CATERINA de' Medici, duchessa di Mantova

Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 22 (1979)

CATERINA de' Medici, duchessa di Mantova

Luisa Bertoni

Nacque a Firenze il 2 maggio 1593 da Ferdinando I granduca di Toscana e da Cristina di Lorena.

Per inclinazione naturale C. sarebbe stata portata a vivere la vita contemplativa del chiostro, e non ebbe in dono dalla natura né una vivace intelligenza né una grande personalità. Una vita serena in convento sotto la guida di un abile padre spirituale sarebbe stata assai più consona a colei che, invece, dopo essere stata sul punto di salire sul trono d'Inghilterra, divenne duchessa di Mantova e poi governatrice di Siena.

Come insegnavano gli esempi di Caterina e Maria de' Medici, divenute regine di Francia, le rampolle dei duchi di Toscana avevano grosse chances nei giochi politico-matrimoniali delle corti europee, grazie soprattutto alla solida posizione economica. C. ne è esempio. Il primo candidato alla sua mano fu Vittorio Amedeo, figlio di Carlo Emanuele I di Savoia. Sfumato tale parentado, i granduchi di Toscana nel 1612 iniziarono trattative con la corte inglese per proporre il matrimonio di C. con Enrico principe di Galles, figlio di Giacomo I re d'Inghilterra.

Tali trattative, però, si dovevano svolgere all'insaputa della corte di Parigi in quanto anche Maria de' Medici, regina di Francia, caldeggiava il matrimonio di Enrico Stuart con una delle sue figlie. Il granduca di Firenze mandò così in tutta segretezza presso la corte inglese suoi inviati, che trovarono il re assai ben disposto verso la proposta medicea. Èevidente che subito si parlò di dote: la buona disposizione di Giacomo nasceva dal suo continuo bisogno di danaro. C. avrebbe portato in dote una somma pari a quella sborsata da casa Medici alla corte francese per le nozze di Maria con Enrico IV. In cambio il granduca chiedeva la libertà di culto in Inghilterra per tutti i cattolici, cosa che gli avrebbe facilitato la concessione della dispensa matrimoniale da parte del pontefice Paolo V. Infatti il papa aveva istituito a tale scopo una commissione formata da cinque cardinali fra i quali Roberto Bellarmino. La corte inglese prese tempo per rispondere alle richieste del duca, pur assicurando la libertà religiosa per C. e la sua corte. Tale dilazione non poteva certo rassicurare la commissione cardinalizia, e le trattative sia col pontefice sia con Giacomo I erano giunte ad un punto critico, dovuto anche all'interferenza sul pontefice di Maria de' Medici, quando il principe di Galles venne a morte nel novembre del 1612.

Nel 1616 la corte di Mantova richiese la mano di C. per Ferdinando Gonzaga. Costui era stato creato cardinale da Paolo V nel 1607. Il 6 genn. 1616, dopo aver rinunciato alla porpora nelle mani di Paolo V, fu incoronato duca; e il 12 febbr. 1617 sposò Caterina. Anche per questo parentado si era discusso a lungo dal momento che il Gonzaga aveva contratto matrimonio clandestino con Camilla Faà di Bruno, di nobile famiglia, dalla quale aveva avuto un figlio, Giacinto. Il granduca di Toscana, quindi, si era voluto accertare se il matrimonio dei Gonzaga con Camilla fosse valido o meno. Ottenute le dovute assicurazioni, nonché la dispensa pontificia, il matrimonio ebbe luogo.

Il matrimonio di C. con Ferdinando non fu, per la verità, eccessivamente felice,anche se i rapporti tra i due coniugi, come testimoniano numerose lettere (cfr. Portioli), furono improntati a grande affetto: C. infatti non poteva aver figli. E l'unica possibilità che a Ferdinando potesse succedere un legittimo erede restava quella che Giacinto, il figlio avuto dalla Faà di Bruno, venisse riconosciuto erede legittimo dall'imperatore.

