, il palazzo di Gatčina e quello sull’isola Kammenyj, e provvedeva alle rifiniture della cattedrale di S. Isacco. Per disegnare tutti questi progetti era sempre coinvolto Rossi, il quale nel 1800 ricevette il titolo di aiuto architetto, mentre all’inizio del 1801, a soli 24 anni, fu nominato architetto.

Tale fulminea carriera fu stroncata a un tratto dall’assassinio di Paolo I il 23 marzo del 1801, e il 7 maggio successivo Brenna si ritirò dal servizio imperiale russo. Rossi, malgrado avesse ricevuto dal nuovo imperatore Alessandro I il nuovo rango civile di segretario collegiale, decise di andare all’estero insieme a Brenna, che stava per lasciare la Russia. Il 30 gennaio del 1802 seguì un rescritto imperiale secondo il quale «all’assistente architettonico del Gabinetto imperiale Carlo Rossi, che si ritira per 2 anni in terre straniere per migliorare le sue conoscenze, verrà pagato e consegnato al luogo della sua residenza lo stipendio di 600 rubli» (Taranovskaja, 1980, p. 16). Il 1° agosto del 1802 Brenna e Rossi lasciarono San Pietroburgo. Durante il biennio 1803-04 Rossi studiò presso l’Accademia di Firenze.

Nel luglio 1804 Rossi tornò in Russia e presentò i suoi nuovi disegni all’imperatore, e nel 1806 fu nominato architetto del Consiglio dei ministri di Sua Maestà nonché architetto delle fabbriche del vetro e porcellana. Nel 1809 fu nominato architetto ‘della spedizione del Cremlino’ e si trasferì a Mosca, dove costruì un teatro di legno presso la piazza dell’Arbat e la chiesa di S. Caterina al Cremlino (non conservati), partecipando anche alla ricostruzione della torre Nikol´skaja al Cremlino. Nello stesso anno elaborò un progetto per la ricostruzione del palazzo di viaggio di Caterina II a Tver´ (costruito inizialmente da Pyotr Nikitin nel 1766), e successivamente elaborò la pianta generale per la ricostruzione del centro di Tver´. Per diverse città del governatorato di Tver´ creò circa cinquanta ‘progetti esemplari’ per molti edifici pubblici (chiese, ospedali, uffici, gallerie commerciali, borse ecc.), mentre nella città di Toržok costruì la cattedrale della S. Trasfigurazione. Per i suoi lavori a Tver´, a Rossi fu assegnato il rango di consigliere collegiale e, nel 1812, fu conferito l’ordine di S. Vladimiro del IV grado.

Dopo le morti quasi contemporanee dei tre grandi architetti attivi a San Pietroburgo nel primo decennio dell’Ottocento – Andrejan Zakharov, Thomas de Thomon e Andrej Voronikhin (rispettivamente nel 1811, nel 1813 e nel 1814) – Rossi, nel 1814, rientrò a San Pietroburgo, per essere subito rinominato architetto delle fabbriche del vetro e porcellana (al posto di de Thomon) e poi capo-architetto di Pavlovsk (residenza dell’imperatrice madre, vedova di Paolo I). In questa tenuta suburbana, nel 1816 lavorò alla decorazione interna del palazzo di Paolo I, mentre nel 1821 ricostruì la galleria del palazzo Pavlovsk trasformandola in biblioteca. Nel parco di Pavlovsk progettò e costruì molti padiglioni, ponti e un arco trionfale, e il ‘villaggio nazionale’ Glazovo con le case di legno, purtroppo non conservato. Per la città di Pavlovsk elaborò molti ‘progetti esemplari’, in gran parte non realizzati.

Il 24 marzo 1816 divenne architetto imperiale: secondo il decreto di Alessandro I, fu assunto al servizio della Corte. Il 3 maggio dello stesso anno occupò una posizione ancora più importante, poiché fu nominato membro del famoso Comitato per la costruzione e i lavori idraulici, istituito secondo la volontà di Alessandro I per uniformare l’architettura della capitale secondo modelli rigidamente classici e regolari. Presso il Comitato, sotto la direzione dell’ingegnere militare, il generale d’origine spagnola Agustín de Betancourt, oltre a Rossi lavoravano anche gli architetti Vasilij Stasov, Antoine Mauduit e Andrej Mikhajlov. Dalla collaborazione di Rossi con i suoi colleghi – un rigido classico Stasov e un visionario Mauduit – nacquero le idee più ambiziose delle nuove strade e piazze, realizzate da Rossi negli anni 1820-30.

