CARONDA

Enciclopedia Italiana (1931)

CARONDA (Χαρώνδα, Charondas)

Giulio Giannelli

Uno dei più famosi legislatori dell'antichità greca, ricordato, accanto ad altri legislatori quali Licurgo, Zaleuco, Solone, come l'autore della legislazione di Catania, la quale fu poi adottata da altre città calcidesi della Magna Grecia. Incerta è la cronologia della sua vita: gli antichi lo ritenevano generalmente più giovane di Zaleuco pensando poi che entrambi fossero discepoli di Pitagora; secondo un'altra notizia, egli sarebbe vissuto prima del 494 a. C., sicché dovremmo collocarlo, al più tardi, nel sesto secolo. Aristotele (Polit., IV, 11, 1296 a) dice ch'egli apparteneva, come Solone, alla media borghesia. Come sua patria Stefano Bizantino indica la stessa Catania; però il suo nome, beotico, ha fatto ritenere ad alcuni ch'egli fosse originario della Beozia. Non sembra probabile l'ipotesi del Beloch che nega alla figura di Caronda realtà storica e riconosce in essa un'ipostasi della divinità solare. Anche intorno alla legislazione di C. non ci sono tramandate che notizie guaste e manchevoli; alcuni attribuiscono a essa qualche originalità, altri, come Aristotele, si limitavano a riconoscerle il merito d'avere introdotto la querela contro i falsi testimonî. Da tutti concordemente C. era ritenuto superiore agli altri legislatori per l'eleganza e la precisione con cui aveva redatto le sue leggi. Oltre che da Aristotele, il contenuto della legislazione di C. si trova esposto da Diodoro (XII, 12-19), e nelle disposizioni da questi riferite è possibile distinguere un nucleo a carattere più arcaico che può in realtà risalire a C., quali alcune leggi sul diritto privato. Le leggi di C. erano scritte in periodi ritmici, quasi versificati; sicché era possibile cantarle. Per salvaguardarle da modificazioni o aggiunte sconsiderate, C. avrebbe imposto che chi volesse proporre cambiamenti, dovesse presentarsi all'assemblea popolare col laccio al collo, disposto cioè a perdere la vita se la sua proposta veniva respinta. C. stesso sarebbe morto per dare un esempio di ossequio assoluto alle leggi vigenti (Diod., XXI, 19). Nel sec. IV a. C., C. godeva in Italia e in Sicilia una fama pari a quella che Solone vantava in Atene.

Bibl.: Sainte-Croix, Mém. sur Ch., in Mémoires de l'Acad. des Inscript., XLII, p. 256 segg.; T. D. Gerlach, Zaleucos, Char., Pythagoras, Basilea 1858; A. Holm, Geschichte Siciliens im Altertum, I, Lipsia 1869, p. 153 segg.; G. Busolt, Griech. Geschichte, 2ª ed., I, Gotha 1893, p. 426 segg.; J. Beloch, Gr. Geschichte, 2ª ed., I, i, Berlino 1911 p. 350; ii, pagina 257; Niese, in Pauly-Wissowa, Real-Encycl., III, col. 2180 segg.; E. Ciaceri, Storia della Magna Grecia, II, Milano 1927, p. 25 segg.; M. Mühl, in Klio, XXII, p. 105 segg.

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