CATERINA da Siena, santa

Enciclopedia Italiana (1931)

CATERINA da Siena, santa

Innocenzo Taurisano

Domenicana, nata a Siena da Iacopo, tintore nel rione di Fontebranda, e da Lapa di Puccio Piagenti, il 25 marzo 1347, morta a Roma il 29 aprile 1380 e sepolta nella chiesa della Minerva. La data di nascita non è attestata da documenti coevi ma dalla tradizione.

All'età di 7 anni C. ebbe la prima visione, e nello stesso anno fece voto di verginità. La sua casa era frequentata da un giovane frate, Tommaso della Fonte, già allevato nella famiglia Benincasa; egli fu il primo direttore spirituale di C., e le consigliò (1362) di tagliarsi i capelli per vincere le ostilità dei parenti i quali desideravano darle marito. Anche la sorella Bonaventura spinse C. per un certo periodo ad attenuare il suo fervore di spirito; ma la morte per parto di Bonaventura (1362) fu per lei come un monito dall'alto, e da allora C. si dedicò tutta a pratiche ascetiche. Prendendo occasioni da una grave malattia ottenne finalmente dai suoi d'entrare tra le mantellate domenicane (1363), che si riunivano in San Domenico per le preghiere in comune, e s'adoperavano in opere di misericordia; da allora C. si prodigò nell'ospedale della Scala in Siena, nella lebbroseria di S. Lazzaro, e presso i malati del vicinato. Ma il principale esercizio di quegli anni di gioventù fu la vita interiore, in cui era diretta da fra Tommaso della Fonte e fra Bartolomeo Dominici, con meditazioni e preghiere assidue, e con un ardore vivo di mortificazione, prolungando in modo eccezionale i suoi digiuni, e riducendo al minimo il sonno e il riposo. Una vita così eccezionale non poteva rimanere nell'ombra. La fama se ne divulgò presto in Siena, nella Toscana e fuori, suscitando discussioni aspre e animate intorno alla santità della figlia del tintore. C. fu fatta segno ad ogni genere di persecuzioni, sopportate con inalterabile serenità. Nel contempo attirava intorno a sé un'eletta schiera di anime desiderose d'una seria riforma cattolica. La casetta di Fontebranda così diventava insensibilmente un cenacolo, dove i problemi spirituali erano al primo posto: ivi pure si organizzavano piccole crociate per la pace tra famiglie in lotta, e per influire silenziosamente sulle fazioni e sui pubblici poteri. Quell'opera di penetrazione lenta e costante fu decisiva nella vita di Siena.

Ma Siena era centro commerciale, politico e artistico, ove si conveniva da ogni parte; fu quindi naturale che l'influenza di C. si estendesse su quell'elemento cosmopolita che diffuse per ogni dove la fama di lei. Inoltre nella cella di Fontebranda trovarono un'eco le voci di dolore dell'Italia straziata dalle fazioni, dalle compagnie di ventura, dalla peste allo stato endemico: cosicché essa divenne anche un centro politico di prim'ordine, ove si conoscevano le segrete trame dei governanti comunicate da confidenti alla discrezione di C. per averne consiglio e preghiere. Se il ritorno a Roma di Urbano V nel 1367 fu per lei d'immensa gioia, la ripartita di lui per Avignone nel 1370 fu nefasta. Alla vigilia di quella partenza (agosto '70) C. ebbe una celebre visione, nella quale Dio, togliendola da una vita contemplativa, la lanciava come messaggera di pace tra gli uomini; essa, pur conoscendo le enormi difficoltà da incontrare, ubbidì e cominciò così una missione nuova in donna.

Un programma ben definito si rileva in quest'attività, che si può riassumere in tre punti:1. pacificare l'Italia per preparare il ritorno del papa a Roma; 2. la crociata; 3. la riforma. Fin dalle prime lettere di C. questi tre concetti si vanno precisando in relazione agli avvenimenti politici. Il ritorno del papa era una necessità assoluta per l'indipendenza della Chiesa e dell'Italia caduta in balia della Francia. Ad attenuare poi l'enorme pressione dello spirito guerresco di quell'epoca e liberare l'Italia dalle nefaste compagnie di ventura, era necessaria la crociata per rivendicare il sepolcro di Cristo. Infine era tempo che ai tanti mali travaglianti la Chiesa si ponesse un fine con una sana riforma, tante volte annunziata e mai validamente attuata. Programma questo non nuovo, ma che trovò in C. una volontà capace di tutto. C. va oltre la cerchia delle mura cittadine, si erge quale voce di Dio, quale vindice d'una giustizia superiore, e impone il suo voglio; ciò che suscitò gravi contrasti e dette luogo a persecuzioni.

