CARPENTERIA

Enciclopedia Italiana (1931)

CARPENTERIA (dal gr. καρπός "pugno"; fr. charpenterie; sp. carpintería; ted. Holzkonstruktion; ingl. carpentry)

Aristide GIANNELLI
Paolino MINGAZZINI

S'intende per carpenteria l'arte di tagliare e congiungere i legnami per comporne le membrature occorrenti alla varie costruzioni.

Si comprendono quindi sotto la denominazione di lavori da carpentiere le congiunzioni o le commettiture dei legnami occorrenti per la formazione di qualsiasi costruzione di legno.

I principali lavori che nelle costruzioni civili interessano il carpentiere sono: pareti, assiti, palizzate; impalcature per solai e soffitti, zatteroni per fondazioni, impalcature all'aperto; tetti e tettoie; scale; tavolati per pavimenti e copertura dei tetti; ponti di servizio per le costruzioni ordinarie; puntellamenti, sbadacciature; centine e ramature d'ogni specie, ecc.

In ogni altro campo della costruzione, al carpentiere sono affidati compiti particolari; così, p. es. nelle costruzioni navali, ecc.

Cenni storici. - L'utilità e la facilità dell'applicazione del legno nelle costruzioni è tanto evidente, che esso deve senza dubbio aver servito come materiale nelle costruzioni primitive di cui non si conosce tuttavia la forma precisa.

Una straordinaria applicazione del legno ebbe luogo nella costruzione delle palafitte, le cui prime notizie sono dovute a Erodoto.

Gli antichi Egizi e Persiani costruirono col legno: ciò risulta chiaramente da numerose incisioni sulle pietre tombali. Anche i Greci costruirono con legno: lo attestano varî autori.

Oltre che nelle costruzioni di pietra e di mattoni, Etruschi prima e Romani poi furono valenti artefici nella costruzione in legno. I Romani assegnarono al costruttore importanti problemi, sia nell'edilizia sia nell'esecuzione di ponti e nell'architettura militare, la cui soluzione era essenzialmente collegata con l'arte del legno. Vennero così costruite coperture per grandi ambienti (teatri, basiliche, ecc.); ponti (sul Tevere, sul Danubio, sul Reno, ecc.); torri d'assedio, macchine da guerra, ecc.

Presso i Romani il carpentiere prende il nome di faber tignarius o tignuarius (più raramente faber lignarius) per distinguerlo dalle altre numerose classi di fabri e soprattutto dal faber intestinarius che corrisponde al nostro ebanista. L'importanza del carpentiere nell'antichità è messa in rilievo dal fatto che quando viene adoperato nei testi o sui monumenti faber senza altro aggettivo, s'intende il faber tignarius. Come tutti gli altri fabri, anche i carpentieri erano uniti in collegi. Sul tipo degli strumenti e sul modo di adoperarli c'illuminano varie lapidi sepolcrali sulle quali gli strumenti stessi sono riprodotti in bassorilievo. Interessante a tale proposito è una pittura pompeiana raffigurante Dedalo, il rappresentante mitico dei carpentieri, nella sua officina, in atto di presentare a Pasifae la vacca lignea già ultimata.

Le costruzioni di legno ebbero in seguito larghissima applicazione anche nel nord d'Europa, in relazione alle particolari condizioni dei luoghi; così, in Germania e in Francia, fino ai tempi di Carlo il Grosso, si costruì quasi esclusivamente con legno. Le più antiche costruzioni medievali che si conservano tuttora, specialmente con pareti a blinde, si trovano in Normandia, mentre in Francia si hanno ancora case d'abitazione con pareti intelaiate, costruite tra il secolo XIV e il XVI.

In Gemmania e in Francia ci sono pervenuti molti esemplari di costruzioni di legno del periodo gotico, e ancor più del Rinascimento.

Costruzioni di legno molto caratteristiche sono quelle della Selva Nera, in alcune zone montuose dell'Austria e della Baviera, e soprattutto della Svizzera.

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Legnami da costruzione. - I legnami da costruire si possono distinguere in: forti, dolci, fini.

