SALINARI, Carlo

Enciclopedia Italiana - V Appendice (1994)

SALINARI, Carlo

Achille Tartaro

Critico letterario, nato a Montescaglioso (Matera) il 17 ottobre 1919, morto a Roma il 25 maggio 1977. Studiò a Roma e si laureò in lettere (1941) con N. Sapegno, discutendo una tesi su Guido Cavalcanti. Iscrittosi al PCI, prese parte alla Resistenza; imprigionato durante l'occupazione nazista, scampò fortunosamente alla fucilazione. Per la sua attività clandestina fu decorato di due medaglie d'argento. Dopo la guerra divenne assistente di letteratura italiana nell'università di Roma; fra il 1951 e il 1955 fu responsabile della politica culturale del PCI. Fondò e diresse (dal 1954) la rivista Il Contemporaneo, insieme con R. Bilenchi e A. Trombadori. Libero docente di letteratura italiana (nel 1949), insegnò prima per incarico, poi (dal 1963) come professore ordinario nelle università di Salerno, Cagliari, Milano e Roma. Sugli interessi giovanili, testimoniati dall'antologia La poesia lirica del Duecento (1951), prevalse presto l'impegno del critico militante; ma proprio su alcuni dei nostri maggiori autori del passato (Boccaccio Manzoni Pirandello, 1979, postumo) S. proietterà le sue più mature convinzioni teoriche.

Centrale fu in lui il tentativo di un metodo e anzitutto di un'estetica su basi marxiste, in relazione a quella linea De Sanctis-Gramsci divenuta l'emblema (negli anni Cinquanta) della critica di sinistra, in opposizione allo storicismo crociano. La sua polemica investiva il pensiero idealistico, ma non risparmiava le applicazioni del marxismo ritenute troppo schematiche: in particolare la meccanica riduzione dei fenomeni sovrastrutturali − e quindi dell'arte − alla struttura economico-sociale (si veda la sua introduzione agli Scritti sull'arte di K. Marx e F. Engels, 1967). Significativo il distacco dalle posizioni di G. Lukács e il suo accostarsi piuttosto a quelle di G. Della Volpe. Al primo S. obiettava che il realismo doveva concepirsi come una "tendenza" o una "poetica", non come il "metodo" in assoluto dell'arte. In un'ottica d'ispirazione marxista, cadeva così il primato assegnato alla narrativa realistica dell'Ottocento e soprattutto la preclusione teorico-critica verso il Decadentismo; a vantaggio di una più duttile considerazione, non che del naturalismo tardo ottocentesco, d'ogni esperienza letteraria (irrazionalismo, simbolismo, intimismo, ecc.) sfuggente nel 20° secolo al canone lukacsiano del ''tipico''.

L'esigenza in S. di una critica ''scientifica'' si traduceva nell'importanza attribuita all'ideologia degli scrittori. Si trattava di ricostruire le loro opzioni fondamentali − morali e psicologiche, ma anche stilistiche − nel rapporto dialettico coi processi di formazione delle classi dirigenti e dei gruppi intellettuali. Nascono così i notevoli studi su G. D'Annunzio, G. Pascoli, A. Fogazzaro e L. Pirandello riuniti in Miti e coscienza del decadentismo italiano (1960); mentre sul terreno della critica militante il discorso tornava ad attestarsi sul realismo, inteso come l'espressione di una cultura autenticamente democratica. Estraneo al grezzo contenutismo del ''realismo socialista'', S. si appellava a concetti gramsciani. La ''lotta'' per il realismo s'identificava col progetto di una nuova cultura, sullo slancio dell'antifascismo, nella prospettiva delle riforme sociali propugnate dal Neorealismo: l'unico vero ''movimento di avanguardia'' del nostro Novecento. Indipendentemente dai temi prescelti e dalle soluzioni espressive, tutte ammissibili, la via al realismo era nel grado di consapevolezza politico-ideologica degli artisti dinanzi ai mutamenti della società contemporanea; ne riuscivano accreditati i romanzi di F. Jovine e il Metello di V. Pratolini, pur coi loro riconosciuti limiti estetici (La questione del realismo, 1959). La crisi del Neorealismo, negli anni Sessanta, conferma per S. l'urgenza di una letteratura gravitante intorno a un fermo ''asse ideologico'': l'ipotesi era sempre quella del realismo, a dispetto della Neoavanguardia ma soprattutto contro le posizioni alla sinistra del PCI, giudicate falsamente rivoluzionarie e perciò velleitarie (Preludio e fine del realismo in Italia, 1967).

Bibl.: AA.VV., C. Salinari. Testimonianze e saggi, Roma 1980; N. Borsellino, Ideologia e critica. Un ritratto di C. Salinari, in Critica e storia. Rendiconti di fine secolo, ivi 1993, pp. 169-82.

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