Infatti i superiori dell'ordine domenicano, impressionati dal crescente entusiasmo, ma più dalla malevolenza d'una parte del clero regolare e secolare, e forse anche per ordini superiori, chiamarono C. a Firenze in S. Maria Novella, dove nella Pentecoste del 1374 si riunì il capitolo generale dei domenicani. Da una bolla di Gregorio XI del 1375 veniamo a conoscenza che in quel capitolo fu dato come direttore a C. fra Raimondo da Capua, discendente di Pier della Vigna, allo scopo preciso della crociata già indetta da Gregorio XI. Troviamo perciò la santa con numeroso seguito a Pisa nel 1375, indi a Lucca nel '76, dove compie per mandato pontificio la missione politica di non fare entrare nella lega contro il papa la Repubblica lucchese. Di Pisa, centro politico e marinaro, C. fece il suo quartiere generale per l'organizzazione della crociata. In Pisa (1° aprile '75) ottenne il dono massimo: di ricevere nelle proprie carni l'ultimo sigillo, le stimmate.

Intanto ella seguiva con ansia crescente la lotta iniziata da Firenze contro la Chiesa. La parte guelfa conoscendo la santità di C. e il suo potere presso il papa, spinse la repubblica a mandarla ambasciatrice ad Avignone per implorare pace. Ma gli avvenimenti precipitarono, e il papa lanciò la scomunica contro Firenze (marzo.'76). Il colpo, di estrema gravità, cadeva in pieno anche sugl'interessi commerciali, tanto da volgere a più miti consigli il partito della guerra, che vide col popolo l'unica salvezza in C. Essa, chiamata, va a Firenze nel maggio, e prosegue per Avignone (18 giugno '76)

L'emozione suscitata in Avignone per l'arrivo dell'italiana fu enorme. L'ambasceria fallì per la malafede dei Fiorentini, vergognatisi forse di farsi rappresentare da una donna.

Ma sin dalla prima visita di C. al papa, il tema principale è il ritorno a Roma. Gregorio XI aveva già manifestato il proposito di tornare in Italia, proposito per varî motivi mai attuato. L'intervento di C. è decisivo: il papa, rompendo gl'indugi e superando gl'intrighi di corte, decide di partire il 16 settembre 1376 per Roma, dove entra il 17 gennaio dell'anno seguente.

Nel '77 C. si adoperò molto per la pace fra i Salimbeni e Siena, recandosi in Val d'Orcia: ma l'obiettivo suo era Firenze, dove venne mandata dal papa. L'opera sua fu sommamente difficile per l'esasperazione degli animi che culminò nel tumulto dei Ciompi, in cui la vita di C. corse serio pericolo. Calmata la tempesta, riprese con più lena la missione di pace: questa venne sospesa dalla morte di Gregorio XI, ultimo papa francese, ma subito ripresa sotto Urbano VI. Ottenuta la pace tra Firenze e Roma (luglio '78), C. torna a Siena. I torbidi avvenuti durante il conclave, da cui uscì faticosamente eletto Urbano VI, non furono che avvisaglie d'una crisi estrema. Chi aveva dominato per 70 anni non era disposto a rinunciare alla sua egemonia, né la maggioranza del collegio cardinalizio era composta da uomini capaci di subordinare il loro nazionalismo allo spirito cattolico della Chiesa romana; fatale fu dunque il contrasto e lo scisma. Fu una lotta gigantesca che la Chiesa dovette combattere per 40 anni per affermare la sua universalità e cattolicità. C. ebbe piena la coscienza di questo senso dell'universale della Chiesa, e combatté per esso con estremo vigore.