I legnami forti hanno maggiore resistenza e durevolezza, maggiore peso specifico (kg./mc. 850-950), colore più intenso e derivano per lo più da piante a lunga vita e lento sviluppo.

I legnami dolci sono poco duri e quindi facilmente lavorabili, hanno minore peso specifico, colore poco carico, per lo più biancastro, derivano da piante a rapido sviluppo; vanno soggetti però a tarlarsi, e hanno scarsa durata.

I legnami fini, che servono per lo più a scopo decorativo, derivano da piante generalmente di limitate dimensioni, presentano notevole compattezza e possono essere facilmente lavorati.

Le piante da cui si ottengono legnami per costruzione sono: il pino, il larice, l'abete e il cipresso; la quercia, il faggio, il castagno; il noce; infine, per quanto meno importanti, l'olmo, il pioppo, l'ontano, il frassino, il platano, ecc. Ciascuno di tali legnami si presta a particolari usi, a seconda delle sue qualità.

La quercia, specialmente la sottospecie rovere, ha singolari qualità di resistenza e durevolezza, ma dà spesso un legname da costruzione nodoso, non facile a lavorarsi e facile invece a fendersi.

Il pino americano (pitch-pine) resiste benissimo senza infradiciare alle intemperie, e, come tutti i legnami resinosi e a fibre rettilinee, è facile a lavorarsi in tavole o travi squadrate.

L'abete bianco è il più adottato fra i legnami per carpenteria: è poco resistente, non molto durevole, non ha bella venatura, ma è economico e di facilissima lavorazione. Si usa in tavole e travicelli della lunghezza di 4 metri.

Il legname deve essere naturalmente sano e senza difetti. Si scartano come difettosi: i legni cipollati o a zone sciolte, che ebbero a subire l'azione di forti piegature per effetto del vento, o l'azione del gelo: i legni fessi o diaccioli, in cui per ineguali contrazioni o dilatazioni delle fibre, causate dall'essiccazione o dal gelo, si sono formate spaccature radiali, che si possono manifestare all'esterno con slabbrature lungo le generatrici; i legni con numerosi nodi, i legni tarlati; e, infine, i legni che presentano un principio di putrefazione (riscaldamento), nei quali si riscontrano alla superficie macchie nere e rossastre.

Disseccamento e stagionatura dei legnami da costruzione. - Disseccandosi, il legno si contrae e per la stagionatura completa occorrono per solito alcuni anni (almeno 5 per la quercia, e 4 per gli altri legnami). Il disseccamento artificiale si fa in forni o camere calde a circa 400 per la quercia e il faggio, e a 50° per le conifere.

Non è prudente adoperare legname che non abbia almeno 2 o 3 anni di stagionatura; tuttavia si ritiene in pratica che basti anche un solo anno di stagionatura.

Il valutare la stagionatura d'un albero o d'un legno lavorato riesce particolarmente difficile. Si può ricorrere, con scarsa approssimazione, alla valutazione del peso del metro cubo, per il quale si vuole stabilire una certa dipendenza dalla stagionatura. Si può, meglio, determinare la perdita in peso al riscaldamento in stufa a 160° per due ore: tale perdita, che è circa del 20% per stagionatura di due anni, risulterà maggiore per stagionature inferiori. In massima si può ritenere che i legnami recentemente tagliati contengano il 45% d'acqua; dopo 6 mesi di taglio il 35%, dopo i anno il 26%, dopo 2 anni e più il 20-15%.

Conservazione dei legnami. - Per impedire che i legnami siano attaccati dalla carie, dai vermi, ecc., o si guastino in qualsiasi altro modo, si usano diversi metodi, e soprattutto la spalmatura con olio, che si deve ripetere periodicamente, e la spalmatura a caldo, con catrame, con vernici, con soluzioni di vetro solubile, con carbolineum o con mastici.

