Cattani da Diacceto, Iacopo

Enciclopedia machiavelliana (2014)

Cattani da Diacceto, Iacopo

Paolo Malanima

Conosciuto anche con il soprannome di Diaccetino, nacque a Firenze nel 1494; il padre Giovan Battista (figlio di Lapo, eletto fra i Signori nel 1483), fervente ammiratore di Girolamo Savonarola, sarebbe morto di peste nel 1527. Spesso si è caduti nell’errore di considerare C. come fratello, o cugino, dei più conosciuti Francesco, soprannominato il Pagonazzo (1466-1522, discepolo di Marsilio Ficino e filosofo platonico, frequentò gli Orti Oricellari, sia al tempo di Bernardo Rucellai, sia al tempo di Cosimo), e Francesco, detto il Nero. Forse a determinare l’incertezza circa i legami di parentela di C. ha contribuito l’omonimia tra un suo fratello e i più noti appartenenti alla stessa famiglia. Benedetto Varchi, in alcuni appunti per la sua Storia, esclude non solo la parentela fra C. e il Pagonazzo, ma anche la discendenza da uno stesso ceppo familiare, e sostiene, a proposito di C., che «non apparteneva cosa alcuna a Francesco, perché originalmente non erano d’una medesima famiglia. Gli fu bene sempre amicissimo et scolare, et eziandio, mentre che leggeva greco, l’udiva» (cit. in Villari 1927, p. 279). Rispetto a una completa assenza di legami fra C. e Francesco, sembra comunque più probabile l’appartenenza dei due a rami familiari distaccatisi da tempo; forse sin dai primi anni del 14° sec., a quanto sostiene Luigi Passerini.

Le scarse notizie che possediamo circa la formazione culturale di C., gli studi compiuti, le amicizie ci permettono tuttavia di cogliere i lineamenti della sua personalità e di collocarlo in quella cerchia di giovani intellettuali che si raccoglieva nell’ambiente degli Orti Oricellari e nella quale sarebbe maturato, nel 1522, il tentativo di congiura contro il cardinale Giulio de’ Medici.

Gli storici fiorentini contemporanei insistono nel definire C. come «persona di buone lettere» (I. Nardi, Istorie della città di Firenze, a cura di A. Gelli, 2° vol., 1858, p. 71) e come giovane «molto letterato» (F. Nerli, Commentari de’ fatti civili..., 1728, p. 139). Fra gli elementi caratterizzanti della sua formazione sono da segnalare innanzi tutto la solida cultura umanistica e la conoscenza delle lingue antiche, in particolare del greco. Secondo Iacopo Nardi, proprio gli studi letterari compiuti procurarono a C. prima la stima, quindi l’amicizia di Giulio de’ Medici.

Infatti, «amato assai dal cardinale», ne divenne, in breve tempo, «familiarissimo». Ricevuto «spesse volte alla mensa» del Medici, ottenne da lui «una lezione nello studio di Fiorenza» (I. Nardi, Istorie..., cit., pp. 139 e segg.). Un altro elemento di rilievo nella formazione culturale di C. erano la conoscenza e l’ammirazione, comuni nella cerchia degli Orti Oricellari, per le opere di Machiavelli. Zanobi Buondelmonti, in una lettera a M. del 6 settembre 1520, ricordava una riunione nel giardino dei Rucellai, cui anche C. era presente, nella quale era stata letta e discussa la Vita di Castruccio Castracani, che l’autore aveva da poco terminato («Leggemola e consideramola così un poco insieme, Luigi, il Guidetto, il Diaccetino, Antonfrancesco e io»). Proprio questi elementi, gli studi classici e l’ammirazione di M., su cui gli storici contemporanei insistevano a proposito di C., ne fecero un tipico esponente di quella cultura intrisa di classicismo retorico che doveva fornire alimento alla congiura del 1522.

I legami di familiarità di C. con i Medici non dovevano costituire una remora alla partecipazione al tentativo antimediceo, se è vero che Buondelmonti e Luigi Alamanni, suoi amici e organizzatori in Firenze della congiura, avevano mantenuto buoni rapporti con la famiglia al potere. Anche nel caso di questi ultimi, infatti, come in quello di C., il regime d’incertezza regnante a Firenze nei primi anni Venti e le difficoltà esterne, aggravate dalla morte di Leone X, contribuivano a orientare in senso antimediceo la loro azione, che trovava alimento nella cultura e nell’ammirazione per gli antichi esempi dei tirannicidi. Circa il ruolo occupato da C. nella congiura non vi è concordanza di vedute fra gli storici fiorentini. Scipione Ammirato sostiene la funzione di organizzatore e di capo svolta da Cattani. Nella cerchia dei giovani che frequentavano gli Orti Oricellari egli avrebbe spinto gli elementi più influenzabili a prender parte al tentativo antimediceo:

le male soddisfazioni di questi giovani udendo, e atti a far qualunque grande impresa stimandoli, con addur loro gli antichi esempi, con questo splendidissimo nome di liberatori della patria, a dover uccidere il cardinale grandemente li confortava (Istorie fiorentine, a cura di I. Ranalli, 6° vol., 1842, pp. 66 e segg.).