Chiamata a Roma da Urbano VI (25 novembre '78), vi organizzò un cenacolo di anime elette raccolte da ogni parte d'Italia; con lettere consiglia il pontefice e invita i potentati d'Europa a rimanere fedeli al papa romano; in modo speciale scrive a Giovanna II dì Napoli, fautrice aperta del partito francese, per allontanarla dallo scisma; scrive lettere terribili ai cardinali italiani e francesi che hanno tradito la causa della Chiesa; interviene in concistoro per rianimare e spingere alla lotta; si consuma spasimante d'amore in vedere la Sposa di Cristo divisa e in armi; prega incessantemente, accetta ogni dolore sul suo corpo e offre di continuo la sua esistenza in riparazione ed espiazione del male. Il suo eroismo si sublima man mano che s'avvicina alla vetta del suo martirio. La sua agonia s'illumina così intensamente, la materia inerte e stanca è così dominata dallo spirito, da vincere qualunque più potente tragedia. A 33 anni, dopo aver gridato per tre volte sangue, sangue, sangue, restituì l'anima a Dio. (V. tav. CXLIV).

Discepoli. - Uno dei lati più interessanti e meno studiati della vita di C. è quello della sua famiglia spirituale. Dato il momento eccezionale in cui visse, il suo genere di vita, unico in donna, suscitò un movimento profondo negli spiriti. Da ogni parte chiedevano di porsi sotto la sua direzione spirituale persone d'ogni condizione sociale, anche famosi asceti. Vanno ricordati gli agostiniani Guglielmo d'Inghilterra, il Tantucci e Giovanni Terzo; i francescani Lazzarino da Pisa, Gabriele da Volterra, Angelo Salvetti, che più tardi fu generale del suo ordine; il vallombrosano Giovanni dalle Celle; i domenicani Tommaso della Fonte, Bartolomeo Dominici, Raimondo di Capua, generale dell'ordine nel 1380, Giovanni Dominici cardinale, Tommaso Caffarini; i senesi Neri di Landoccio dei Pagliaresi, Stefano Maconi, il Piccolomini, il notaio Guidini, il Malavolti; i fiorentini Canigiani, Soderini, Bonaccorso di Lapo, Giannozzo Sacchetti; tra le donne, Alessia Saracini, Lisa Colombini sua cognata, Bianchina Salimbeni, Clara Gambacorti e Maria Mancini di Pisa.

Fonti. - Pochi santi hanno una documentazione così completa come S. Caterina. Le fonti furono nel 1921 prese in esame da R. Fawtier, S. Catherine de Sienne. Essai de critique des sources. I. Sources hagiographiques, Parigi 1921, con risultati eccessivamente negativi; nella prefazione al secondo volume (Parigi 1930), dove si prendono in esame i documenti personali di C., l'autore è meno radicale.

Il primo tentativo di biografia risale a fra Tommaso della Fonte e fra Bartolomeo Dominici, i quali dal 1370 al 1374 scrissero alcuni quaderni oggi perduti, ma che vennero largamente usati e incorporati nelle biografie successive. Brevi notizie fino al 1374 sono in un anonimo fiorentino, che conobbe la santa a Firenze in quell'anno (cfr. Taurisano, I Fioretti di S. Caterina da Siena, Roma 1923, 1927; Fawtier, op. cit., pp. 217-33); altre notizie nei ricordi del notaio Guidini (cfr. Archivio storico italiano, Documenti, IV, pp. 25-47). Ma il vero biografo di C. fu il beato Raimondo da Capua. Il suo scritto, pubblicato nel 1398, ebbe il nome di legenda maior. Nessuna vita nel Medioevo fu scritta con metodo si direbbe così rigoroso, poiché a ogni fine di capitolo vengono citate le persone ancora viventi capaci di testificare i fatti. Fra Tommaso Caffarini, senese e coetaneo della santa, comprese che la dotta legenda di Raimondo non poteva divenire popolare, e ne curò un riassunto che va sotto il nome di legenda minor, colmando qualche lacuna, ma attenendosi fedelmente alla divisione della maior. Spinse altri discepoli a fare altrettanto, e compose un supplementum raccogliendovi un prezioso materiale sfuggito a Raimondo. Fonte importantissima è il processo di canonizzazione, preparato dal Caffarini a Venezia sotto la direzione della curia vescovile di Castello; il testo integrale è inedito, ma buona parte ne pubblicarono Martène e Durand in Amplissima collectio, VI, colonne 1238-82.