Morto il marito, il 29 ott. 1626, non esisteva più alcun motivo per C. di restare a Mantova. Il disagio per una situazione a lei non consona, per una vita di corte che non gradiva, per obblighi mondani cui la sua natura contemplativa e tranquilla rifuggiva, il disagio per la questione di Camilla Faà di Bruno, che aveva nel frattempo avuto il permesso di firmarsi Gonzaga e di far uso del sigillo della famiglia fecero sì che, appena morto il marito, ella si rifugiasse nel convento di S. Orsola abbandonando il palazzo ducale. Indubbiamente questo atto fu compiuto seguendo il consiglio del suo confessore, fra' Fulgenzio Gemma, che enorme importanza ebbe nella vita di C. e che, dopo la sua morte, ne scrisse un Ritratto, che è unicamente un'esaltazione delle sue virtù e della sua nobiltà d'animo.

La decisione di C. di ritirarsi in convento non piacque però ai Medici che chiamarono a Firenze fra' Fulgenzio perché convincesse C. a ritornare a corte. C. rimase a Mantova per un breve periodo per sistemare alcune sue questioni, in primo luogo la restituzione della sua dote, questione che peraltro si trascinò per lunghi anni; poi, sempre seguita da fra' Fulgenzio, giunse a palazzo Pitti nel giugno del 1627. Il granduca però comprese che C., abituata a una posizione preminente in una corte, si sarebbe male adattata alla nuova posizione; la nominò quindi governatrice di Siena al posto di Fabrizio di Colloredo, marchese di Santa Sofia.

La decisione del granduca rifletteva però un reale interesse dei Medici: costoro infatti cercavano di non urtare la ben nota suscettibilità e il senso di indipendenza dei Senesi, inviando governatori piuttosto tranquilli e malleabili, di buon casato (numerosi furono gli appartenenti a casa Medici) che avevano il compito di creare nel loro palazzo una specie di corte con i rappresentanti delle più cospicue famiglie senesi. Peraltro ogni decisione importante riguardo al governo della città spettava sempre al granduca.

Nel luglio del 1627 C. giunse a Siena, dove Agostino Chigi era stato nominato suo consigliere di governo. Anche in questa carica C. non dimostrò grande iniziativa né prepotente personalità. L'unico problema di un qualche rilievo che le fu sottoposto nella sua qualità di governatrice fu quello riguardante la proibizione o meno delle armi da fuoco nel Senese. Ma anche in tale questione l'ultima parola spettò al granduca. L'attività di C. si limitò a frequenti visite alle monache dei locali conventi e alle dame più in vista della società senese, nonché a mantenere, con continui bandi, l'ordine e la moralità in Siena e nel contado, e specie nel suo palazzo. Non rinunciando però mai al progetto di ritirarsi in convento, incaricò lo architetto Pietro Petrucci di adattarle una abitazione in uno dei conventi della città,ma il suo desiderio non poté essere soddisfatto. Nel 1629, colpita da vaiolo, capì di essere prossima alla morte e chiese che le portassero la reliquia della testa di s. Caterina.

Morì a Siena il 12 apr. 1629. Ebbe solenni funerali nel duomo, e Gherardo Saracini lesse l'orazione funebre; venne sepolta, secondo la sua volontà, nella chiesa di S. Lorenzo a Firenze.

Fitto e interessante dal punto di vista umano il suo carteggio (in Archivio di Stato di Firenze), soprattutto con la madre, che le descrive i non sempre felici avvenimenti della famiglia Medici e la conforta dei suoi consigli.

Fonti e Bibl.: G. Saracini, Oratorio per l'esequie della serenissima madonna C. de' M., duchessa di Mantova, Siena 1629; F. Gemma, Ritratto di madonna serenissima C. princip. di Toscana duchessa di Mantova, Siena 1630; A. Portioli, Il matrimonio di Ferdinando Gonzaga con C. de'M.,Mantova 1882; L. Grottanelli, C. de' M. duchessa di Mantova, in La Rass. nazionale, t. LXXX (1894), pp. 61-99, 292-326, 657-682; t. LXXXI (1895), pp. 193-227; P. Litta, Le famiglie celebri ital., s. v. Medici, tav. XV; s. v. Gonzaga, tav.VI.

CATEGORIE