CATASTO

Enciclopedia Italiana (1931)

CATASTO (dal greco mediev. κατάστιχον "lista", cfr. Du Cange, Gloss. Graec.; fr. cadastre; sp. catastro; ted. Kataster; ingl. cadastre)

Giuseppe ERMINI
Anna Maria RATTI

Il termine catasto indicò dapprima una rassegna di beni e di possessori allo scopo di ripartire il carico fiscale; significò poi le operazioni atte ad accertare la proprietà, fu infine usato con riferimento alla sola imposta fondiaria. Catasto è detto oggi l'inventario generale dei beni immobili (nel Medioevo anche dei beni mobili, crediti ed altri diritti), contenente le particolarità relative alla consistenza e alla rendita censuaria dei beni stessi, e alle persone o enti che ne hanno la proprietà e il possesso.

Per l'ingente spesa e per la lentezza delle sue operazioni il catasto ha incontrato numerose opposizioni; esso però è attuato in tutti gli stati civili e i suoi precedenti risalgono ad epoca remota.

Un catasto, infatti, come misura e stima dei terreni ebbe l'Egitto già nell'epoca antichissima dei Faraoni, un catasto conobbe la Grecia di Solone, come pure pratiche agrimensorie per delimitare i terreni furono note in Italia agli Etruschi. Presso i Romani poi la misurazione e la stima delle terre assunsero un'importanza tutta particolare, specialmente via via che, con l'avanzarsi delle conquiste, venne aumentando la quantità di ager publicus e quindi si fece sentire sempre più la necessità di un'esatta delimitazione - divisione di questo terreno tra i privati. Degli agrimensori romani (dapprima semplici privati, poi più tardi, per l'accresciuta importanza della loro funzione, pubblici ufficiali) ci sono pervenute, specie attraverso i loro scritti (codex gromaticus), notizie copiose e particolareggiate circa la loro organizzazione, le loro attribuzioni, il metodo seguito nella rilevazione, nella misurazione e divisione dei terreni, ad esempio nel caso di costituzione di colonie, e gli strumenti varî adoperati a tale uopo, dallo gnomone alla groma. In epoca imperiale, a quest'opera di misurazione dei terreni si aggiunse anche la stima sicché sotto Traiano esisteva un vero e proprio catasto estimativo: regolato sulla qualità delle colture denunciate dai privati. La caduta dell'impero segnò però il rapido scomparire d'ogni pratica agrimensoria e regolari rilievi topografici e stime dei beni si ritrovano solo nel sec. XII quando i nostri comuni iniziarono il cosiddetto catasto dei beni, che per altro prese sviluppo e forma definitiva solo nel sec. XV.

Nel catasto, le leggi comunali stabilivano che dovessero venire descritti tutti i beni di cui ogni cittadino disponeva, fatta eccezione soltanto di quelli strettamente necessarî alla vita e della casa di abitazione. Ogni proprietario, sotto comminatoria di gravi pene, fra cui talvolta quella di pagare il doppio dell'imposta e di perdere i diritti di cittadinanza, era obbligato a denunciare al fisco l'esatta natura dei proprî beni e insieme, sotto giuramento, il preciso ammontare del reddito dei beni stessi. In base a queste denuncie, debitamente controllate dai pubblici ufficiali, si compilava e riportava nel catasto la descrizione d'ogni bene, se ne calcolava il valore e, in proporzione di questo, un tanto per libra di estimo, si fissava l'imposta da pagarsi da ognuno (allibrare, aestimare). Il cittadino poteva reclamare contro l'allibramento entro un dato termine di tempo. Si distinsero spesso diversi catasti nello stesso comune a seconda del luogo dove si trovavano i beni o della classe di cittadini cui questi appartenevano; così, per esempio, a Firenze nel 1428 si trovano ben cinque catasti: per la città, per il contado, per il distretto, per i nobili, per i forestieri.

Ogni catasto, per non venir meno ai suoi fini, deve essere tenuto aggiornato in relazione ai mutamenti che subisce la proprietà dei beni e il valore stesso delle cose secondo l'oscillare dei redditi; a determinati intervalli di tempo, di uno, di due, di tre, di cinque o più anni, si usò quindi rivedere il catasto, finché si impose l'obbligo di annotare nel catasto, a cura delle parti, con le cosiddette volture, ogni trasferimento di proprietà.

L'uso e la compilazione dei catasti, per i quali la proprietà fondiaria tornò dopo l'alto Medioevo a contribuire in pieno ai bisogni dello stato, si diffusero man mano che, con l'assurgere al potere delle classi popolari, si vollero più equamente ripartire su tutti i comunisti, in proporzione delle ricchezze d'ognuno, i gravi pesi imposti dalla necessità di sopperire ai pubblici bisogni. Dai più antichi catasti dove la designazione dei beni era spesso troppo generica, e dove la stima piuttosto arbitraria permetteva che molti ricchi proprietarî fossero tassati in misura proporzionalmente minore degli altri, si passò più tardi a poco a poco, nonostante le opposizioni, a catasti sempre più esatti e migliori.

L'epoca moderna ha tuttavia ereditato dai comuni catasti ancora molto imperfetti e non ancora fondati sul principio della descrizione o stima parcellare dei fondi. A cominciare dal sec. XVII s'iniziò pertanto per opera dei varî stati italianì un ampio lavoro di perfezionamento e di rifacimento dei catasti: ed è da questo movimento che sorsero i catasti moderni.