Scritti. - Di C. abbiamo un ricco epistolario (381 lettere) e un'opera spirituale: il Dialogo della Divina Provvidenza.

Alla sua morte i discepoli ne raccolsero le lettere: sembra che primo fosse il notaio Guidini. A questa s'aggiunsero presto la raccolta del Maconi, poi quelle del Pagliaresi, del Canigiani e in ultimo del Caffarini, il quale, coordinando le precedenti, ne redasse una che può chiamarsi uhliciale, i cui manoscritti si trovano nella comunale di Siena. Per l'autenticità delle lettere. Fawtier, op. cit., II. La prima edizione (Bologna 1492) consta di 37 lettere; l'edizione principe è di Aldo Manuzio (Venezia 1500), contenente 350 lettere, ristampata molte volte durante il 1500. Nel 1702-1713 uscì l'edizione del Gigli con note del Burlamacchi, ristampata spesso. L'edizione del Tommaseo (Firenze 1860) tentò con risultato dubbio l'ordine cronologico: fu ristampata dal Misciatelli e poi dal Ferretti. L'Istituto Storico Italiano ne sta ora curando un'edizione critica. Il Dialogo della Divina Provvidenza fu dettato da C. nell'autunno del 1378 a tre suoi discepoli; in esso la santa riassume e coordina tutta la dottrina spirituale che per anni aveva dato ai discepoli e disperso nelle lettere. Tre discepoli tradussero in latino il Dialogo, e furono il notaio Cristofano di Gano Guidini, Stefano Maconi, e, per pochi capitoli, il beato Raimondo da Capua. L'edizione a stampa (Brescia 1496, Colonia 1553, 1569, 1601, Ingolstadt 1583), che va sotto il nome del beato Raimondo, è invece la traduzione del Maconi. L'edizione principe del testo italiano (Bologna 1472) è attribuita a Baldassare Azzoguidi; seguono Napoli 1478, Venezia 1482, 1517 e spesso in seguito; Siena 1707, edita dal Gigli; Parma 1842; Bari 1912 e 1929, collezione degli Scrittori d'Italia, curata da Matilde Fiorilli; Firenze 1928, curata da I. Taurisano. Se ne hanno anche traduzioni in francese Parigi 1580, 1648, 1855, 1913), inglese (Londra 1519, 1896); tedesco (Bamberga 1761 e Münster 1808); e spagnolo (Avila 1925).

Le preghiere della santa, raccolte dai suoi discepoli negli ultimi anni della sua vita, sono in tutto 26. Furono pubblicate in appendice alle lettere nell'edizione di Aldo Manuzio (1500), e nelle successive edizioni del Dialogo, dal Gigli e nel 1920 dal Taurisano.

Bibl.: Per la ricchissima bibliografia rimandiamo, quanto alla parte antica, alla magistrale opera del card. A. Capecelatro, Storia di S. Caterina da Siena e del papato del suo tempo, 4ª ed., Siena 1878, e quanto alla parte moderna a I. Taurisano, Catalogus hagiographicus Ord. Praed., Roma 1918, pp. 31-32; fra i più recenti, sono anche da ricordare: A. T. Drane, The history of St. C. of S. and her companions, Londra 1887, 1915; E. Gardner, St. C. of Siena, Londra 1907. In questi ultimi anni gli studî si sono intensificati nel campo critico, e meritano speciale menzione quelli di C. Calisse, R. Motzo, E. Lazzareschi, M. Fiorilli, E. Sechendorff, P. Misciattelli, R. Rossi, L. Ferretti, P. Hwitaud, F. Valli, e il citato R. Fawtier. Di notevole importanza le biografie di G. Jorgensen, A. Bernardy, A. Curtaine, E. Leclercq, e E. De Santis-Rosmini. Ricordiamo anche le Letture Cateriniane (I, Siena 1928) nella università di Siena, le conferenze tenute alle Corporazioni dei Caterinati in Roma e in altre città d'Italia.

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