Le vernici più in uso sono le vernici verde, color perla, e color legno, formate di varie composizioni d'olio di lino, biacca di piombo e altre sostanze, quali verderame, nerofumo, ecc. Fra i mastici più comuni vi è quello a sabbia: si spalma il legno con olio, e si spolvera poi con sabbia silicea finissima, ripetendo l'operazione tre o quattro volte. Un altro composto molto usato è una miscela in parti precise di resina, creta polverizzata, sabbia silicea purissima, olio di lino, ossido di rame e acido solforico, sotto forma di pasta che, stesa sul legno, si rassoda e indurisce.

Per la preservazione antisettica si usano iniezioni sotto pressione di soluzioni varie di solfato di rame, di bromuro di zinco o di sublimato corrosivo a diverse concentrazioni.

Cubatura dei fusti. - La cubatura si effettua in modo approssimato moltiplicando la sezione trasversale del fusto a metà altezza per l'altezza del fusto stesso.

Esistono però alcuni metodi pratici per la valutazione più esatta della cubatura dei fusti.

Il volume esatto dei tronchi, in base alla loro forma troncoconica, si calcola con la formula:

dove R e r sono i raggi delle due basi del tronco e h la lunghezza.

Squadratura dei fusti. - Le operazioni da eseguire per ottenere dai fusti i legnami da costruzione variano a seconda della forma e delle dimensioni che per questi si richiedono. Si può dare ai pezzi una forma grossolanamente parallelepipeda, facendo uso della sola scure: in tal caso il legname presenta le facce raccordate da segmenti di superficie curva più o meno larghe (smussi). Si può ottenere invece che l'incontro delle facce avvenga secondo spigoli ben netti: il legname si dice allora squadrato a filo vivo. Tale squadratura può essere eseguita con l'accetta: migliore esecuzione dell'operazione si ottiene però con la sega.

Da uno stesso fusto si possono ricavare pezzi di varia sezione; si può p. es. prefissare il rapporto tra la base e l'altezza della sezione rettangolare che si vuole ottenere, oppure imporre che la sezione stessa abbia la massima area, e quindi il pezzo squadrato il massimo volume, ovvero imporre una sezione tale da rendere la trave capace della maggiore resistenza alla flessione.

Queste e altre condizioni analoghe possono essere determinate praticamente mediante semplici considerazioni geometriche.

Così, le travi presentano la massima resistenza alla flessione quando i lati della loro sezione stanno fra loro approssimativamente nel rapporto 1: √2. Quando invece si vuole che la saetta di incurvamento sia minima, allora la larghezza della trave deve stare alla sua altezza come 1: √3, ossia, approssimativamente, come 4 : 7.

Nel taglio dei tronchi, grossolani o squadrati, si possono adottare diverse disposizioni, che differiscono fra di loro secondo gli elementi che si vogliono ricavare e che debbono sempre corrispondere al concetto della migliore utilizzazione del materiale.

Segatura meccanica. - Per ricavare da un tronco più pezzi parallelepipedi di eguale o diversa sezione, si sega anzitutto trasversalmente il fusto in parecchi tronchi minori corrispondenti alla lunghezza dei pezzi da ottenere, e sulle due teste di ciascuno di tali tronchi si tracciano le relative sezioni, tenendo conto della striscia di legno che va consumata per il taglio di sega, nonché del restringimento che il legno dovrà subire se non è bene stagionato. La segatura a mano, lenta e costosa, è vantaggiosamente sostituita dalle seghe meccaniche di vario tipo. Per il taglio trasversale si usano comunemente seghe a lama orizzontale a cui viene impresso un moto rettilineo alternativo. Per squadrare tronchi o per dividerli in pezzi parallelepipedi, si usano seghe alternative multiple oppure seghe a nastro o seghe circolari (v. sega).