Le idee maturate durante il servizio di Rossi nel Comitato trovarono la prima espressione nella realizzazione del complesso del palazzo Mikhailovskij negli anni 1819-23, con la risistemazione di tutta l’area adiacente. Già nel 1816 Rossi fu incaricato di sviluppare il progetto per la residenza del granduca Michele (Mikhail Pavlovič, fratello dell’imperatore Alessandro I). Per la sua costruzione fu scelta una parte del terreno del vasto parco del castello Mikhailovskij (residenza dello sfortunato imperatore Paolo I, progettato da Brenna). In quest’opera Rossi per la prima volta si rivelò come grande architetto-urbanista. Il progetto prevedeva infatti non solo la costruzione di un palazzo, ma anche la risistemazione completa dei dintorni del vecchio castello di S. Michele: la sua apertura verso la città (inizialmente il castello era isolato, con veri fossati di difesa) tramite la creazione di quattro nuove vie (Ingenernaja, Sadovaja, Mikhajlovskaja, Italianskaja) e di due grandi piazze (Mikhajlovskaja, Manejnaja), nonché la costruzione di cinque nuovi ponti di ferro.

Il grande palazzo costruito al centro di questo nuovo snodo urbano ha lo schema tradizionale delle ville con corte d’onore fiancheggiate da corpi di servizio. La sua facciata principale fu rivolta verso la nuova grande piazza Mikhajlovskaja, dalla quale fu tracciata una nuova omonima via verso la prospettiva Nevskij. La composizione della facciata principale è basata sull’aumento graduale della densità di elementi plastici: dalle superfici piane degli avancorpi laterali, decorati con le combinazioni delle grandi finestre del primo e del secondo piano, che formano una specie di serliana, alla parte mediana, caratterizzata dal ritmo misurato delle semicolonne, fino al corpo centrale, con un grande portico aggettante con otto colonne corinzie coronato da un frontone ricco di sculture. La facciata secondaria, che affaccia sul giardino nonché sul Campo di Marte (e che è concepita per essere osservata da una distanza maggiore), è caratterizzata da una lunga loggia, dall’elegante colonnato corinzio di dodici colonne, con un attico e un gruppo scultoreo al di sopra. La loggia è fiancheggiata da avancorpi laterali appena aggettanti, con semicolonne corinzie e frontoni triangolari.

Nel 1819 Alessandro I affidò a Rossi la ristrutturazione complessiva di tutto il lato meridionale della piazza Dvortsovaja (piazza del Palazzo, la principale di San Pietroburgo), di fronte al palazzo d’Inverno. L’area d’intervento presupponeva la ricostruzione degli edifici dello Stato maggiore e dei ministeri delle Finanze e degli Affari esteri. I lavori si protrassero per un decennio, per concludersi nel 1829. Nonostante la lunghezza totale di 580 metri, la facciata dello Stato maggiore è priva di monotonia, grazie alla specifica composizione della sua pianta, ideata da Rossi. Le ali della facciata rappresentano due segmenti rettilinei, uniti da un gigantesco semicerchio che presenta un arco trionfale al centro  affiancato da un colonnato di sedici colonne addossate. Attraverso l’arco trionfale con una luce di 18 metri, coronato da un attico con il monumentale gruppo scultoreo, avveniva l’ingresso dalla piazza alla via Bolšaja Morskaja, che la collegava con la prospettiva Nevskij. Inizialmente la via Morskaja aveva un’intersezione asimmetrica con la piazza Dvortsovaia, dove entrava mediante un angolo acuto, ma Rossi eliminò quest’asimmetria, rispostando la via Morskaja in asse con il Palazzo d’Inverno. Per ottenere questo effetto, cambiò la direzione della via, che da quel momento arrivò alla piazza del Palazzo non direttamente, ma tramite un passaggio angolare nascosto dietro l’arco di trionfo e formato da un sistema di tre archi ‘a ventaglio’ sopra la via Morskaja, uno dietro l’altro, che collegano la via con il fronte delle costruzioni sulla piazza.