Nel 1622 Carlo Emanuele I assunse l'iniziativa d'un registro generale dei beni per il Piemonte, ripresa poi da Vittorio Amedeo II nel 1688 e condotta a compimento solo nel 1731. Per lo Stato pontificio fu Innocenzo XI che ordinò nel 1681 la compilazione d'un catasto, continuato poi da Pio VI nel 1777, da Pio VII nel 1816 e terminato nel 1835. Nel 1741 Carlo di Borbone ordinò per l'Italia meridionale la formazione d'un catasto, ma la compilazione ne risultò molto imperfetta; migliore fu invece il censimento ordinato dal governo francese nel 1806 e terminato poi nel 1825. Migliore di tutti questi catasti però, e il primo informato a serî principî scientifici, fu il catasto milanese eseguito in Lombardia dal governo austriaco, cominciato sotto Carlo VI nel 1718 con l'istituzione di un'apposita Giunta del censimento, interrotto nel 1733, ripreso nel 1749, compiuto finalmente ed entrato in vigore il 1° gennaio 1760 sotto Maria Teresa. Fu compiuta un'accurata misurazione geometrica parcellare e insieme la stima d'ogni parcella basandosi sui contratti d'acquisto e di locazione, sulle deposizioni dei testi e sui giudizî dei periti, secondo la qualità e la quantità dei prodotti. Di ogni parcella si stabilì poi il valore imponibile. Caratteristica del nuovo catasto fu altresì la misura figurata dei fondi vicino a quella descrittiva, e cioè la riproduzione dei terreni in carte o mappe. Su questo si modellarono gli odierni catasti.

Assai diversi tra loro erano i catasti esistenti in Italia al momento dell'unificazione del regno: alcuni geometrici, altri semplicemente descrittivi, mancanti spesso le triangolazioni, varie le scale e le basi di misura. S'imponeva quindi un'opera di giustizia tributaria che uniformasse le contribuzioni dirette sui terreni e sui fabbricati che hanno il catasto a loro fondamento. Eseguito un provvisorio conguaglio nel 1864, fu emanata il 10 marzo 1886 la legge sulla perequazione fondiaria che preordinava la formazione d'un catasto generale tale da servire non solo per l'applicazione delle imposte ma anche per l'accertamento delle proprietà; questo secondo effetto giuridico (per quanto la registrazione degli atti di trasferimento, nei registri catastali, sia stata ordinata con leggi 7 luglio 1901, n. 321 e 9 luglio 1905, n. 395, anche contro la volontà delle parti) non è per ora realizzato e il nostro catasto differisce in questo da quello austriaco tuttora vigente nelle nuove provincie.

Al principio del 1929, il catasto risultava compiuto interamente per 33 provincie e parzialmente per 25, in tutto comuni 4238 per 13.097.078 ettari, ossia il 42% dell'attuale superficie.

Bibl.: A. Messedaglia, Relazione sul progetto di legge sul riordinamento dell'imposta fondiaria, in Atti parlamentari, 1884; E. N. Legnazzi, Del catasto romano e di alcuni strumenti antichi di geodesia, Padova 1886; M. Lupi, Storia del catasto prediale milanese, Pesaro 1844; P. Neri, Relazione sul nuovo catasto milanese, 1750; cfr. anche G. Vignali, voce Catasto, in Enc. giur. italiana.

Il catasto vigente in Italia è geometrico particellare uniforme. Esso ha due scopi: 1) giuridico, di accertare cioè le proprietà immobili e di tenerne in evidenza le mutazioni (i risultati dell'accertamento non hanno però valore probatorio come nel catasto austriaco): 2) fiscale, di accertare, in modo uniforme, il reddito imponibile. In relazione a questi due scopi la formazione del catasto comprende operazioni di misura e operazioni di stima.

La misura, basata sul rilevamento particellare, cioè sulla suddivisione delle proprietà secondo qualità, classi e destinazioni, sulla misurazione metrica della superficie dei possessi e delle particelle e sulla rilevazione della loro esatta figura geometrica (mappa planimetrica normalmente in scala da uno a duemila), si determina con tre operazioni successive: triangolazione, poligonazione e misura tacheometrica delle singole particelle.

Con la stima si stabilisce la rendita imponibile che deve servire di base alla ripartizione dell'imposta fondiaria, mediante la formazione di tariffe d'estimo, nelle quali è determinata, comune per comune, la rendita stessa per ogni qualità e classe di terreno. Per uno dei principî fondamentali delle operazioni di stima (stabilito con r. decr. 7 gennaio 1923, n. 17), la quantità del prodotto e le detrazioni da farsi dalla rendita lorda si determinano normalmente in base alla media 1903-1913 e la valutazione di ciascun prodotto si riferisce al 1° gennaio 1914.

Compiute le operazioni di misura e di stima, l'amministrazione catastale provvede alla pu̇bblicazione delle mappe, dei risultati del classamento e delle tariffe di estimo, e gl'interessati possono quindi presentare reclami all'autorità competente. Chiuso il periodo dei reclami e fatte le rettifiche e gli aggiornamenti necessarî, si procede all'attivazione del catasto che risulta così costituito: 1. dalla mappa particellare, in cui ogni particella è contraddistinta da un numero; 2. dalla tavola censuaria che contiene tutti i numeri di mappa, in ordine progressivo, con relative qualità, superficie e rendita imponibile; 3. dal registro delle partite che accoglie i dati della tavola censuaria, sotto il nome di ciascuna ditta censuaria; 4. dalla matricola dei possessori che contiene l'elenco alfabetico delle ditte censuarie, con i dati necessarî per la formazione dei ruoli.

Il catasto è continuamente tenuto al corrente delle mutazioni che avvengono nello stato dei possessori e dei possessi, sia per mezzo di volture obbligatorie, da parte dei possessori, sia mediante verifiche periodiche quinquennali.

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