Sarebbe stato quindi C., secondo Ammirato, a guadagnare alle sue idee i maggiori dei partecipanti alla congiura: Buondelmonti, Luigi di Piero e Luigi di Tommaso Alamanni, Antonio Brucioli, Giovanni Battista Della Palla. Gli storici contemporanei, come Iacopo Pitti, ritenevano tuttavia più giustamente che la funzione di organizzatori in Firenze spettasse a Buondelmonti e a Luigi di Piero Alamanni e che C., «per la simiglianza degli studi amicissimo loro» (Istoria fiorentina, a cura di F.L. Polidori, 1842, p. 128), avesse aderito in un secondo momento trascinato dai due amici.

Il tentativo di rovesciamento del regime mediceo traeva la sua origine politica nelle trame dei Soderini, che, approfittando della vacanza della sede pontificia dopo la morte di Leone X, con l’aiuto dei francesi avevano assoldato il condottiero Lorenzo Orsini con il compito di invadere i territori soggetti al dominio fiorentino. L’uccisione del cardinale avrebbe completato il rovesciamento dei Medici, affidato prevalentemente alle truppe dell’Orsini e all’aiuto francese. Nell’organizzazione del complotto, a C. spettava il compito di mantenere i contatti con i Soderini e con i fuorusciti. A Lucca egli incontrò un corriere francese che riferiva notizie concernenti il piano antimediceo; lo stesso corriere portava alcune lettere a C. quando, il 22 maggio 1522, venne catturato in Firenze. Interrogato, confessò di aver avuto contatti con C. e di essere venuto in città proprio per parlargli. Immediatamente, in pieno giorno, anche C. fu imprigionato. Gli altri congiurati, vistisi scoperti, abbandonarono la città. L’unico a condividerne la sorte fu Luigi di Tommaso Alamanni. La tortura costrinse ben presto C. a confessare: «Io mi voglio cavare questo cocomero di corpo: noi abbiamo voluto ammazzare il cardinale» (I. Nardi, Istorie..., cit., p. 75). Il giudizio degli Otto venne pronunziato il 6 giugno e C., accusato di voler

facere et patrare tractatum de seditione et coniuratione contra presentem pacificum, liberum et tranquillum statum civitatis Florentiae, et pro subversione et mutatione ipsius status

porre in essere e dare esecuzione a un accordo per la congiura e la sedizione contro l’attualmente pacifico, libero e tranquillo Stato della città di Firenze, e per la sovversione e il cambiamento del medesimo Stato (Documenti della congiura..., a cura di C. Guasti, 1859, p. 124),

venne condannato a morte. Agli ultimi suoi giorni appartengono alcuni versi composti in prigione, che iniziano: Este procul, tristes animum dimictite, cure. Libera non intret in mea corda pavor («State lontane tristi preoccupazioni, abbandonate l’animo. La paura non entrerà nel mio libero cuore», BNCF, II, IV, 380, c. 293). I distici elegiaci, in cui abbondano reminiscenze classiche, non fanno riferimento alla congiura, ma esprimono la stanchezza della vita e non mancano di una certa intonazione religiosa. Di questi versi esiste, in un manoscritto forse appartenuto a Varchi, una traduzione in endecasillabi a rima alternata che comincia: «Angosciosi pensier state da lunge / Abbandonate la sicura mente» (BNCF, 288, c. 25). C. venne decapitato, insieme a Luigi di Tommaso Alamanni, il 7 giugno 1522.

Bibliografia: Fonti: F. Nerli, Commentari de’ fatti civili occorsi dentro la città di Firenze dall’anno MCCXV al MDXXXVII, Augusta [Firenze] 1728, p. 139; S. Ammirato, Istorie fiorentine, a cura di I. Ranalli, 6° vol., Firenze 1842, pp. 66 e segg.; I. Pitti, Istoria fiorentina, a cura di F.L. Polidori, «Archivio storico italiano», 1842, 1, 1, p. 128; I. Nardi, Istorie della città di Firenze, a cura di A. Gelli, 2° vol., Firenze 1858, pp. 71-76; Documenti della congiura fatta contro il card. Giulio de’ Medici, a cura di C. Guasti, «Giornale storico degli archivi toscani», 1859, 3, pp. 121-50, 185-232, 239-67; N. Machiavelli, Lettere, a cura di F. Gaeta, Milano 1961, p. 394.

Per gli studi critici si vedano: P. Villari, Niccolò Machiavelli e i suoi tempi, Milano 1927, p. 279; P. Malanima, Cattani da Diacceto Iacopo (il Diaccetino), in Dizionario biografico degli Italiani, Istituto della Enciclopedia Italiana, 22° vol., Roma 1979, ad vocem (cui si rinvia per ulteriore bibliografia delle fonti e degli studi critici).

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