Negli anni 1827-32 Rossi realizzò il progetto del complesso del teatro Alessandrinskij, risistemando una vasta parte del tessuto urbano tra la prospettiva Nevskij, il fiume Fontanka e la via Sadovaja. Oltre al teatro stesso, il progetto comprendeva la costruzione della nuova via Teatralnaja (oggi ribattezzata in suo nome via Zodčego Rossi, cioè ‘dell’architetto Rossi’) e la risistemazione delle piazze Cernyševa a sud e Teatralnaja (del Teatro) a nord. Va detto che negli anni 1817-18 Rossi aveva già sistemato il lato orientale della piazza del Teatro, erigendo due padiglioni lungo il giardino di palazzo Anichkov. L’architetto orientò il teatro e tutto il nuovo complesso lungo un asse della via Malaja Sadovaja, perpendicolare alla prospettiva Nevskij (e distinta da via Sadovaja): il volume del teatro è collocato in fondo alla piazza del Teatro all’intersezione delle vie Malaja Sadovaja e Teatralnaja e del vicolo Aničkov. Il teatro è semplice sia nella pianta sia nella distribuzione delle facciate: è un edificio rettangolare con una loggia di sei colonne corinzie nella facciata principale (a nord) e due portici molto aggettanti dello stesso ordine nelle facciate laterali; tutti i porticati sono coronati non con frontoni, ma con gli attici tipici degli edifici di Rossi. Il teatro Aleksandrinskij ha soluzioni tecniche d’avanguardia, introdotte da Rossi: la copertura della sala e i sostegni delle balconate sono in metallo, il riscaldamento è a vapore, c’è un impianto di ventilazione e così via. Anche la forma della sala si rivelò ideale per l’acustica e la visibilità. La via Teatralnaja, di severo ordine dorico in contrasto con la facciata posteriore del teatro, d’ordine corinzio, conduce alla piazza Cernyševa (Lomonosova), pure di ordine dorico, dalla quale attraverso un arco monumentale si passa in una strada che conduce ad angolo retto alla via Sadovaja. Al centro della piazza fu progettata una chiesa rotonda (non realizzata). L’altra parte del complesso urbanistico a nord, che si affaccia sulla Prospettiva Nevskij, ricevette la sua cornice architettonica negli anni 1828-34, quando Rossi aggiunse un corpo nuovo alla vecchia Biblioteca pubblica costruita da Egor Sokolov nel 1801, che andò a formare il limite occidentale della piazza.

Nel 1827 fu bandito il concorso per la ricostruzione dell’edificio del Senato, con la condizione principale di «costruire un edificio di carattere adeguato all’immensa piazza sulla quale è situato» (Taranjvoskaja, 1980, p. 88). Il luogo del nuovo edificio era effettivamente importante, poiché il vecchio palazzo del Senato sorgeva lungo la riva meridionale dell’immenso fiume Neva, sulla piazza omonima (cioè del Senato), di fronte al famoso Cavaliere di bronzo (il monumento equestre di Pietro I) e all’Ammiragliato, con la grandiosa massa allora crescente della cattedrale di S. Isacco in fondo alla piazza (compiuta solo nel 1858). Rossi, impegnato allora in moltissimi lavori, presentò i suoi progetti per il concorso solo due anni dopo. Anche in questo caso non si limitò alla costruzione di un solo edificio per un importante ente statale: il progetto vincitore presupponeva infatti la realizzazione di un intero quartiere formato da due blocchi indipendenti e non simmetrici del Senato e del Sinodo, uniti da un arco trionfale con quattro coppie di colonne corinzie decorate di angeli in bronzo in cima e di un attico sontuoso. Rossi arrotondò l’angolo settentrionale del palazzo del Senato creando così una transizione graduale della facciata dalla piazza al lungofiume della Neva. Quest’angolo arrotondato servì anche per mettere in pari le lunghezze delle facciate asimmetriche del Senato e del Sinodo ai due fianchi dell’arco trionfale. I grandiosi colonnati delle logge, sopra i massici bugnati del pianoterra, creano in sintonia con i portici dell’Ammiragliato un aspetto coerente della piazza del Senato, e questo collegamento compositivo si percepisce vividamente dalla riva opposta del fiume Neva e dalla Strelka (punta) dell’isola Vasil´evskij. Le grandi logge con otto colonne corinzie e attici segnano gli ingressi in entrambi gli edifici, ma non contrastano con la composizione dell’arco centrale. I lavori al complesso del Senato e Sinodo si protrassero per cinque anni, concludendosi nel 1834.