Legnami del commercio. - I legnami da costruzione vengono apprestati in pezzi di varia sezione e lunghezza, distinti con nomi diversi. Si hanno così: antenne, stili, candele (fusti lunghi e diritti, per solito di pino o d'abete, adoperati specialmente nella costruzione di ponti di servizio: diametro m. 0,12 a 0,25, lunghezza m. 7 a 12); pali di legno forte, a sezione circolare (diametri m. 0,75 a 0,30, lunghezza m. 2 a 6); correnti a sezione circolare per ossature di tetti (diametri m. 0,75 a m. 0,25, lunghezza m. 3 a 6); travi a sezione rettangolare (squadrate a smusso o a filo vivo; sezioni m. 0, 15 × 0,20 a 0,25 × 0,35, lunghezza m. 4 a 10); travicelli riquadrati, a spigolo vivo (lati da m. 0,25 a 0, 15, lunghezze sino a m. 5); correntini o listelli (riquadrature di cm. 3,5 a 5 per 5 a 8, che servono specialmente per l'orditura di tetti e soffitti); tavoloni o panconi (pezzi a spigoli vivi tirati a superficie piana con la sega, spessore cm. 5 a 8, larghezza cm. 25 a 40, lunghezza m. 3 a 6); tavole o assi (grossezza cm. 2 a 5, larghezza cm. 20 a 40, lunghezza m. 2,50 a 5); assicelle (di piccola grossezza).

Oltre ai legni diritti sopra elencati, in alcune industrie (p. es. nelle costruzioni navali) vengono ȧdoperati particolari pezzi ricurvi, che possono essere ricavati da fusti rettilinei, oppure ottenuti mediante l'incurvamento artificiale, al calore in ambiente umido, di pezzi inizialmente rettilinei.

Per conferire ai pezzi che si vogliono incurvare il conveniente grado d'umidità, si può, secondo i casi, immergerli nell'acqua calda o porli in un'atmosfera di vapor d'acqua o entro sabbia umida a temperatura elevata. La curvatura di pezzi, mediante sagome particolari, può essere fatta meccanicamente o a mano.

Unioni dei legnami. - Quando gli assi dei due pezzi da unire s'incontrano ad angolo retto, si hanno le unioni propriamente dette; l'incontro può avvenire o fra le due teste, o fra la testa di un pezzo e la parte mediana dell'altro, oppure fra le parti mediane dei due pezzi se questi s'incrociano. Quando gli assi dei due pezzi sono invece in prosecuzione, o parallelamente sovrapposti, si hanno le giunture o unioni longitudinali.

Per solito i collegamenti si ottengono foggiando le parti dei legnami da unire in modo che uno dei due pezzi s'incastri combaciando con l'altro; per evitare pericolosi intagli, si rinforzano le unioni con caviglie, grappe, fasce metalliche, righette, ecc.

Fra i varî tipi d'unioni, si possono anzitutto distinguere quelli di più comune uso nelle costruzioni, da quelli che, per la loro delicatezza, riguardano piuttosto l'ebanisteria.

Le connessioni hanno lo scopo di congiungere elementi aventi direzioni diverse, giacenti in uno stesso piano o in piani diversi; le unioni longitudinali hanno lo scopo di ottenere una maggiore lunghezza e una maggiore sezione, sia nel senso della grossezza, sia in quello della larghezza.

Organi di collegamento: chiodi, caviglie, staffe. - I chiodi sono di forma molto svariata; normalmente la loro lunghezza è il triplo dello spessore dei legnami nei quali essi vanno infissi.

Le caviglie possono essere semplici o composte (chiavarde). Queste ultime possono essere semplicemente a spina o a vite. Le caviglie semplici sono chiodi grossi con gambo circolare, rettangolare o triangolare e muniti di una capocchia. Le chiavarde a spina constano di un gambo, d'una capocchia, d'un disco d'appoggio e d'una spina.

Le chiavarde a vite debbono per solito resistere a forti tensioni nel senso della lunghezza; perciò l'unione fra il gambo e la capocchia deve essere fatta nel modo migliore.

Talora si usano, inveee delle chiavarde a vite, i chiodi da ribaditura o bulloni. Questi sono chiodi con gambo circolare, muniti di capocchia, ma senza punta all'estremità opposta, a cui si aggiunge un disco o una capocchia, con foro abbastanza grande in modo che vi passi il gambo del bullone: quando il bullone è conficcato nei pezzi da collegare, vi si applica il disco da ribadire, si taglia il ferro esuberante e si esegue la ribaditura dell'estremità troncata.

