CAVAILLON

Enciclopedia dell' Arte Antica (1994)

CAVAILLON (Cabellio)

P. Gros

Cittadina della Francia meridionale, nel dipartimento della Vaucluse, presso la confluenza del fiume Calavon nella Durance. Corrisponde all'antico centro di Cabellio, che, sebbene sia annoverato da Stefano di Bisanzio tra le «città di Marsiglia», rimane in gran parte sconosciuto, sia per la fase «greca» sia per quella gallo-romana. Livelli e materiali protostorici sono documentati sulla collina di Saint-Jacques, sito di un antico oppidum dei Cavari: alcune tombe sono state scavate alla periferia della città e, nel 1909, sono state riportate alla luce alcune stele funerarie celtiche recanti iscrizioni gallo-greche; tutto ciò non è però sufficiente per un'informazione complessiva. Ignoriamo tutto dell'organizzazione della colonia romana, della quale non ci è pervenuto alcun monumento (a eccezione di un arco quadrifronte); ci ha restituito soltanto una dozzina di iscrizioni latine delle 5000 c.a rinvenute nella Gallia Narbonense. La sola ipotesi che può essere avanzata riguardo al suo statuto è che la città beneficiasse dello ius Latii per via della sua appartenenza alla tribus Voltinia e della presenza di IIII viri tra i suoi magistrati municipali. Un'emissione monetaria recante la legenda col cabe è stata posta in relazione alla data di concessione del diritto latino, nel 16-15 a.C., in occasione di un viaggio di Augusto nella Gallia Narbonense.

L'arco quadrifronte di C. appartiene alla ridotta serie dei tetràpyla. Si tratta senza dubbio di uno dei più antichi monumenti di questo tipo, i quali forniscono una soluzione originale all'esigenza di conferire solennità agli incroci: l'arco non è più soltanto un punto di attraversamento su un asse longitudinale, offre altresì un'alternativa nelle direzioni. I tetrapili documentati in Oriente si innalzano in genere al centro di uno slargo ovale o circolare all'interno del sistema viario. Sfortunatamente non si può dir nulla sul ruolo e sulla posizione del monumento di C. nello spazio urbano antico, poiché esso è stato spostato nel XIX secolo. La ricchezza ornamentale ne fa tuttavia uno dei monumenti più importanti della Gallia Narbonense: la leggerezza e il ritmo dei tralci che ornano i pilastri indicano la maestria di un atelier che ha saputo trarre profitto dai modelli dell'ara Pacis Augustae; l’anthèmion che ne anima l'archivolto appartiene a una delle fasi più antiche dell'evoluzione di questo motivo in Occidente; i capitelli corinzi sembrano derivare direttamente da quelli della «Maison Carrée» (v. nimes); le vittorie raffigurate all'interno delle vele d'angolo costituiscono le prime rappresentazioni di tal genere su un arco occidentale non italico. Sembra che il monumento sia databile tra il 10 e il 15 d.C.

È da segnalare infine una testa di marmo a grandezza naturale identificata come quella di Agrippina Minore; è l'unico ritratto della sposa di Claudio ritrovato finora in Gallia, recuperato nel muro di un'abitazione della Grande Rue a Cavaillon.

Bibl.: P. de Brun, A. Dumoulin, La colline St Jacques de Cavaillon avant l'occupation romaine, in Cahiers d'histoire et d'archéologie, Nimes 1937, pp· 449-487; A. Dumoulin, Les puits et fosses de la colline St Jacques de Cavaillon, in Gallia, XXIII, 1965, pp. 1-85; B. Galsterer-Kröll, Zum ius Latii in den keltischen Provinzen des Imperium Romanum, in Chiron, III, 1973, p. 290; V. Poulsen, Les portraits romains (Glyptothèque Ny Carlsberg, 8), Copenaghen 1973, n. 61; P. Gros, Pour une chronologie des arcs de triomphe de Gaule Narbonnaise, in Gallia, XXXVII, 1979, pp. 76-82; F. Salviat, A la découverte des empereurs romains et de leur famille, in DossAParis, XLI, 1980, p. 80; P. Arcelin, À propos d'une sépulture préromaine de Cavaillon (Vaucluse): un atelier de céramique peinte de Provence occidentale, in RANarb, XV, 1982, pp. 177-186; M. Lejeune, Recueil des inscriptions gauloises, I. Textes gallo-grecs (Gallia, Suppl. 45), Parigi 1985, pp. 145-179; J. Zwaab, L'arc romain de Cavaillon, Cavaillon 19852; M. Janon, Le décor architectonique de Narbonne. Le rinceaux (RANarb, Suppl. 13), Parigi 1986.