Castiglia

Enciclopedia Dantesca (1970)

Castiglia

Vito Tirelli

. L'accenno al regno di C. in Pd XII 53-54 funge da puro riferimento geo-politico e serve a meglio localizzare topograficamente Calaruega (Calaroga), città natale di s. Domenico.

Dopo un'iniziale e vaga allusione alla penisola iberica (Pd XII 46-48), di evidente ispirazione letteraria (Ovidio Met. I 64, 107-108), D. rende più circostanziata la designazione geografica della regione della Vecchia C., le cui coste formano parte del golfo di Guascogna. Ma la simbologia araldica che egli utilizza per indicare ciò che si suole chiamare regno di C., o Castella (posizione inquartata del leone e della torre nello scudo, in modo che in una metà di quest'ultimo l'un simbolo sovrasta l'altro, mentre nell'altra metà ne è sovrastato), esprime più propriamente la pariteticità dei due regni di León e di C. realizzata in seno a uno stesso organismo politico con il legame alla persona di un medesimo sovrano. È opportuno tener presente, infatti, che l'unione dei due regni, avvenuta nel 1027, non fu sempre mantenuta: alla morte di Alfonso VII nel 1157 essi erano di nuovo disgiunti per ragioni di successione dinastica, e tornarono a comporsi in unità soltanto nel 1230. Né va dimenticato che le Cortes dell'intero stato, nonostante avvenissero di rado, erano convocate per sessioni distinte in C., León ed Estremadura; cosa che rivela una costituzionale tripartizione non solo in campo amministrativo.

Manca in D. qualsiasi menzione della lingua castigliana. Il Marigo ha avanzato l'ipotesi che questo silenzio possa dipendere da notizie mal certe da parte di D., e forse anche da una sua imperfetta conoscenza della produzione letteraria in quel volgare (D. avrebbe ignorato il poema del Cid e le leggende di Gonzalo di Berceo). Il Marigo non esclude neppure che D. abbia voluto riflettervi un implicito giudizio di immaturità letteraria della lingua. Sorprende, a ogni modo, di non trovare alcun cenno ad Alfonso il Savio, morto nel 1284. Oltre che come poeta e prosatore in castigliano, provenzale e gallego-portoghese, la fama di Alfonso come protettore di trovatori e uomo politico - egli fu anche pretendente alla corona imperiale - dovette valicare i confini del regno.

Con ogni verosimiglianza, invece, D. si riferisce in Pd XIX 124-125 al re di Castiglia e León, Ferdinando IV (1295-1312). L'espressione quel di Spagna, con la quale egli vi allude, è una metonimia; pertanto essa non va intesa nel medesimo senso degli altri contestuali riferimenti a re e reami europei (quel di Boemme, Pd XIX 125; quel di Portogallo e di Norvegia, v. 139; quel di Rascia, v. 140), poiché un regno di Spagna propriamente detto costituirebbe un autentico anacronismo per quell'epoca.

Sul giudizio politico negativo, che emerge da quello morale espresso nei riguardi di Ferdinando IV, sono da fare alcune riserve. Durante il regno di costui giunse a soluzione la lunga crisi dinastica aperta da Alfonso X nel 1274 con il diseredamento del primogenito Ferdinando de la Cerda a favore del secondogenito Sancio IV. Se è vero, poi, che mediante il lodo arbitrale di Torrella (1304) fu sancita la cessione di parte della Murcia a vantaggio dell'Aragona, ciò venne compensato dall'allentarsi delle interferenze aragonesi nella C.; inoltre, ed era molto di più, lo stabilirsi di rapporti meno ostili tra i due stati confinanti apriva alla C. la possibilità di perseguire senza la temibile concorrenza aragonese le direttrici di espansione continentale. La conquista di Gibilterra e dell'Andalusia e, in genere, la crociata contro il regno musulmano di Granada, che fu intrapresa - è bene ricordarlo - con l'aiuto parziale della stessa Aragona, erano destinate a fare della C. il più importante degli stati iberici, almeno per quanto atteneva al controllo politico del maggior numero di regioni della penisola. È forse da cercare in questo la spiegazione dell'uso della figura retorica per indicare il re di C. e León? Comunque ciò sia, rimane confermato un dato già acquisito agli studi danteschi: molto di frequente i giudizi politici di D. procedono dalla sua concezione della storia anziché da una consapevolezza storiografica (v. G. Fasoli, Momenti di storia nella D.C., in " Convivium " XXVII [1959] 641-657).

Del resto, alla genericità di un'opinione corrente e alla cristallizzazione di una presa di coscienza comune conducono le considerazioni a proposito di Mn I XI 12: l'esplicito accenno ai conflitti tra quei due stati iberici esemplifica l'assunto etico-politico che la cupidigia dei sovrani di regni confinanti sovverte la giustizia e la pace universale. Nel nostro caso oseremmo parlare di funzione emblematica, conferita a una secolare realtà di fatto.

Non dissimile valore ci sembra di scorgere nell'allusione alla liberalità de lo buono re di Castella, Alfonso VIII (1158-1214), in Cv IV XI 14. Si tratta di un vero e proprio topos letterario che, già presente in un verso di Bertran de Born (v. A. Stimming, Bertran von Born, Halle 1913, 113 n. XXVI, 3: " valen rei de Castela "; cfr. anche La lirica de los trovadores, a c. di M. De Riquer, I, Poetas del siglo XII, Barcellona 1948, 426 n. 6, 3), è anticipato poi quasi alla lettera nella vita in provenzale di Folchetto di Marsiglia (Le biografie trovadoriche, testi provenzali dei secc. XIII e XIV, a c. di G. Favati, Bologna 1961, III 175: " lo bos rei N'Anfos de Castela "). V. anche ARAGONA.

Bibl. - A. Benavides, Memorias del reinado de Fernando IV, Madrid 1860; G. Daumet, Études sur l'alliance de la France et de la Castille, Parigi 1898; R. Altamira y Crevea, Historia de España y de la civilizatión española, 4 voll., Barcellona 1909-19112; A. Gimenez Soler, El sitio de Almeria en 1309, ibid. 1904; A. Masia De Ros, La Corona de Aragon y los estados del Norte de Africa, ibid. 1951, 74, 261 ss.; F. Soldevila, Historia de España, 8 voll., ibid. 1952-1958 (interessano i primi due voll. per la contrapposizione della storiografia catalana alla concezione unitaria di quella castigliana); D.A., De vulg. Eloquentia, a c. di A. Marigo, Firenze 19573, con appendice di aggiornamento a c. di P.G. Ricci, XCIII; G. Fallani, Il canto XIX del Paradiso letto nella ‛ Casa di D. ' in Roma, Torino 1959, 15-18; E. Sanguineti, Il canto XIX del Paradiso letto nella Casa di D. ' in Roma l'8 marzo 1964, Torino 1965, 23-25. Cfr. inoltre la bibl. alla voce Aragona.

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