CARLO VII re di Francia

Enciclopedia Italiana (1931)

CARLO VII re di Francia

Francesco Cognasso

Nacque a Parigi il 2 febbraio 1403; era il quinto figlio di Carlo VI, il re pazzo, e di Isabella di Baviera. Ebbe il titolo di conte di Ponthieu, e poiché nessuno si attendeva che potesse salire al trono, ebbe una giovinezza trascurata. Ma, essendo morti, fra il 1415 e il 1417 i fratelli maggiori, diventò inaspettatamente Delfino e principe ereditario. Nel 1416 ebbe il titolo di duca di Turenna, nel 1417 assunse la luogotenenza del regno per il padre, incapace di ogni attività nelle lotte fra Armagnacchi e Borgognoni, mentre gl'Inglesi, dopo Azincourt, occupavano le provincie occidentali del regno. Nel 1418, quando i Borgognoní entrarono improvvisamente di notte in Parigi, il Delfino Carlo fu a stento salvato dal prevosto di Parigi, Tanguy du Châtel, che lo tolse dal letto e svestito lo portò sul cavallo, prima alla Bastiglia, poi a Melun. Assunse allora il titolo di reggente ed organizzò il governo a Bourges; morto Bernardo di Armagnac si fece egli capo del partito antiborgognone. Scarsamente bellicoso, iniziò nel 1419 trattative conciliatrici col duca di Borgogna, Giovanni senza paura, per un'azione concorde contro gl'Inglesi, trattative scarsamente sincere da ambo le parti: dopo varî convegni i due principi s'incontrarono per l'accordo al ponte di Montereau, dove il 7 settembre 1419 Giovanni senza paura venne pugnalato dai compagni del Delfino, che fu accusato di premeditazione; il nuovo duca di Borgogna riconobbe re di Francia Enrico V d'Inghilterra, e il povero C. fu costretto a bandire e diseredare il figlio.

Carlo Delfino si ritirò allora a sud della Loire, nei castelli del Berry Nel 1421 sposò a Mehun-sur-Yèvre Maria d'Angiò e quando, nel 1422, Carlo VI morì, egli si fece proclamare re e coronare a Poitiers. I nemici lo dissero per scherno il re di Bourges. Falliti i tentativi di rivincita nel 1422-23, si ritirò a Bourges, dove indolente, stanco e debole lasciò il governo ad un gruppo di favoriti speculatori. Contro di essi reagì l'influsso benefico della madre della regina, Iolanda d'Aragona; nel 1425 diventò connestabile Arturo III di Bretagna, conte di Richemont, che riuscì ad espellere dalla corte gli Armagnacchi, ma il re lasciò poi che Giorgio de la Tremoille cacciasse il Richemont. Con inerzia assistette alle operazioni militari intraprese con poche forze dal reggente d'Inghilterra in Francia, il duca di Bedford (v.): non diede retta agli Stati generali riuniti a Chinon, che lo invitavano ad una energica azione e lasciò che i cortigiani, quando gl'Inglesi assediarono Orléans, discutessero se fuggire in Castiglia o altrove. L'arrivo a Chinon di Giovanna d'Arco (23 febbraio 1429), scosse C. dall'inerzia; diffidente prima, acconsentì che la Pulzella compiesse quelle imprese che portarono alla liberazione d'Orléans (8 maggio) e al viaggio a Reims per la consacrazione regia (17 luglio): Ma nulla fece, quando Giovanna d'Arco cadde nelle mani degl'Inglesi, per riscattarla e continuò a lasciarsi dominare dai favoriti. Lo slancio impresso da Giovanna d'Arco alle armi francesi fu continuato da valorosi capitani. Per C. lavoravano la stanchezza che il duca di Borgogna sentiva per l'alleanza inglese e l'esaurimento delle forze inglesi. Sfruttando l'una e l'altra, il re poté far approdare il progetto di riconciliazione con Filippo di Borgogna; la pace di Arras, segnò un'umiliazione per C., costretto a chiedere perdono del delitto di Montereau, ma fu la via per ricuperare il regno (1435). Nel 1437 poté rientrare in Parigi, e presto tutta l'Ile-de-France fu ricuperata; quando nel 1444 si conchiuse una tregua, gl'Inglesi pensarono solo a salvare la Guienna e la Normandia. Ma anche queste due provincie furono riconquistate fra il 1449 e il 1452; agl'Inglesi rimase solo Calais.

Dopo il 1440 C. parve uscire dal suo torpore: lo stesso amore per la famosa favorita Agnese Sorel fu incentivo all'azione. Una quantità di consiglieri attivi ed energici circondano ora il re ed in suo nome riorganizzano lo stato. Specialmente si ebbe cura dell'esercito, con la grande ordinanza del 1439, che si riallaccia a quella di Carlo V; si stabilirono compagnie dette di ordinanza, nucleo fondamentale di un esercito permanente, si organizzarono corpi di arcieri e le artiglierie. Le finanze pure furono sistemate, sì che il re potesse disporre di proventi regolari. I diritti della Monarchia sulla Chiesa furono proclamati con la Prammatica Sanzione del 1438, ma il re appoggiò i papi di Roma contro il concilio di Basilea. C. si ricordò ora di Giovanna d'Arco e volle che si rifacesse il processo per la riabilitazione. Ebbe però a combattere contro le coalizioni feudali avverse all'organizzazione del potere regio: C. non esitò a processare grandi feudatarî, come il conte di Armagnac e il duca d'Alençon; il figlio stesso Luigi, che aveva complottato, fu perseguitato e costretto a rifugiarsi prima nel Delfinato, poi in Borgogna. Chiuse le guerre con gl'Inglesi, C. riprese la vecchia politica d'espansione francese in Italia, dove nel 1458 fece occupare Genova, e nella valle del Reno. Morì il 22 luglio 1461 a Mehun-sur-Yèvre. (V. tav. XII).

Bibl.: G. Dufresne de Beaucourt, Histoire de Charles VII, voll. 6, Parigi 1881-91. Cfr. anche A. Thomas, Les États principaux de la France sous Charles VII, voll. 2, Parigi 1879; B. de Mandrot, Rélations de Charles VII et de Louis XI avec les Cantons suisses, Zurigo 1881. Per le fonti, v. Les sources de l'histoire de France, I; A. Molinier, Les Valois, 1328-1461, Parigi 1904.

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