Per tutte le caviglie e le chiavarde occorre predisporre il foro procurando che non riesca troppo grande (in tal caso i pezzi da unire potrebbero spostarsi) né troppo piccolo (in questo caso la capocchia della battitura potrebbe guastarsi).

Le staffe uncinate sono pezzi di ferro di diversa grossezza, provvisti di due punte, di solito piegate ad angolo retto. Le staffe servono talora per collegare fra loro due membrature di legno o per assicurare alle membrature di legno quelle di ferro (così nelle incavallature, nelle armature, ecc.).

Tipi di unione longitudinali. - La giuntura semplice verticale (fig.1) si usa per collegare membrature orizzontali che non vadano soggette né a flessione né a trazione. Si usa per es. nelle piastre orizzontali che costituiscono la soglia delle pareti intelaiate. Essa deve poi sempre trovarsi sotto una membratura verticale.

La giuntura semplice obliqua (fig. 1) offre rispetto alla precedente il vantaggio che uno dei due pezzi collegati è in parte portato dall'altro. Ha gli stessi usi della precedente. L'obliquità è per solito di 1:2. Si usa anche per unire due travi poste in uguale direzione sopra un'altra pure orizzontale ma disposta in croce.

La giuntura semplice diretta (fig. 2) con dente cuneiforme riportato e con bitite, è poco applicata, pur offrendo buona resistenza.

Volendosi disporre una giuntura semplice diretta in modo che possa resistere anche a un notevole sforzo di trazione nel senso della lunghezza dei legni da collegare, occorre rinforzarla con due piastre di ferro su ognuna delle due facce opposte (fig. 3) e collegando poi tali piastre mediante 4 coppie di chiavarde a vite di conveniente grossezza.

Nella giuntura sopra descritta, come in altre analoghe giunture rinforzate con piastre e chiavarde, le piastre sono ripiegate agli estremi e s'internano alquanto nel legname.

La giuntura a metà diretta (fig. 4) e la giuntura a metà obliqua (fig. 5) si adoperano con semplici caviglie o spine di legno. La posizione diagonale delle due caviglie ha lo scopo d'indebolire il meno possibile il legname.

La giunturta a dentatura obliqua sernplice (fig. 6) presenta pure spine di legno.

La giuntura a dentatura diritta semplice (fig. 7) è meno consigliabile della calettatura o commessura a unghia semplice (fig. 8), che offre già una certa resistenza agli sforzi diretti secondo l'asse longitudinale delle membrature da collegare.

Ancora preferibile alla giuntura precedente è l'unione a dentatura obliqua con bietta (fig. 9). In questa unione l'obliquità dei denti cuneiformi alle estremità impedisce che le travi abbiano a sollevarsi. La bietta è per solito di legno di quercia.

La giuntura a coda di rondine (fig. 10) si applica per solito quando si debbano allungare i correnti orizzontali delle pareti intelaiate, in quanto essa impedisce ogni movimento delle membrature in senso orizzontale.

L'allungamento di pali di legno per sovrapposizione è di frequente esecuzione, specialmente durante la battitura. In tal caso, quando i pali da sovrapporre si debbono battere col maglio o col battipalo, non converrà eseguire tagli per unioni, o disporre cerchiature di ferro troppo ingombranti. Converrà invece fare in modo che gli assi dei pali da unire risultino il più possibile in linea retta e che i pali si tocchino secondo la maggior possibile sezione. Occorre anche curare che le eventuali fasciature di ferro non abbiano ad aumentare eccessivamente l'attrito durante l'affondamento. La giuntura di pali a. croce con cerchiature di ferro (fig. 11) e ugualmente l'unione a tre fasciature verticali semplici (fig. 12) non sembrano pertanto le più indicate. Preferibili sono la commessura semplice a spina o a perno (fig. 13) e l'unione a manicotto (fig. 14).

