CARONTE

Enciclopedia Italiana (1931)

CARONTE (Χάρον, Charon)

Giulio Giannelli

Nell'oltretomba dei Greci, degli Etruschi e dei Romani, C. è il vecchio e stizzoso nocchiero che traghetta le anime dall'una all'altra riva dell'Acheronte. Il suo nome allude al fiammeggiar degli occhi (χαροπός), come lo rappresenta Virgilio e, seguendo lui, Dante. Ancora ignoto a Omero e ad Esiodo, è nominato per la prima volta nella Miniade, e ben presto la sua figura divenne popolare, come dimostrano le scene dipinte che frequentemente ricorrono sui vasi attici di destinazione funeraria. Di lui fanno spesso menzione i tragici, specie Euripide e Aristofane. Anche Polignoto ne aveva dipinto la figura nella Lesche di Delfi, ispirandosi appunto alla Miniade (Paus., X, 28, 2). Una saga orfica narrava che C., per aver traghettato Ercole quando discese agl'Inferi, dové, per punizione, restare un anno con le catene ai piedi. Diffusissima era l'usanza di porre in bocca ai morti una monetina, da pagarsi al fosco nocchiero come prezzo del tragitto (δαξάκη, obolus Charontis).

Evidente derivazione del C. ellenico è l'etrusco Charu o Charun, raffigurato però, di solito, con tratti mostruosi e diabolici, che non si trovano invece nel C. greco; lo si incontra spesso rappresentato su urne e sarcofagi, con l'attributo del remo e del martello, il primo alludente alla sua funzione di psicopompo, il secondo simboleggiante l'attimo del trapasso dalla vita alla morte. Il C. delle pitture vascolari greche ha la figura d'un vecchio barbuto, arruffato e incolto nell'aspetto, coperto da un rozzo mantello e con un berretto in testa; il demone etrusco ha orecchie lunghe, naso adunco, bocca enorme, è spesso alato e con gambe d'uccello; talora manca di barba e presenta tratti quasi femminei.

Dai poeti e dagli artisti greci riprodussero il funebre personaggio i poeti e gli artisti romani; ma certo un ricordo anche del C. etrusco si ritrova nei noti versi di Virgilio, Aen., VI, 299 segg.

Nella tarda antichità, C. appare di frequente come il simbolo stesso della morte, al posto di Ade (v.): e come tale si ripresenta nella moderna poesia popolare greca (v. grecia: Letteratura).

Bibl.: S. Rocco, Il mito di C. nell'arte e nella letteratura, Torino 1897; Ambrosch, De Charonte Etrusco, Bratislavia 1837; A. Reinach, L'obole de Charon, in Revue d'Ethn. et de Soc., 1914; E. Rohde, Psiche, trad. ital., I, Bari 1914, p. 308 segg.; C. Pascal, Le credenze d'oltretomba nelle opere lett. dell'antich. class., 2ª ed., I, Milano 1927, p. 44 segg.; II, p. 51 segg.; P. Ducati, Etruria antica, I, Milano 1927, p. 111 segg.; Saglio, in Daremberg e Saglio, Dict. des antiq. gr. et rom., II, 1099 seg.; Roscher, in Roscher, Lexikon der gr. u. röm. Mythol., I, colonna 884 segg.; Waser, in Pauly-Wissowa, Real-Encyclop., III, coll. 2176 segg. Per i canti popolari, v. K. Dieterich, Gesch. d. byz. u. neugriech. Litt., Lipsia 1909, p. 138 segg.

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