Oltre a queste opere principali (il palazzo Mikhailovskij, lo Stato maggiore, il teatro Aleksandrinskij, il Senato e Sinodo), fino alle dimissioni nel 1832 Rossi realizzò numerosi progetti di secondo rango: nel 1818 costruì la grotta del giardino d’estate e i padiglioni del palazzo Aničkov insieme all’adiacente giardino; negli 1819-22 ricostruì il palazzo Elaghin sull’omonima isola alla foce della Neva, trasformandolo in una residenza estiva dell’imperatrice-vedova Maria Fedorovna (madre di Alessandro I), ed edificando i padiglioni e lo scalo nel parco dell’isola; nel 1821 la biblioteca del palazzo di Pavlovsk; negli anni 1823-24 il complesso del maneggio sull’omonima piazza, con la creazione di una nuova via Klenovaja che apriva la sua prospettiva a nord, verso la facciata principale del castello Mikhailovskij e il monumento equestre di Pietro I (opera settecentesca di Bartolomeo Carlo Rastrelli); nel 1826 la galleria militare nel Palazzo d’Inverno.

Nel 1832, dopo la conclusione dei lavori al teatro Aleksandrinskij, Rossi, all’età di 55 anni, chiese le dimissioni per «malattia e stanchezza» (Piljavskij, 1951, p. 129), che gli furono subito accettate ma conservandogli lo stipendio statale. Dopo il ritiro ufficiale dal servizio continuò a progettare e costruire: negli anni 1834-35 elaborò i progetti per gli edifici residenziali sulla via Mikhailovskaja e sull’omonima piazza; nel 1838 partecipò al restauro del Palazzo d’Inverno dopo l’incendio; nel 1841 costruì il campanile del monastero di S. Giorgio a Novgorod, nonché un ponte davanti al mercato Nikolskij a San Pietroburgo; nel 1845 costruì due colonne trionfali di granito accanto al Sinodo sul viale Konnogvardejskij; e nel 1849 ricostruì il suo teatro Aleksandrinskij.

Durante la sua carriera Rossi ottenne i seguenti riconoscimenti ufficiali: dopo l’ordine di S. Vladimiro di IV grado, nel 1818 l’ordine di S. Anna di II grado (e nel 1821 ricevette i segni con i diamanti per lo stesso ordine), nel 1825 l’ordine di S. Vladimiro di III grado. Nel contempo crebbe notevolmente anche il suo stipendio annuale: da 1500 rubli nel 1812 a 3000 nel 1814, a 6000 nel 1822, fino a un ammontare di 15.000 annuali nel 1829. Oltre ai premi per i progetti realizzati (ad esempio, 30.000 rubli per la costruzione dello Stato maggiore), Rossi ricevette i premi di anzianità: ad esempio per i trent’anni di servizio statale gli fu assegnato il grosso premio di 100.000 rubli.

Nel 1816 Rossi sposò Anna Paulsen, con la quale ebbe quattro figli: Alexandr, Mikhail, Karl e Zinaida. Dopo la morte della prima moglie, si sposò nel 1822 per la seconda volta con Sofia Andersen, dalla quale ebbe altri sei figli: Lev, Nikolaj, Maria, Sofia, Ekaterina e Leontina. Nonostante gli alti stipendi, le pensioni e gli ingenti premi occasionali di Rossi, la sua famiglia si trovava costantemente in condizioni economiche molto ristrette a causa dei grandi e sempre crescenti debiti dell’architetto (probabilmente ereditati da sua madre). Rossi fu costretto perfino a chiedere allo Stato di pagare i funerali della seconda moglie, e i suoi figli non trovarono poi i soldi per seppellire lui stesso.

Il 6 aprile del 1849 morì di colera, e fu sepolto nel cimitero protestante Volkovskoje a San Pietroburgo. Nel 1940 la sua tomba fu traslata nella necropoli memoriale del monastero di Aleksandr Nevskij.

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