Íngrossamento delle membrature di legno. - 1. Ingrossamemo nel senso dello spessore. - Il primo requisito di tali unioni deve essere quello d'impedire qualsiasi scorrimento relativo delle due travi. La calettatura più comune è quella cosiddetta a dentatura semplice, nella quale due pezzi si compenetrano mediante denti a sega o cuneiformi e s'uniscono mediante chiavarde a vite.

2. Ingrossamento nel senso della larghezza. - La necessità di aumentare la larghezza delle membrature di legno si può presentare qualunque sia la posizione delle membrature stesse (orizzontale, verticale, ecc.). Le principali Unioni di tale tipo sono:

a) la commessura a scanalatura e linguetta. - Le membrature da congiungere penetrano l'una nell'altra per tutta la loro lunghezza e per una parte del loro spessore; l'incavo si chiama scanalatura, la parte rientrante linguetta: quest'ultima può avere sezione quadrata (fig. 15), triangolare, ecc.

b) la commessura a linguetta riportata (fig. 16), che differisce dalla precedente in quanto ogni membratura porta, invece d'una scanalatura e d'una linguetta, due scanalature, e la linguetta è formata con un pezzo a parte, che s'inserisce poi nelle due scanalature.

c) l'unione a mezza scanalatura o a mezzo legno (fig. 17) che si adopera solo per legni sottili, nei quali non si possa eseguire la scanalatura intera. In ogni tavola si pratica allora un'incavatura che interessa solo metà dello spessore della tavola. Questa unione si usa per lo più nelle tavole verticali, e si presta per ricavare, mediante vani che si possono lasciare nelle commessure, motivi decorativi (fig. 17 a).

Commessure di legnami in direzioni diverse. - a) Commessura a sovrapposizione (fig. 18). In tale commessura, i pezzi possono proseguire ambedue, o uno solo, oltre la commessura, oppure ambedue arrestarsi ad essa. Nei due ultimi casi si preferisce rinforzare la commessura mediante un perno.

b) Sovrapposizione a congegnatura (fig. 19).

c) Sovrapposizione d'angolo a taglio obliquo (fig. 20).

d) Sovrapposizione a coda di rondine (fig. 21) e a coda di rondine con appoggio (fig. 22).

e) Sovrapposizione a dente (fig. 23).

Incastrature. - Costituiscono un'altra categoria di collegamenti, che si adottano quando uno solo o nessuno dei pezzi da unire prosegue oltre il punto d'incastro. Le incastrature, per quanto possano vantaggiosamente essere sostituite dalle sovrapposizioni, sono molto largamente usate. Esse presentano tuttavia molti inconvenienti, quali possibilità di infracidamenti del legno, ecc.

Tipi d'incastrature sono: a) l'incastratura comune (fig. 24); b) l'incastratura a rientranza (fig. 25); c) l'incastratura a mascella (fiġ. 26); d) l'incastratura a maschio nascosto (fig. 27); e) l'incastro a coda di rondine (fig. 28); f) l'incastro a croce (fig. 29); g) l'incastro a dente obliquo (fig. 30); h) la sovrapposizione a incastratura, semplice e doppia (fig. 31); i) l'incastro laterale (fig. 32).

Unioni a dentatura. - Si eseguiscono per lo più per unire due membrature che s'incontrano sotto un angolo acuto. Si ha: a) la unione a dente cuneiforme a semplice maschio nascosto (fig. 33), usata soprattutto quando uno dei pezzi eserciti una forte pressione orizzontale; b) l'unione a doppio dente (fig. 34), che si usa quando la membratura sovrastante ha grandi dimensioni e quando l'angolo sia molto piccolo.

Talora nelle dentature si omette il maschio e si forma l'unione semplicemente con un solo dente cuneiforme. In tal caso però l'angolo d'inclinazione deve essere piccolo, e la lunghezza del pezzo orizzontale davanti alla dentatura deve essere sufficiente a membrature non complanari.

Si ricordano infine le sovrapposizioni parziali d'angolo (fig. 35 e 36), le unioni a caviglia (fig. 37) e le unioni a dentatura merlata (fig. 38 e 39).

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